
Ottobre
Assisto all’appassire
ma è l’altro autunno:
ciò che ero
cade a foglie.
Notturna
Il cielo, forse
è il ricordo più amato
dai morti
e -forse- ci vorrebbe la stessa vocazione
dei martiri
per vedere il resto della Luce
ma sono qui, umano tra gli umani
a scrivere
con troppa miseria da smaltire.
La voce calata dall’Alto (?)
Dio che in principio fu Verbo (?)
Ed io credo.
Io credo.
E allora dicci,
se è vero che non ci hai
abbandonati,
se ci sentiamo soli,
quando ci sentiamo soli
dov’è che ci siamo fermati?
Dov’è che ti abbiamo lasciato,
Cristo?
Quartiere
Sulla strada dove sono nato
case con dentro quadri
che non hanno mai cambiato
le parole.
Sui marciapiedi
ragazzi ri-chiamati dalle madri,
altri dalla morte.
Ed altri ancora
ho visto correre
con dentro anime
mai partite.
La poesia degli affamati
Ho sentito la poesia negli affamati,
ti fissano gli occhi
con quelle anime che pregano in silenzio
rivolte non so dove.
Con quelle illusioni e con quei sogni
che non nascono in letti caldi
ma dove la pioggia sceglie di cadere.
Nel giorno
Nel giorno che dà senso
agli altri giorni
dicesti: vado.
Bisogna.
Ed io restai da solo
distante dall’oblio degli alberi
e delle loro voci.
Una folla di occhi commossi
poi più nessuno parlò
perché la morte,
padre,
ora lo so,
mette a tacere
soprattutto noi,
i vivi.
Salvatore Annunziata, “Altro tempo e qualche poesia intorno alla luce”, Italic Pequod, 2024.