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“Nastassia” è un racconto di Stefano Benni, tratto da Il bar sotto il mare del 1987. L’opera comprende 24 storie; 23 di loro sono raccontate dai clienti, l’ultima dall’Ospite. All’inizio del libro c’è un disegno che rappresenta le sagome di tutti i personaggi indicati con i numeri, legenda che ci aiuta a orientarci meglio nella storia, segue una fotografia dei personaggi. Ogni racconto presenta la stessa struttura: prima Benni menziona il nome del narratore, seguito dal titolo della storia e poi da una citazione letteraria che riassume la morale contenuta nelle storie che seguono. Nel bar sottomarino Benni descrive ventitrè personaggi che si incontrano e raccontano storie di diverso genere: storie felici e tristi, gialli, horror, parodie di opere celebri. L’ospite è invitato a rimanere per ascoltare i narratori, in caso contrario non potrà mai uscire dal bar e tornare a casa. I narratori non hanno un nome, Benni gli dà un nome tratto dalle loro caratteristiche tipiche: il primo uomo col cappello, la bionda, il venditore di tappeti, il marinaio, il ragazzo col ciuffo, la sirena, ecc. La storia di Nastassia è raccontata dall’uomo invisibile. Si tratta di un racconto breve ma intenso e struggente. Gregorij Alexeij Alexandrevič è innamorato di Nastassia Nicolaevna e sta aspettando la risposta della ragazza alla sua dichiarazione d’amore. Per seguirlo a Pietroburgo lei dovrà lasciare la sua casa e la sua famiglia. Mentre lui si dirige verso il capanno del giardiniere, immerso nei suoi sentimenti di beatitudine e allo stesso tempo di angoscia, sono evocate le immagini delle tortore che tubano e di un fringuello che prende il volo. L’atmosfera è romantica e nostalgica, i due si incontrano, la ragazza accetta la proposta di Gregorij. Sembra che per una volta l’amore stia trionfando ma il colpo di scena finale ribalta completamente le aspettative e invita a riflettere sull’imprevedibilità della vita.
IL RACCONTO DELL’UOMO INVISIBILE
NASTASSIA
«L’unica passione della mia vita è stata la paura.»
(Thomas Hobbes)
Gregorij Alexeij Alexandrevič percorreva col cuore in tumulto il viale di betulle che portava al capanno del giardiniere. Su tutto aleggiava una luce dorata, intensa e gradevole che penetrava persino nell’ombra. Le tortore tubavano senza sosta, un fringuello spiccó il volo da un ramo di lillà verso una nuvola rosa, opalescente come la lampada che Gregorij aveva visto la sera prima sul tavolo di Nastassia Nicolaevna. Nastassia! Al solo rievocarne il nome il cuore appassionato di Gregorij precipitava in un abisso ove beatitudine e angoscia erano avvinte, senza che una potesse lasciare l’altra, nella fatale estasi della caduta. Nastassia! Gli sembrava di udire quel nome nello sciabordio del fiume, nel respiro di ventaglio delle chiome dei tigli, nel canto appassionato del cuculo. Nastassia, egli ripeté a bassa voce, trattenendo sulle labbra ogni sillaba di quel nome, degustandola come l’elisir che avrebbe potuto dare la vita, o toglierla. Nastassia! Cuore mio, non fuggirmi dal petto! Il capanno del giardiniere era coperto da un manto di edera rossa che riluceva nel tramonto con sfumature di fiamma e rubino. Mojka, la cavallina di Nastassia brucava pigramente, ancora sudata per la corsa. Lei dunque c’era! Era venuta! Cuore, un attimo ancora, intimò Gregorij Alexandrevič, avvicinandosi al capanno. La mano del giovane aprì lentamente la porta, che cigolò con discrezione, quasi a dimostrare che anch’essa conosceva la segretezza di quell’incontro. Nastassia Nicolaevna sedeva su un ceppo di ciliegio. La veste bianca brillava nella semioscurità come un esotico fiore misterioso, e i piedini ondeggiavano come due uccellini nervosi. Nastassia sorrise al giovane e con un gesto irresistibile, scostò dalla bianchissima fronte una ciocca dei capelli ricci. Gli occhi celesti brillarono di una luce seducente. Dio, com’era bella! Pensò Gregorij Alexandrevič, avvicinandosi, e ammirandone, come se fosse la prima volta, il delicato ovale. il disegno sensuale della bocca, la quieta pienezza delle spalle candide. E quei piedini inquieti, quelle caviglie da angioletto d’alabastro! O cuore mio!
– Volete dunque la mia risposta? – disse Nastassia abbassando gli occhi.
Cuore, resisti, pensò Gregorij Alexandrevič, nell’udire quella voce, quella voce che sapeva leggere i più delicati versi di Puškin come domare gli scarti dei cavalli e le bizze della servitù.
– Ebbene la mia risposta… – disse Nastassia. E tacque a lungo.
Cuore, resisti! Quanta grazia e pudore, pensò Gregorij, in questa donna che non vuole forse ferirmi con un rifiuto, o forse ha un ultimo momento di naturale timidezza nel pronunciare le parole che la porteranno lontano dal luogo ove è nata, dal luogo che ha illuminato con la sua incomparabile bellezza.
– La mia risposta è sì – disse Nastassia tutto d’un fiato -Gregorij Alexandrevič, verrò con voi a Pietroburgo e sarò vostra moglie.
– Nastassia! Nastassia! – sospirò Gregorij Alexandrević e non aggiunse altro. Stramazzò tra l’edera crepitante e il soffice muschio, fece appena in tempo a vedere i piedini di Nastassia che si avvicinavano allarmati, poi più nulla. Il cuore appassionato di Gregorij Alexandrevič non aveva resistito.
Stefano BENNI, «Nastassia», in Il bar sotto il mare, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2016, pp. 75-77.



