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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi della categoria: La società

25 aprile Celebration

25 domenica Apr 2021

Posted by Loredana Semantica in La società, Pensiero, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su 25 aprile Celebration

Il 25 aprile 1945 il CLNAI ordina l’insurrezione generale, durante la quale i partigiani affluiscono nelle città , si uniscono ai combattenti locali e liberano il Nord Italia (tratto da qui)

Il manifesto dell’ANPI per il 25 aprile 2021, realizzato da Lucamaleonte

Qui la storia della Resistenza italiana.

“25 aprile” una poesia di Alfonso Gatto

La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
“liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera”:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.

https://www.ilsole24ore.com/art/25-aprile-1945-liberazione-e-tutti-AEy3WPC

https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2021/04/17/25-aprile-il-video-memoriale-della-resistenza_ecce828b-d4fd-4d6d-b708-76672f65ffd3.html?fbclid=IwAR3Lj8q9guToVB5FBpKmKH9VMR13RKQ85fnMpPuX06OlVqVAIjAjgRjmm8o

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Quando le donne…

08 lunedì Mar 2021

Posted by Loredana Semantica in COSTUME E SOCIETA', La società, Pensiero

≈ Commenti disabilitati su Quando le donne…

Tag

discriminazioni di genere, festa della donna, otto marzo

Quest’anno il blog Limina mundi celebra l’otto marzo riportando alcuni significativi accadimenti che riguardano o hanno riguardato le donne e facendo infine riferimento ad alcune figure femminili rappresentative.

(Le scritte in colore bordeaux contengono link da cui sono tratti i frammenti riportati in grassetto o virgolettati)

Quando le donne combattono…

donne della resistenza italiana

Tante furono le donne che combatterono al fianco dei partigiani contro il nazifascismo.”

“Imbracciarono le armi, si misero al fianco degli uomini e in alcuni casi venivano scelte come capi squadra e dirigevano l’intera brigata.

le guerriere curde

Una combattente ha dichiarato: “Dobbiamo controllare l’area da soli senza bisogno di dipendere [dal governo]… Non possono proteggerci dall’ISIS, dobbiamo proteggerci da soli [e] difendere tutti… senza tenere conto della loro razza e della loro religione

le infermiere e il covid

Addio ad Antonietta Patrone, infermiera in prima linea al Cardarelli di Napoli, uccisa dal virus, ennesima vittima di una lista che si allunga inesorabilmente

Quando le donne muoiono…

femminicidio osservatorio

Clara Ceccarelli uccisa il 19 febbraio del 2021 dal suo ex compagno con 110 coltellate, si era già pagata il funerale pochi giorni prima. E’ la nona vittima di femminicidio dall’inizio dell’anno 2021.

lapidazione

Somalia: la lapidazione viene effettuata nei territori controllati dalle forze delle corti islamiche. Nell’ottobre 2008 una ragazza tredicenne viene lapidata nello stadio di Chisimaio di fronte a 1000 persone, dopo aver suppostamente confessato e richiesto la pena ad una corte islamica. Pare che la ragazza fosse invece stata arrestata dopo aver denunciato uno stupro, e quindi consegnata alla corte.

ragazze fantasma o le ragazze del radio

Le ragazze del radio (in inglese: Radium Girls) furono un gruppo di operaie che subirono un grave avvelenamento da radiazioni di radio, contenuto nella vernice radioluminescente utilizzata come pittura per quadranti nella fabbrica di orologi della United States Radium Corporation nella cittadina di Orange, nel New Jersey (Stati Uniti), intorno al 1917…

l’incendio dell’8 marzo non è avvenuto l’8 marzo

Era il 25 marzo del 1911 e cinquecento ragazze e donne giovani (tra i 15 e i 25 anni), più un centinaio di uomini, stavano lavorando in un palazzone di Washington Place a New York. La fabbrica di camicie si chiamava “Triangle Waist Company” e occupava gli ultimi tre piani dell’edificio.

«La folla da sotto urlava: “Non saltare!”», scrisse il New York Times. «Ma le alternative erano solo due: saltare o morire bruciati. E hanno cominciato a cadere i corpi». Tanti che «i pompieri non potevano avvicinarsi con i mezzi perché nella strada c’erano mucchi di cadaveri». «Qualcuno pensò di tendere delle reti per raccogliere i corpi che cadevano dall’alto», scrisse il Daily, «ma queste furono subito strappate dalla violenza di questa macabra grandinata. In pochi istanti sul pavimento caddero in piramide orrenda, cadaveri di trenta o quaranta impiegate alla confezione delle bleuses». «A una finestra del nono piano vedemmo apparire un uomo e una donna. Ella baciò l’uomo che poi la lanciò nel vuoto e la seguì immediatamente». «Due bambine, due sorelle, precipitarono prese per la mano; vennero separate durante il volo ma raggiunsero il pavimento nello stesso istante, entrambe morte».

Quando le donne soffrono…

mutilazioni genitali femminili

Danneggiano in modo permanente i corpi delle ragazze, infliggendo dolore lancinante, traumi emotivi, complicazioni potenzialmente mortali durante la gravidanza, il lavoro e il parto. Sono le Mutilazioni Genitali Femminili.

violenza

stupro o violenza sessuale

Apollo e Dafne, Bernini

La violenza sessuale è un delitto commesso da chi usa in modo illecito la propria forza, la propria autorità o un mezzo di sopraffazione costringendo con atti, prevaricazione o minaccia (esplicita o implicita) a compiere o a subire atti sessuali contro la propria volontà. 

condizione della donna nei paesi arabi

Negli Stati più tradizionalisti e in quelli che mirano alla reintroduzione a pieno titolo della sharīa, dove le norme del Corano sono interpretate e applicate in maniera più rigida e rigorosa, le donne non vivono una situazione egualitaria in termini di libertà, e sono considerate a un livello inferiore rispetto all’uomo.

divario retributivo

In tutti i paesi del mondo e nella maggior parte dei settori lavorativi, le donne sono ancora pagate meno degli uomini. Questo divario retributivo continua a rappresentare una delle ingiustizie sociali più diffuse a livello globale.

manicomio

A finire in manicomio infatti erano quelle donne che non si adeguavano alla morale del tempo, spesso vittime di un trauma o di un abuso sessuale. Loquace, euforica, lasciva, smorfiosa, impertinente, piacente… questi erano gli aggettivi atti a descrivere la sintomatologia delle donne che venivano rinchiuse nei manicomi.

Quando le donne lottano…

il diritto di voto

Il diritto di voto alle donne fu introdotto nella legislazione internazionale nel 1948 quando le Nazioni Unite adottarono la Dichiarazione universale dei diritti umani. 

Rosa Parks

Fu figura-simbolo del movimento per i diritti civili, divenuta famosa per aver rifiutato nel 1955 di cedere il posto su un autobus a un bianco, dando così origine al boicottaggio dei bus a Montgomery. Nove mesi prima anche Claudette Colvin fu protagonista di un episodio analogo, che non ebbe uguale risonanza mediatica.

Franca Viola

E’ la prima donna italiana a rifiutare il matrimonio riparatore. Diviene simbolo della crescita civile dell’Italia nel secondo dopoguerra e dell’emancipazione delle donne italiane.

Quando le donne fioriscono…

Ipazia, matematica, astronoma e filosofa 

Ipazia fu barbaramente uccisa e smembrata

Artemisia Gentileschi, pittrice

Artemisia fu vittima di stupro

Camille Claudel, scultrice

Camille fu rinchiusa in manicomio fino alla morte

Marie Curie, chimica, fisica e matematica

Marie dovette trasferirsi a Parigi perché in Polonia la donna non era ammessa a studi superiori

Emily Dickinson, poetessa

Emily visse volontariamente da reclusa per gran parte della sua vita

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VERSO UNA NEUTRALITÀ DELLA LINGUA/Come evitare le forme sessiste nella lingua italiana

08 lunedì Apr 2019

Posted by Deborah Mega in Appunti letterari, COSTUME E SOCIETA', La società

≈ Commenti disabilitati su VERSO UNA NEUTRALITÀ DELLA LINGUA/Come evitare le forme sessiste nella lingua italiana

Arte matita di Visoth Kakvei.

Dell’importanza socio-politica della lingua ci si è resi conto da qualche tempo: solo nell’ultimo ventennio tuttavia, con il risveglio della coscienza femminista, con il moltiplicarsi di studi e approfondimenti sulla differenza di genere, si è cominciata ad acquisire consapevolezza di quanto e come la nostra lingua sia ricca di forme sessiste, che rispecchiano radicati valori patriarcali. Ciascuno di noi crede di poter controllare e manipolare la lingua secondo i propri bisogni e i propri scopi mentre è la lingua stessa che spesso ci parla, ci condiziona e produce effetti discriminatori e riduttivi nei confronti delle donne perché spinge a utilizzare lessemi, formule, immagini stereotipate. Diversi sono gli aspetti di problematicità che emergono nel corso del discorso.

Secondo la teoria elaborata nei primi del Novecento da Edward Sapir e Benjamin Lee Whorf, il linguaggio influenza il pensiero e la nostra percezione della realtà. Questo modello ha preso il nome di “relativismo linguistico” a rilevare come il pensiero divenga “debole” in relazione alle possibilità “forti” che assume la competenza lessicale. La lingua rispecchia la società e la cultura in cui siamo immersi, ordina la realtà, la forma e la modella determinando e caratterizzando il modo di pensare comune: data la sua natura convenzionale, è facile dare per scontato il consenso al codice. Tra l’uomo e la realtà non c’è contatto diretto ma tutta una mediazione simbolica costituita da categorie percettive e concettuali, rappresentate appunto dalla lingua, dal mito, dalla religione, dall’arte; tale mediazione condiziona e guida la nostra visione della realtà, non a caso Cassirer aveva definito l’uomo “animale simbolico”. Recenti studi sui processi cognitivi hanno dimostrato che il nostro cervello pensi attraverso etichette linguistiche: anche quando non c’è chiesto di nominare gli oggetti, immediatamente dopo l’attivazione di aree cerebrali preposte alla visione, si attivano quelle preposte al linguaggio; di conseguenza elaboriamo pensieri e ricordi per mezzo del linguaggio verbale. La lingua segue di pari passo l’evoluzione della società, è un sistema di segni e regole che si trasformano nel tempo, essendo “una sovrastruttura, che nasce esclusivamente attraverso un processo naturale di sedimentazione a ritmo lentissimo…” [Devoto] Fino a un secolo fa affinché un neologismo si affermasse, occorrevano tempi lunghi, nella società odierna invece é sufficiente un gruppo di trasmissioni televisive perché s’impongano in breve tempo diverse novità linguistiche. La lingua italiana presenta un alto grado di androcentrismo: tutto il patrimonio linguistico è organizzato intorno all’uomo. Sembrerebbe che in primo luogo sia avvenuta la cancellazione del femminile, poi la strutturazione secondo modelli che si riferiscono al maschile, successivamente la reintroduzione del femminile come variante. Si tratta di uno dei tanti condizionamenti che la donna ha dovuto tollerare per secoli. Per rendersene conto basta leggere i saggi della De Beauvoir, della Greer, dell’italiana Elena Gianini Belotti, che, nel 1970 scrisse il saggio “Dalla parte delle bambine” edito da Feltrinelli, sul condizionamento operato dalla scuola, dalla famiglia e dal contesto sociale sulle bambine. Il maschile assume i connotati di razionalità e concentrazione, il femminile diventa simbolo d’irrazionalità ed emotività, caratteristiche che ostacolano la conoscenza. Ne consegue la sua svalutazione. Anche nella costruzione della propria soggettività le bambine si sottovalutano mentre l’autostima da parte dei bambini appare esagerata. La stessa identificazione di genere e di conseguenza anche la scelta di giochi e giocattoli avvengono nell’età compresa tra i 2 e i 12 anni. In Francia il dibattito sulla questione di genere applicata alla lingua è talmente acceso e sentito che il ministro dell’Istruzione Vincent Peillon e la ministra dei Diritti delle donne Najat Vallaud Belkacem hanno ideato un programma scolastico contro il sessismo, Abcd de l’égalité, destinato alle scuole del primo ciclo. Linguisti e studiosi della lingua affermano che il genere grammaticale e il sesso non andrebbero confusi ma è innegabile che le parole riferite a uomini siano di genere maschile mentre quelle riferite a donne siano di genere femminile tranne che per poche rare eccezioni (es. la sentinella). Ora la dicotomia maschile/femminile è ovvia e necessaria; il problema però è che tale dicotomia non divide il mondo in due zone di pari poteri e importanza, mediante forme linguistiche stereotipate si rafforza la posizione di potere dell’uomo e la subalternità della donna nella società. Nelle coppie oppositive uomini e donne, ragazzi e ragazze, fratelli e sorelle, avviene sempre la precedenza del maschile affermandone la preminenza linguistica, un po’ come nei contrari il buono e il cattivo, il bello e il brutto, il vero e il falso, ecc. Secondo le regole grammaticali, alla presenza di una serie di nomi femminili e maschili, gli aggettivi, i sostantivi, i participi passati si concordano al maschile per assorbimento del femminile, anche quando c’è prevalenza di nomi femminili. Il fondamento androcentrico della lingua si ritrova anche nell’indicare le professioni, con facilità si utilizzano le forme cassiera, cameriera, infermiera, parrucchiera, riferite alle donne ma, nel momento in cui si passa a definire la professionista con laurea, emergono le incertezze e allora le forme ingegnera, prefetta, sindaca appaiono inconsuete e poco credibili, anche perché la presenza femminile in queste funzioni è ancora limitata. Se invece si fa riferimento a termini con il suffisso –essa come professoressa, (attestato per la prima volta nel 1881, nella Sintassi italiana dell’uso moderno di Raffaele Fornaciari) e dottoressa (utilizzato nel sonetto “La mi’ nora” di G.G. Belli del 1834), è evidente che tali resistenze linguistiche sono crollate miseramente e i termini risultano giustamente  riscattati. C’è anche chi sostiene che termini come preside, deputato, notaio, ministro indichino ruoli e funzioni senza alcun riferimento di genere. La tesi è accettabile per lingue che non attuano distinzioni morfologiche di genere, non dunque per l’italiano. Il suffisso –trice oggi usato, dà luogo a forme regolari e diffuse come senatrice, direttrice. Il suffisso –tora invece è stato spesso utilizzato per indicare professioni riferibili a una sfera sociale bassa come pastora, fattora. Molte professioniste preferiscono il titolo al maschile per trasmettere maggior rigore e serietà: tale svalorizzazione instaura una relazione psichica di dipendenza dagli uomini. Va evidenziato anche il peso diverso di alcuni aggettivi o sostantivi se riferiti a uomini o a donne. Serio ha un significato diverso rispetto a seria così come onesto/onesta, pubblico/pubblica, ecc. La disimmetria semantica intende più o meno consapevolmente richiamare la volontà di controllo sociale del corpo delle donne e del loro comportamento sessuale. Anche con aggettivi epiceni (uguali al maschile e al femminile), in molti casi, si usa l’articolo maschile quando si tratta di cariche di prestigio (Es.: il Presidente della Camera Laura Boldrini). Talvolta interviene addirittura il modificatore donna anteposto o posposto al nome base (Es.: donna sindaco oppure ministro donna, ecc.) istituendo così altre forme disimmetriche: la donna sindaco deriva infatti dal sintagma «la donna che ha la funzione di sindaco», così come il «sindaco donna» deriva dal sintagma «il sindaco che (però) è donna»; spesso, il modificatore appare ingiustificato perché basterebbe l’articolo a specificare il genere. Altre forme discutibili sono zitella e scapolo; nel linguaggio burocratico si utilizzano rispettivamente nubile e celibe ma, mentre per zitella s’intende una donna nubile, di età avanzata e si usa in senso ironico o dispregiativo, scapolo si utilizza con riferimento agli aspetti più invidiabili della libertà maschile nei rapporti con la donna o con riferimento alla solitudine. Fortunatamente espressioni come “prendere moglie”, “portare all’altare” che ricalcano sempre lo stesso stereotipo, sono ormai anacronistiche. Anche il termine maschile / femminile ha una diversa connotazione: mentre è normale dire “una donna molto femminile”, non lo è allo stesso modo per l’uomo, mai sentito, infatti, “un uomo molto maschile”, semmai virile. Perfino nelle metafore non c’è reversibilità: esiste la “mangiatrice di uomini” ma non “il mangiatore di donne”, allo stesso modo l’espressione “gambe mozzafiato” si usa esclusivamente per la donna. Tra stereotipi e clichés c’è anche il pregiudizio della “piccolezza” della donna, che appare finalizzato a far passare la donna per una creatura fragile e indifesa, bisognosa di una figura maschile che le faccia da protettore. È vero che in molte razze la femmina è più piccola del maschio ma da qui ad estendere questa caratteristica anche agli aspetti intellettuali e morali ne passa. Anche l’abbigliamento femminile è descritto attraverso diminutivi o vezzeggiativi mentre mai si parlerebbe del cappellino o della giacchina di un uomo se non con intenti caricaturali. Grande responsabilità riveste infine la figura dell’insegnante nello sviluppare il senso critico delle nuove generazioni, e del giornalista, protagonista indiscusso del processo di mutamento del patrimonio linguistico, del suo arricchimento o, in alcuni casi, peggioramento. Non a caso, quando i mass media trattano un personaggio femminile, focalizzano l’attenzione sulla femminilità del soggetto anziché sul suo comportamento, positivo o negativo che sia, scatenando sentimenti di diffidenza, poiché occupa un particolare ruolo. Anche nelle interviste la formula prevede sempre domande personali, sulla famiglia, i figli, le relazioni, la difficoltà o meno di conciliare il lavoro con le esigenze familiari. Dopo diversi anni di lotte di emancipazione che hanno senza dubbio inciso sull’assetto sociale e politico, il linguaggio della stampa e la lingua quotidiana non si sono completamente adeguati ai cambiamenti avvenuti. La donna continua a essere la grande “esclusa” dalle pagine dedicate alla politica e all’economia, mentre comincia ad affermarsi in quelle dedicate alla cultura e allo sport; emerge con facilità invece nella copertina e nelle immagini pubblicitarie. Nelle riviste femminili spesso gestite da donne, non solo la donna è finalmente presente  ma anche il linguaggio utilizzato non è più patriarcale. Tra i molti cambiamenti linguistici avvenuti in questi anni, diversi sono derivati da una precisa azione socio-politica, l’abolizione ad es. di termini come spazzino, serva, giudeo, negro, è stata accettata e assorbita perché non si vuol essere considerati classisti o razzisti; allo stesso modo si dovrebbe giungere a evitare forme linguistiche discriminatorie per non essere tacciati di sessismo. Tutte le forme sopra suggerite sono anch’esse frutto di un’ideologia dichiarata, non più solo di diritti ma di valori laddove “parità” significhi legittimare la differenza e diventi possibilità concreta di sviluppo e realizzazione per tutti, pur nella diversità.

© Deborah Mega

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Elena Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Milano, Feltrinelli, 1970

Raffaelle Fornaciari, Sintassi italiana dell’uso moderno, Firenze, G.C. Sansoni Editore, 1881

Giuseppe Gioachino Belli, Tutti i sonetti romaneschi, a cura di Marcello Teodonio, Ed. integrale, Roma, Grandi tascabili economici Newton, 1998, 2 voll.

Commissione Nazionale per la Parità e le pari opportunità tra uomo e donna, Il sessismo nella lingua italiana, a cura di Alma Sabatini, con la collaborazione di Marcella Mariani, Edda Billi, Alda Santangelo, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria, Roma, 1993, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

*articolo già pubblicato da l’Estroverso a questo indirizzo: https://www.lestroverso.it/verso-una-neutralita-della-lingua/

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I due vomeri

01 martedì Mag 2018

Posted by Deborah Mega in COSTUME E SOCIETA', La società, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su I due vomeri

 

Un dì d’autunno un vomere,
fattosi per lungo ozio rugginoso,
vide il fratel tornarsene
dai campi luminoso,
e domandò curioso:
“Sopra la stessa incudine
fatti, e d’un solo acciaro,
io sono pien di ruggine,
tu sì pulito e chiaro:
chi mai ti fé sì bello?”.
“Il lavoro, fratello”.

Cesare Betteloni

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Video virali: Io ci sto

20 venerdì Ott 2017

Posted by Loredana Semantica in La società, Pensiero, Video

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pubblicità, spot, video virali

Video virale è l’espressione con la quale si definisce un video che, immesso nel web, in poco tempo viene visualizzato da un numero elevato di persone.

Di recente questa sorte è toccata a un video “motivazionale” girato da dipendenti della Banca Intesa San Paolo, capitanati dalla direttrice di una filiale in provincia di Mantova: Katia Ghirardi. A comprova qualche altro video che gira in rete  che interpreta diversamente la “motivazionalità”

Il video si avvia con una breve presentazione della protagonista del video, della “squadra” di lavoro e del lavoro svolto nella filiale, prevede anche un breve intervento di ogni impiegato che pronuncia una o due parole e si chiude con una canzoncina cantata dalla stessa Ghirardi a mo’ di slogan “ io ci metto la faccia, ci metto la testa, ci metto il cuore” e l’inquadratura di una torta a forma di cuore, preparata per l’occasione.

Come ho detto sopra, pare si tratti di un video di partecipazione a un contest interno della banca tra video promozionali girati dagli stessi dipendenti, insomma una “festa in famiglia” che avrebbe dovuto restare privata, oppure, se anche resa pubblica, sostanzialmente ignorata, e, invece ha avuto uno sviluppo sorprendente. Si potrebbe persino ipotizzare una strategia pubblicitaria geniale, studiata a tavolino, se non fosse che il video ha troppo il sapore di spontaneità, per quanto non di improvvisazione, anzi, si comprende che c’è una sorta di “sceneggiatura” ed anche di “regia”, da video delle feste di compleanno tuttavia, nulla di professionale. E’ piuttosto simpatica la Ghilardi, sicuramente motivata e decisa, un po’ meno i collaboratori che sembrano vagamente imbarazzati.

Questo video mi ha fatto tornare in mente la vicenda di quello girato a Siracusa nel 2014, in occasione della visita dell’allora Presidente del Consiglio Matteo Renzi, dove alunni delle scuole cantavano una canzoncina di benvenuto e omaggio al Presidente, diretti dagli insegnanti. Anche lì tante critiche a livello provinciale e oltre, passate, giustamente, nel dimenticatoio.

Cosa c’è di “sbagliato” in questi video? Perché diventano virali? Oggetto di battute ironiche, critiche anche feroci da parte del cyberbulli. La risposta è che sono ingenui. Questo è il loro grande difetto: l’eccesso di ingenuità. L’ingenuità non è un sentimento ammissibile in questi tempi smagati. Affidarsi, credere profondamente in qualcosa, entusiasmarsi con dedizione può anche accadere, ma ciò che non bisogna mai fare è dichiararlo pubblicamente con sentimento. Occorre calarsi piuttosto nei clichè per i quali: il datore di lavoro si deve odiare, il Presidente del Consiglio denigrare, la prof. è stronza, i genitori rompono e via discorrendo e soprattutto non manifestare pubblicamente fiducia grata nel  “superiore” , come se fosse un eroe, un salvatore, il proprio benefattore. Al più ciò si può fare per l’attore o il cantante famoso.  Per loro anche  gridolini acuti di emozione ed urla di entusiasmo, svenevolezze varie. Questo non è tempo di canzoncine da “viva viva il direttore” che marcatamente inscenano un atto di omaggio all’autorità, al potere. Questi sono tempi in cui il potere si lusinga diversamente in modo sotteraneo non appariscente, strisciando singolarmente, per ottenerne la benevolenza; ancora meglio, se si ha “merce” di contraccambio, scambiandosi favori. Oserei dire che non è cosa solo di questi tempi. E’ veramente ingenuo credere di potere conquistare qualcosa del potere mettendo in scena senza veli la propria dedizione. Fiducia, dedizione, autenticità sono da mostrare con moderazione, niente picchi di asservimento a rischio di scadere nel patetico. La grande colpa di questo video è mostrare un entusiasmo eccessivo, senza misura, tanto da giungere a far pensare che contenga un fondo di ironia e autoironia. Che poi converrete, già metterci la faccia è tanto, ma anche la testa (soprattutto la testa è molto grave) è esagerare. Nel video si esagera ancora di più, giungendo al sentimentale e mettendoci pure il cuore. Amare il proprio lavoro. Davvero un’enorme colpa. Una colpa grave.

I video che commentano, fanno la parodia o analizzano la vicenda fanno pena ben più del video che vorrebbero commentare. Ne ho visti solo un paio, non ne riporto nessuno e non perdete tempo a guardarli, cercano soltanto di sfruttare la vicenda per ottenere visualizzazioni, inscenando cose di nessun interesse, stile imitazione de “le iene” che già “ienizzano” abbastanza il mondo, senza che occorrano ulteriori scadenti amplificazioni.

L’intervento dei bulli del web è l’aspetto meno gradevole della vicenda. I commenti che accompagnano il video vanno da quelli bonari, spiritosi, ironici dietro ai quali ci sono semplici spettatori curiosi o persone che cavalcano l’onda per un briciolo di visibilità, ai commenti peggiori, aggressivi, offensivi. Analizzare il fenomeno, anche per questi aspetti richiede di far ricorso a sentimenti umani negativi, come invidia, emulazione, odio. Un video che diventa virale si potrebbe definire un video di successo, quanti preparano video per conquistare visualizzazioni, alle quali in certi ambiti sono anche legate forme di compenso che gratificano i migliori. Il video virale balza all’attenzione di moltissimi, riscuotendo proprio quel “successo” che alcuni agognano,. Questo già è sufficiente a scatenare invidia. C’è inoltre che nel web la faccia è nascosta e ciò favorisce l’emersione delle deviazioni: si pensa di poter aggredire verbalmente una persona restando sostanzialmente impuniti. C’è che esiste come piaga il frustrato vendicativo, il portatore di odio. Esistono gruppi di portatori di odio che operano con meccanismi da “branco”, portando in giro per la rete il loro carico di bassezza. Avere un obiettivo su cui scaricarla è una ghiotta occasione, a cui si correla un fenomeno di imitazione e contagio, virale anche quello, nel senso più proprio del termine perché maggiormente si avvicina alla malattia, all’infezione: menti infette che brulicano cattiveria. Questo possibile aspetto negativo della vicenda è stato recentemente messo in luce da Selvaggia Lucarelli. Una donna che balza improvvisamente all’attenzione di tanti, in un successo sgradevole, fastidioso, a volte insostenibile per le persone non avvezze e che diventano inoltre oggetto di aggressione mediatica.

Per concludere, io, al posto di Intesa San Paolo, un pensierino a cavalcare l’onda lo farei, tipo girare uno spot da diffondere sulle reti nazionali, magari proprio lo stesso, proprio con la Ghirardi e gli altri, ma coi controfiocchi, cioè massimamente professionalizzato e galvanizzante.  A lei una remunerazione che compensa (in fondo il contest l’ha vinto lei), ai cyberbulli lo scorno, alla Banca l’anima della pubblicità.

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TOTO’, IL PRINCIPE DELLA RISATA

21 venerdì Lug 2017

Posted by Deborah Mega in Cinema, COSTUME E SOCIETA', Eventi e segnalazioni, La società, SPETTACOLO, Teatro, TV

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cinquantenario dalla scomparsa, Deborah Mega, Totò

Cinquant’anni fa, esattamente il 15 aprile 1967, si spegneva a Roma Antonio De Curtis, in arte Totò, uno dei più grandi attori comici italiani. E’ stato la risposta italiana a Charlot e a Buster Keaton, un attore istrionico, un artista irresistibile e poliedrico, dotato di grande acume e di straordinaria umanità. La morte per lui significò l’inizio di una nuova fase, quella del riconoscimento incondizionato, della scoperta da parte delle nuove generazioni, del pentimento da parte di chi lo aveva criticato definendo totoate i suoi film e lui un clown, un attore improvvisato, scurrile, da quattro soldi, ecc. Pare che Totò abbia sempre sofferto molto per queste critiche infelici, dopo una prima consultava tutte le principali testate alla ricerca di una frase di elogio e di riconoscimento. Spesso la ricerca si rivelava vana, la lettura gli lasciava l’amaro in bocca tanto che era solito dire che “in Italia bisogna morire per essere apprezzati”. E aveva ragione. Il pubblico, per fortuna, incurante dello sprezzante giudizio dei critici, è sempre accorso ad assistere ai suoi spettacoli e ai suoi film. Da anni Totò è addirittura divenuto oggetto di culto, venerato come San Gennaro e pure la cappella gentilizia che fece erigere nel cimitero di Santa Maria del Pianto, nei pressi dell’aeroporto di Capodichino, è divenuta un vero e proprio santuario. La morte lo colpì all’età di 69 anni nella casa romana di via Monti Parioli 4 per un attacco alle coronarie, per lui fu celebrato un triplice funerale: a Roma presso la Chiesa Sant’Eugenio, a Napoli in presenza di 250.000 persone presso la chiesa di Sant’Eligio, ancora a Napoli nel Rione Sanità il 22 maggio. Continua a leggere →

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AforisticaMente

17 venerdì Mar 2017

Posted by Deborah Mega in Appunti letterari, COSTUME E SOCIETA', La società

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aforismi, Deborah Mega, Giuseppe Pontiggia

“Siamo brevi, il mondo è sovraffollato di parole”.

Stanislaw Lec

 

Gli aforismi, dal greco aphorismòs che significa delimitazione, definizione,  sono enunciati che esprimono efficacemente un concetto in poche frasi segnando un limite, un confine, non a caso il termine ha la stessa radice della parola “orizzonte”. Caratteristica fondamentale dell’aforisma è la brevità. Nella prosa gli aforismi si configurano come forme brevi simili ad affermazioni e precetti, destinati a essere pubblicati in raccolte o in racconti, romanzi, diari. Al di là dell’ambito letterario gli aforismi possono trovare spazio nei film, nelle pellicole del passato e del presente che hanno fatto epoca: frasi celebri divenute popolari, affermazioni ironiche e divertenti, battute divertenti penetrate nel patrimonio linguistico di intere generazioni.

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Abbiate cuore

22 giovedì Dic 2016

Posted by Loredana Semantica in COSTUME E SOCIETA', Cronache della vita, Ispirazioni e divagazioni, La società

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Natale

Ecco un altro Natale a ricordarci d’essere più buoni, ma quest’anno, non meno di altri, la nostra bontà è infetta, nessuno innocente di fronte alla guerra. Di fronte a foto di bambini insanguinati e strade che sono laghi di sangue. Occhieggiano orrori dai social network e noi qui al sicuro a chiederci se questo è un uomo, se questo è vero, cosa possiamo, poi restiamo impotenti a chiederci che significato abbia la parola bontà e, persino, scossi, che senso abbia la parola Natale. Siamo solo uomini. Lo sono anche di là dal mare, dalle montagne e dai confini. Uomini. Capaci di efferatezze come di slanci poetici. Questo attraversamento che è essere uomini sulla terra è un miscuglio di dannazione e paradiso. Lo è dalla notte dei tempi.  Lo è ancora adesso. Si spera di poter trascorrere l’esistenza quanto più in salute, bellezza e serenità possibile. Per i più sfortunati non sarà così, alcuni hanno l’inferno in questa terra, ma nel grande disegno ch’è l’esistenza al di qua e al di là della soglia percepibile sono convinta che ci sarà un riscatto per gli afflitti, un momento di catarsi e di rivoluzione, dove chi ha penato trova la sua pace, e chi ha commesso il male la pena. Ed anche questo è Natale.

Questo Natale perciò non è diverso dagli altri, non è meno triste di altri. Dipende dall’angolazione singolare. Chi è nella desolazione lo vedrà con occhi di dolore, chi è sereno, come una festa da trascorrere in famiglia e con gli amici. Nonostante la fame in qualche parte del mondo, con la guerra da qualche parte del mondo, con la miseria e col dolore, che Natale dopo Natale ci sono stati sempre. Non è un’assoluzione, ma una presa d’atto che il nero si accompagna al bianco ed è nelle zone grigie che dovrebbero lavorare bene con senso di responsabilità profondo, consapevoli d’avere le sorti dell’umanità nelle mani.

Ma questo non voleva essere un post pesante e nemmeno di luoghi comuni, anzi il post  voleva essere grazioso, celebrare questo momento che è festa religiosa e tradizionale nel contempo.

Ricca di usanze, come l’albero addobbato di tante luci, palline e pupazzetti, ora il mio di fiori dorati, ma nel ricordo della mia infanzia l’albero per eccellenza era quello del mio povero zio Filippo, buonanima, che aveva golosi pendenti di cioccolato rivestiti di carta stagnola colorata a forma di babbo natale o di monete. Troneggiava irraggiungibile sul pianoforte ed era un albero bellissimo, perché quei ninnoli mangerecci di decorazione erano l’ambizione di noi bambini e, sebbene lo zio Filippo avesse tanti figli, qualche volta una moneta è arrivata anche nelle mie mani e in quelle di mia sorella regalandoci un momento di estatica felicità natalizia.

Altra tradizione del Natale è il presepe che il mio libro delle elementari raccontava  essere nato in Italia, introdotto per la prima volta da San Francesco, che ebbe la bella idea di riprodurre lo scenario della nascita a Betlemme, con gli angeli e i pastori, Maria e Giuseppe, il bue e l’asinello, tante pecore e il bambinello nella mangiatoia, culla del Signore del cielo e della terra.

Ecco che da fame e guerra, che sono la pena del mondo, siamo passati al cuore del Natale, che è commemorazione sostanzialmente, del momento della nascita del Salvatore. Nacque Gesù in Betlemme ed era l’anno zero, zero perché segna il nuovo inizio dell’Umanità che poco dopo quella nascita conoscerà per la viva voce del figlio di Dio – pietra scartata dai costruttori, diventata testata d’angolo – il messaggio d’amore cristiano, qualcosa di profondamente rivoluzionario. Da allora i Cristiani  ricordano l’evento di questa nascita, premessa necessaria di tutti i successivi eventi: dalla passione di Gesù al seguito di una montagna di secoli e storia della cristianità. Tradizione è la messa del Natale per chi voglia porre l’accento più sacro alla festività.

Tradizione del Natale sono i dolci panettone e pandoro che ormai in tutte le possibili coperture e farciture abbondano sugli scaffali dei negozi e supermercati, la cena con la zuppa di pesce, con le impanate e scacciate, con gli arancini o gli arrosti, il gran pranzo di lasagne,  tacchini, prelibatezze e involtini. E così pensando alla pancia, che in allegria reclama la sua ora, concludo dicendo che anche noi da questo scorcio di luce che è il nostro minuscolo blog vogliamo fare i nostri più luminosi auguri.

Buon Natale a tutti, quindi, di cuore – il nostro certo, ma anche di averlo voi stessi – e di ogni bene.

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Euphorbia splendens

08 domenica Mag 2016

Posted by Loredana Semantica in COSTUME E SOCIETA', La società, PERSONAGGI, Uomini eccellenti

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festa della mamma, Loredana Semantica, Sadiq Khan, sindaco di Londra

il_570xN.988397625_qdeqOggi è la festa della mamma, ma io non scriverò un articolo per le mamme del mondo, per lodare quell’istinto che è un misto d’amore e protezione innato in ogni femmina, anzi confesso che quest’anno ho trovato particolarmente insulsi tutti gli articoli e le immagini stucchevoli dedicate alla festa mamma.

Stucchevoli le rose, sdolcinate le margherite, false e ipocrite le nuvolette rosa, e  la scritta in azzurro brillante o verde fosforescente “Happy mother day”; vacue tutte le immagini di mucche col vitellino, di uccelli con il pulcino, la gatta con il micino, la pecora col suo agnellino, e poi scimmie, leoni, giraffe ed elefanti, tutte mamme mammifere, coi cuccioli sotto l’ala o la zampa, agguantati con la bocca, trasportati sulla schiena o aggrappati sotto la pancia. Continua a leggere →

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A proposito di lavoro

01 domenica Mag 2016

Posted by Deborah Mega in COSTUME E SOCIETA', La società, SINE LIMINE

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Deborah Mega, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Khalil Gibran

primo_maggio_2

Il quarto stato, Giuseppe Pellizza da Volpedo, (1901)

 

Allora un contadino disse:
Parlaci del Lavoro.

E lui rispose dicendo:
Voi lavorate per assecondare il ritmo della terra e l’anima della terra.
Poiché oziare è estraniarsi dalle stagioni e uscire dal corso della vita,
che avanza in solenne e fiera sottomissione verso l’infinito.

Quando lavorate siete un flauto
attraverso il quale il sussurro del tempo si trasforma in musica.
Chi di voi vorrebbe essere una canna silenziosa e muta
quando tutte le altre cantano all’unisono?
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La destabilizzazione mondiale

11 lunedì Apr 2016

Posted by Loredana Semantica in COSTUME E SOCIETA', Cronache della vita, La società

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attualità, Loredana Semantica, migrazioni, profughi, società

indomeni

Foto dal web: profughi a Indomeni

Credo sia sotto gli occhi e le orecchie di tutti che soffiano venti di bufera sul mondo. L’ultima notizia che getta un ponte d’ansia tra la nostra penisola e il nordafrica si chiama invio di truppe militari in Libia.

Uno spettro si aggira per il mondo e si chiama guerra. Non è cosa nuova sulla faccia della terra, ma ultimamente la guerra è uno degli spettri che popolano anche gli incubi europei.

La realtà ci mostra solo a sprazzi, grazie a un’informazione manipolata, la sofferenza di popoli che protestano senza avere ascolto, che fuggono senza avere accoglienza, coi governi incapaci di dare sicurezza e sviluppo, di convertire tribù in popolazione, individui in cittadini.

Sono in atto, spostamenti di massa motivati dal profondo malessere che induce le persone a preferire l’ignoto e l’incertezza, alle certezze della fame, rovina, guerra, sofferenza che patiscono nel proprio paese d’origine. Continua a leggere →

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Spigolature

06 mercoledì Apr 2016

Posted by Francesco Palmieri in COSTUME E SOCIETA', La società

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condizionamento, consumismo, Francesco Palmieri, postmoderno, umanesimo

download

La mutazione postmoderna dell’uomo occidentale in primis, sta nell’aver sostituito a livello profondo i valori spirituali, etici, morali, dell’umanesimo – e in qualche modo gli ideali e l’utopia – con degli atteggiamenti interiori, mentali, ideologici, legati strettamente ai modelli esistenziali indotti da una cultura pubblicitaria onnivora e onninclusiva, dove non solo l’oggetto di consumo è il protagonista ma anche il contesto sociale, l’evento, la situazione in cui l’oggetto è inserito, vale a dire un intero scenario esistenziale che diviene fine subliminale e valore, paradigma di soddisfazione, piacere, gioia e felicità, e ancora spinta indiretta al conformismo e all’identità sociale condivisa e di massa. Continua a leggere →

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Il Dio dei bambini

31 giovedì Mar 2016

Posted by Loredana Semantica in Cronache della vita, La società, Video

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attentati, bambini, guerra, Loredana Semantica, profughi

,Avevo scritto il testo in corsivo più sotto per i bambini siriani coinvolti in una guerra che segnerà inevitabilmente l’intera loro esistenza o ha già causato la loro morte.

L’avevo scritto qualche giorno fa prima dei recenti attentati in Iran a sud di Bagdad e in Pakistan a Lahore. In entrambi un kamikaze si è fatto esplodere seminando il suo carico di terrore, distruzione, dolore. Gli attentati hanno avuto come obiettivo momenti di vita di serenità e festa: a Bagdad la premiazione di un torneo di calcio, a Lahore un parco dove molte famiglie si erano riunite a festeggiare la Pasqua. Continua a leggere →

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La sfida del fondamentalismo

29 martedì Mar 2016

Posted by Deborah Mega in COSTUME E SOCIETA', Cronache della vita, La società

≈ 2 commenti

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Deborah Mega, fondamentalismo, Giacomo Leopardi, John Lennon, primavera araba, terrorismo islamico

Imagine there’s no countries

it isn’t hard to do

nothing to kill or die for

and no religion too

imagine all the people

living life in peace

JOHN LENNON

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A Pasqua è primavera

26 sabato Mar 2016

Posted by Loredana Semantica in Eventi e segnalazioni, Il colore e le forme, La società

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Loredana Semantica, luce, Pasqua, primavera, rito

rosa

foto “Eggs and rose” by Loredana Semantica

 

Pasqua per gli ebrei significa passaggio e celebra il ritorno alla libertà degli ebrei ridotti in schiavitù presso gli Egiziani. Un evento non riconosciuto come autentico da tutti gli storici, collocabile storicamente intorno al XV secolo a.C. e al quale la Bibbia dà grande risalto, con una narrazione articolata dell’origine e della storia di Mosè, colui che guidò il popolo ebreo alla liberazione, delle dieci piaghe d’Egitto, la maledizioni inviate da Dio al popolo d’Egitto perché il Faraone lasciasse partire gli Ebrei. Continua a leggere →

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