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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi della categoria: SINE LIMINE

Un anno di LIMINA MUNDI

04 mercoledì Gen 2023

Posted by Deborah Mega in SINE LIMINE

≈ 1 Commento

Il primo post dell’anno è, per tradizione, “Numeri e auguri”, un articolo consuntivo di bilancio e di augurio. Quest’anno, per desiderio di innovazioni, abbiamo pensato di realizzare un video riepilogativo di quanto svolto nel 2022 dai redattori del sito. Ringraziamo tutti coloro che hanno partecipato all’attività di LIMINA MUNDI, autori, collaboratori, lettori, commentatori, curiosi, passanti. Auguriamo, inoltre, un ottimo 2023, che sia un anno ricco di serenità e di emozioni belle per tutti!

 

 

 

GRAZIE A:

Adriana Gloria Marigo, Anna Maria Bonfiglio, Antonella Pizzo, Deborah Mega, Emilio Capaccio, Francesco Palmieri, Loredana Semantica, Maria Allo, Maria Grazia Galatà, Cipriano Gentilino, Patrizia Destro, Fabio Dainotti, Giorgia Vecchies, Silvio Raffo, Claudia Piccinno, Hiram Barrios, John Taylor, Paolo Lago, Flavio Almerighi, Emilio Paolo Taormina, Maria Grazia Calandrone, Marco Ercolani, Lucetta Frisa, Marco Scalabrino, Dominica Villa Balbinot, Flora Restivo, Alfredo Panetta, Anna Chiara Bruno, Domenico Cipriano, Giuseppe Di Matteo, Massimiliano Damaggio, Michele Cardinali, Floriano Romboli, Marcella Mellea, Marco Zelioli, Maria Elena Mignosi Picone, Giuseppe Ruggeri, Rita Bompadre, Rosa Pierno, Raffaele Piazza, Rita Pacilio, Paolo Castronuovo, Zahira Ziello, Doris Bellomusto, Paolo Parrini, Johanna Finocchiaro, Guglielmo Aprile, Mattia Tarantino, Antonio Bianchetti, Silvano Sbarbati, Riccardo Mazzamuto, Michela Zanarella, Marco Galvagni, Francesca Innocenzi, Roberto Crinò, Dianella Bardelli, Marco Antonio Sergi, Stefano Colucci, Luigi Finucci, Tommaso Tommasi, Emanuele Martinuzzi, Carlo Tosetti, Giuseppe Settanni, Pasquale Ciboddo, Carlo Zarinelli, Adriana Deminicis, Marco Senesi, Giuseppe Arrigucci, Maria Rosaria De Lucia, Maurizio Cinquegrani, Marisa Cossu, Alfredo Alessio Conti, Mario Fresa, Ottorino Pendenza, Giovanni Tavčar, Roberto Galaverni, Paolo Laddomada, Marcello Buttazzo, Pietro Pancamo, Isacco Turina, Andrea Terreni, Alessandro Barbato, Nunzio Di Sarno, Gianni Marcantoni, Paolo Pera, Nicola Barbato, Antonio Sambiase, Stefano Guglielmin, Gualberto Alvino, Mariangela Ruggiu, Davide Cortese, Silvana Pasanisi, Francesca Tuscano, Cristina Simoncini, Giorgia Deidda, Alessandro Monticelli, Davide Morelli, Letizia Dimartino, Antonio Fiori, Remo Bassini, Franca Alaimo, Federica Galetto, Alessandro Assiri, Fernanda Ferraresso, Liliana Zinetti, Giacomo Cerrai, Leopoldo Attolico, Rafaela Fazio, Daìta Martinez, Pietro Romano, Grazia Procino,  Alessandro Moscè, Umberto Piersanti, Gabriella Grasso, Sotirios Pastakas, Maria Pina Ciancio, Marina Minet, Antonio Nazzaro, Laura Pierdicchi, Fernando Lena, Alberto Mori, Toni Piccini, Rodolfo Bisatti, Loredana Raciti, Linda De Luca, Elvezia Allari, Giuliano Ladolfi Editore, La Vita Felice, 4 Punte Edizioni, Biblioteca dei Leoni, Pequod, Effigie, Poetica Edizioni, Samuele Editore, L’Erudita, Il Convivio Editore, Giulio Perrone Editore, Arcipelago Itaca Edizioni, Quaderni dell’Acàrya, Interno Libri, Dot.com Press, Aliberti, Compagnia Editoriale, Terra d’ulivi, Eretica Edizioni, Wonderlart, Il ramo e la foglia edizioni,  Nulla Die Edizioni, Robin Edizioni, Edizioni Cofine, Edizioni Ensemble, Transeuropa Edizioni, Mondadori, Guido Miano Editore, Besa Editore, I Quaderni del Bardo, Fallone Editore.

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L’ultimo giorno dell’anno di Carlos Drummond De Andrade

31 sabato Dic 2022

Posted by Loredana Semantica in SINE LIMINE

≈ 1 Commento

Vasilij Kandinskij, Deepened Impulse

il sito LIMINA MUNDI augura BUON ANNO NUOVO

con la poesia “L’ultimo giorno dell’anno” di Carlos Drummond De Andrade

L’ultimo giorno dell’anno
non è l’ultimo giorno del tempo.
Altri giorni verranno
ed altre cosce e ventri ti comunicheranno
il calore della vita.
Bacerai bocche, strapperai lettere,
farai viaggi e tanti festeggiamenti
di compleanni, laurea, promozioni, gloria,
una morte dolce con sinfonie e cori,
tanto che il tempo sarà colmo
e non sentirai il clamore,
gli irreparabili ululati
del lupo, nella solitudine.

L’ultimo giorno del tempo
non è l’ultimo giorno di tutto.
Avanza sempre una frangia di vita
in cui si siedono due uomini.
Un uomo e il suo contrario,
una donna e il suo piede,
un corpo e la sua memoria,
un occhio e la sua luce,
una voce e la sua eco,
e chissà anche Dio…

Accetta con semplicità questo dono del caso.
Ti sei meritato un altro anno di vita.
Vorresti vivere per sempre e consumare la feccia dei secoli.
Tuo padre è morto, anche tuo nonno.
Anche in te molto si è estinto,
il resto sbircia la morte,
ma sei vivo.
Ancora una volta sei vivo,
e col bicchiere in mano
attendi l’alba.

La risorsa del bere.
La risorsa della danza e del grido,
la risorsa della palla colorata,
la risorsa di Kant e della poesia,
tutte insieme… e nessuna serve.
È tutto pulito, in ordine.
Il corpo esausto si rinnova nella schiuma.
Tutti i sensi all’erta funzionano.
La bocca sta masticando vita.
La bocca s’ingozza di vita.
La vita scorre dalla bocca,
imbratta le mani, la strada.
La vita è grassa, oleosa, mortale, surrettizia.

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Natale al Caffè Florian

25 domenica Dic 2022

Posted by LiminaMundi in SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su Natale al Caffè Florian

Tag

Alfonso Gatto, Natale al Caffè Florian

by Keld N

 

La nebbia rosa

e l’aria dei freddi vapori

arrugginiti con la sera,

il fischio del battello che sparve

nel largo delle campane.

Un triste davanzale,

Venezia che abbruna le rose

sul grande canale.

 

Cadute le stelle, cadute le rose

nel vento che porta il Natale.

 

Alfonso Gatto

(da “Il capo sulla neve”, 1949)

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Una vita nell’arte: Elvezia Allari

14 mercoledì Dic 2022

Posted by Maria Grazia Galatà in ARTI VISIVE, Una vita nell'arte

≈ Commenti disabilitati su Una vita nell’arte: Elvezia Allari

Tag

Elvezia Allari, Maria Grazia Galatà, Una vita nell'arte

  • sono primavera
  • passeggiate effimere
  • abiti da seminare

Opere di Elvezia Allari

Maria Grazia Galatà ha rivolto l’invito di “Una vita nell’arte” a Elvezia Allari, che ha risposto come segue. Grazie Elvezia.

Sono Elvezia Allari, nata a Schio, in provincia di Vicenza, cinquantasette anni fa.
Ricordo benissimo la mia chiamata all’arte. Avevo dieci anni e nel giardino del condominio dove abitavo, ritrovavo le mie coetanee che abitavano nello stesso edificio per giocare con loro. Eravamo un gruppo di quattro amiche. Oltre a me c’erano Carla, Ilaria, e Stefania. Un giorno venne fuori la classica domanda alla quale ognuna di noi doveva dare la sua risposta: che cosa vuoi fare da grande? Chi rispondeva la segretaria, chi la parrucchiera, chi la ballerina e avanti così. Quando viene il mio turno rispondo che voglio sposarmi con un pittore matto. Carla esclama che non è un lavoro. Cioè? le ribatto, visto che tu vuoi diventare una suora, con chi ti sposerai? Con Dio, rispose. Va bene, replicai, allora un giorno me lo farai conoscere.
La sua risposta divenne il mio tarlo. Mi spinse a pensare che diventare sposa aveva un significato tutt’altro che comune. Come fa una a sposarsi con qualcuno che manco vede? Forse è per quello che ho sposato l’arte, perché all’inizio non la vedevo, ma, ad un certo punto, sono riuscita a vederla e a crearla.
Ho iniziato con studi per ceramista allorché di ceramica non mi interessava nulla a parte gli effetti, gli errori nel plasmare l’argilla. Venne l’urgenza di andare a vivere da sola, e a vent’anni, contro il parere dei miei genitori decisi di uscire di casa. Naturalmente, senza una lira. Così, ho iniziato a posare come modella d’arte in un liceo artistico. Pensavo di fare quel lavoro per un anno o due. Sarebbe stata abbastanza per mantenermi mentre studiavo in una scuola di restauro pietra ed affresco. Però non era così semplice. Per pagare l’affitto e tutto ciò che ne consegue dovevo avere un’entrata fissa, perciò quello che speravo di fare per soltanto un anno o due si è trasformato in ventiquattro anni di posa.
La scuola di restauro mi è stata molto utile per capire le possibilità di manipolazione offerte dai vari materiali, trovare soluzioni agli errori, soddisfare la mia fame di storia dell’arte.
Le pose a scuola, però, hanno avuto una funzione catartica. Stare ferma, nuda davanti a ad una ventina di allievi, mi ha dato la possibilità di osservare le loro posizioni, i loro gesti, i segni che tracciavano sulla tela, i loro sguardi. Terminato il lavoro, tornavo nel mio laboratorio e sperimentavo a partire dalle tecniche che avevo viste adoperate e dalle sensazioni accumulate durante le ore di posa.
Ho iniziato con gli abiti per corpi impensabili, abiti di silicone, orpelli, monili, borse per passeggiate effimere. Incominciai a collaborare con compagnie teatrali per le quali realizzavo allestimenti e scenografie. Dal silicone sono passata alla carta, sempre creando abiti sia tridimensionali sia piatti. Abiti da seminare, ovvero abiti di carta colmi di semi inseriti nella carta stessa che sono segni quando guardati mentre l’opera è appesa alla parete ma che diventano fiori quando l’opera viene seminata in giardino. Successivamente, dalla carta la mia attenzione si è rivolta al filo di ferro cotto che tuttora rimane un materiale che sento molto.
Dall’inizio del mio percorso, tutto ruota attorno al corpo che secondo me è l’unica casa che davvero abitiamo, una casa a volte da ristrutturare per fragilità in corso ma che esprime anche solidità e certezza e che ci parla. Ci dice “fai così”, “continua in questo modo”, “non potresti fare altro che questo”, “sei un tramite per qualcuno che arriverà”.
D’altronde, non sono stata chiamata anch’io da qualcuno?

LINK ALLE OPERE DI ELVEZIA ALLARI

OPERE DI CARTA

OPERE IN FILO DI FERRO COTTO

ABITI SCULTURA IN SILICONE

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Una vita nell’arte: Linda De Luca

25 martedì Ott 2022

Posted by Maria Grazia Galatà in ARTI VISIVE, Il colore e le forme, Una vita nell'arte

≈ Commenti disabilitati su Una vita nell’arte: Linda De Luca

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Maria Grazia Galatà, Una vita nell'arte

Ph. Linda De Luca

Maria Grazia Galatà ha rivolto l’invito di “Una vita nell’arte” a Linda De Luca, che ha risposto come segue. Grazie Linda.

Quanto sia difficile per me scrivere del mio intimo, della mia essenza terrena, legata a tutto quello che si muove intorno, e mi fa smuovere sempre con difficoltà, è una prova che mi costa davvero molta fatica, perché solo in modo sincero posso scrivere di me e di quello che mi lega alla fotografia.
Nasce spontaneamente il mio avvicinarmi alla fotografia, con la curiosità, tramite l’uso dei tempi lunghi, di invadere quel tempo e spazio dove tutto è possibile, una polvere sottile, avvolge ogni cosa, al di là di ogni forma oggettiva, i corpi cercano una vita” eterna” sospesa .
Per chi come me conosce da vicino la malattia da quasi 40 anni e la paura di finire come tutto, ecco che lì, in quelle foto vedo e sento la mia dichiarazione di vita, senza però una narrazione di me e dei miei “guai”.
Non cerco la commiserazione, ma la mia libera interpretazione di ciò che sento più vicino alle mie paure, fragilità, speranze.
Quello che ne esce sono io, sempre in modo sincero, cerco il mio consenso, e la mia storia.
Ho avuto più occasioni di partecipare a mostre e mi hanno dato la possibilità di fare conoscere ciò che faccio, ma in questo momento sono concentrata sul cambiamento, che lo sento forte e vivo, e come non mai ho la voglia di fare un progetto sotto forma di fanzine, un piccolo-grande sogno da portare a termine nel tempo.

Linda De Luca

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Una vita nell’arte: Loredana Raciti

18 martedì Ott 2022

Posted by Maria Grazia Galatà in ARTI VISIVE, Il colore e le forme, Una vita nell'arte

≈ 1 Commento

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Loredana Raciti, Maria Grazia Galatà, Una vita nell'arte

Ballo al Tramonto (fotofusione)
Donna Margherita (pigmenti, Collezione Amabili resti)
Abito rosso (Collezione Amabili resti)
Ragazza Sogni (fotofusione)
Ragazza Mela (collage)
LoreAvatar (Collezione Avatar)
Opere di Loredana Raciti

Maria Grazia Galatà ha rivolto l’invito di “Una vita nell’arte” a Loredana Raciti, che ha risposto come segue. Grazie Loredana.

L‘ arte mi ha presa da quando ero bambina non ancora consapevole che era la mia via di fuga da una famiglia troppo rigida e borghese, non incline allo stato spirituale dell’essere. Mi sono rifugiata lì in quell’arte quasi autistica di una bambina di tre anni. Ogni scarabocchio o collage con la carta che maniacalmente tagliavo era viva, mi sembrava di stare dentro ad un mondo vitale, dove non esisteva il dolore. L’approccio nacque così e durò per sempre senza rendermene conto, seguivo il filo nel labirinto della vita, e, come Arianna, sono sopravvissuta al Minotauro dei disagi che creano le esperienze di un essere umano, mi sono salvata da sola, io principe di me stessa, nessun Teseo a supportarmi o abbandonarmi su un isola da sola.

Proprio nella mia natura malinconica ed ironica, ho trovato la mia vocazione, provare tante tecniche, dal disegno alla pittura, dai collage, alla video arte o alla FotoFusione. Si dice in questi casi poliedrica, un parolone, oppure si definisce monotematico chi usa sempre la stessa tecnica, un altro parolone. Solo gli umani possono incasellare l’arte, dare nomi a tutte le cose per controllarle, questo mi disturba, la vita è fatta di sfumature e tratti, certi e incerti.

L’ arte, se ne cogli il vero significato è umile, si arrotola le maniche e cerca l’oro del fare e del creare, il nero pece dell’anima sempre travagliata, ci si confronta, non gongola di sé, credo che entrare davvero nel pianeta arte, sia un viaggio interiore, per abbandonare totalmente l’ego, non è immediato e neanche semplice, ma la ricerca è quella, spogliarsi di ogni sovrastruttura e complessi sia di superiorità che al contrario di inferiorità. L’arte ha molto a che fare con la meditazione, mollare, lasciar andare la mente che è un limite, ogni creatore (dire artista è un po’ generico) ritengo abbia il suo percorso personale, ma se è onesto con se stesso si vota all’arte senza aspettarsi niente, è quasi un percorso ascetico, se si vuole la vetta è interiore, ottenere il successo è come vincere alla lotteria.

Non è mai una questione di talento, se bastasse solo quello sarebbe facilissimo, sono tante linee che si intersecano: la conoscenza, il potere, i consensi, le quotazioni, i supporti di mecenati ed estimatori, è tutta una connessione quasi impossibile, e non è mai sicuro che chi arriva sia il migliore. L’arte va vissuta, come San Francesco, con l’umiltà di vedere il tutto ed anche l’oltre, se poi accade, è quasi un miracolo.
Il mondo dell‘arte è un’arena feroce, e il creatore, come il gladiatore, si deve procurare il lasciapassare per la libertà. Ci sono infine i creatori tuonanti che la loro libertà la conquistano in solitaria con lacrime di sangue e pezzetti di anima.

Loredana Raciti

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Una vita nell’arte: Rodolfo Bisatti

11 martedì Ott 2022

Posted by Maria Grazia Galatà in ARTI VISIVE, Cinema, SPETTACOLO, Una vita nell'arte

≈ 1 Commento

Tag

Rodolfo Bisatti, Una vita nell'arte

Fotografie dal prossimo progetto cinematografico di Rodolfo Bisatti

Il successo della rubrica “Una vita in scrittura”, l’iniziativa partecipativa dedicata alla scrittura avviata nel mese di marzo scorso, ci ha fatto riflettere che la scrittura è una delle arti nelle quali si esprime il bisogno artistico, culturale, creativo umano, ma non l’unico. Non minore dedizione richiedono: fotografia, pittura, cinema, teatro, scultura, musica… altrettanti fulcri d’esistenza, e compagni di vita. Abbiamo pensato quindi di rivolgere l’iniziativa ad artisti che si dedicano da tempo all’arte e possano essere testimoni di fedeltà ed esperienza nella creazione artistica. Un invito, ma, nel contempo, un omaggio. L’invito è a raccontare, non con le parole asettiche e sintetiche usualmente richieste in una bibliografia, ma in libertà, l’ingresso nell’esperienza d’arte nella propria vita, la chiamata o vocazione, la sua permanenza, l’evoluzione, l’intreccio con le proprie vicende personali, spirituali, una storia quindi fatta di inizi, trame incontri, episodi, traumi, delusioni, soddisfazioni, concorsi, premi, scoperte, emozioni ma anche, se si vuole, raccontare tutto ciò che rende tale l’artista, che costituisce il suo mondo, nella forma che egli ritenga più congeniale: un racconto, poesie autobiografiche o “metartistiche”, fotografie, dipinti, un’intervista a se stessi nella quale porsi le domande che si sarebbe desiderato sentirsi rivolgere e fornire poi le risposte, un video, un file audio sono tutti modi possibili con cui cor-rispondere alla domanda:

Ci racconti la tua vita nell’arte?

Su invito di Maria Grazia Galatà risponde il regista Rodolfo Bisatti

L’Arte? Una forma minima ma necessaria di esistenza

Io non credo esista una vocazione particolare per diventare artisti, la vocazione, semmai, sta nel non esserlo e accettare di condurre una vita in funzione di un lavoro che non ami o ami troppo poco. Non ho alcuna visione romantica dell’arte proprio perché la considero la routine necessaria alla sopravvivenza e non qualcosa di superfluo, di inessenziale; un supplemento facoltativo. Ripeto, quello che pomposamente viene chiamato artista è semplicemente una persona normale che sta vivendo la sua prassi biologica. Nella scala di valori dell’esistenza al primo posto viene il gioco, poi il cibo. Cibarsi senza gioia significa coltivare con rigore la propria malattia.

Trovo insensato il lavoro fine a sé stesso con unico scopo utilitaristico quello di racimolare la paga che ti consenta di sopravvivere per ritornare al lavoro. Aver portato la società a questa condizione ricattatoria è una prerogativa del Potere che è inetto, frustrato, castrato e odia l’arte, per questo cerca affannosamente di riempire tutti i buchi con pattume culturale servile. Ma tornando alle cose essenziali, ci sono moltissime forme di attività creativa, anche il collezionista è ossessionato dalle sue preziose raccolte, il maestro di Yoga, lo sportivo, chi ha l’assillo dell’estetica, chi sa fare bene il proprio mestiere artigianale. Ho conosciuto un fisico che lavora nella robotica, il su discorrere è simile a quello di un mistico piuttosto che a quello di uno scienziato. In sostanza per vivere è necessario avere una passione imprescindibile che può manifestarsi in tante forme. Stringendo il campo a pochi concetti posso dire che l’Arte è lo scopo biologico dell’Uomo. Questa è una frase che ho mutuato da un poeta russo: Joseph Brodsky e che cito sempre molto volentieri. Il mistero non sta in chi crea ma in chi non lo fa e s’accontenta della sua condizione sottomessa. In questa prospettiva credo che la competizione e l’utilizzo dell’arte per primeggiare su altri sia una forma puerile di gratificazione, anche perché è incompatibile con il senso dell’Arte che è quello di creare un ponte con la trascendenza, di attivare un dialogo con Dio e non una competizione per assicurarsi il podio. Per chi obietta che la mia è una visione elitaria e aristocratica, o misticheggiante, dico che tutti i popoli primigeni mettono al primo posto la sacralità dell’arte, con pratiche come lo yoga dell’India, le tecniche del respiro cinesi o la ginnastica viscerale degli antichi Maori, per non parlare del ruolo della danza in tutta l’Africa centro meridionale. E che dire poi del Tibet, dello sciamanesimo nelle regioni siberiane e centro asiatiche. L’arte e la spiritualità sono sinonimi. E qui arriva il punto dolente della questione che è la decadenza dell’occidente che s’è votato anima e corpo, anzi solo corpo, alla materia negando l’anima, sostituendo l’Essere con l’Avere. In questa dimensione materialistica sono stati cacciati gli dei per sostituirli con le cose. La farmacologia del divertimento occidentale è una forma puerile di azione artistica manchevole del suo lato spirituale e per questo foriera di profondo disagio e di perdita di credibilità. È così che s’è creata la spaccatura, la scissione tra artisti e spettatori, divisione impensabile altrove. Distruggendo la tradizione giudaico cristiana ci siamo ritrovati nel nonsense avvenente, in una vita priva di contenuti, disorientati di fronte al ragazzo pakistano che prega, ad ore stabilite, genuflesso in direzione della Mecca. Da noi quando si entra in chiesa per pregare bisogna prima guardarsi attorno per assicurarsi che qualcuno non ti veda, perché è vergognoso invocare, chiedere aiuto, implorare, piangere. E qui il lavoro del cosiddetto artista occidentale si complica perché da un lato deve esprimersi ma anche portare con sé la necessità di ripristinare il primato dello spirito sulla materia. Per tutto il novecento c’hanno provato gli artisti, dal primo all’ultimo, ne citiamo solo una manciata casuale: Kandinsky, Madame Blavatzky, Hilma af Klint , Giorgio de Chirico,  Joseph Beuys , Yoko Ono, Giuseppe Penone, Gina Pane, Hermann Nitsch, Enzo Cucchi, Francesco Clemente, Mimmo Paladino, persino Cattellan, ma l’elenco è molto più vasto ovviamente. Non sono mai riuscito ad intercettare una sola opera d’arte che non fosse una porta spalancata sulla trascendenza. Ricordo lo smarrimento e l’accelerazione della respirazione e del battito cardiaco quando mi sono trovato di fronte a Pesci Rossi di Matisse… Ma pensiamo alle nature morte di Morandi, ai pesci sacri di De Pisis, alle sculture arcaiche di Picasso. Certo le forme e le intensità cambiano, tra le tradizioni millenarie e le iniziative individuali ci sono differenze sostanziali, c’è un grosso dibattito attorno a questa faccenda, cioè sulla data da segnare come inizio della decadenza, c’è chi la fa partire con il Rinascimento, quando l’artista si riappropria del proprio ego. La potenza assoluta di Michelangelo determina una cesura precisa e la Pietà di Milano, la Rondanini, è nel contempo la fine dell’antico e l’inizio e la fine del moderno. Comunque, tagliando corto, nella sostanza, la direzione dell’Arte è la medesima: non c’è arte senza fede e non c’è fede senza arte. La fede per l’artista non è l’apologia della religione, ma il suo opposto, ed ecco il grande blasfemo, il teorico della crudeltà, l’eretico, il bestemmiatore. Artaud rappresenta e incarna lo spirito più profondo, assieme a Nietszche, della spiritualità dell’arte del novecento (retroattivo di un secolo e post attivo di un altro)

Chiunque abbia affrontato un percorso creativo s’è reso conto della limitatezza del pensiero materialista, scientista, di basso cabotaggio, inservibile per chi fa il nostro mestiere. Gli artisti vivono di miracoli e spesso sono costretti alla precarietà, diciamolo pure alla fame o alla follia, ma sono i veri sacerdoti dello spirito, questa verità può irritare e infastidire i burocrati dell’anima, o gli economisti della cultura, ma è piuttosto difficile smontarla. Ma se qualcuno ha i numeri per farlo, ci provi.

Rodolfo Bisatti

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“Arrivederci, fratello Mare!” di Nazim Hikmet

01 giovedì Set 2022

Posted by Deborah Mega in SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su “Arrivederci, fratello Mare!” di Nazim Hikmet

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Nâzım Hikmet

Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci, fratello mare

mi porto un po’ della tua ghiaia

un po’ del tuo sale azzurro

un po’ della tua infinità

e un pochino della tua luce

e della tua infelicità.

Ci hai saputo dir molte cose

sul tuo destino mare

eccoci con un po’ più di speranza

eccoci con un po’ più di saggezza

e ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci, fratello mare!

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Buone vacanze con Walt Whitman

30 giovedì Giu 2022

Posted by Loredana Semantica in SINE LIMINE

≈ 2 commenti

Limina mundi e tutta la Redazione vi augurano BUONE VACANZE  con la poesia “Miracoli” di Walt Whitman

ARRIVEDERCI A SETTEMBRE

Joaquín Sorolla y Bastida, “Bambina nel mare argentato”, 1909

MIRACOLI di Walt Whitman

Perché vi stupite dei miracoli?
Io non vedo altro che miracoli.
Sia che passeggi per le strade di Manhattan,
o sollevi lo sguardo sopra tetti delle case verso il cielo,
o cammini a piedi nudi lungo la linea della battigia,
o stia sotto gli alberi nei boschi.
Se di giorno parlo con qualcuno che amo,
se la notte dormo con qualcuno che amo,
se siedo a tavola a cena con gli altri,
se in viaggio osservo gli estranei che mi stanno di fronte.
Quando in un mattino estivo vedo le api indaffarate all’alveare,
gli animali che pascolano nei campi,
gli uccelli e gli insetti danzare nell’aria,
il meraviglioso spettacolo del tramonto,
le stelle che brillano silenziose e lucenti,
la preziosa e sottile curva della luna nuova di primavera.

Queste ed altre cose, nell’insieme e ognuna
per me sono miracoli.
Si riferiscono al tutto, anche se ognuna sta a sé
e al proprio posto.
Per me è miracolo ogni ora di luce e di buio.
Ogni metratura di spazio è un miracolo,
Ogni quadrato di terra brulica di miracoli,
Ogni incavo del sottosuolo formicola di miracoli.

Il mare è per me è un continuo miracolo
e i pesci che vi nuotano – e gli scogli – e il moto delle onde
– e le navi che portano gli uomini.

Quali miracoli sono più straordinari di questi?

traduzione di Loredana Semantica

Nicolas de Staël, Il sole

MIRACLES di Walt Whitman

Why, who makes much of a miracle?
As to me I know of nothing else but miracles,
Whether I walk the streets of Manhattan,
Or dart my sight over the roofs of houses toward the sky,
Or wade with naked feet along the beach just in the edge of the water,
Or stand under trees in the woods,
Or talk by day with any one I love, or sleep in the bed at night with any one I love,
Or sit at table at dinner with the rest,
Or look at strangers opposite me riding in the car,
Or watch honey-bees busy around the hive of a summer forenoon,
Or animals feeding in the fields,
Or birds, or the wonderfulness of insects in the air,
Or the wonderfulness of the sundown, or of stars shining so quiet and bright,
Or the exquisite delicate thin curve of the new moon in spring;
These with the rest, one and all, are to me miracles,
The whole referring, yet each distinct and in its place.

To me every hour of the light and dark is a miracle,
Every cubic inch of space is a miracle,
Every square yard of the surface of the earth is spread with the same,
Every foot of the interior swarms with the same.

To me the sea is a continual miracle,
The fishes that swim—the rocks—the motion of the waves—the
ships with men in them,
What stranger miracles are there?

Guillermo Gomez Gil, “Tramonto sulla costa di malaga, 1918

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Alle madri

08 domenica Mag 2022

Posted by Deborah Mega in ARTI VISIVE, Eventi e segnalazioni, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su Alle madri

Masaccio e Masolino da Panicale, S,Anna Metterza

 

Vergine madre, figlia del tuo figlio – Dante Alighieri

 

Vergine madre, figlia del tuo figlio,

umile e alta più che creatura,

termine fisso d’eterno consiglio,

tu se’ colei che l’umana natura

nobilitasti si’, che ‘l suo fattore

non disdegnò di farsi sua fattura.

 

Nel ventre tuo si riaccese l’amore,

per lo cui caldo ne l’eterna pace

così è germinato questo fiore.

 

Qui se’ a noi meridiana face

di caritate, e giuso, intra mortali,

se’ di speranza fontana vivace.

 

Donna, se’ tanto grande e tanto vali,

che qual vuol grazia e a te non ricorre

sua disianza vuol volar senz’ali.

 

Gustav Klimt, Le tre età della donna

 

A Mia Madre – Edmondo De Amicis

 

Non sempre il tempo la beltà cancella

o la sfioran le lacrime e gli affanni

mia madre ha sessant’anni e più la guardo

e più mi sembra bella.

 

Non ha un accento, un guardo, un riso

che non mi tocchi dolcemente il cuore.

Ah se fossi pittore, farei tutta la vita

il suo ritratto.

 

Vorrei ritrarla quando inchina il viso

perch’io le baci la sua treccia bianca

e quando inferma e stanca,

nasconde il suo dolor sotto un sorriso.

Ah se fosse un mio prego in cielo accolto

non chiederei al gran pittore d’Urbino

il pennello divino per coronar di gloria

il suo bel volto.

Vorrei poter cangiar vita con vita,

darle tutto il vigor degli anni miei

Vorrei veder me vecchio e lei…

dal sacrificio mio ringiovanita!

 

Edward Munch, La madre morta e la bambina

 

A mia madre – Eugenio Montale

 

Ora che il coro delle coturnici

ti blandisce nel sonno eterno, rotta

felice schiera in fuga verso i clivi

vendemmiati del Mesco, or che la lotta

dei viventi più infuria, se tu cedi

come un’ombra la spoglia

(e non è un’ombra,

o gentile, non è ciò che tu credi)

chi ti proteggerà? La strada sgombra

non è una via, solo due mani, un volto,

quelle mani, quel volto, il gesto d’una

vita che non è un’altra ma se stessa,

solo questo ti pone nell’eliso

folto d’anime e voci in cui tu vivi;

e la domanda che tu lasci è anch’essa

un gesto tuo, all’ombra delle croci.

 

 

 

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1° maggio 2022 – Pace e lavoro

01 domenica Mag 2022

Posted by Loredana Semantica in SINE LIMINE

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Prisma lirico 37: Vittorio Bodini, Salvador Dalì, Zhivotkov Vladimir Vladimirovich 

02 mercoledì Mar 2022

Posted by Loredana Semantica in Prisma lirico

≈ 1 Commento

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Salvador Dalí, Vittorio Bodini, Zhivotkov Vladimir Vladimirovich

Salvador Dalì , “Cristo di San Giovanni della Croce”, olio su tela, 1951, Kelvingrove Art Gallery, Glasgow, Scozia.
I preti di paese
hanno le scarpe sporche
un dente verde e vivono
con la nipote.
Presso cassette vuote
d’elemosina
sanguina Cristo in piaghe
rosso borbonico;
esala un’agonia
dura dai banchi
e dai fiori di campo.
In piazza, accoccolati
sulle ginocchia del Municipio,
stanno i disoccupati
a prender l’oro del sole.

Trotta magro e sicuro
un gatto nel Sud nero.

Vittorio Bodini

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Poesia: Vittorio Bodini, 1914 – 1970

Opere:

Salvador Dalì , “Cristo di San Giovanni della Croce”, olio su tela, 1951

Zhivotkov Vladimir Vladimirovich, “La finestra”, 1970

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My valentine

14 lunedì Feb 2022

Posted by Loredana Semantica in SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su My valentine

Tag

Loredana Semantica, poesia

Buon S. Valentino

con la poesia “Filosofia dell’amore” di Percy Bysshe Shelley

Le fonti si confondono col fiume
i fiumi con l’Oceano
i venti del Cielo sempre
in dolci moti si uniscono
niente al mondo è celibe
e tutto per divina
legge in una forza
si incontra e si confonde.
Perché non io con te?

Vedi che le montagne baciano l’alto
del Cielo, e che le onde una per una
si abbracciano. Nessun fiore-sorella
vivrebbe più ritroso
verso il fratello-fiore.
E il chiarore del sole abbraccia la terra
e i raggi della Luna baciano il mare.
Per che cosa tutto questo lavoro tenero
se tu non vuoi baciarmi?

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La Poesia è necessaria.

16 domenica Gen 2022

Posted by LiminaMundi in SINE LIMINE

≈ 5 commenti

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Luigia Sorrentino, Rai NewsPoesia

Nicolas Poussin, L’Ispirazione del Poeta, 1628-1629, olio su tela, 184 x 214 cm.            Parigi, Musée du Louvre

 

Molti di noi si saranno accorti che, dal 27 dicembre 2021, il blog Poesia sul sito di Rainews non è più visibile. Non è possibile oscurare o ancor peggio sopprimere un luogo d’incontro per la comunità dei poeti e degli artisti che, dal 2007 ad oggi, ha costituito un archivio rappresentativo per la poesia nazionale e internazionale, sarebbe come chiudere una scuola o una biblioteca o un qualsiasi altro servizio di pubblica utilità. Anche la redazione del blog LIMINA MUNDI, pertanto, esprime la sua solidarietà e auspica la riapertura del blog di divulgazione della cultura poetica e letteraria curato in questi anni da Luigia Sorrentino e dai suoi collaboratori.

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Numeri e Auguri

02 domenica Gen 2022

Posted by Loredana Semantica in SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su Numeri e Auguri

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limina mundi, Numeri e Auguri

Scoprite come piegare libri e creare sculture in 85 immagini e alcuni video

Restiamo unici, nonostante i tentativi di imitazione. Questo potremmo dire del nostro Limina mundi in un impeto di autocelebrazione, ma non vogliamo cadere nella trappola del compiacimento, desideriamo quest’anno, non meno di altri trascorsi, con questo post, ch’è ormai una tradizione anche nel titolo, riepilogare il lavoro che si fa con passione su queste pagine.

Una dedizione che viene ripagata dal sempre maggior numero di lettori, dal crescente numero di visualizzazioni e dai tanti scrittori contemporanei che ci sottopongono le loro opere, in cerca di un parere, certo, di visibilità ancor di più, ma noi preferiamo pensare che ciò che li spinge sia una richiesta di attenzione, come il bimbo chiede alla madre, come lo scolaro al suo maestro, come i cittadini alle autorità. E madre, maestro, autorità sono solo degli esempi per dire persone di riferimento, la cui opinione conta o quanto meno non è senza peso. Una richiesta di attenzione che attraverso il blog noi trasferiamo ai lettori,  quelli più fedeli che ci seguono – ormai più di 200- ma anche a quelli che visitano occasionalmente il blog.

Tutti ci chiedono di prendere in considerazione il proprio lavoro, il proprio bisogno, il proprio mondo, quello che hanno costruito con le parole, non meno di quanto noi redazione facciamo qui, pubblicando il nostro pensiero, i vostri scritti, le nostre recensioni, le vostre poesie, le nostre note di lettura, i commenti critici, approfondimenti, parole poetiche di grandi e meno grandi. Un insieme che in questo luogo, anno dopo anno, costruiscono un mondo buono e – il che è lo stesso –  bello.

E allora vi ringraziamo e approfondiamo coi numeri che – come immancabilmente ripeto ogni anno – hanno l’anima, quello che abbiamo fatto in quest’anno appena trascorso.

Abbiamo ricevuto 58902 visite da 44165 visitatori, sono stati pubblicati 112 post. Le visite, a partire dal 2016, anno di fondazione del blog, sono state 227340, i post pubblicati in totale 795.

L’autore che ha ricevuto più visite ai propri post è Deborah Mega con ben 43624 visite. Le visite riguardano anche articoli pubblicati in anni precedenti al 2021, anzi soprattutto questi e soprattutto quelli in cui Deborah commenta “classici” della letteratura. Più sotto un elenco dei post maggiormente visitati nel 2021 (oltre 1000 visite ciascuno). Nella prima colonna il titolo dell’articolo, nell’ultima a destra il numero delle visite.

La casa di Asterione                  7085
Home page                               6613
La città di Leonia                       3395
Continuità dei parchi                  2586
La sorella di Shakespeare           2309
Jaufre Rudel e l’amore de lohn    1887
Giorno d’esame                         1882
Di sera, un geranio                    1524
La chiave d’oro                          1500
Una rosa rossa                          1416

Il 2021 è stato un anno proficuo anche per l’apporto di autori e collaboratori.
Di seguito i numeri dei post pubblicati da ciascun autore.

Loredana Semantica 35
Deborah Mega 44
Annamaria Bonfiglio 9
Francesco Palmieri 10
Adriana Gloria Marigo 11
Maria Allo 2

Ben riuscita la rubrica  recentemente inaugurata a cura di Francesco Palmieri: “A viva voce”, nella quale è proposta la lettura di poesie di vari autori selezionati dalla viva voce del curatore. Francesco ha letto testi suoi e di E.Montale, V.Sereni, G.Caproni, C.Baudelaire, W.Shakespeare, R.Kypling, E.Sanguineti, G.Raboni.

Emilio Capaccio ha proseguito la collaborazione proponendo nella rubrica “Idiomatiche”, del quale è il principale animatore, le traduzioni di Gioconda Belli, Randall Jarrell,  Robert Frost, Georg Heym, Alfred Tennyson, Lya Luft.

Nella rubrica “Versi trasversali” sono state proposte poesie scelte da opere di Zahira Ziello, Alfredo Alessio Conti, Matteo Marangoni, Domenico Bernardo, Thorvald Berthelsen, Davide Rocco Colacrai, Marta Genduso, Alessandro Barbato, Sergio Oricci, Benedetto Ghielmi.

In “Canto presente” sono state pubblicate poesie scelte di Enrico Cerquiglini e Enrico Marià.

Adriana Gloria Marigo nella sua rubrica esclusiva “Miscelaneas” ha dedicato attenzione alle opere di Geo Vasile, Edoardo Gallo, Sergio Carlacchiani, Domenico Pisana, Marco Vitale, Paolo Landi, Paolo Isotta, Silvio Raffo, Pietro Edoardo Mallegni. Adriana ha inoltre pubblicato sul blog un suo approfondimento letterario su “Il dolore nella poesia: esperienza numinosa per l’alfabeto della creanza”.

Annamaria Bonfiglio (marian2643) ha proposto un suo racconto dal titolo “Tre donne” e suoi  approfondimenti letterari  intitolati “Il gusto del liberty nella poesia di Paul Gerardy”, “Natalia Ginzburg, la scrittrice della semplicità”, “Mario Luzi e il rapporto con Palermo”, “Il dolore del vivere. Note sulla poesia di Camillo Sbarbaro”, “100 anni di Leonardo Sciascia. Metafore e contraddizioni”, ha inoltre commentato opere recentemente pubblicate da Fernando Lena e Nicola Romano, ha intervistato Gino Pantaleone.

Maria Allo  ha proposto “Δαιμόνιοι” (Creature demoniache)” di Anna Griva, la visione di Dante personaggio, con una traduzione dal greco e la recensione a “Il sentiero del polline” di Guglielmo Aprile.

Rita Bompadre ha recensito recenti pubblicazioni di Marco Galvagni, Simone Corvasce, Filomena Gagliardi, Milena Tagliavini, Mauro De Candia.

Deborah Mega ha pubblicato sue Note di lettura su opere di Monia Gaita, Sergio Sichenze, Valeria Bianchi Mian. Inoltre ha proposto nel blog i suoi articoli su “Amy, dieci anni dopo” “Squid Game” “La storia del Milite Ignoto e la scelta di Maria Bergamas”, ha intervistato Margherita Pascucci e Grazia Procino, ha commentato il recente “Dizionario critico della poesia italiana 1945-2020” di Mario Fresa, ha segnalato recenti pubblicazioni dei seguenti autori: Valerio Succi, Alessandro Trasciatti, Gianfranco Vacca, Zahira Ziello, Claudio Pagelli, Davide Rocco Colacrai, Giancarlo Baroni, Mariella Bettarini, Jonathan Rizzo, Riccardo Mazzamuto, Antonella Anedda, Nunzio Di Sarno, Luciano Mastrocola, Francesco Randazzo. Ha pubblicato poesie di autori noti nei giorni delle feste più significative: Pasqua, Natale, Capodanno, Ferragosto.

Loredana Semantica nel 2021 ha pubblicato 4 suoi racconti: “Sogni”, “Anime e animali”, “Irene nel paese delle meraviglie” e “Novembre di zucchero”. Ha commentato le opere “Psychodissey” di Eleonora Federici e “Parabole” di Cipriano Gentilino, ha introdotto la nuova rubrica “Essere donna”, nella quale pubblica suggestivi squarci sulla condizione femminile ora e nel tempo. inoltre ha omaggiato il poeta recentemente scomparso Sebastiano Patanè Ferro e ricordato il cantautore Franco Battiato. Ha dedicato a Marylin Monroe un post della rubrica “Grandi donne” e commentato nella rubrica “Forma alchemica” una poesia capolavoro di Emily Dickinson e  un’altra di Nazim  Hikmet. Ha pubblicato post commemorativi nel giorno della festa della donna, del 25 aprile, per la festa della mamma e S. Valentino e proseguito, con 2 post, la rubrica “Prisma lirico”, suggestioni di immagini e poesia e infine ha scritto il “Numeri e Auguri” riferito al 2020.

In fondo a questo corposo riepilogo non possono mancare i ringraziamenti a tutti coloro che si sono fatti parte attiva nel blog, autori, collaboratori, lettori, commentatori, curiosi, sostenitori…

A tutti un luminoso Anno Nuovo, ricco di cose buone e di buona poesia.

Loredana Semantica

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“Parabole” di Cipriano Gentilino. Una nota di lettura di Loredana Semantica.

03 mercoledì Nov 2021

Posted by Loredana Semantica in LETTERATURA E POESIA, Recensioni, SINE LIMINE

≈ 3 commenti

Tag

Cipriano Gentilino, Loredana Semantica, Nulla die, Parabole, poesia contemporanea, recensione

Cipriano Gentilino è affezionato lettore di questo blog e scrittore di poesia. Ci ha inviato la sua ultima pubblicazione “Parabole” che ha appena visto la luce nella Collana “I Canti” della casa editrice “Nulla die”.
La raccolta è un’antologia di cinquanta poesie, aventi ciascuna il proprio titolo, dalla prima “Parabola” all’ultima “E infine”. Parabola non è solo la poesia che apre la silloge, ma anche quella a cui l’autore ha dato al singolare il titolo col quale, ricorrendo al plurale, nomina l’intera opera.
In genere con la parola “parabola” s’intende riferirsi al Vangelo e alla predicazione di Gesù il quale ricorreva appunto alle parabole, cioè alla narrazione di episodi facilmente comprensibili, per spiegare concetti ben più complessi ai quali ammaestrava le folle e gli apostoli che lo seguivano. La parabola è un procedere per similitudini o esemplificazioni. Analogamente potremmo ipotizzare che Cipriano Gentilino abbia fatto ricorso alla poesia come strumento più idoneo – sintetico, catartico, evocativo – per veicolare vicende che, narrate altrimenti, non avrebbero potuto trovare la giusta angolazione di lettura, banalizzate dall’oggettività di un racconto asettico, cronachistico o travisate nell’ipertrofia del romanzo. Non si tratta pertanto di una reale semplificazione, quanto piuttosto di una nobilitazione nella quale il rimando al Vangelo, al cristianesimo, alle parabole di Gesù, potrebbe anche far pensare all’atto caritatevole di raccogliere e metabolizzare. Accogliere e consolare. Ricevere e trasformare. In un abbraccio tanto poetico quanto pudico, ammantato dal velo discreto e scardinante del dire in versi.
La poesia iniziale adombra probabilmente la matrice dell’intera raccolta – la sofferenza – e nel commento in corsivo (Maria, sopravvissuta al manicomio criminale, angosciata mi chiese: “fai parlare queste parole”) – l’intento – che si trasfigura nelle successive poesie diventando una narrazione del travaglio umano, “a cercare parole/ come se ancora ne avessimo”
Far parlare le parole è il mestiere del poeta che trae dall’esperienza quegli incontri, approfondimenti, complessità, che mescolano pensiero, natura, memoria in un mix orchestrato nei suoni, elaborato nelle costruzioni e articolato nei versi in modo da restituire suggestioni, delineare arabeschi verbali e trasmettere un senso che l’autore spera trovi l’attenzione di un lettore, e poi nel lettore quell’ accoglimento che restituisca una risposta “a cercare parole/come se ancora ne avessimo”, giusto come tentano queste righe di commento.
L’intera raccolta è dedicata “Ai migranti”. Cioè alle figure che in questi ultimi decenni rappresentano agli occhi del mondo la deriva umana, la fuga, lo sradicamento, la tragedia, e di contro sono portatori di un desiderio di pace, benessere, felicità e riscatto così brucianti, da spingere intere famiglie, compresi bambini o donne incinte, a rischiosi viaggi per raggiungere mete improbabili, idealizzate come l’Eldorado. Accade, e non proprio di rado, che questi viaggi si trasformino in episodi di disgrazia e lutto, nella quasi totale indifferenza del resto del mondo. Quel mondo che più facilmente che affrontare e risolvere chiude gli occhi. Per alcuni questa indifferenza è più colpevole che per altri, coloro che si muovono e hanno ascolto sulla scena politica nazionale e internazionale certamente dovrebbero e potrebbero impegnarsi maggiormente. I più essendo impotenti e comunque tutti consapevoli che si agitano forze molto grandi e controverse sulle quali il singolo e anche i gruppi, lo stesso potere politico ben poco possono. Per essere più concreti non è semplice pacificare gli stati di guerra, intervenire sul processo decisionale dei leader estremisti, sulle ragioni dei conflitti che nemmeno la diplomazia è in grado di stemperare.
Per tornare al lavoro di Gentilino ben venga dunque questa dedica che mette in risalto, con una sola parola, una piaga del nostro tempo.
Essa illumina di luce drammatica ogni testo poetico contenuto nella raccolta. Diventa la chiave per aprire alla comprensione: l’insufficienza delle parole della prima poesia, l’incontro con l’archetipo della madre generatrice, con la figura femminile, con le lucciole e i clochard, con lo stupro e gli abusi che tanta parte hanno nell’esperienza di creature che fuggono da scenari di guerra, di sfruttamento, di povertà o degrado. Esse echeggiano in “Venere Ericina”, in “Concavi” e già nelle prime composizioni della raccolta: “Notre dame”, “Dictaturae”, “Aironi” “Non abbiamo saputo”.
Quest’ultima in particolare ci inchioda al rammarico per l’incapacità di riconoscere e dare sollievo alla sofferenza.

Non abbiamo saputo
sentire nel vento
il lamento dei cristi
sui golgota,
né le rose selvatiche
sfuggite al tagliaerba,
distratti anche ora
che piove già il rimpianto.

Un testo che flagella il lettore non meno di “Profughi”, che, nel concreto riferimento allo stato d’animo dei profughi, potrebbe d’altra parte anche esprimere la condizione accomunante ogni essere che ha perduto il proprio Eden.

Scrosciati dalla terra,
decimati,
consumati,
degradati,
siamo tornati a casa,
profughi.

L’occhio del poeta si posa ancora sul disagio degli ultimi, disadattati ed esuli sulla terra, in “Concavi”.

Siamo concavi
di silenzio rugoso
stridio di clochard
senza cielo e coperte,
crepe di rimpianti
nel fiato trattenuto
sui vetri all’occaso.

Ultimi e umili ai quali, talvolta, nemmeno coloro che sarebbero deputati a dare conforto, chiusi nei loro “confessionali ipocriti”, sono capaci di dare aiuto. Credo sia questo il senso di “Né padri né madri”.

I titoli delle poesie spesso sono ripetuti nel corpo delle stesse, ma non sempre lo rendono più chiaro, anzi lo arricchiscono di mistero, essendo dettati da reminiscenze che si agganciano al “caso poetico” per vissuto personale o culturale dell’autore. Il lettore quindi è sollecitato alla ricerca dei possibili significati del lemma o della locuzione che costituisce  il titolo in rapporto al testo.
Nel caso specifico ad esempio dire “concavi” i clochard, quando notoriamente concavo si oppone a convesso ben potrebbe esprimere l’opposto dell’impermeabilità in un continuo riempirsi di rifiuti, insaccare umiliazioni, inzaccherarsi d’acqua che piove dal cielo. Il cielo a volte non copre e le coperte non bastano mai.
Le poesie della raccolta posseggono tutte i pregi della brevità e della ricchezza lessicale alle quali si contrappone una certa asciuttezza del testo che non indugia in descrizioni e particolari ma delinea con precisione netta l’argomento, il sentimento; rapidamente giunge al suo cuore e l’inchioda.

La precisione rispecchia probabilmente l’attitudine dell’autore, che è medico psichiatra, e come tale deve esaminare il caso clinico, sfrondandolo di tutto il superfluo per focalizzare l’essenziale e pronunciare una diagnosi, fornire un parere. Centrare l’attenzione al nucleo problematico è la necessaria premessa dell’individuazione del rimedio, cioè della cura, consapevoli – medico e paziente –  che “In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione…”, così Franco Basaglia, riportato da Gentilino nella raccolta.

Mi  sovviene, a proposito del peso che ha la professione nell’espressione poetica, Gottfried Benn, poeta tedesco, medico anatomo patologo, che nelle sue poesie offriva al lettore inquietanti e precise visioni del suo tavolo operatorio e della sala circostante, a conferma che la professione non è indifferente nel lessico e nel portato testuale del poeta, anche nella scrittura di Pessoa, che faceva traduttore, ci sono chiari riferimenti al mondo lavorativo, altrettanto per Pavese e ciò per dire solo i primi nomi che mi tornano in mente.

Alla caratteristica di esprimersi con sintesi di Gentilino che, ritengo, come ho detto sopra, scaturisca dall’esperienza professionale, s’affianca un’altra inclinazione, più sotterranea, data dalla sensibilità poetica per la quale l’individuazione dell’indicibile corre parallelo all’evidente e non può essere detto se non poeticamente, cioè solo con la trasfigurazione dell’elemento parola in composizione significante-evocatrice.

Talvolta il filo conduttore della raccolta – che è di attenzione ai disagiati – sembra interrompersi per qualche ben riuscito inserto di composizione che sonda l’intimo e si distende in un gesto di tenerezza verso l’altro.

Vieni,
siediti accanto a me,
verrà presto il buio.

Dormi il filo
del tuo sogno.

Troveremo l’uscita.
Siamo già noi
labirinti.

oppure quando, giocando sul filo dell’ironia o strizzando l’occhio dell’allegria, prospetta una serata in compagnia di illustri scrittori e studiosi della psiche.

A est di Freud,
dietro il vetro
rifratto,
aspetta anche
Jung
ma resto a casa
questa sera,
bevo birra
a Dublino
con Joyce,
domani
scaffale a sud
con Luigi e altri sei
e poi tutto Lacan
a luci spente!

Singolare che spesso si ritrovi nei testi la descrizione di paesaggi tipicamente mediterranei con gli effluvi dei gelsomini, la rugosità argentea degli ulivi, la fragranza dei capperi, quando l’autore vive a Mondovì in Piemonte. Egli però è originario di Erice, l’incantevole borgo in provincia di Trapani, il che tuttavia non ci dice se questi siano lacerti delle memorie proprie o, com’è più probabile, almeno in alcuni casi, il frutto dei racconti d’altri. Convince tuttavia questa natura disseminata nei testi perché concorre con potenza a fare da contraltare alla durezza dei temi trattati, allo sconforto che scaturisce dall’osservazione delle piaghe della condizione umana.
L’ultima poesia “E infine” racconta un posarsi sulla terra, con gli alberi, le rose, un melo rosso in un ritorno a far parte della natura che è la conclusione di un percorso, non solo poetico, non solo proprio.
Devo dire, approssimandomi alla conclusione di questa breve nota di lettura, che mi ha sorpreso che la raccolta “Parabole” mancasse di una prefazione o di una nota di commento. L’introduzione ai testi di un autore costituisce per chi si accinge a leggerli, specialmente se profano, ma anche per chi frequenta la poesia e la critica poetica, un veicolare significato, un ausilio alla comprensione, un sottolineare la specificità dell’autore, le caratteristiche della scrittura, la storia personale, la tematica trattata, il backround dal quale scaturisce la parola. E’ un approfondimento utile in molte direzioni anche, non ultima, quella di esaltare nella giusta luce la poesia, cioè la forma letteraria più profonda e autentica. Ora vero è che si potrebbe obiettare che la poesia parla da sé, che essa sussume tutto quanto l’autore ha da dire nella migliore e più sintetica forma possibile, ma appunto per questo lo sforzo di chi la legge, senza i riferimenti costituiti da una prima lettura compiuta e filtrata da un lettore qualificato, credo sia maggiore e la comprensione rischia d’essere superficiale.
Aggiungo che non solo mi ha sorpreso che per Cipriano Gentilino e per “Parabole” non ci fossero note introduttive e/o postfazioni, ma mi ha sorpreso ancora di più perché la sua scrittura merita attenzione. Sarebbe certo improprio parlare di attesa di una maggiore maturità per Cipriano, non solo per l’età dell’autore, ma anche perché è evidente che egli ha una notevole esperienza dell’esistenza e dell’esistente, una certa padronanza dello strumento poetico e rivolgersi alla poesia risponde a una sentita esigenza che, a mio avviso, dà buoni frutti.
Forse sarebbe stata opportuna una sistemazione delle cinquanta poesie in partizioni ragionate dell’opera, come i paragrafi, titolati opportunamente, in modo da favorire una lettura più organica e articolata delle poesie; un’organizzazione del genere potrebbe comportare un ordine diverso rispetto alla sequenza attualmente proposta.
Concludo con un accenno al dialetto isolano siculo, l’unico palese nella raccolta, e, precisamente, nella poesia “Dumani si viri”, nella quale il primo verso suona: “Dumani si viri soccu agghiorna”, traducibile in “domani all’alba si vedrà cosa succede”. La poesia è preceduta dalla citazione di Leonardo Sciascia “Come volete non essere pessimista in un paese dove il verbo futuro non esiste?”. Ecco probabilmente Cipriano Gentilino, pur essendo vissuto per tanto tempo in provincia di Cuneo, non ha mai perso le stimmate della sicilianità: la riservatezza, l’essenzialità, il pessimismo, la sfiducia, il senso di fratellanza, l’accoglienza, e solo ultima – appena un barlume – la speranza . E quel che è più triste è che ha ragione. Ancora adesso, è così, come dice Sciascia e purtoppo, ormai,  non solo in Sicilia.
E lo vede bene la sua poesia col respiro internazionale degli occhi multietnici. lo vede e lo dice con la consapevolezza di “Ave madre”

Ave madre di ebrei,
tutsi, hutu e twa,
madre delle madri
di curdi, armeni
e schiavi neri
madre che ci hai partorito
senza memoria
solo pelle nuda unta di te.

Biografia

Cipriano Gentilino ( Erice, 1953 ) vive a Mondovì . Dopo il liceo Classico e la laurea in Medicina si è specializzato in Psichiatria.
Operativamente partecipe alla riforma basagliana si è occupato di deistituzionalizzazione, cura e riabilitazione di persone sofferenti per gravi disturbi psichici.
Formatosi in Psicoanalisi di gruppo è stato docente incaricato di Psichiatria – Università Torino e Responsabile di un Centro di Salute Mentale.
Attualmente si occupa di psicoterapia di gruppo.
Interessato sia ai linguaggi del mondo interiore che alle tematiche sociali amministra un blog di poesia.
In tale ambito ha partecipato all’e-book -Soffi di Poesia- curato e pubblicato dalla poetessa Silvia de Angelis e all’e-book -Facciamo due passi incauti -su Libri amArgine curato dal poeta Flavio Almerighi .
Ha pubblicato poesie sulla rivista Ispirazioni e su riviste letterarie on-line.
Ha auto pubblicato l’e-book Pareidolie su Amazon.
Con Oèdipus ha pubblicato -Versi nel retrobottega – ed ha in corso di pubblicazione – In attesa di risacca-
Con Nulla Die nel settembre 2021 ha pubblicato – Parabole.

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Prisma lirico 36: Buone vacanze e Arrivederci a settembre

04 domenica Lug 2021

Posted by Loredana Semantica in Prisma lirico

≈ Commenti disabilitati su Prisma lirico 36: Buone vacanze e Arrivederci a settembre

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David James, Laura Knight, Marina Cvetaeva

Con una poesia di Marina Cvetaeva e le marine di David James e Laura Knight la redazione del blog Limina mundi augura:

BUONE VACANZE E ARRIVEDERCI A SETTEMBRE

David James

Chi è fatto di pietra, chi è fatto d’argilla –
Io invece sono fatta d’argento e brillo!
La mia occupazione – è il tradimento, il mio nome – Marina,
io – sono l’effimera spuma del mare.
Chi è fatto d’argilla, chi è fatto di carne –
a costoro la bara e le lastre tombali …
-battezzata nella fonte marina – e nel mio
volo continuamente infranta!
Attraverso ogni cuore, attraverso ogni rete
batte il mio arbitrio.
Io – vedi questi ricci scomposti? –
non sono fatta del sale della terra.
Mi frango sulle vostre granitiche ginocchia
e da ogni onda – risuscito!
Evviva la schiuma – l’allegra schiuma –
l’alta schiuma del mare!

Laura Knight

Poesia: Marina Ivanovna Cvetaeva, Spuma di Mare, 1920

opere:

David James, Morning Tilde, 1898

Laura Knight, Lamorna Cove, 1915

 

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Gianfranco Vacca, “Se il silenzio se io ascolto, se i tamburi”, puntoacapo, 2019.

21 lunedì Giu 2021

Posted by Deborah Mega in SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su Gianfranco Vacca, “Se il silenzio se io ascolto, se i tamburi”, puntoacapo, 2019.

 

Lega i polsi alle bandiere
ed il vento sarà fermo.
Ammanetta l’aria che le sventola
ed il drappo diventerà spento.
Svesti la nudità dell’angelo
ed il suo sesso dal velo
ed in ogni Raffaello
l’ascesi delle immagini
avrà desiderato la sensualità
che attuò il suo pennello.
(Capri)

 

Mi attraversano come rami – i coralli,
vena dopo vena
sono la mano –
aprimi
dove ti stringono le dita,
portami al cuore
rosso contro rosso,
se il tumulto
se il sobbalzo se l’ardore –
E mentre si spalancano le dita
sono resa folle di passione
ed è resa folle ogni cosa
io possa giungere e toccare.
(Capri)

 

Ma perché il pensiero – pensa
ed aggiunge idea ad altra idea
e domanda si arrovella
chiede indaga
– dove salirà mai
il cubo dell’arcobaleno?
Riusciremo in linea verticale
a discendere liberi giù dal cielo
bacio contro bacio
labbro contro labbro
senza deviare, in perpendicolare
uno disteso contro l’altro
in piedi, nell’aria.
(Capri)

 

Neve e biancosi confondono insieme
nella notte
un ciliegio è in fiore
e risplende nel buio.
Il cielo cupo
che incombe la primavera
rende alpino lo sguardo
i fiori bianchi sui rami
come fioccasse l’inverno.
(Roma)

 

È sempre l’ultima goccia
il profumo che indosso
-sospiro che potrebbe impazzire
sete di notte fonda.
E se fuori piove, è ticchettio
il suono che ad uno ad uno
formula campanelli
quando trema l’argento alla goccia
– il pioniere trasparente
che scende dal cielo piccolissima
per applicare il dettaglio
alle nostre maree.                                                                                                    (Capri)

 

Testi tratti da “Se il silenzio se io ascolto, se i tamburi”, puntoacapo, 2019.

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25 aprile Celebration

25 domenica Apr 2021

Posted by Loredana Semantica in La società, Pensiero, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su 25 aprile Celebration

Il 25 aprile 1945 il CLNAI ordina l’insurrezione generale, durante la quale i partigiani affluiscono nelle città , si uniscono ai combattenti locali e liberano il Nord Italia (tratto da qui)

Il manifesto dell’ANPI per il 25 aprile 2021, realizzato da Lucamaleonte

Qui la storia della Resistenza italiana.

“25 aprile” una poesia di Alfonso Gatto

La chiusa angoscia delle notti, il pianto
delle mamme annerite sulla neve
accanto ai figli uccisi, l’ululato
nel vento, nelle tenebre, dei lupi
assediati con la propria strage,
la speranza che dentro ci svegliava
oltre l’orrore le parole udite
dalla bocca fermissima dei morti
“liberate l’Italia, Curiel vuole
essere avvolto nella sua bandiera”:
tutto quel giorno ruppe nella vita
con la piena del sangue, nell’azzurro
il rosso palpitò come una gola.
E fummo vivi, insorti con il taglio
ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore
d’improvviso ci apparve in mezzo al petto.

https://www.ilsole24ore.com/art/25-aprile-1945-liberazione-e-tutti-AEy3WPC

https://www.ansa.it/sito/videogallery/italia/2021/04/17/25-aprile-il-video-memoriale-della-resistenza_ecce828b-d4fd-4d6d-b708-76672f65ffd3.html?fbclid=IwAR3Lj8q9guToVB5FBpKmKH9VMR13RKQ85fnMpPuX06OlVqVAIjAjgRjmm8o

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Prisma lirico 35: Giorgio Caproni – Raynard Dixon – Edward Hopper

06 sabato Feb 2021

Posted by Loredana Semantica in Prisma lirico

≈ Commenti disabilitati su Prisma lirico 35: Giorgio Caproni – Raynard Dixon – Edward Hopper

Tag

Edward Hopper, Giorgio Caproni, Raynard Dixon

Giorgio Caproni nel Prisma lirico di oggi, con Raynard Dixon ed Edward Hopper

1

Sassate di Giorgio Caproni

Ho provato a parlare.
Forse, ignoro la lingua.
Tutte frasi sbagliate.
Le risposte: sassate

2

Poesia: “Sassate”, Giorgio Caproni da Il «Terzo libro» e altre cose, 1968

 

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