Nell’ambito della rubrica “Canto presente” oggi presentiamo la poesia di
Francesca Tuscano
Poesie per Agostino
Anche l’amore ha un peso, il
Giusto peso che diventa ombra
Opposta all’assenza di luce. E
Se guardi tra il ramo,
Tutto si fa frammento,
Indispensabile al tutto.
Non si dice la bellezza,
O non è più. Così è per l’amore.
§§§
Ballata della luna nuova
Lei non ricordava più le attese,
il respiro immobile di chi attende la pioggia.
Lui aveva occhi dolci come lo stagno,
le aiuole dei tulipani e la panchina degli errori.
Lei aveva perso lo scialle nero,
e i fiori che nessuno le aveva colto.
Lui fumava per dimenticare
l’ultima sigaretta di una memoria non sua.
Lei guardava il muro rosso
e il soldato con il falcone al braccio.
Lui si innamorava, e ascoltava
musica che nessuno aveva scritto.
La luna li accompagnava
dal lato sbagliato, e il destino ne rideva.
(Sempre ne ride il destino
dei calcoli dell’ombra che si pretende luce)
Ma lei lo vide, quando il tempo
la obbligò a seguire la strada che lui aveva fatto
anche per lei, quando lei non era
che una distrazione legata a un filo di nulla.
La luna li accompagnò dal lato giusto,
e nello stagno il frammento di luce sorrise –
questo è un fatto, e niente è più tenace di un fatto.
Amarsi fu, poi, come sorridere all’ombra che precede la vita.
§§§
Ballatina dell’ombra e del piombo
L’ombra che ci precede è il primo segno,
perché è l’ultimo – gli disse, e gli toccò il volto.
Essere della felicità del piombo,
che non può che cadere diritto
perché attratto dalla perfezione
che costringe a terra, nella forma della radice.
Ti amo – le disse – e la guardò
come chi ha l’ombra in sé e ne sorride.
Lei si piegò, consentì all’ombra
di entrare in lei prima di esprimerla,
e ricordò la forma del piombo
nel bicchiere del tempo.
L’innocenza mi ha portata a te – gli disse
– la tua innocenza, e la tua bocca.
Lui le sorrise come chi non ha mai saputo
e dunque sa. E lei seppe – che non avrebbe mai più
avuto un dio che non avesse le mani di lui.
§§§
La tua bocca sul mio seno tagliato.
(Niente come la luna divisa
sa dei nostri respiri.)
La tua bocca, e la mia,
e i sessi, le mani,
gli occhi. E la grazia
del dolore confuso alla parola
non detta dello stupore
chiamato piacere.
Molte cose hanno un inizio
che ne garantisce l’esistere.
Ma le tue mani tra le mie gambe ruvide
disconoscono il tempo,
che ha in odio
il mio sonno tra le tue braccia.
Il disegno blu del sogno
vive nell’acqua che mi offri.
Nel tuo sesso che è mio
è la ragione della sua esistenza.
(Niente come una stella
conosce il peso della morte,
e di questo vive)
Amore, finalmente sono cosa
senza essere nome.
E le tue mani
mi custodiscono,
come la parola necessaria
e perciò taciuta.
§§§
Ballata a forma di tango, al contrario
La tua mano che mi stringe il polso, senza farmi male,
e io che ti guardo, ancora pezzo di luna mancante,
mentre il mio corpo aspetta il tuo giudizio.
Le mani misurano l’attesa, sui fianchi;
la pelle giustifica il sorriso del ritorno,
e le bocche si attendono al limite, succhiandolo.
Il mio doppio ti offre la schiena come un respiro,
e tu lo prendi piano, per non svegliarmi,
per non dirmi della solitudine dell’ultimo passo
tra le gambe che s’intrecciano nelle pause mute.
Ti avessi amato al tempo del sorriso,
ancora nuova per un corpo non mio,
ancora certa della grazia della mano sul seno.
Mi avessi amata al tempo del ritmo che ora so
e non sapevo, prima di essere uno sguardo
chiuso contro la tua pelle e la mia tristezza.
Ma ora so, e la parola si chiude sul ventre non più sterile,
che attende la tua mano che mi stringe il polso,
mentre io ti guardo nella luna della fuga
per tornare, sempre, e ancora, in una libertà priva di scelta.
§§§
Non c’è altro
che questo sole indecente
su una piana di pale senza mulini
e fili elettrici coperti di storni.
Il giudizio preme sulla storia.
Ne fa cumulo di segni senza codice.
E io penso al tuo sesso
e alla mia bocca.
E il resto, tutto il resto,
è bestemmia.