
In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica, che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale, hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato. Il blog Limina Mundi inoltre offre ai suoi lettori l’opportunità di inviare la propria lettera aperta, d’amore, d’affetto, di amicizia, firmata o in forma anonima affidandola alla memoria del web. Basterà cliccare sul LINK della pagina per inserirla, in modo che, nel tempo, sia possibile raccoglierle e ritrovarle. La responsabilità delle lettere è dei rispettivi autori, la loro pubblicazione non implica in alcun modo adesione ai suoi contenuti da parte di Limina Mundi.
Italo Calvino a Elsa De Giorgi

Il carteggio di lettere (ben 407) conservate nel Fondo Manoscritti di Pavia tra Italo Calvino ed Elsa De Giorgi è testimonianza della loro storia d’amore, vissuta tra il 1955 e il 1958. Elsa De’ Giorgi, appena diciottenne, iniziò la sua carriera da attrice, agevolata dalla sua bellezza ma invisa al regime fascista per le sue posizioni politiche che la porteranno a sostenere la Resistenza romana. Nel 1948 sposò il nobile Contini Bonacossi, collezionista d’arte; nella loro casa a Roma, divenuto un vero e proprio circolo letterario, ricevevano personalità del calibro di Alberto Moravia, Carlo Levi, Renato Guttuso e tanti altri. Nel 1955 la De Giorgi conobbe Italo Calvino, di dieci anni più giovane, il quale si occupava dell’ufficio stampa della casa editrice Einaudi. La loro collaborazione confluì in una relazione tormentata e difficile, fatta di corrispondenze, viaggi in treno tra Roma e Torino, incontri fugaci, tanto da concludersi nel 1958. A testimonianza di questo rapporto esiste il corpus epistolare che la filologa Maria Corti, ha definito “il più suggestivo del Novecento italiano”. La stessa De Giorgi nel suo libro Ho visto partire il tuo treno, edito da Feltrinelli, dichiarò che la relazione appassionata con Calvino incise anche sull’opera dello scrittore. Calvino le inviò centinaia di lettere, illustrate con i suoi disegni e le trovò una piccola villa sul mare con un bel giardino a Ospedaletti, a pochi chilometri da Sanremo dove c’era casa sua. Dopo aver concluso ogni scritto, voleva che lei lo leggesse integralmente. Si sedeva di fronte a lei e le porgeva una foglio alla volta, scrutandole il viso per ore. Quando nel 1956 vennero pubblicate le Fiabe italiane nell’elegante edizione dei Millenni di Einaudi, erano dedicate a “Raggio di sole”, anagramma del nome Elsa de Giorgi, il loro codice d’amore, il modo segreto di parlarsi sotto gli occhi di tutti.
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Certo, il mio amore per te è nato come un’individualista protesta contro tutto, un clima mosso da un bisogno profondissimo, ma con un significato generale, una lezione per tutti, di non-rinuncia, di coraggio alla felicità. Come questa lezione si tradurrà nell’opera creativa è ancora da vedersi. Se mi mancasse il tuo amore tutta la mia vita mi si sgomitolerebbe addosso. Tu sei un’eroina di Ibsen, io mi credevo un uomo di Cechov. Ma non è vero, non è vero. Gli eroi di Cechov hanno la pateticità e la nobiltà degli sconfitti. Io no: o vinco o mi annullo nel vuoto incolore. E vinco, vinco, sotto le tue frustate. No, cara, non hai nulla dell’eroina dannunziana, sei una grande donna pratica e coraggiosa, che si muove da regina e da amazzone e trasforma la vita più accidentata e difficile in una meravigliosa cavalcata d’amore. Ho la tua lettera dal treno.
Cara, amore ho sempre un’apprensione quando apro una tua lettera e uno slancio enorme di gratitudine e amore leggendo le tue parole d’amore. Il ritratto del giovane P.P. [Pier Paolo Pasolini, ndr] è molto bello, uno dei migliori della tua vena ritrattistica, di questa tua intelligenza delle personalità umane fatta di discrezione e capacità di intendere i tipi più diversi, questa tua gran dote largamente provata nei coetanei. È la stessa dote che portata all’estremo accanimento dell’amore ti fa dire delle cose così acute e sorprendenti quando parli con me di me che ti sto a sentire a bocca aperta, abbacinato un insieme d’ammirazione per l’intelligenza, o incontenibile narcisismo, e di gratitudine amorosa. Ho più che mai bisogno di stare fra le tue braccia. E questo tuo ghiribizzo di civettare che ora ti ripiglia non mi piace niente, lo giudico un’intrusione di un moto psicologico completamente estraneo all’atmosfera che deve regnare tra noi. Gioia cara, vorrei una stagione in cui non ci fossi per me che tu e carta bianca e voglia di scrivere cose limpide e felici. Una stagione e non la vita? Ora basta, perché ho cominciato così questa lettera, io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro. È forse anche qui la paura di soffrire che prende il sopravvento? Cara, cara, mi conosci troppo, ma no, troppo poco, devo ancora farmi conoscere da te, devo ancora scoprirmi a te, stupirti, ho bisogno di farmi ammirare da te come io continuamente ti ammiro.
Sto scrivendo una cosa su Thomas Mann per il Contemporaneo- sotto forma di lettera- su cosa significa per me il suo atteggiamento d’uomo classico e razionale al cospetto dell’estrema crisi romantica e irrazionale del nostro tempo. Sono temi che ritornano puntualmente nella cultura e nell’arte contemporanea come nella mia vita: il mio rapporto con Pavese, o la coscienza della poesia, il mio rapporto con te, o la coscienza dell’amore. Io voglio scrivere del nostro amore, voglio amarti scrivendo, prenderti scrivendo, non altro, siamo davvero drogati: non posso vivere fuori dal cerchio magico del nostro amore.
(…) Ho due belle lettere tue cui rispondere. Una (quella di giovedì) sulla «missione di darmi gioia» che tu con meravigliosa generosità amorosa hai scelto (e io potrei parlare di una mia «ambizione di darti gioia», di un mio orgoglio, che quando non riesco mi fa sentire sconfitto), l’altra, quella di ieri, col dialogo delle donne sul perfetto amante, che pare un po’ da corte d’amore, ma con una malizia da brigata di Boccaccio in villa durante la peste, e con una razionalità da ragionamento filosofico e cortese cinquecentesco e in più un senso dello scabroso e dell’insoddisfatto che è tutto moderno. Ma tu che taci, e dici l’ultima battuta, e le altre che stanno in silenzio, e quel tipo di Panfilo o Filostrato o Dioneo che trae, galante ma concettoso, la morale, è un quadro di pura bellezza. Ma a parte quest’ammirazione formale, quello che soprattutto m’ha attratto è la bellezza della tua etica amorosa, che è anche mia, che io t’ho insegnato – perdona il mio orgoglio – nel momento stesso in cui l’imparavo da te, su te e di cui tu ora dai una formula perfetta, questo «suscitare l’amore senza mai stimolare il vizio», questa condizione così rara, che tu sola sai creare.
Italo Calvino
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