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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi della categoria: Ispirazioni e divagazioni

L’essenziale è invisibile agli occhi

08 venerdì Set 2017

Posted by Deborah Mega in Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA, SINE LIMINE

≈ 1 Commento

Tag

Antoine de Saint Exupèry, Deborah Mega, Il piccolo principe

foto dal web

 

21

In quel momento apparve la volpe.

“Buon giorno”, disse la volpe.

“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non  vide nessuno.

“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo…”
“Chi sei?”
domandò il piccolo principe, “sei molto carino…”
“Sono una volpe”
, disse la volpe.
“Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe, “sono così triste…”
“Non posso giocare con te”
, disse la volpe, “non sono addomesticata.”
“Ah!. Scusa”, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
“Che cosa vuol dire addomesticare?”
“Non sei di queste parti, tu
,” disse la volpe, “che cosa cerchi?”
“Cerco gli uomini”
, disse il piccolo principe. “Che cosa vuol dire addomesticare?” 

“Gli uomini”, disse la volpe, “hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?”
“No”
, disse il piccolo principe. “Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?” 
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire creare dei legami…”
“Creare dei legami?” 

“Certo,” disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.”
“Comincio a capire”, disse il piccolo principe. “C’è un fiore… credo che mi abbia addomesticato…”
“È possibile”
, disse la volpe. “Capita di tutto sulla Terra…”
“Oh! non è sulla Terra
,” disse il piccolo principe. La volpe sembrò perplessa:
“Su un altro pianeta? Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?”
“No
.”
“Questo mi interessa! E delle galline?”
“No
.”
“Non c’è niente di perfetto”, sospirò la volpe.
Ma la volpe ritornò alla sua idea:
“La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiù in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”
La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
“Per favore… addomesticami”, disse.
“Volentieri”, rispose il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose.”
“Non si conoscono che le cose che si addomesticano,” disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
“Che bisogna fare?”
domandò il piccolo principe.

“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un po’ lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po’ più vicino…”

Il piccolo principe ritornò l’indomani.

“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe. “Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità. Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti.”

“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe. 
“Anche questa, è una cosa da tempo dimenticata”,
disse la volpe. “È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza.”
Così il piccolo principe addomesticò la volpe. E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe, “… piangerò.”    

“La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”
“È vero”
, disse la volpe.
“Ma piangerai!”  disse il piccolo principe.
“È certo”, disse la volpe.
“Ma allora che ci guadagni?”
“Ci guadagno”
, disse la volpe, “il colore del grano.”
Poi soggiunse:  “Va’ a rivedere le rose. Capirai che la tua è unica al mondo. Quando ritornerai a dirmi addio, ti regalerò un segreto.”

foto di Loredana Semantica

 

Il piccolo principe se ne andò a rivedere le rose.
“Voi non siete per niente simili alla mia rosa, voi non siete ancora niente,” disse. “Nessuno vi ha addomesticato, e voi non avete addomesticato nessuno. Voi siete come era la mia volpe. Non era che una volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo.”
E le rose erano a disagio.
“Voi siete belle, ma siete vuote”, disse ancora. “Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho  riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è  lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.”
E ritornò dalla volpe.

“Addio”, disse.

“Addio”, disse la volpe. “Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi.”
“L’essenziale è invisibile agli occhi”, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
“È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante”.
“È il tempo che ho perduto per la mia rosa…” sussurrò il piccolo principe per ricordarselo.
“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. Tu sei responsabile della tua rosa…”    

“Io sono responsabile della mia rosa…” ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

***

Il capitolo tratto da Il piccolo principe di Antoine de Saint Exupèry offre lo spunto per alcune riflessioni di educazione all’affettività.

In primo luogo il brano ricorda l’importanza delle relazioni e dei legami, delle piccole cose, quelle che sembrano di poco conto ma che in realtà sono importanti perchè ci fanno stare bene. Un gesto, un abbraccio, una buona azione, un saluto, un sorriso, sembrano invisibili ma sono indispensabili, essenziali, dettagli tutt’altro che insignificanti. L’essenziale è invisibile agli occhi. 

Allo stesso modo la vera bellezza spesso è quella che non si vede, dunque occorre andare al di là delle apparenze per cogliere la vera essenza di persone e cose: solo la nostra sensibilità permette di percepire la singolarità dell’altro. Il discorso si allarga fino a fornire la definizione di “addomesticare”, inteso come rendere domestico, creare dei legami, spiega l’autore, tramite la voce della volpe. Addomesticare rende l’altro “speciale”, unico al mondo e questo vale sia nelle relazioni di coppia che di amicizia e presuppone infinita pazienza. Diventiamo anche responsabili di ciò che addomestichiamo, se non ce la sentiamo di mantenere una relazione per la paura di limitazioni alla nostra libertà, rischiando di deludere l’altro, evitiamo di creare l’attesa, quello che nel brano viene definito rito. È il tempo e l’attenzione che dedichiamo agli altri a permetterci di creare un vero legame con loro. Ogni persona per noi è importante per via del rapporto che abbiamo costruito con lei, del tempo che abbiamo investito nel creare e nel coltivare la relazione. Anche l’insegnamento se vogliamo è un atto di addomesticamento che ci impegna nella conoscenza dell’altro. Presuppone pazienza, tempo da dedicare e un atteggiamento di empatia e di ascolto nei confronti dell’altro.

L’altra considerazione importante è che le parole possono essere fonte di malintesi, sembrano innocue ma sono molto importanti, vanno misurate e usate con cautela e prudenza. La volpe insegna al Piccolo Principe il valore dell’amicizia, che per lei significa essere addomesticata mentre per il piccolo principe vuol dire prendersi cura della sua rosa. Il legame con una persona implica anche la sofferenza del distacco ma varrà la pena soffrire se poi in cambio ne otterremo il colore del grano, un arricchimento, un ricordo che ci accompagnerà per sempre.

La vanità della rosa è la causa della rottura del rapporto con il Piccolo Principe, il protagonista perde il proprio punto di riferimento, in molte interpretazioni infatti la rosa rappresenta la metafora della madre ed egli soffre per la fine di questo rapporto. Da questo dolore però, da questo senso di solitudine e di abbandono proviene la spinta ad esplorare nuovi pianeti. Elaborata la perdita, possiamo dirigerci verso opportunità che prima non riuscivamo nemmeno a scorgere.

Per l’alto mare aperto.

Deborah Mega

 

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Souvenir d’estate

01 venerdì Set 2017

Posted by LiminaMundi in Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA, Poesie, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su Souvenir d’estate

Tag

Alessandra Fanti, Deborah Mega, Francesco Tontoli, Loredana Semantica

L’estate sta finendo e Limina mundi torna con il mese di settembre alla sua programmazione ordinaria con nuove e vecchie rubriche per spaziare senza limiti nel mondo e nell’arte in tutte le sue espressioni.

Iniziamo l’attività di quest’ultimo quadrimestre dell’anno quindi, ma non senza prima dare un saluto all’estate, una specie di souvenir della bella stagione, celebrata con le parole poetiche di alcuni autori del blog che le offrono come dono propiziatore di nuove estati a venire ancora insieme qui su Limina mundi.

sole per limina 1

Chi sono io
nell’infuocato pomeriggio d’estate
dentro l’alito rovente che brucia lo sguardo
nell’isola di silenzio
quando il vento scava nell’inquietudine
e l’ora contraria intreccia i corpi madidi e ardenti.
Chi sono io
dentro la spaccatura della pietra focaia
nella sospensione del lapillo nell’aria
nel migrare del granello di sabbia sopra il mare
nella cenere vulcanica che rapprende i fossili di conchiglia.
Chi sono io
dentro la chiglia del barcone che mi culla
nella pensione vista mare che mi annulla
nella tensione di due uomini che si contendono l’amante
nella costruzione delle filastrocche che i bambini tentano
mentre gli adulti accaldati dormono
per uccidere il tempo che precipita come una lama
sulle loro teste, e non li ama.

Francesco Tontoli

sole per limina 1

Per tre volte ha dentro la radice o la parola morte
il mantra estivo che sorge dalla bocca
al ghibli impietoso che soffia caldo asciutto
il sole fa violenza coi suoi raggi sulle cose esposte della terra
quelle vive stimano i margini di sopravvivenza
le carcasse invece senza esalare si fanno cosa secca.

C’è un’aria intorno ch’ è deserto vivo
come il respiro caldo del tuo corpo
la pelle abbacinata al morso dei raggi
riarso il bianco dentro gli occhi
appena poche ore è la risposta
oltre non c’è speranza
la natura è torrida di sete
torna il refrain del principio
un fuoco senza pena purifica e uccide.

Loredana Semantica

sole per limina 1

Forma idrodinamica
spinta slancio
guizzo propulsione
fendente che divide il corpo
l’acqua al suo passaggio.

Vita non pullula
nel mondo sottoposto
ondeggiano alghe mute
irreali senza tempo
distese ovattate
di ombre e di silenzio.

Penetrano i raggi obliqui
negli anfratti misteriosi
rivelano anemoni
e corpuscoli sospesi
geometrie caleidoscopiche
di luci e di colori.

Mi mimetizzo mare
nella tua trasparenza
nell’acqua che è sorgente
di vita e di purezza
ormai ricordo antico
di ere primordiali.

Mi sfioro con le dita
le squame iridescenti
e poi riemergo ancora
acquamarina fluida
a respirare il cielo.

Deborah Mega

sole per limina 1

Il ferro d’agosto

L’Agosto siderurgico
ribatte a martello il suo ferro di sole
il gong di rame sonoro
nel cielo d’acciaio rovente

disperde fumaglia e acque reflue
ammorba l’aria di burrofuso
spalmando corpi su spiagge
arrampicando sui monti vecchietti e filosofi.

Tutto qui è greve e mi pesa sul petto
davanti allo schermo di questo similmondo
sto appollaiato e sudaticcio
come un animale in cattività
nella sua gabbia ardente .

Mi rigiro tra le mani lettere di fuoco
vocali incandescenti
e foto carbonizzate agli angoli.

Francesco Tontoli

sole per limina 1

29 luglio 2010
senza metafora. proprio nel mare. partorisco l’aforisma mio del giorno. le ossessioni rovinano. le passioni invece. salvano gli uomini. lo regalo a mio figlio. per salvagente tra le onde.

1 agosto 2010
ieri il sole splendeva. così vicino nei raggi. da infuocare la ringhiera. la sabbia tra la riva e la salvezza. bruciava le piante. ardendo sotto i piedi. da sempre fallisco l’obiettivo di un grande avvenire da fachiro.

6 agosto 2010
da giorni osservo uno spicchio di mare tra il pino e le palme. il suo colore cangiante. a seconda del vento. blu intenso a scirocco. al tramonto più chiaro. al crepuscolo è di un grigio. azzurro quasi polvere. che si fonde con il cielo. due centimetri al grandagolo che annegano il respiro.

9 agosto 2010
ultimo giorno. raccolgo i pezzi. ciabatte. teli mare. sparse magliette. anche i bagagli di alcune cose belle. che avrei voluto fare. messe da parte. alla fine non è poi così lontana l’altra riva. un’altra vita. ancora poche ore. poi si parte.

da ” Parole e cicale, Diario poetico di una vacanza”, issuu, 13/10/2010

Loredana Semantica

sole per limina 1

Luglio

Lusingata dagli sguardi sul bronzo
Uscivo dal guscio d’inverno danzando.
Grate alla pelle per la cortese collaborazione
Le ciglia facevano ombra alla paura dei no.
Indossavo sguardi e movenze seduttive.
Osavo ogni giorno un nuovo passo falso.

Agosto

Ancorate sotto vetro museo
Galleggiano impressioni d’agosto
Ora sembrano d’altri e non mie.
So tutto quello che c’è da sapere
Tutto, al riguardo, sui baci sprecati
O sull’essere giovani insicuri.

Settembre

Sembrava lontanissimo
Erano solo
Tre mesi fa
Tutta l’estate ci aspettava
Estasi di libertà obbligate
Misura di bellezza esposta
Brivido calpestato dal cotone leggero.
Ritorna, settembre, carico di noiosa serietà
E ogni anno sembra avere più fretta.

Fresco

Fresco colore
rosa caramellata
marmellata sbocciata
dolcezza di polpa fiorita
non ho più anni da contare
se mi baci con i tuoi occhi belli.

Alessandra Fanti

sole per limina 1

(il “quadretto” divisorio tra le poesie è una creazione digitale di Loredana Semantica)

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Abbiate cuore

22 giovedì Dic 2016

Posted by Loredana Semantica in COSTUME E SOCIETA', Cronache della vita, Ispirazioni e divagazioni, La società

≈ Commenti disabilitati su Abbiate cuore

Tag

Natale

Ecco un altro Natale a ricordarci d’essere più buoni, ma quest’anno, non meno di altri, la nostra bontà è infetta, nessuno innocente di fronte alla guerra. Di fronte a foto di bambini insanguinati e strade che sono laghi di sangue. Occhieggiano orrori dai social network e noi qui al sicuro a chiederci se questo è un uomo, se questo è vero, cosa possiamo, poi restiamo impotenti a chiederci che significato abbia la parola bontà e, persino, scossi, che senso abbia la parola Natale. Siamo solo uomini. Lo sono anche di là dal mare, dalle montagne e dai confini. Uomini. Capaci di efferatezze come di slanci poetici. Questo attraversamento che è essere uomini sulla terra è un miscuglio di dannazione e paradiso. Lo è dalla notte dei tempi.  Lo è ancora adesso. Si spera di poter trascorrere l’esistenza quanto più in salute, bellezza e serenità possibile. Per i più sfortunati non sarà così, alcuni hanno l’inferno in questa terra, ma nel grande disegno ch’è l’esistenza al di qua e al di là della soglia percepibile sono convinta che ci sarà un riscatto per gli afflitti, un momento di catarsi e di rivoluzione, dove chi ha penato trova la sua pace, e chi ha commesso il male la pena. Ed anche questo è Natale.

Questo Natale perciò non è diverso dagli altri, non è meno triste di altri. Dipende dall’angolazione singolare. Chi è nella desolazione lo vedrà con occhi di dolore, chi è sereno, come una festa da trascorrere in famiglia e con gli amici. Nonostante la fame in qualche parte del mondo, con la guerra da qualche parte del mondo, con la miseria e col dolore, che Natale dopo Natale ci sono stati sempre. Non è un’assoluzione, ma una presa d’atto che il nero si accompagna al bianco ed è nelle zone grigie che dovrebbero lavorare bene con senso di responsabilità profondo, consapevoli d’avere le sorti dell’umanità nelle mani.

Ma questo non voleva essere un post pesante e nemmeno di luoghi comuni, anzi il post  voleva essere grazioso, celebrare questo momento che è festa religiosa e tradizionale nel contempo.

Ricca di usanze, come l’albero addobbato di tante luci, palline e pupazzetti, ora il mio di fiori dorati, ma nel ricordo della mia infanzia l’albero per eccellenza era quello del mio povero zio Filippo, buonanima, che aveva golosi pendenti di cioccolato rivestiti di carta stagnola colorata a forma di babbo natale o di monete. Troneggiava irraggiungibile sul pianoforte ed era un albero bellissimo, perché quei ninnoli mangerecci di decorazione erano l’ambizione di noi bambini e, sebbene lo zio Filippo avesse tanti figli, qualche volta una moneta è arrivata anche nelle mie mani e in quelle di mia sorella regalandoci un momento di estatica felicità natalizia.

Altra tradizione del Natale è il presepe che il mio libro delle elementari raccontava  essere nato in Italia, introdotto per la prima volta da San Francesco, che ebbe la bella idea di riprodurre lo scenario della nascita a Betlemme, con gli angeli e i pastori, Maria e Giuseppe, il bue e l’asinello, tante pecore e il bambinello nella mangiatoia, culla del Signore del cielo e della terra.

Ecco che da fame e guerra, che sono la pena del mondo, siamo passati al cuore del Natale, che è commemorazione sostanzialmente, del momento della nascita del Salvatore. Nacque Gesù in Betlemme ed era l’anno zero, zero perché segna il nuovo inizio dell’Umanità che poco dopo quella nascita conoscerà per la viva voce del figlio di Dio – pietra scartata dai costruttori, diventata testata d’angolo – il messaggio d’amore cristiano, qualcosa di profondamente rivoluzionario. Da allora i Cristiani  ricordano l’evento di questa nascita, premessa necessaria di tutti i successivi eventi: dalla passione di Gesù al seguito di una montagna di secoli e storia della cristianità. Tradizione è la messa del Natale per chi voglia porre l’accento più sacro alla festività.

Tradizione del Natale sono i dolci panettone e pandoro che ormai in tutte le possibili coperture e farciture abbondano sugli scaffali dei negozi e supermercati, la cena con la zuppa di pesce, con le impanate e scacciate, con gli arancini o gli arrosti, il gran pranzo di lasagne,  tacchini, prelibatezze e involtini. E così pensando alla pancia, che in allegria reclama la sua ora, concludo dicendo che anche noi da questo scorcio di luce che è il nostro minuscolo blog vogliamo fare i nostri più luminosi auguri.

Buon Natale a tutti, quindi, di cuore – il nostro certo, ma anche di averlo voi stessi – e di ogni bene.

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ASPETTANDO NATALE

30 domenica Ott 2016

Posted by alefanti in Ispirazioni e divagazioni, Poesie, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su ASPETTANDO NATALE

Hanno labbra i tuoi occhi
denti che mordono nel ticchettare degli sguardi

Le lasci asciugarsi per paura di una povertà che non verrà
che mai potrebbe: non finiscono i baci.

In questo spreco si compie la tua avarizia
mentre io mi avvolgo nei lampi di altri occhi
a ripararmi, rifarmi palpito e vibrazione.

Essere visti – questo grande dono imprevisto –
è la prova – indiscutibile – che un qualche dio ci ama.

Nel frattempo chi può – in dolce libertà – canta.
Poi sarà Natale. Di nuovo.

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L’agonia del congiuntivo

10 venerdì Giu 2016

Posted by Deborah Mega in Appunti letterari, Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA, Racconti

≈ 3 commenti

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congiuntivo, Deborah Mega, Dino Buzzati

salviamo-il-congiuntivo

Da tempo ormai il modo congiuntivo é in lenta ma inesorabile decadenza. Al suo posto regna incontrastato e sovrano l’indicativo, il modo della realtà, dell’obiettività e della certezza. Il 21 marzo del 1967, sulle pagine del Corriere della Sera, Dino Buzzati scriveva un raccontino dal titolo Povero Congiuntivo che propongo qui di seguito e che già manifestava la crisi che avrebbe inesorabilmente colpito il modo verbale della soggettività.

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LA POESIA PAPALE PAPALE

12 giovedì Mag 2016

Posted by frantoli in Ispirazioni e divagazioni, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su LA POESIA PAPALE PAPALE

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Francesco Tontoli

Francesco Tontoli.

(Excusatio non petita)

Ho scelto deliberatamente di scrivere un articolo invece di rispondere a singole domande attraverso un’intervista riguardante il “cos’è una poesia” con tutte le variabili annesse. Non sono stato mai intervistato in vita mia rimanendo indenne da questa seccatura fino agli attuali 60 anni. Posso cedere alla tentazione solo davanti a una Barbaradurso. Almeno negli incubi. La verità è che naturalmente le interviste mi imbarazzano. Continua a leggere →

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Essere matita é segreta ambizione

06 venerdì Mag 2016

Posted by Deborah Mega in Appunti letterari, Consigli e percorsi di lettura, Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA, Poesie

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Deborah Mega, Paulo Coelho, Valerio Magrelli

scena5

disegno di Maria Cristina Costa

 

Essere matita è segreta ambizione.
Bruciare sulla carta lentamente
e nella carta restare
in altra nuova forma suscitato.
Diventare così da carne segno,
da strumento ossatura
esile del pensiero.
Ma questa dolce
eclissi della materia
non sempre è concessa.
C’è chi tramonta solo col suo corpo:
allora più doloroso ne è il distacco.

[Valerio Magrelli, da Ora serrata retinae, 1980]

 

Sarebbe bello potersi trasformare in una forma desiderata, chi sceglierebbe però un oggetto inanimato, comune e di scarso valore come una matita? Per di più essa si consuma anche se non completamente. Di lei però resta il segno, ossatura del pensiero. Continua a leggere →

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Il tema del silenzio (2)

04 mercoledì Mag 2016

Posted by Loredana Semantica in Il tema del silenzio, Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA, Pensiero

≈ 3 commenti

proseguo la riflessione sul tema del silenzio iniziata su questo blog lo scorso mercoledì, 27 aprile 2016, qui

Dicevo alla fine dell’articolo precedente che tacere è il miracolo del silenzio, ma la meraviglia del silenzio non si ferma, prosegue nei mille risvolti di quest’atto, che pur essendo di omissione: non parlare, non far rumore, pur essendo espressione di una negazione, produce in positivo risultati.

Nel silenzio possiamo ascoltare, la pioggia che batte leggera, il picchiettio più intenso nel temporale, la grandine, il fruscio della neve, lo scorrere del fiume, la risacca delle onde, il cinguettio degli uccelli, il soffio del vento, solo nel silenzio questi suoni possono essere nella loro profonda e consolante musicalità, sono suoni semplici, originari, legati alla terra dall’eternità, ci sarebbero senza la presenza umana, permangono anche con la sua presenza, proseguono senza lasciarsi condizionare dall’ invadenza dell’uomo, dall’arroganza dei rumori che egli produce per riempire la solitudine o inseguire un progresso a cui si lega l’ uso diffuso di generare suoni, musica, fracassi, discorsi e discussioni. Questo tipo alternativo di silenzio, questo parziale silenzio dove si esaltano i suoni degli elementi naturali è un beneficio dell’anima, riconduce l’uomo alla sua appartenenza al mondo naturale, lo mette in contatto col fermento della vita oltre le sovra strutture, apparecchiature e meccanismi dall’uomo stesso costruiti. Continua a leggere →

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Il tema del silenzio (1)

27 mercoledì Apr 2016

Posted by Loredana Semantica in Il tema del silenzio, Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA

≈ 2 commenti

Tag

Loredana Semantica, silenzio

Inizio con questo post una riflessione sul silenzio che si articola in due tranche: “il tema del silenzio 1” e “il tema del silenzio 2”, rispettivamente pubblicate, una oggi di seguito a questa introduzione in corsivo, l’altra programmata per il prossimo mercoledì 4 maggio.  Si avvia così una nuova iniziativa del blog LIMINA MUNDI, una rubrica dal titolo “il tema del silenzio” che ogni mercoledì, col concorso di poeti e autori di questo blog, si propone d’essere un lungo cammino alla ricerca delle radici del silenzio.

Il termine silenzio può essere inteso in senso fisico – oggettivo come non far rumore oppure in senso metaforico – soggettivo come atto del tacere.

La parola silenzio trae dal latino silentium la propria etimologia e da quel termine anche il senso, l’ assenza di rumore s’intende non solo quello prodotto dall’uomo, ma da qualunque fonte di suono.

C’è nel silenzio del tacere un fascino che non tutti possono percepire. Per comprendere il tema del silenzio, la profonda conversione che richiede anelare al silenzio, sentirsene custodi, praticarlo interiormente, occorre aver sviluppato sufficiente forza e consapevolezza. Continua a leggere →

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La finestra

18 lunedì Apr 2016

Posted by Loredana Semantica in Il colore e le forme, Ispirazioni e divagazioni, LETTERATURA E POESIA, SINE LIMINE

≈ 2 commenti

Tag

finestre, Fotografia, Loredana Semantica

tante finestre

la foto “Windows” è di Loredana Semantica

Cos’è un blog? Io dico, a rischio che la mia sembri una definizione scontata, che è una finestra sul mondo.

Da una finestra si osserva il cielo, la strada, i passanti, gli alberi che stormiscono lì in fondo e l’orizzonte di dolci colline, un pezzetto di mare in un angolo della visuale. Magari è un mare grigio e sbiadito, stretto nel rettangolo tra il profilo dell’edificio color rosa antico e quello del palazzo adiacente giallo paglierino. A volte la veduta è squallida, sporgendo su una montagna d’immondizia o altro contesto di degrado, più spesso è un paesaggio urbano, palazzi e calcestruzzo, qualche cortile. Continua a leggere →

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