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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi della categoria: Epistole d’Autore

Epistole d’Autore 8

20 lunedì Apr 2020

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Dino Campana, Sibilla Aleramo

In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato.

 

Sibilla Aleramo e Dino Campana 

Dino Campana e Sibilla Aleramo si incontrarono per la prima volta nel 1916 a Marradi, suo paese natale in provincia di Firenze. La Aleramo aveva quarant’anni, lui trentuno. Lei era ormai celebre per aver pubblicato il romanzo autobiografico dai forti contenuti femministi Una donna (di cui ho parlato qui) ed aveva avuto diverse storie d’amore. Lui non sopportava la mentalità del suo paese natio da cui spesso si allontanava per rifugiarsi in paesi lontani, fughe che si concludevano con il ritrovamento e il ricovero in manicomio per le crisi ossessive di cui soffriva da quando aveva quindici anni. I suoi “Canti Orfici” avevano ricevuto una discreta accoglienza ma erano stati molto apprezzati dalla Aleramo che gli aveva scritto una lettera perché sedotta dalla bellezza del suo capolavoro. Dall’incontro nacque una passione dolorosa e distruttiva per entrambi. Passato l’idillio iniziale infatti le ossessioni e i cattivi pensieri di entrambi presero il sopravvento nella loro storia. La follia di Dino era dovuta anche alla gelosia, perché conosceva gli amanti di Sibilla, Carrà, Prezzolini, Soffici, Papini. Lei diceva d’amarlo e probabilmente lo amava davvero. Vissero però un tormentato periodo di litigi e violenze che spaventavano chi vi assisteva. Nonostante ciò la loro storia d’amore continuò finché nel gennaio del 1917 le condizioni della malattia di Dino non peggiorarono, la Aleramo lo fece visitare da uno psichiatra celebre, il prof. Ernesto Tanzi ma successivamente Campana fu costretto alla reclusione in manicomio. Tra i due iniziò così un rapporto epistolare fatto di contraddizioni; Sibilla lo cercava e lo evitava, Dino la inseguiva senza trovarla finché ad un certo punto Sibilla non smise davvero di cercarlo. Lui morì nel 1932, a Castel Pulci, nell’ospedale psichiatrico dove era stato internato, mentre Sibilla continuò a scrivere fino al giorno della sua morte nel 1960. A testimonianza di questa passione devastante è rimasto il meraviglioso carteggio pubblicato in Un viaggio chiamato amore-Lettere 1916-18 da cui è stato tratto il film omonimo del 2002, diretto da Michele Placido e interpretato da Laura Morante e Stefano Accorsi.

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Epistole d’Autore 7

17 lunedì Feb 2020

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Albert Einstein, Mileva Marić

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In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato.

Albert Einstein a  Mileva Marić

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Mileva Marić  era una fisica serba che, durante i suoi studi al prestigioso Politecnico federale di Zurigo  incontrò l’uomo che sarebbe diventato suo marito: Albert Einstein. I due condividevano una forte passione per la fisica. Nelle cinquantaquattro lettere d’amore  scritte tra il 1897 e il 1903, edite da Bollati Boringhieri, emerge come tra i due ci fosse una grande intesa intellettuale. “Quando ho letto Helmholtz per la prima volta, mi è sembrato così strano che tu non fossi qui accanto a me oggi, e la situazione non migliora. Trovo che il nostro lavoro sia molto benfatto, insieme è più semplice,” diceva Albert in una lettera a Mileva del 1899. Dalle lettere emergono gli interessi scientifici, i conflitti con gli altri colleghi, le costanti preoccupazioni per la ricerca di un posto di lavoro. Mileva era una scienziata brillante portata per il lavoro sperimentale in laboratorio e il suo apporto alle ricerche del marito fu decisivo. Purtroppo i lavori che presentavano, frutto delle ricerche di entrambi, erano firmati solamente da Albert, forse perché Mileva voleva aiutare Einstein a farsi un nome all’interno della comunità scientifica così da trovare un lavoro  oppure perché, come ancora avveniva a quei tempi, una scoperta effettuata da un uomo veniva presa maggiormente in considerazione. Nonostante la grande affinità, la loro relazione fu sempre osteggiata dalla madre di Einstein, perché Mileva non era né ebrea né tedesca e perché era troppo “intellettuale” per i suoi gusti.  Mileva contribuì alla ricerca che portò alla formulazione della teoria della relatività. Lo dice Albert stesso in una lettera del 1901, scrivendo: “Quanto sarò orgoglioso e felice quando insieme avremo portato a una conclusione vittoriosa il nostro lavoro sul moto relativo!”. Alcuni studiosi hanno interpretato l’uso del pronome plurale come un segno di trasporto affettuoso. C’è in particolare una lettera datata 27 marzo 1901 scritta da Einstein a Mileva che include la frase “portando il nostro lavoro sul moto relativo a una felice conclusione”. L’aggettivo “nostro” fa pensare a un lavoro condotto in collaborazione. Mileva e Albert ebbero una prima figlia che fu affidata ad una nutrice e di cui non si seppe più nulla. Mileva intanto provò a rientrare all’università per continuare con le sue ricerche e laurearsi ma non ci riuscì. Nel 1903, lei e Albert riuscirono finalmente a sposarsi e si trasferirono in via Kramgrasse 49 a Berna, dove ancora oggi si trova, l’edificio dove la giovane coppia ha vissuto e che di recente è stato trasformato in un museo che porta il suo nome, Einsteinhaus. In quegli anni Albert era un impiegato statale che doveva recarsi al lavoro tutti i giorni, il tempo che poteva dedicare alla scienza era ridotto; per questo motivo si ipotizza che fosse sua moglie Mileva ad occuparsi delle ricerche che lui non aveva il tempo di fare. Il 14 maggio 1904 la donna diede alla luce il secondo figlio, Hans Albert Einstein mentre il terzo, Eduard Einstein nacque il 28 luglio 1910. In quello stesso anno Albert Einstein divenne docente di fisica dell’Università Karolina di Praga. Mileva contribuì anche alla costruzione di un voltmetro ultrasensibile ma anche questa volta scelse di non includere il suo nome tra i firmatari della ricerca. Il matrimonio tra Albert e Mileva si concluse con un divorzio, formalizzato nel 1919, cinque anni dopo che lei lo lasciò a Berlino e se ne andò insieme ai figli. Nel frattempo Albert aveva avuto diverse relazioni, tra cui una con la cugina Elsa Löwenthal,che sposò in seconde nozze ed era diventato uno degli scienziati più acclamati, di lì a poco avrebbe infatti vinto il Nobel. La pratica di divorzio durò molto tempo per i problemi di salute di Mileva Marić, ma anche per il fatto che le due parti non si accordavano sui termini della separazione. Venne stabilita anche la sorte del denaro di un eventuale premio. Stando agli accordi, se ad Albert Einstein fosse stato conferito il Premio Nobel per la fisica, il denaro sarebbe diventato proprietà di Mileva Marić e dei suoi figli. Nel 1921 l’Accademia Svedese delle Scienze conferì ad Albert Einstein il Premio Nobel per la Fisica. Nonostante il sostegno economico dello scienziato, gli ultimi anni di Mileva Marić furono un susseguirsi di lutti, preoccupazioni per la salute del figlio Eduard, sofferente di schizofrenia, problemi burocratici e finanziari, problemi di salute acuitisi soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Mileva Marić-Einstein fu colpita da ictus e fu dichiarata incapace di intendere e di volere. Morì il 4 agosto 1948 a Zurigo, all’età di 73 anni.

 

 

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Epistole d’Autore 6

13 lunedì Gen 2020

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Franz Xaver Kappus, Rainer Maria Rilke

In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato.

Rainer Maria Rilke a Franz Xaver Kappus

Le Lettere a un giovane poeta furono indirizzate da Rainer Maria Rilke al giovane scrittore Franz Xaver Kappus, allievo dell’Accademia militare di Wiener Neustadt, fra il 1903 e il 1908. Pubblicate postume nel 1929, si diffusero in breve tempo nei paesi di lingua tedesca come una specie di breviario di arte e di vita. Il giovane Franz scopre che la sua stessa accademia, anni prima, era stata frequentata dal noto poeta Rainer M. Rilke. Poichè Franz si diletta a scrivere componimenti poetici decide di scrivere proprio a Rilke che per cinque anni terrà una fitta corrispondenza col giovane poeta, dispensando umili consigli, vere e proprie perle di umanità e saggezza. Una delle Lettere viene qui proposta nella celebrata versione di Leone Traverso, che fu uno dei primi interpreti di Rilke in Italia. Continua a leggere →

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Epistole d’Autore 5

23 lunedì Set 2019

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Albert Camus, Maria Casarès

In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato.

Albert Camus a Maria Casarès

Con Maria Victoria Casarès Pérez, Albert Camus visse un’importante e tormentata relazione, documentata da un libro contenente 865 lettere e pubblicato da Gallimard nel 2017, Corrispondance 1944-59, con la prefazione di Catherine, figlia dello scrittore.

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Epistole d’Autore 4

17 lunedì Giu 2019

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Diego Rivera, Frida Kahlo

In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato.

Frida Kahlo a Diego Rivera

 

Frida Kahlo, la nota pittrice messicana, è conosciuta per le sue opere d’arte e per la sua stravagante personalità. Non tutti però sono a conoscenza del suo immenso amore per l’artista messicano Diego Rivera, con il quale trascorse quasi tutta la vita. Si trattò di una relazione difficile e tormentata, che si può ricostruire grazie alle lettere d’amore raccolte ne Il diario di Frida Kahlo. Un autoritratto intimo. Il loro rapporto intenso e tormentato è uno dei più celebri della storia dell’arte e di tutto il Novecento.  L’artista messicana conobbe Diego Rivera nel 1927, egli divenne dapprima il suo mentore e, successivamente, l’amore di tutta una vita. Malgrado l’opposizione di sua madre a questa relazione, Frida sposò ugualmente Diego Rivera due anni dopo, nel 1929. Continua a leggere →

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Epistole d’Autore 3

20 lunedì Mag 2019

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Virginia e Leonard Woolf

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Virginia Woolf al marito Leonard

La scrittrice inglese Virginia Woolf, femminista convinta che lottava per la parità dei sessi, da sempre incline alla depressione, il 28 marzo del 1941all’età di 59 anni, decise di porre fine alla sua vita. Prima di lasciarsi annegare nelle acque del fiume Ouse vicino alla sua casa a Rodmell, nel Sussex, lasciò una commovente lettera di addio al marito Leonard da sempre vicino e amorevole dinanzi ad ogni crisi, si riempì le tasche di sassi mentre procedeva verso il fiume. Giunta nei pressi del corso d’acqua, abbandonò il bastone e camminò ancora, lasciandosi annegare nel fiume. Queste sono le sue ultime ore, ricostruite da Nadia Fusini, massima esperta woolfiana in Possiedo la mia anima, biografia edita qualche anno fa da Mondadori. “Per molti giorni Virginia non fu né viva né morta. Mancava. Era scomparsa. ‘Missing’ scrissero i giornali”, racconta la studiosa. Poi, il 18 aprile, un gruppo di giovani in gita sul fiume Ouse scorse qualcosa nell’acqua. A prima vista, sembrava un tronco. “Per gioco gli tirarono i sassi, volevano accostarlo a riva. Il ragazzo che entrò nell’acqua per prenderlo scoprì che era il corpo di una donna in pelliccia”, che indossava al polso un orologio fermo alle 11:45. Continua a leggere →

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Epistole d’Autore 2

18 lunedì Mar 2019

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Franz Kafka, Hermann Kafka

 

In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato. Il blog inoltre offre ai suoi lettori l’opportunità di inviare la propria lettera aperta, d’amore, d’affetto, di amicizia, firmata o anonima affidandola alla memoria del web. Basterà cliccare sul LINK della pagina per inserirla, in modo che, nel tempo, sia possibile raccoglierle e ritrovarle. La responsabilità delle lettere è dei rispettivi autori, la loro pubblicazione non implica in alcun modo adesione ai suoi contenuti da parte di Limina Mundi.

Franz Kafka al padre

Franz Kafka è già considerato un grande scrittore quando nel 1919, all’età di 36 anni, scrive una lunga lettera al padre con cui, fin dall’infanzia, ha avuto un rapporto difficile. La lettera non giunse mai al destinatario perché lo scrittore la affidò alla madre che scelse di non consegnarla al marito. Fu pubblicata postuma nel 1952. Lo scrittore critica l’azione educativa del padre Hermann perché troppo autoritaria, responsabile, secondo lui, delle sue inquietudini da adulto, inoltre vi descrive i rapporti familiari e le disparità con le sorelle. Il timore della punizione, l’assenza di manifestazioni di affetto, la sensazione di inferiorità del protagonista sono meccanismi disfunzionali utilizzati in molte opere di Kafka, basti pensare al ruolo che riveste la famiglia e all’incomunicabilità tra i vari membri ne “La metamorfosi” oppure al ruolo della legge e del tribunale ne “Il processo”. Questo testo è un documento di grande importanza per approfondire la conoscenza della vita privata di Kafka e la sua visione del mondo. Il testo si apre su un punto significativo: il padre di Kafka ha chiesto al figlio come mai provi paura nei suoi confronti. Kafka spiega che il discorso che si appresta a scrivere sarà molto lungo a causa della complessità dell’argomento e della quantità di aspetti che dovrà prendere in considerazione. Lo scrittore ammette le proprie mancanze per il fatto di dedicare molto tempo alla propria vocazione letteraria e di non occuparsi invece minimamente dell’attività commerciale della famiglia.  Alle accuse di non manifestare slancio affettivo per il padre Franz replica che, se da piccolo egli avesse ricevuto attenzioni e tenerezze, probabilmente non avrebbe sviluppato quel disagio e quel senso di inadeguatezza così radicati nella sua personalità. Continua a leggere →

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Epistole d’Autore 1

07 lunedì Gen 2019

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Elsa De Giorgi, Italo Calvino

In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica, che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale, hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato. Il blog Limina Mundi inoltre offre ai suoi lettori l’opportunità di inviare la propria lettera aperta, d’amore, d’affetto, di amicizia, firmata o in forma anonima affidandola alla memoria del web. Basterà cliccare sul LINK della pagina per inserirla, in modo che, nel tempo, sia possibile raccoglierle e ritrovarle. La responsabilità delle lettere è dei rispettivi autori, la loro pubblicazione non implica in alcun modo adesione ai suoi contenuti da parte di Limina Mundi.

 Italo Calvino a Elsa De Giorgi

Il carteggio di lettere (ben 407) conservate nel Fondo Manoscritti di Pavia tra Italo Calvino ed Elsa De Giorgi è testimonianza della loro storia d’amore, vissuta tra il 1955 e il 1958. Elsa De’ Giorgi, appena diciottenne, iniziò la sua carriera da attrice, agevolata dalla sua bellezza ma invisa al regime fascista per le sue posizioni politiche che la porteranno a sostenere la Resistenza romana. Nel 1948 sposò il nobile Contini Bonacossi, collezionista d’arte; nella loro casa a Roma, divenuto un vero e proprio circolo letterario, ricevevano personalità del calibro di Alberto Moravia, Carlo Levi, Renato Guttuso e tanti altri. Nel 1955 la De Giorgi conobbe Italo Calvino, di dieci anni più giovane, il quale si occupava dell’ufficio stampa della casa editrice Einaudi. La loro collaborazione confluì in una relazione tormentata e difficile, fatta di corrispondenze, viaggi in treno tra Roma e Torino, incontri fugaci, tanto da concludersi nel 1958. A testimonianza di questo rapporto esiste il corpus epistolare che la filologa Maria Corti, ha definito “il più suggestivo del Novecento italiano”. La stessa De Giorgi nel suo libro Ho visto partire il tuo treno, edito da Feltrinelli, dichiarò che la relazione appassionata con Calvino incise anche sull’opera dello scrittore. Calvino le inviò centinaia di lettere, illustrate con i suoi disegni e le trovò una piccola villa sul mare con un bel giardino a Ospedaletti, a pochi chilometri da Sanremo dove c’era casa sua. Dopo aver concluso ogni scritto, voleva che lei lo leggesse integralmente. Si sedeva di fronte a lei e le porgeva una foglio alla volta, scrutandole il viso per ore. Quando nel 1956 vennero pubblicate le Fiabe italiane nell’elegante edizione dei Millenni di Einaudi, erano dedicate a “Raggio di sole”, anagramma del nome Elsa de Giorgi, il loro codice d’amore, il modo segreto di parlarsi sotto gli occhi di tutti.

*

Certo, il mio amore per te è nato come un’individualista protesta contro tutto, un clima mosso da un bisogno profondissimo, ma con un significato generale, una lezione per tutti, di non-rinuncia, di coraggio alla felicità. Come questa lezione si tradurrà nell’opera creativa è ancora da vedersi. Se mi mancasse il tuo amore tutta la mia vita mi si sgomitolerebbe addosso. Tu sei un’eroina di Ibsen, io mi credevo un uomo di Cechov. Ma non è vero, non è vero. Gli eroi di Cechov hanno la pateticità e la nobiltà degli sconfitti. Io no: o vinco o mi annullo nel vuoto incolore. E vinco, vinco, sotto le tue frustate. No, cara, non hai nulla dell’eroina dannunziana, sei una grande donna pratica e coraggiosa, che si muove da regina e da amazzone e trasforma la vita più accidentata e difficile in una meravigliosa cavalcata d’amore. Ho la tua lettera dal treno.

Cara, amore ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore. Il ritratto del giovane P.P. [Pier Paolo Pasolini, ndr] è molto bello, uno dei migliori della tua vena ritrattistica, di questa tua intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di intendere i tipi più diversi, questa tua gran dote largamente provata nei coetanei. È la stessa dote che portata all’estremo accanimento dell’amore ti fa dire delle cose così acute e sorprendenti quando parli con me di me che ti sto a sentire a bocca aperta, abbacinato un insieme d’ammirazione per l’intelligenza, o incontenibile narcisismo, e di gratitudine amorosa. Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. E questo tuo ghiribizzo di civettare che ora ti ripiglia non mi piace niente, lo giudico un’intrusione di un moto psicologico completamente estraneo all’atmosfera che deve regnare tra noi. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro. È forse anche qui la paura di soffrire che prende il sopravvento? Cara, cara, mi conosci troppo, ma no, troppo poco, devo ancora farmi conoscere da te, devo ancora scoprirmi a te, stupirti, ho bisogno di farmi ammirare da te come io continuamente ti ammiro.

Sto scrivendo una cosa su Thomas Mann per il Contemporaneo- sotto forma di lettera- su cosa significa per me il suo atteggiamento d’uomo classico e razionale al cospetto dell’estrema crisi romantica e irrazionale del nostro tempo. Sono temi che ritornano puntualmente nella cultura e nell’arte contemporanea come nella mia vita: il mio rapporto con Pavese, o la coscienza della poesia, il mio rapporto con te, o la coscienza dell’amore. Io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro, siamo davvero drogati: non posso vivere fuori dal cerchio magico del nostro amore.

(…) Ho due belle let­tere tue cui ri­spon­dere. Una (quella di gio­vedì) sulla «mis­sione di darmi gioia» che tu con me­ra­vi­gliosa ge­ne­ro­sità amo­rosa hai scelto (e io po­trei par­lare di una mia «am­bi­zione di darti gioia», di un mio or­go­glio, che quando non rie­sco mi fa sen­tire scon­fitto), l’altra, quella di ieri, col dia­logo delle donne sul per­fetto amante, che pare un po’ da corte d’amore, ma con una ma­li­zia da bri­gata di Boc­cac­cio in villa du­rante la pe­ste, e con una ra­zio­na­lità da ra­gio­na­mento fi­lo­so­fico e cor­tese cin­que­cen­te­sco e in più un senso dello sca­broso e dell’insoddisfatto che è tutto mo­derno. Ma tu che taci, e dici l’ultima bat­tuta, e le al­tre che stanno in si­len­zio, e quel tipo di Pan­filo o Fi­lo­strato o Dio­neo che trae, ga­lante ma con­cet­toso, la mo­rale, è un qua­dro di pura bel­lezza. Ma a parte quest’ammirazione for­male, quello che so­prat­tutto m’ha at­tratto è la bel­lezza della tua etica amo­rosa, che è an­che mia, che io t’ho in­se­gnato – per­dona il mio or­go­glio – nel mo­mento stesso in cui l’imparavo da te, su te e di cui tu ora dai una for­mula per­fetta, que­sto «su­sci­tare l’amore senza mai sti­mo­lare il vi­zio», que­sta con­di­zione così rara, che tu sola sai creare.

Italo Calvino

 

 

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