E poi
a chi darla
la vita
se il tempo langue,
se il giorno piange
lacrime di noia!
A chi dedicare la gioia
se il corpo e lo spirito
sanguinano di continuo
tutte le ferite del mondo.
Non voglio più sostare
nelle stazioni inconcludenti
del ricordo.
Non voglio più bere
nettare divino
dai tuoi seni
se il sogno
ha le ali spezzate
come le elitre
d’un insetto immondo.
La vita,
lo sai,
è lampo
foglia caduca caduta
infinitesimo istante.
Va traversata
con lo sguardo desto aguzzo,
la vita.
Va amata
irreversibilmente
vivendo.
*
Vorrei guardare
nel rosso
del primo papavero di maggio
per scoprire
un’anima di furore.
Furtivo il mio amore
per te
che sai far fiorire di colpo
tutti i giardini di paese.
D’impeto
t’accolgo fra le mani
per bere fresca
la tua acqua di fonte.
Clandestino il tempo
che solo tu sai consolare,
le ferite
piano piano sai ricucire.
Ti vorrei vedere
nell’esitante albore di gennaio,
che gialleggi il sole.
Il rosa del tuo viso
è il più vivace colore
che misura le ore.
E accende
questa perenne insaziata sete
di te.
*
M’incanti
come canto,
m’incateni
come un’idea,
mi danzi addosso
come odalisca d’amore.
Voli e voli
nel tuo cielo,
corri e corri
su una terra
di sanguigne visioni.
Il tuo pensiero
è una morbida coperta
di piume.
E la malia
sei tu.
Sei sorgente
d’acqua chiara.
Sei quel che resta
e non passa.
Sei la vita
che mi basta.
Sei il risveglio
del giorno.
*
Come lampo
ritorna il nuovo giorno,
riapre la ferita
l’ancestrale dolore
che ci appartiene.
Come sogno,
ritorni tu.
Le tue carezzevoli parole
sono una mantiglia
di rosso
di rosso vivo
che m’avvolge.
Di là del frastorno,
di là del rumore
e dell’ineludibile fragore
di questo triste tempo,
mi giunge
l’eco della tua voce,
che è canto,
attesa elegia,
madrigale d’amore.
Arrivi tu
e sconvolgi
le ore,
fai del momento
uno sciabordio di onde,
uno scompiglio di passione.
*
Vorrei vederti,
rosa arresa
nei tuoi rosai.
Vorrei vederti
nel tuo verziere
che cogli il fiore
più agognato del mondo.
C’è un dolore antico
che batte e ribatte
e non passa,
c’è un fiato spento
che non aleggia più,
mi percuote e mi squassa.
Ecco perché
vorrei vedere solo te
e i tuoi occhi
che scrutano
gli orizzonti lontani.
Vorrei vederti
tinteggiata di sole
che infiammi le aurore.
Tu,
paradiso e fervore
d’un nuovo
inaspettato autunno.
Marcello Buttazzo
Marcello Buttazzo è nato a Lecce nel 1965 e vive a Lequile, nel cuore della Valle Della Cupa salentina. Ha studiato Biologia con indirizzo popolazionistico all’Università “La Sapienza” di Roma. Ha pubblicato numerose opere, la maggior parte di poesia. Scrive periodicamente in prosa su Spagine (del Fondo Verri), nella rubrica Contemporanea, occupandosi di attualità. Collabora con il blog letterario Zona di disagio diretto da Nicola Vacca. Tra le pubblicazioni in versi ricordiamo: “E l’alba?” (Manni Editori), “Origami di parole” (Pensa Editore), “Verranno rondini fanciulle”(I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno). La sua ultima raccolta di versi “Ti seguii per le rotte” è stata pubblicata nel 2024, per I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno.