
Domenico Pisana: “Nella trafitta delle Antinomie”
Edizioni Helicon, 2020
Prefazione di Dario Stazzone
Quattro poesie e una intervista
Dalla prefazione di Dario Stazzone
«Come ogni atto poietico e poetico anche Nella trafitta delle antinomie è testimonianza di fede nella parola, sostenuta dalla fede dell’autore. Ma la nostra contemporaneità è segnata da una parola sempre più retorica, cinica e interessata, una parola che perde capacità di significazione e possibilità di raggiungere l’altro. Per questo i versi della prima sezione, Tettonica della contraddizione, ci consegnano una continua e inquieta meditazione, il sogno di una rinnovata onomathesia, la necessità di un rinnovato ascolto della Parola. (…) Ma il caos babelico ha ormai preso il sopravvento, ha determinato la confusione delle favelle, la frattura tra res e verba (…)
La cifra civile della poesia di Pisana è evidente in Passaggio in Italia, dove «silenzio e sdegno di un popolo diviso mi fa eco», in Passaggio in Europa, dov’è incastonato un forte interrogativo: «Ma che vale l’irenismo se ora / cade la memoria, se tutto scivola nell’imbuto / della dissolvenza a materia del golpe, la verità rimane». Questi versi possono essere ricondotti alla tradizione poetica dell’indignatio, vigorosa in seno alla letteratura italiana fin dalle sue origini, da Dante al Petrarca della canzone All’Italia, da Machiavelli che nella conclusione del Principe cita i versi della canzone petrarchesca nell’ambito di una più ampia e veemente adlocutio agli italiani ad una pletora di secentisti, dal Leopardi delle canzoni del 1818 al tentativo foscoliano di fondazione di una laica religio.
La raccolta di versi di Pisana riserva una sorpresa, un’Appendix che raccoglie una successione di ritratti in versi di poeti ed artisti, un’isola in cui si respira un’aria pura che sembra concepita in contrappunto all’aspra realtà rappresentata. Ma una citazione tratta da Ovidio, esergo a questa più breve sezione, ci ammonisce contro la perdita di memoria e le umane ingenerosità: «Finché sarai illeso, potrai contare numerosi amici, ma se il tempo si abbuia, allora sarai solo».
Intersecando la sua voce con quella di altri poeti, evocando le immagini di un grande pittore, Pisana ci riconduce a ciò che è realmente umano, all’irrinunciabile valore tetico della parola e dell’immagine, contro l’odierno universo di barbarie.»
Le lingue incespicano
Quanta umanità smarrita hai già narrato,
anima mia, voce solitaria nel deserto:
dalla notte rifluisci all’aurora,
dall’aurora torni ad abbracciare la notte,
per via ti tracima la lucerna.
Senza amore, senza forza
di speranza – ma vedi come il sogno
lentamente si dilegua nel tramonto –
a volte ti innalzi illuminata
dalla fede, a volti ripiombi nell’abisso.
Parli la Lingua dell’Eden che ti fu data;
esisti, come sia lo chiedo ancora
al cielo, a questo tempo in cui
le lingue incespicano
su simboli sbagliati
aumentando l’infelicità del mondo,
a questa ora in cui più forte
ogni popolo – forse – dà nomi errati alle cose
implorando la sera della tirannia
che le stelle fuggono e rischiarano.
Pensando di cambiare
Se non cambia il cambiabile
l’incambiabile è il nostro futuro,
disegno di parole versate sul letto del fiume,
raccolte da canoe in cerca di successo.
Viviamo di pensieri che non sono Parola,
si contano sillabe, suoni e insulti
si plagiano bellezze, costruiscono gabbie
si appicca il fuoco, si colorano le nuvole,
diventano amore, odio, inferno e paradiso.
Bruciamo parole per reggere tesi, costruire
castelli con muri di cinta, frugare
nell’anima di uomini soli, si erigono sepolcri
e accendono fiaccole, sono lame e carezze,
miele e fiele, rose e spine.
Mi turbano opere di cuori perversi, sagome
di follia in valigie di morte, virus
d’invidia custoditi nel petto, maschere
di tenebre travestite di angeli, alchimie
d’arcobaleni per assalti di pioggia.
E chi non vede e non sente apre la strada
al silenzio che odora di veleni,
di sangue e di paludi, distrugge la speranza
che l’acqua prevalga sui roghi del male.
Pensando di cambiare, abbiamo
dimenticato di cambiare
noi stessi.
Nel fossato di parole
Leggera piuma ormai sono le pagine,
da tutti osservato
con esse io sto nella mia anima,
mi sento granello di sabbia;
al di là dell’ombra e della nuvola rossa
si nasconde il pensiero
si sbriciolano le certezze
ed il muto dolore
per cui paventasti con assenza d’amore
questo sangue della notte
e la sua tenebra travestita di luce.
Del mio pianto sfavillano gli specchi
ed i frutti di casa mia,
le forbici son per prime
sul crinale madido di lingue,
tutta la trasparenza dell’acqua è nella fogna
tutto l’amore della croce nel ghiaccio
e fanno rime con le forbici.
Di città in città si piangono i feriti
nel fossato di parole
e il sole di giustizia sbiadisce
su un’altra pagina di morte.
Ad Andrea Zanzotto
(Dietro le quinte)
Esili ormai sono le parole,
da molti isolato
con esse io convivo nella mia terra,
mi sento un ramo d’ulivo;
oltre il muro e la collina colorata di luci
si riaccendono i sogni
si sveglia la notte
e la pallida speranza
per cui vale resistere
a pantomime di latente potere
recitate nei palazzi che sanno d’antico.
Del mio canto suonano i pensieri
e le ore attendono l’uomo unto di magie,
le città sono vuote di fiducia
con lo sguardo al cielo madido di veleni,
tutta l’aria cristallina è nel pozzo
tutto il fumo nelle apparenze
e fanno squame sugli occhi.
Di giorno e di notte si battono le mani
nella morbida distruzione
e il rosso del tramonto si curva
su un’altra pagina di luna.
Intervista
- Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?
La domanda apre nella memoria momenti legati alla mia adolescenza. È fra i banchi di scuola dello storico Liceo Classico “T. Campailla” di Modica che ho cominciato a scrivere versi. L’input, in quel periodo (eravamo tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70), mi venne dal mio docente di Lettere, morto il 7 gennaio scorso a 90 anni, che era un fine poeta, un saggista e critico letterario. Le sue lezioni, la lettura dei versi di autori della letteratura italiana e latina, che egli faceva con grande pathos interiore, suscitavano in me un fascino ed una attrazione forte. È sin dalla mia vita scolastica, insomma, che è nato l’amore per la poesia.
2. Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Quali scrittori italiani o stranieri ti hanno influenzato maggiormente o senti più vicini al tuo modo di vedere la vita e l’arte?
Ogni epoca storica ha avuto i suoi poeti. Dai tempi delle mitologie, delle antiche letterature orientali, dalle Teogonie di Esiodo e dai lirici greci ai poemi omerici, per passare a Dante, Petrarca e fino al XX secolo, la poesia ha avuto le sue figure e i suoi personaggi di grande rilievo, che hanno lasciato un segno nella storia della letteratura. Riconosco che questo patrimonio poetico che abbiamo alle spalle continua, in un modo o in un altro, ad avere proiezioni ed influenze sulla dimensione del mio poetare, ma con l’obiettivo di ripensarlo rispetto alla condizione esistenziale dell’uomo di oggi. Carducci, Pascoli, Montale, Quasimodo, Ungaretti, Rebora, Zanzotto, Saba sono alcuni dei miei riferimenti letterari italiani, mentre per gli stranieri sono miei riferimenti i poeti francesi Baudelaire, Verlaine, Mallarmé e Rimbaud, ed ancora i poeti Lorca, Neruda, Tagore e Gibran.
Dentro questa geografia di riferimento ritengo che la poesia debba essere ripensata in “senso intuizionista”, cioè nella direzione dell’ “intuire”, cioè dell’ entrare dentro questo nostro tempo per fare venire alla luce il “perché” questa nostra società post moderna sta andando sempre più alla deriva. Dentro alla rilevante fioritura poetica contemporanea, ritengo sia necessario trovare “convergenze di poetica” che siano frutto di una “intuizione della storia”, in grado di trasformarsi in arte e comunicazione poetica. Credo in una poesia con un’idea di poetica. Fare poesia non è certo un mestiere, ma non può essere neanche un gioco; se il poetare diventa il pastiche-passatempo di anime belle, cioè lo sfogo di emozioni che coinvolgono il sentimento, la denuncia o il lamento di cose che non vanno, con versi che in tutto o in parte rielaborano brani tratti da opere preesistenti, per lo più con intento imitativo, credo sia difficile per la poesia contemporanea lasciare un segno negli anni a venire.
3. Come nasce la tua scrittura? Che importanza hanno la componente autobiografica e l’osservazione della realtà circostante? Quale rapporto hai con i luoghi dove sei nato o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?
I luoghi in cui sono nato e vivo entrano molto nella mia opera poetica. Questi, infatti, non sono per me pure e semplici ambientazioni, sfondi coreografici, contenitori retorici che distolgono l’attenzione del lettore dai contenuti, ma conglomerati di senso e di significato che la poesia, in particolare, avoca a sé ogni qual volta percorre la strada di una seria riflessione sull’esistente e sul fenomenico. Ecco, dunque, l’importanza dei luoghi iblei nella mia poesia, tant’è che ho anche pubblicato a riguardo, una silloge bilingue (italiano–inglese) Odi alle dodici terre, Armando Siciliano editore, 2016, dove la mia scelta di cantare in versi i luoghi della terra iblea non si configura come un mettere in fila sfondi di paesaggi e “contenitori retorici” né rappresenta una opportunità letteraria quant’anche interessante, ma piuttosto un modo di recuperare, descrivere, esaltare e dare significato ad una terra plurale, composita (“signorile e rusticana”, direbbe Bufalino), con città, campagne, mare, coste dalle peculiarità individuali ben definite; i luoghi da me individuati e cantati nelle Odi ricompongono allora, attraverso la mia sensibilità e il mio sentire poetico, i tratti distintivi, fondativi, identitari di una terra, di una civiltà: ad ogni città iblea dedico odi poetiche, facendone risaltare valori, bellezze, paesaggi, architettura e tradizioni aprendo nel lettore una sorta di dialettica poetica tra storia e memoria.
4. Ci parli della tua pubblicazione?
La mia ultima pubblicazione, Nella trafitta delle antinomie, è dell’agosto 2020, ed esiste sia in versione italiana, pubblicata da Helicon di Arezzo, sia in versione rumena, În străpungerea antinomiilor, pubblicata dalla casa editrice Editura Școala Ardeleană; è stata recentemente insignita dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi del “Premio speciale della Critica” nel quadro della XIII Edizione del Premio Internazionale di Poesia per la pace universale “Frate Ilaro del Corvo”. I versi di questa raccolta – come fa rilevare molto bene anche il prefatore Dario Stazzone dell’Università di Catania nonché Presidente della Dante di Catania – si riconducono alla tradizione poetica dell’indignatio, vigorosa in seno alla letteratura italiana fin dalle sue origini, da Dante al Petrarca della canzone All’Italia, da Machiavelli che nella conclusione del Principe cita i versi della canzone petrarchesca nell’ambito di una più ampia e veemente adlocutio agli italiani ad una pletora di secentisti.
5. Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?
Certamente io non l’ho partorita con una finalità specifica, ma con la consapevolezza che scrivere versi è sempre un modo per essere di più legato al mondo; potrà o meno piacere, ma sono convinto che il poetare non deve staccarsi dalla vita nelle sue articolazioni storiche, politiche, sociali, filosofiche, religiose, di idealità, passioni, difficoltà e speranze; del resto sono convinto che la coltivazione della poesia come valore a sé stante o come insieme di dilettazioni poetiche disancorate dalla vita e dal suo sitz im leben resterebbero solo flatus vocis destinato a dissolversi.
Dunque credo, sulla scia della Tradizione letteraria internazionale, che questa mia ultima opera presenti contenuti, linguaggi e forme che non ignorano i “segni dei tempi”, e che tengono conto del contesto e dell’uomo contemporaneo al quale la mia parola poetica spero possa arrivare.
6. Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a creare l’opera?
Questa mia opera nasce – come bene ha anche fatto rilevare in una sua nota di analisi il critico letterario Federico Guastella – dalla contestazione delle degenerazioni socio-politiche, e col bisogno di fare continuamente i conti col disagio; ragion per cui si sviluppa nell’impegno costruttivo del “dover esserci” come soggetti di continua prassi. Si tratta di poesia civile, dunque, entro l’ampio respiro del “fare anima”, nel senso che vi si trovano delicate, intime suggestioni in un’atmosfera di umana universalità; di una poesia che, dettata dalla necessità di scendere nelle profondità dell’uomo e della società, si radica in vigorosi moduli etico-linguistici, dove la parola è vissuta come innamoramento per farsi dirompente nella ricerca del vero quale misura di vita.
7.Come l’hai scritta? Di getto come Pessoa che nella sua “giornata trionfale” scrisse 30 componimenti di seguito senza interrompersi oppure a poco a poco? E poi con sistematicità, ad orari prestabiliti oppure quando potevi o durante la notte, sacra per l’ispirazione?
Neruda coglieva un aspetto essenziale e fondamentale nella vita di un poeta, e cioè quello dell’ispirazione, della folgorazione – oserei dire-; come San Paolo sulla via di Damasco, il poeta vive un momento in cui cade dal cavallo grigio della quotidianità e intuisce qualcosa dentro che lo porta a scrivere, a ritirarsi, a dare alla parola la sua forza espressiva per interpretare un sentimento che è suo, ma che diventa collettivo, di tutti e che si fa epifania di una essenza metafisica universale.
Personalmente ho scritto questa raccolta progressivamente e quando mi sono sentito ispirato; io credo molto nell’ispirazione e sento la poesia come una dilatazione dell’anima che partorisce una parola che si fa linguaggio; il verbo dilatare è allusivo: potremmo cogliere una analogia tra la dilatazione dell’utero della madre proprio nel momento in cui dà alla luce un figlio e la dilatazione del sé del poeta che partorisce un testo poetico. C’è in entrambi i casi la sofferenza di un parto: fisico quella della madre, metafisico quello del poeta. Ecco, è l’ispirazione poetica, anzitutto, a svolgere nel mio poetare un ruolo importante; l’ispirazione, certo, non è da intendersi come una speciale rivelazione né come uno scrivere di getto quasi sotto dettatura, ma è l’intervento del pensiero pensante, del sentimento, di uno stato d’animo, che si fanno presenti in modo straordinario al poeta , la cui intelligenza, è resa capace di concepire idee, immagini, figure, simboli e di formulare contenuti, particolarmente rilevanti all’interno di una struttura metrica e di un codice lessicale, per l’identità di una comunità civile. Nell’ispirazione poetica di questa mia raccolta, dunque, hanno interagito contemporaneamente tre ordini di facoltà: la concezione dei contenuti, che in questa opera sono sociali, politici, satirici, esistenziali, di respiro collettivo; la volontà di esprimerli in una data forma stilistica e l’atto concreto dell’espressione di questi contenuti.
8.La copertina e il titolo. Chi, come, quando e perché?
Il titolo dato a un qualsiasi libro ha una funzione di sintesi in cui è racchiuso il senso dell’architettura espositiva. In questa mia ultima raccolta due sono i lessemi che la specificano e guidano: “trafiggere” e “antinomia”. Il termine “antinomia” da un punto di vista filosofico evidenzia un contrasto fra due concetti opposti che per Kant non è risolvibile con l’uso della ragione: tra tesi e antitesi c’è una contraddittorietà che le pone sullo stesso piano di validità. Da qui l’impossibilità di operare una scelta a favore dell’una o dell’altra. A me è stato più congeniale pensare all’albero edenico della conoscenza, nonché alla condizione dell’uomo che nella concretezza del momento storico vive sulla propria pelle le irrazionalità del sociale. I miei versi lunghi nascono difatti da questa realtà resa nella prima parte dell’opera: è la lirica d’apertura, Le lingue incespicano, ad evidenziare il motivo tematico fondamentale, quello di un cosmo regolato dalla complementarietà di coppie contrarie (notte/giorno; sogno/tramonto; fede/abisso; vero/falso). Il “trafiggere” esprime invece la brutalità, la violenza, la crudeltà che di prepotenza entrano nei rapporti tra gli uomini, deformando volti e situazioni.
La copertina della silloge reca il dipinto di René Magritte L’uomo allo specchio, ora al museo Boymans di Rotterdam. In piedi di fronte ad uno specchio, osserviamo un uomo di spalle che è vestito elegantemente. Indossa un abito scuro e ha i capelli accuratamente tagliati. Un ritratto dai dettagli ben definiti: dalla cornice dorata alla mensola in marmo di un caminetto. Eppure il suo volto è invisibile: nell’immagine riflessa, l’uomo è ancora visto di spalle. A vedersi nettamente è invece il libro sulla mensola: Le avventure di Gordon Pym di Edgar Allan Poe, probabilmente amato dal committente. La sua essenza resta nascosta, negandosi allo sguardo. Anonimo dunque il personaggio e inquietante come il volto indistinto del “Potere”, che secondo me ha fatto perdere il linguaggio del mondo sempre più posseduto dal buio, dove tutto appare doppio nella illeggibilità di una realtà abitata dal disordine e dalla asimmetria.
9. Come hai trovato un editore?
In realtà non ho cercato un editore, in quanto a seguito della mia classificazione al I posto al Premio Internazionale di Arte Letteraria “Il Canto di Dafne” con un saggio letterario inedito dal titolo Quasimodo, Rebora e Garcia Lorca: Poetas que tienen el fuego entre sus manos: percorsi di umanesimo, spiritualità e poesia sociale, ho vinto, come previsto dal bando, un contratto editoriale per la pubblicazione gratuita di una raccolta di poesie o di una raccolta di racconti o di un romanzo a cura delle Edizioni HELICON di Arezzo, nonché diploma artistico personalizzato e targa. Nella trafitta delle antinomie nasce così. In secondo luogo a proporre la pubblicazione in Romania lo scorso novembre e ad occuparsi della traduzione è stato Stefan Damian, poeta, scrittore, saggista, filologo e direttore della cattedra di lingue e letterature romanze, Facoltà di lettere dell’Università Babeș-Bolyai, che ha tradotto numerosi libri di narrativa, poesia, saggistica, storia dall’italiano al rumeno e dal rumeno all’italiano.
10. A quale pubblico pensi sia rivolta la pubblicazione?
Poggiando il libro su temi di poesia sociale, ed avendo esso una prospettiva cognitiva, filosofica, antropologica, etica ed estetica , credo abbia un ampio spazio di movimento per poter essere letto. Ad ogni buon conto, applico a me stesso le parole che Henry James, scrittore e critico letterario statunitense, noto per i suoi romanzi e i suoi racconti sul tema della coscienza e della moralità, rivolgeva a se stesso: «Meglio essere attaccato che passare inosservato. Perché la peggiore cosa che si possa fare a uno scrittore è non parlare delle sue opere».
11. In che modo stai promuovendo il tuo libro?
L’opera si trova ora nel portfolio editoriale della casa editrice rumena Editura Şcoala Ardeleană, che comprende importanti titoli di letteratura transilvana, ma anche saggi, teologia, arti visive, psicoanalisi, spiritualità, storia letteraria, filosofia, studi culturali, teatro, nonché articoli accademici, tesi di dottorato e altri articoli scientifici e universitari e traduzioni di autori della letteratura straniera (inglese, spagnolo, italiano, portoghese, ceco, serbo, ungherese, ebraico, giapponese e russo). In Italia le Edizioni Helicon hanno patrocinato una campagna di promozione, tant’è che la versione italiana del libro si trova in diverse distribuzioni on line: www.mondadoristore.it, www.ibs.it , www.bookdealer.it , www.libraccio.it
12. Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più legato e perché? (N.B. riportarlo virgolettato nel testo della risposta, anche se lungo, è necessario alla comprensione della stessa)
Paradigmatica è per me, in questa pubblicazione, la poesia Suolo e sottosuolo, ove spicca evidente l’antinomia:
“Quando mi adagio al suolo appare tanta bellezza:
volti smaglianti, bicchieri trasparenti, filari tessuti
di ricami, intarsi costruiti con marmo di Carrara,
eloqui caldi di parole e di “mi piace”: sembra che sia
dappertutto sole, luna che ispira parole d’amore,
stella che ti fa sognare mare che t’apre all’infinito.
Il corno suona giustizia e speranza, il lupo e l’agnello
pascolano insieme nei campi madidi di miele,
l’odio e l’amore s’abbracciano alla bisogna.
Quando mi adagio al suolo, ogni voce annuncia
il paradiso, ogni viso pratica la giustizia,
si indigna, versa lacrime, dice la verità e ama
d’amore sincero e passionale.
Quando scendo nel sottosuolo, rimango strabiliato,
i miei occhi s’impaurano, arrossiscono:
trovo animali feroci, persone cambiate,
in rivolta, infelici e dannati.
Raccolgo gramigna, bicchieri sporchi,
filari intemperanti, urla, sguardi abbuiati, noia,
volti soli, senza vita e senza maschera.
Quando scendo nel sottosuolo, sento che il corno
suona per sé, mi vedo agnello in mezzo ai lupi, odoro
fiele e non più miele, mi sperdo nell’olimpo degli dei
ove ognuno adora se stesso in mezzo al sangue di innocenti.
Trovo il vero suolo: anime assetate d’amore, pianto
e lacrime, persone con le spalle curve, sguardi in cerca
di sorrisi, agnelli in attesa del pastore che dà senso.
Quando scendo nel sottosuolo, trovo animali smarriti
in cerca di persone, volti che cercano il cielo, la luna,
le stelle, sottratti alla maschera del giorno.
Vorrei rimanere nel sottosuolo senza cambiare identità,
per dire che l’amore è ciò che più conta,
sognare sogni di libertà, cantare il canto della speranza
con le mani verso il cielo, abbracciare la terra
dal legno della croce, costruire il mondo senza guerra
e senza odio, fare delle mie mani una coppa di neve.
Spesso non resta che adagiarsi al suolo
inferno vellutato di paradiso, arma di difesa
per non morire:
uno, nessuno, centomila!
13. Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?
Non ho particolari aspettative. Continuo a credere in una poesia dinamica, che si evolve restando radicata in un umanesimo che riesce ad innovare, a sperimentare senza perdere il contatto con la tradizione, con la storia, con la società. Personalmente non mi appassiona il purismo lirico disancorato dal reale, dalla conoscenza e dalla filosofia, né il prosaicismo privo di tensione morale. Rispetto a quest’opera, spero che i miei versi – per dirla con Montale – non rimangano “spoglie morte”, ma che trovino accoglienza tra i pochi lettori di poesia.
14. Una domanda che faresti a te stesso su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti?
Come mai ha scelto come epigrafe del libro la frase di Leonardo Sciascia “Nessuno è al di sopra di ogni sospetto”?
15. Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?
Sì, ho parecchi lavori in corso. Un’altra raccolta dal titolo provvisorio L’esilio della notte. E ancora un testo di critica letterario Donne in poesia: si tratta di una panoramica su alcune significative voci femminili contemporanee della poesia italiana; e infine un saggio dedicato a poeti contemporanei stranieri.

Biobibliografia
Domenico Pisana è nato a Modica nel 1958. È laureato in Teologia ed ha conseguito il dottorato in Teologia Morale presso l’Accademia Alfonsiana dell’Università Lateranense di Roma. Pisana ha pubblicato con editori di caratura nazionale ed europea, come la San Paolo, la SEI, la Albalibri di Livorno, le Edizioni del Rinnovamento di Roma, la Inumea di Bucarest, la San Pablo di Bogotà, la casa editrice polacca 4 KP di Varsavia, ma anche con medie e piccole case editrici. Ha pubblicato: 9 volumi di poesie, 8 libri di critica letteraria, 11 testi di carattere teologico ed etico, 3 volumi di carattere storico-politico. In quasi un trentennio di fiorente attività letteraria, si sono occupati di Domenico Pisana la rivista di Letteratura greca Pancosmia Sunergasìa, l’Antologia poetica Romanta in italiano, inglese, francese e tedesco, gli autori Irena Burchacka e Anna Sojka che hanno tradotto in polacco l’opera teologica di Pisana Sulla tua parola getterò le reti, tradotta anche integralmente in versione spagnola da Augusto Aimar; ed ancora si sono occupati di Pisana il poeta e critico letterario rumeno Geo Vasile, che ha tradotto il suo saggio Quel Nobel venuto dal Sud. Salvatore Quasimodo tra gloria ed oblio e la poetessa Floriana Ferro che ha tradotto in inglese il suo recente volume Odi alle dodici terre. Il vento, a corde, dagli Iblei.
Di Domenico Pisana si sono anche occupati “Il Giornale Italiano de Espana” di Madrid, il Giornale on line “L’ItaloEuropeo Independent” di Londra, la rivista francese “La Voce” di Parigi, la rivista letteraria internazionale Galaktika Poetike “ATUNIS”, il quotidiano on line dell’Arabia Saudita “Sobranews.com”.
Recentemente Pisana è stato anche tradotto in rumeno da Stefan Damian, poeta e scrittore e docente di letteratura italiana presso il Dipartimento di Lingue Romanze dell’Università di Bucarest, sulla rivista romena “TRIBUNA”; è stato tradotto dal poeta e docente universitario albanese Arjan Kallco sulla rivista italo-albanese “ALTERNATIVA”, ed è stato inserito nel volume ATUNIS GALAXY ANTHOLOGY – 2019, a cura di Agron Schele, autore albanese residente in Belgio, scrittore di romanzi e co-fondatore della rivista internazionale ATUNIS.
È stato ospite e recentemente ha ricevuto riconoscimenti in importanti Festival Internazionali: in Bosnia al Festival “La Piuma d’oro”, a Istanbul in Turchia al FeminIstanbul” e il 24 novembre scorso in provincia di Massa Carrara al Festival Internazionale di Arte Letteraria “Il Canto di Dafne”.
Tra i numerosi premi e riconoscimenti letterari ricevuti, ne ricordiamo alcuni:
– Medaglia d’oro del “Premio alla Modicanità”, conferitogli nel settembre del 2006 dall’Amministrazione Comunale e dalla Pro Loco di Modica;
– Premio “Capitale Iblea della cultura” per l’impegno profuso nella promozione della cultura e dell’espressione poetica proprie degli Iblei”, conferitogli a Comiso il 15 dicembre 2015;
– “Premio Sicilia Federico II” alla cultura per le sue pubblicazioni e attività culturali, conferitogli a il 27 novembre del 2016;
– “Premio Europeo FARFA” per la cultura e il territorio 2017, dall’Associazione Internazionale dei Critici Letterari il 21 gennaio 2017;
– Premio alla cultura “Magister vitae” conferitogli a San Vito Lo Capo (Trapani) il 2 settembre 2017;
– I° Premio internazionale “Dal Tirreno allo Jonio” conferitogli il 20 dicembre 2010 per la saggistica, nell’ambito delle manifestazioni di chiusura di Matera Capitale Europea della Cultura 2019;
-Premio speciale della critica conferitogli dal Centro Lunigianese di Studi Danteschi alla raccolta poetica Nella Trafitta delle Antinomie.
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