
Da molto tempo è nota la vocazione poetica di Emilio Paolo Taormina, apprezzatissimo poeta e scrittore siciliano dei nostri anni. L’ultima sua raccolta, “Il tempo lungo” è stata edita a ottobre 2024 da Ladolfi Editore ed è permeata da due sentimenti prevalenti: l’amore che domina i rapporti interpersonali e con la natura che circonda il poeta e il sentimento del tempo che passa. La raccolta è costituita da un nutrito numero di componimenti e frammenti che per la loro organicità, compattezza, omogeneità di toni e temi, si presentano come un unitario poema d’amore. Poesia crepuscolare, ricca di metafore e personificazioni, poesia della memoria, dove si alternano dialoghi immaginari con l’amata, monologhi interiori, flussi di coscienza. La lezione è quella dei poeti decadenti, di Machado, Salinas e altri grandi del Novecento. Come scriveva Machado “L’amata non viene all’incontro; è l’assenza. Non fa compagnia; è quello che non si ha e si aspetta invano”. E nel caso di Taormina, si ricorda; la mancanza dell’amore diviene presenza tangibile e costante. Le pause di silenzio tra un componimento e un altro rivestono la loro importanza dal momento che i testi appaiono indipendenti tuttavia concatenati. Accanto a mutamenti di stagioni, scorci del paesaggio siciliano con limoni, zagare, ulivi, arance, mandorle, gelsomini, gerani, melagrane, menta, oleandri, ginestre, si delinea il segno di un intimismo lirico, frutto di un sentimento di nostalgia che riconduce ai ricordi dell’infanzia e della giovinezza. La città con i suoi vicoli, le sue strade, le statue, le fontane, le piazze diventano oggetti familiari, liberati dalla loro staticità per diventare simboli e allegorie della “solitudine” interiore del poeta: gli scenari esterni, infatti, alimentano il dialogo di Taormina con la realtà e gli consentono di approfondire la conoscenza di sé. La tendenza alla riflessione e la semplicità lessicale permettono un graduale processo di interiorizzazione operando allo stesso tempo una fusione del sentimento del tempo con il paesaggio. L’amore sfugge e ritorna, come la natura, come le onde del mare. Il poeta, segnato nel fisico dal tempo che passa, resta giovane nei ricordi, è un bambino che gioca ancora col mondo, infila ancora il filo “nella cruna del verso”.
Deborah Mega
sono un bambino
affacciato agli occhi
di un vecchio
per giocare col mondo
a gennaio
basta un giorno di sole
e il limone fiorisce
era quel raro profumo di zagare
che volevo regalarti in un verso
talvolta nella solitudine
davanti a me
viene a sedere
una donna di sabbia
che le onde del tempo
non hanno sgretolato
la pioggia è una bambina
che corre a piedi nudi
cigola la porta del vento
la stanza ha pareti di nuvole
le lancette del pendolo
mi cuciono con ago e cotone
tutto è fermo
una sabbia impalpabile
come il tempo copre ogni cosa
ci conoscemmo di sfuggita
nel cortile del ginnasio
t’incontrai che gettonavi
“only you”
mi fermai con te
con “passion flowers”
e “diana”
eri abbronzata
passeggiammo per
corso vittorio con un cono
di cioccolata e nocciola
il frastuono del traffico
aveva un ritmo di cha cha cha
le colombe nel tramonto
erano d’oro
per molti giorni
come un malato
di notte alla finestra
cercai i tuoi occhi
in un cielo blu reale
non t’incontrai
né al jukebox né sulla spiaggia
a luglio la luna
è una lampada immensa
le falene e gli amori
girandovi intorno
si bruciano le ali
sei la parola che non riesco
a scrivere
il seme portato dal vento
germogliato dentro di me
le tue radici
prendono linfa nelle mie vene
ti porto con me
andrò a samarcanda
a comprare
un tappeto volante
voglio tornare bambino
sdraiato sotto l’azzurro
sentire sulla mia pelle
l’erba crescere come piume
volare sui tetti
ritrovarmi nella sala
di un cinema
accanto alla nonna
guardare sullo schermo
come dentro uno specchio
il ladro di bagdad
ci sei
sento la tua musica
i tuoi occhi verdi
mi scrutano dalla superficie
del torrente
basta solo un raggio di sole
e tu mi appari
in forma di verso
tutta la notte il ragno
dell’insonnia
a tessere la tela
della tua assenza
sei passata
come un giorno di festa
al crepuscolo
è rimasta la tristezza
di un treno che parte
non sei vecchio
se riesci ad infilare
il filo
nella cruna del verso
Emilio Paolo Taormina, “Il tempo lungo”, Ladolfi Editore, 2024.
NOTA BIOBIBLIOGRAFICA
Emilio Paolo Taormina è nato a Palermo nel 1938. Sue opere sono state tradotte in albanese, armeno, croato, francese, inglese, portoghese, russo, greco, tedesco, spagnolo, ebraico, polacco. Ha pubblicato molti libri di poesia e sei romanzi, tra cui Archipiélago, ed. Plaza & Janés, con testo a fronte spagnolo di Carlos Vitale. Barcellona 2002, La stanza sul canale, Palermo 2005, Lo sposalizio del tempo, edizioni del foglio clandestino, Sesto San Giovanni, 2011, Le regole della rosa, edizioni del foglio clandestino, Sesto San Giovanni, 2014, La cengia del corvo, edizioni del foglio clandestino, 2016 e con testo a fronte spagnolo di Carlos Vitale, ed. peccata minuta, Barcellona 2016 e con testo a fronte in armeno di Hiacob Symonian, Erevan, 2016, Cronache da una stanza, ed. l’arciere del dissenso, 2017, Palermo, Gelsi neri, ed. la linea dell’equatore, 2018, Parnassius apollo, ed. l’arciere del dissenso, 2018, Il giardino dell’elleboro, ed. la linea dell’equatore di Fabrizio Orlandi, 2019, nel 2020 Il sorriso del tulipano, nel 2021 Ore piccole e nel 2023 Poesie scritte all’aria aperta (tutte e tre con Giuliano Ladolfi). Dopo Il fonografo a colori del 1970 ed. Siculiana, Palermo, ha pubblicato molti quaderni e libri con il logo l’arciere del dissenso e la Forum quinta generazione di Giampaolo Piccari. Da cinquanta anni non partecipa a premi letterari. In prosa ha pubblicato: Elvira des Palmes, Palermo 1991 (ristampa Giuliano Ladolfi, 2022), La pioggia di agosto, Marina di Patti, 1993, Il giusto peso dell’anima, Palermo, 1999, Inchiostro, Sesto San Giovanni. 2011, Passeggiata notturna, ed. l’arciere del dissenso.
emiliopaolo@taormina-bendrien.it