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Per comprendere Baudelaire (1821-1867) occorre rendersi conto del posto che occupa nella storia della poesia non soltanto francese. Autore decadente dalla genialità sregolata, poeta maledetto, critico, traduttore, è considerato uno dei padri del Simbolismo e del Decadentismo. La prima edizione del suo capolavoro Le Fleurs du Mal, pubblicata il 25 giugno 1857, presso l’Editore Auguste Poulet-Malassis, pietra miliare nel cammino della poesia moderna, è dedicata a Théophile Gautier, “perfetto mago delle lettere francesi”, considerato modello di stile da Baudelaire e fu pubblicata nel 1857. Nella sua versione definitiva comprende cento poesie divise in sei sezioni: Spleen et Idéal, Tableaux parisiens, Le Vin,  Fleurs du Mal, Révolte, La Mort, ed è stata ideata come un viaggio attraverso l’abisso della condizione umana. Dopo la lirica introduttiva Al lettore, in cui l’autore individua nella “noia” il “vizio” più immondo e maligno per l’uomo, si apre la sezione Spleen e ideale, composta da 85 liriche, a cui seguono i Quadri di Parigi, con 18 liriche, Il vino, composto da 5 liriche, la sezione omonima dei Fiori del male (con 9 liriche), Rivolta (3 liriche) e infine La Morte (6 liriche). A causa del contenuto licenzioso e indecente di molti testi secondo la mentalità del tempo, l’opera suscitò grande scalpore e fu censurata, Baudelaire fu di conseguenza processato per oltraggio al pudore. Nelle successive edizioni compaiono anche le sei liriche censurate dal tribunale e dal procuratore Pinard, lo stesso che aveva denunciato Flaubert per Madame Bovary. Nell’edizione postuma del 1868 i testi diventano centocinquantuno. Spleen, Idéal, Ennui sono i concetti alla base della raccolta, che esplora e approfondisce anche temi come la bellezza, la passione, la perdizione e la caducità della vita. In Spleen et Idéal, il poeta, che conduce un’esistenza inquieta e autodistruttiva da artista bohémien, esprime il suo stato di malessere e lo rileva in ciò che lo circonda. Tuttavia, con la sua sensibilità, è in grado di accorgersi delle corrispondenze rinvenibili nella realtà. Le sezioni successive rappresentano il suo tentativo di evitare lo Spleen: nella seconda sezione, Tableaux parisiens, il poeta cerca rifugio nell’osservazione della Parigi del XIX, in cui convivono lusso e miseria, squallore e bellezza, città abitata da tantissime persone, angosciate come il poeta stesso. In Le Vin e in Fleurs du Mal, il poeta cerca rifugio nei paradisi artificiali della droga, dell’alcool e in tutte quelle esperienze che comportano l’alterazione della percezione della realtà. In Révolte non gli resta che ribellarsi al Dio creatore e sperare nella morte, che non rappresenta il passaggio a una nuova vita, ma la distruzione della realtà a cui il poeta s’affida confidando di trovare nell’ignoto qualcosa di nuovo. L’opera termina con la poesia Le Voyage, in cui grazie alla morte il poeta potrà finalmente giungere all’ignoto che rappresenterà la salvezza. Secondo Auerbach, Baudelaire è stato il primo a dare forma sublime a contenuti e soggetti bassi e volgari. Quest’antitesi è fondamentale in lui e rappresenta il contrasto tra spleen e idéal, tra quel sentimento indefinibile di noia e malinconia, condizione esistenziale frequente in molti artisti romantici e decadenti e l’idéal che rappresenta proprio l’anelito all’infinito, l’aspirazione ad un mondo incontaminato dalla corruzione e dalle meschinità. Una delle liriche più significative dedicata proprio a questo tema è Élévation (Elevazione, la terza della sezione Spleen et idéal). Il contrasto tra spleen e idéal è sviluppato in un altro celebre componimento, L’albatros, approfondito QUI. Il poeta sente di essere uno spirito superiore capace d’elevarsi al di sopra degli altri uomini e di percepire con la sua sensibilità innata le segrete corrispondenze tra gli oggetti ma è maledetto dalla società e diventa oggetto di scherno per gli uomini comuni. Baudelaire sceglie l’albatros proprio per rappresentare la sua condizione, come lui, è costretto a vivere in un mondo borghese ed ipocrita, che non rispetta né lui né la sua arte. Di qui la sua solitudine, il conflitto con la realtà, la sua vita sregolata. L’arte, per approfondire e trattare gli aspetti più nascosti dell’animo, deve cogliere le associazioni analogiche tra le cose sfruttando a questo proposito il potere evocativo delle parole e delle immagini, e in questo Baudelaire anticipa le scelte stilistiche dei poeti successivi come D’Annunzio, Pascoli, Verlaine, Rimbaud e Mallarmé. In Corrispondance (Corrispondenze, la quarta della sezione Spleen et idéal), il poeta percepisce con la sua innata sensibilità misteriosi collegamenti tra la sua psiche e la Natura, foresta di simboli, in cui le parole risuonano e si lasciano scoprire solo da chi è davvero in grado di comprenderle. Baudelaire descrive un’atmosfera misteriosa ed evocativa ricorrendo all’utilizzo dell’analogia e della sinestesia. Nell’ultimo testo, intitolato Le Voyage (“Il viaggio”), il poeta ribadisce che la funzione della poesia è scendere nell’ignoto per trovare il nuovo, Au fond de l’Inconnu pour trouver du nouveau!, scrive infatti. La concezione di Gautier sull’arte, che si condensa nel celebre L’art pour l’art (“l’arte per l’arte”), lo rende un precursore del Parnassianesimo e dovette certamente influenzare Baudelaire per la cura e la raffinatezza della forma, non dimentichiamo l’utilizzo dei versi alessandrini, che si distinguono da quelli romantici e da quelli parnassiani, per via di un inconsueto miscuglio di eternità e intimità, solennità e calore; nella sua poesia, Baudelaire riunisce e riassume, infatti, tutte le tendenze poetiche del suo tempo traendo indicazioni e suggestioni illuminanti da grandi scrittori romantici, non solo francesi, come Chateaubriand, Stendhal, Balzac, Poe. I poeti suoi contemporanei hanno risolto dissidi e inquietudini trovando conforto nel progresso, nella scienza, nel Bello, nella funzione consolatrice della poesia. Baudelaire invece resta ancorato al dramma esistenziale che è alla base della condizione umana con tutte le contraddizioni che visse fin dall’infanzia, il dilemma tra l’estasi e l’orrore della vita, la ricerca del piacere, la certezza di un destino di irrimediabile solitudine e della vanità di ogni sforzo per sottrarvisi. In lucida coscienza, di tutto ne ha fatto poesia, rifiutando al tempo stesso di descrivere la purezza della Natura, per lui impregnata di atrocità e orrore, di qui la tendenza a descrivere spettacoli turpi, macabri e osceni. L’atmosfera surreale e vagamente sinistra, il lirismo aulico, il sentimento di caduta angosciosa, la consapevolezza del peccato, l’ossessione del tempo e della caducità di tutte le cose attribuiscono qualità mistica e romantica alla poesia di Baudelaire. In questa tensione, nel dualismo sempre presente, nelle antitesi, negli ossimori si sarebbe conclusa la sua vicenda poetica e qualche anno dopo, nell’afasia paralizzante, anche la sua parabola umana.

 

Deborah Mega

 

SPLEEN ET IDÉAL

IV.Correspondances

La Nature est un temple où de vivants piliers
Laissent parfois sortir de confuses paroles;
L’homme y passe à travers des forêts de symboles
Qui l’observent avec des regards familiers.

Comme de longs échos qui de loin se confondent
Dans une ténébreuse et profonde unité,
Vaste comme la nuit et comme la clarté,
Les parfums, les couleurs et les sons se répondent.

Il est des parfums frais comme des chairs d’enfants,
Doux comme les hautbois, verts comme les prairies,
– Et d’autres, corrompus, riches et triomphants,

Ayant l’expansion des choses infinies,
Comme l’ambre, le musc, le benjoin et l’encens,
Qui chantent les transports de l’esprit et des sens.

IV.Corrispondenze

La Natura è un tempio in cui pilastri vivi
a volte emettono confuse parole;
l’uomo, osservato da occhi familiari,
tra foreste di simboli s’avanza.

Come lunghi echi che di lontano si confondono,
in una unità profonda e tenebrosa,
vasta come la notte e come la luce,
i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Esistono profumi freschi come carni di bambino,
dolci come oboi, verdi come prati,
– ed altri corrotti, ricchi e trionfanti,

che hanno l’espansione delle infinite cose,
come l’ambra, il muschio, l’incenso e il benzoino,
e cantano l’estasi dello spirito e dei sensi.

X. L’Ennemi

Ma jeunesse ne fut qu’un ténébreux orage,
Traversé çà et là par de brillants soleils;
Le tonnerre et la pluie ont fait un tel ravage,
Qu’il reste en mon jardin bien peu de fruits vermeils.

Voilà que j’ai touché l’automne des idées,
Et qu’il faut employer la pelle et les râteaux
Pour rassembler à neuf les terres inondées,
Où l’eau creuse des trous grands comme des tombeaux.

Et qui sait si les fleurs nouvelles que je rêve
Trouveront dans ce sol lavé comme une grève
Le mystique aliment qui ferait leur vigueur?

-Ô douleur! ô douleur! Le Temps mange la vie,
Et l’obscur Ennemi qui nous ronge le cœur
Du sang que nous perdons croît et se fortifie!

X. Il nemico

Giovane, ero tutto un uragano tenebroso
qua e là attraversato da brillanti soli,
poi tuoni e piogge hanno devastato tutto
e il mio giardino non ha che qualche frutto rosso.

Eccomi ora nell’autunno dei pensieri:
adopero il badile ed il rastrello,
rassodo la terra tra buche enormi
come tombe scavate dall’acqua del diluvio.

Forse, chissà, i nuovi fiori che sogno
troveranno nella terra lavata come un greto
il mistico alimento che gli darà forza!

-Dolore del mio dolore! La vita se la mangia il Tempo
e l’oscuro Nemico che ci rode il cuore
cresce e si rafforza col sangue che perdiamo!

XIV. L’Homme et la mer

Homme libre, toujours tu chériras la mer!
La mer est ton miroir; tu contemples ton âme
Dans le déroulement infini de sa lame,
Et ton esprit n’est pas un gouffre moins amer.

Tu te plais à plonger au sein de ton image;
Tu l’embrasses des yeux et des bras, et ton cœur
Se distrait quelquefois de sa propre rumeur
Au bruit de cette plainte indomptable et sauvage

Vous êtes tous les deux ténébreux et discrets:
Homme, nul n’a sondé le fond de tes abîmes,
Ô mer, nul ne connaît tes richesses intimes,
Tant vous êtes jaloux de garder vos secrets!

Et cependant voilà des siècles innombrables
Que vous vous combattez sans pitié ni remord,
Tellement vous aimez le carnage et la mort,
Ô lutteurs éternels, ô frères implacables!

XIV. L’uomo e il mare

Uomo libero, tu amerai sempre il mare!
È il tuo specchio il mare! Contempli la tua anima
nell’infinito svolgersi della sua onda
e non è meno amaro l’abisso del tuo spirito.

Quanto godi a tuffarti in seno alla tua immagine!
Come l’abbracci con gli occhi e con le braccia!
Il cuore si distrae a volte dal suo battito stesso
al fragore di quel lamento indomito e selvaggio.

Siete tutti e due discreti e tenebrosi:
nessuno sondò il fondo del tuo abisso, o uomo,
nessuno conosce l’intima ricchezza tua, o mare;
come gelosi vi tenete dentro ogni segreto!

E pure sono infiniti i secoli
che vi fate guerra senza rimorso né pietà,
tanto amate la strage e la morte,
o lottatori eterni, o fratelli implacabili!

XXIV. Je t’adore à l’égal de la voûte nocturne

Je t’adore à l’égal de la voûte nocturne,
Ô vase de tristesse, ô grande taciturne,
Et t’aime d’autant plus, belle, que tu me fuis,
Et que tu me parais, ornement de mes nuits,
Plus ironiquement accumuler les lieues
Qui séparent mes bras des immensités bleues.

Je m’avance à l’attaque, et je grimpe aux assauts,
Comme après un cadavre un chœur de vermisseaux,
Et je chéris, ô bête implacable et cruelle!
Jusqu’à cette froideur par où tu m’es plus belle!

XXIV. Come la volta notturna io t’adoro

Come la volta notturna io t’adoro,
o vaso di tristezza, grande taciturna,
e tanto più t’amo perché mi sfuggi e sembri,
tu, bella che adorni le mie notti,
più ironicamente accumulare leghe
che separano le mie braccia dalle azzurre immensità.

E m’avanzo all’attacco, e m’arrampico all’assalto,
come una schiera di vermi su un cadavere,
e tutto amo di te, belva implacabile e crudele,
perfino questa freddezza che ti fa più bella!

TABLEAUX PARISIENS

XCIII. À une passante

La rue assourdissante autour de moi hurlait.
Longue, mince, en grand deuil, douleur majestueuse.
Une femme passa, d’une main fastueuse
Soulevant, balançant le feston et l’ourlet;

Agile et noble, avec sa jambe de statue.
Moi, je buvais, crispé comme un extravagant,
Dans son œil, ciel livide où germe l’ouragan,
La douceur qui fascine et le plaisir qui tue.

Un éclair… puis la nuit! – Fugitive beauté
Dont le regard m’a fait soudainement renaître,
Ne te verrai-je plus que dans l’éternité?

Ailleurs, bien loin d’ici! Trop tard! jamais peut-être!
Car j’ignore où tu fuis, tu ne sais où je vais,
O toi que j’eusse aimée, ô toi qui le savais!

XCIII. A una passante

La via assordante strepitava intorno a me.
Una donna alta, slanciata, a lutto, in un dolore
maestoso, passò sollevando e agitando
con mano fastosa il pizzo e l’orlo della gonna,

agile e nobile con la sua gamba di statua.
Ed io, proteso come folle, bevevo
La dolcezza affascinante e il piacere che uccide
nel suo occhio, livido cielo dove cova l’uragano.

Un lampo… poi la notte! – Bellezza fuggitiva
dallo sguardo che m’ha fatto subito rinascere,
ti rivedrò solo nell’eternità?

Altrove, assai lontano di qui! Troppo tardi! Forse mai!
Perché ignoro dove fuggi, né tu sai dove vado,
tu che avrei amata, tu che lo sapevi!

FLEURS DU MAL

CIX. La Destruction

Sans cesse à mes côtés s’agite le Démon;
II nage autour de moi comme un air impalpable;
Je l’avale et le sens qui brûle mon poumon
Et l’emplit d’un désir éternel et coupable.

Parfois il prend, sachant mon grand amour de l’Art,
La forme de la plus séduisante des femmes,
Et, sous de spécieux prétextes de cafard,
Accoutume ma lèvre à des philtres infâmes.

Il me conduit ainsi, loin du regard de Dieu,
Haletant et brisé de fatigue, au milieu
Des plaines de l’Ennui, profondes et désertes,

Et jette dans mes yeux pleins de confusion
Des vêtements souillés, des blessures ouvertes,
Et l’appareil sanglant de la Destruction!

CIX. La distruzione

Il Demonio s’agita senza posa accanto a me;
come un’aria impalpabile mi ruota intorno
e io l’ingoio e sento che brucia i miei polmoni
e li riempie d’un desiderio colpevole ed eterno.

A volte, sapendo il grande amore che ho per l’Arte
Prende la forma della donna più seducente
che con speciosi pretesti da ipocrita
abitua le mie labbra a filtri infami!

Eccomi allora ansimante e rotto di fatica
trascinato da lui lontano dall’occhio di Dio
nelle pianure della Noia, profonde e deserte!

Ecco che getta nei miei occhi tutti confusi
vesti sudice, ferite aperte
e l’apparato sanguinante della Distruzione!

LA MORT

CXXI. La Mort des amants

Nous aurons des lits pleins d’odeurs légères,
Des divans profonds comme des tombeaux,
Et d’étranges fleurs sur des étagères,
Écloses pour nous sous des cieux plus beaux.

Usant à l’envi leurs chaleurs dernières,
Nos deux cœurs seront deux vastes flambeaux,
Qui réfléchiront leurs doubles lumières
Dans nos deux esprits, ces miroirs jumeaux.

Un soir fait de rose et de bleu mystique,
Nous échangerons un éclair unique,
Comme un long sanglot, tout chargé d’adieux;

Et plus tard un Ange, entr’ouvrant les portes,
Viendra ranimer, fidèle et joyeux,
Les miroirs ternis et les flammes mortes.

CXXI. La morte degli amanti

Avremo letti pieni di leggeri odori,
divani profondi come tombe,
fiori strani sulle mensole
aperti per noi sotto i più bei cieli.

I nostri cuori saranno due gran fiaccole
nello sprazzo a gara degli ultimi ardori:
come rifletteranno i loro doppi splendori
negli specchi gemelli delle nostre anime!

Una sera fatta di rosa e mistico azzurro
ci scambieremo un unico lampo,
come un lungo singhiozzo carico d’addii;

un Angelo più tardi schiuderà le porte
e verrà a rianimare, fedele e gioioso,
gli specchi offuscati e le fiamme morte.

Testi tratti da Charles Baudelaire, I Fiori del Male e tutte le poesie, a cura di Massimo Colesanti, trad. di Claudio Rendina, Newton Compton editori, Roma,1998.