Proseguiamo con le interviste di autori e personaggi potenzialmente noti, modestamente noti, mediamente noti, molto noti che sono pubblicate il lunedì. Il titolo di questa intervista è Sette domande sulla poesia, perché sottoponiamo all’autore sette domande su importanti temi della poesia e della narrativa. A differenza dell’intervista “Il cerchio e la botte” qui la risposta è di lunghezza libera. Anche questa, come “Il cerchio e la botte”, è un’intervista tipo che sarà sottoposta ad altri autori oltre a quello intervistato oggi che è FABRIZIO CENTOFANTI.

1. Al celebre verso refrain della poesia “La verità, vi prego, sull’amore” di Wystan Hugh Auden l’amata poetessa statunitense Emily Dickinson risponde “l’amore è tutto: è tutto ciò che sappiamo dell’amore”, citazioni in forma di dialogo per dire che raramente un poeta o uno scrittore ha trascurato di interpretare questo sentimento nelle sue composizioni. Nei tuoi testi l’amore è presente? E se dovessi dire che peso esso ha avuto nella tua scrittura? E nella tua vita?
Credo che l’amore sia presente in ogni cosa che facciamo, perché siamo fatti, sempre, d’amore. Il rischio è quello di lasciarne fuori qualcosa. A volte lo facciamo con Dio, quando lo imprigioniamo in un concetto, in un’idea. Dio è comprensibile solo come agàpe, come amore che ci viene incontro. Non a caso Tommaso d’Aquino, sul finire della vita, avrebbe voluto bruciare la sua Somma teologica. Anche la poesia parla d’amore, è fatta d’amore. L’amore declinato nelle infinite sfumature presenti nel cosmo e nella storia.
2. Tra le poesie di Emily Dickinson è famosa quella del dialogo tra due morti, l’uno per la bellezza, l’altro per la verità. Anche verità e bellezza sono temi importanti della poesia. Pensi che siano irrinunciabili? Che ancora oggi bellezza e verità siano temi presenti al poeta? E in che misura?
Proprio Tommaso d’Aquino ha sistematizzato gli attributi dell’Essere: il buono, il bello e il vero. La bellezza è imprescindibile perché apre il cuore, come aveva intuito Dostoevskij. Il sottotitolo del blog collettivo che gestisco è la sua frase sulla bellezza che può salvare il mondo. Mentre il bello e il buono sono elementi soggettivi che definiscono la nostra configurazione personale – i gusti, le predisposizioni, le prospettive che orientano l’azione-, la verità è oggettiva: siamo quello che siamo, e spesso ci scopriamo ignoti a noi stessi. Le teorie sull’inconscio hanno portato all’emersione di qualcosa avvertito da sempre: solo davanti a un altro sguardo la nostra storia si chiarisce. La scienza fa riferimento allo sguardo dello psicanalista; il credente a quello di Dio, l’unico a poterci dire chi siamo veramente. La poesia è la realtà che ci trascende, che dice qualcosa di nuovo e autentico sul mondo e sulla storia.
3. L’attività della scrittura si lega all’esperienza e alla memoria. Si potrebbe scrivere poesia o narrativa senza memoria? In quale misura attingi ai ricordi nella tua scrittura?
La memoria umana è ferita. Chi di noi può dire di non essere segnato da traumi, eventi che hanno presto incrinato la fiducia, drammi che hanno opacizzato l’ottimismo innocente dell’infanzia? Scavare nella nostra memoria significa elencare le molteplici forme in cui i sogni cessano di esistere. Questo hanno scritto i più grandi poeti di ogni tempo: lo scacco dell’uomo nella sua sfida col senso ultimo del tempo e dello spazio. La fede cristiana fa appello a qualcosa che trascende la semplice memoria: è il memoriale, il rendere presente l’azione del Cristo che guarisce la memoria, scendendo come un balsamo sulle sue ferite. La poesia può esprimere il passaggio pasquale dalla memoria al memoriale, dal dolore immedicabile alla terapia misteriosa dell’agàpe.
4. Alcuni dicono che il silenzio, necessario momento di riflessione e di ispirazione, sia indispensabile perché nasca una poesia. Ma il silenzio è anche la poesia, ciò che si è taciuto, che s’interpone tra una parola e l’altra, tra un verso e l’altro. Condividi quest’ importanza attribuita al silenzio in relazione alla poesia? Le tue poesie nascono nel e dal silenzio oppure no?
Nella Bibbia c’è un incontro tra Dio e il profeta Elia che dà una risposta suggestiva sul tema a cui si accenna. Davanti alla caverna, luogo dell’appuntamento, si succedono un vento fortissimo, un terremoto, un fuoco: ma Dio non è in nessuna di queste potenti epifanie della natura. Dopo di ciò, Elia percepisce quella che nell’originale è definita una “qol demama daqqa”, e che nella traduzione è resa, in genere, come il “mormorio di una brezza leggera”. In realtà, la traduzione più fedele è “voce di silenzio sottile”. Dio si incontra nel silenzio, e così la bellezza emergente che la poesia s’impegna a catturare. Un mondo rumoroso, rissoso, si priva non solo di Dio, ma anche della poesia come visione liberante di bellezza.
5. Tra i requisiti necessari della poesia c’è il mistero. Un alone che la circonda, un fascino speciale creato con le parole, che il lettore percepisce come una sorta di sfida al suo intelletto, comunicazione di un segreto, di un interrogativo vitale. Condividi questa idea o pensi che non vi sia relazione tra mistero e poesia?
Quanto detto finora, immette la poesia in un contesto di mistero. Il poeta attinge alle stesse fonti del profeta. Non a caso la Bibbia usa lo stesso verbo – ispirare – per le due attività. Poeti e profeti sono i demiurghi che mettono in contatto col mistero profondo della vita.
6. Sono famosi i versi di Pessoa “Il poeta è un fingitore. /Finge così completamente /che arriva a fingere sia dolore/ il dolore che davvero sente.” Con questi versi si intercettano il tema del dolore in poesia e l’ambiguità. Sono elementi presenti nella tua scrittura? E in che misura?
Più che ambiguità, la poesia è enigma. Prendiamo i versi di Lorca: “Senza vento, credimi, gira cuore, gira cuore”. Chi può indicarne, una volta per tutte, il senso più appropriato? Qui sta anche il fascino inesauribile dei versi. E qui sta anche il dolore che essi incarnano, la sofferenza per ciò che manca al disvelamento ultimo della verità.
7. Sempre Pessoa dice “La morte è la curva della strada,/morire è solo non essere visto.” C’è chi pensa che in poesia non si debba parlare di morte e chi invece si confronta con essa. Parli mai di morte nelle tue poesie o nei tuoi romanzi? Scrivi per sopravvivere alla morte o per esorcizzarla?
La poesia ha un’identità pasquale, come tutto l’universo. Ogni cosa nasce, muore e risorge: pensiamo alle stagioni, al succedersi del giorno e della notte, al ciclo della semina e della mietitura. Se non si accetta di morire, non si ha accesso all’alba della domenica di Pasqua, dove tutto ciò che appartiene all’amore è destinato a vivere in eterno.
NOTA BIOGRAFICA
E’ laureato in Lettere moderne con una tesi su Italo Calvino.
Prima della vocazione sacerdotale è stato collaboratore di Mario Petrucciani nella cattedra di Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università La Sapienza di Roma. Numerosi suoi saggi e recensioni sono stati pubblicati in quegli anni su “Letteratura italiana contemporanea”, Rivista quadrimestrale di studi sul Novecento, diretta da Giorgio Petrocchi e Mario Petrucciani e “La Discussione”. Suo un saggio su Leopardi e Rebora inserito nella raccolta di Atti del convegno di Ancona sull’autore di Recanati, dal titolo Leopardi e noi. La vertigine cosmica. Edizioni Studium, a cura di A. Frattini, G. Galeazzi e S. Sconocchia.
Ha partecipato a diversi convegni letterari fino al giorno in cui è entrato in seminario.
E’ sacerdote diocesano a Roma dal 1996, parroco dal 2005. Dal 2014 opera al Santuario della Madonna del Divino Amore, nel campo della spiritualità e dell’approfondimento della sacra scrittura. Studioso dei vangeli, tiene da molti anni una lectio divina settimanale.
Ha pubblicato:
– un volume su Calvino (Italo Calvino. Una trascendenza mancata, Istituto Propaganda Libraria, 1993. (Nel 25° anniversario della morte è uscito per i tipi della Clinamen.)
– uno su Rebora (Il segreto del poeta. Clemente Rebora: la santità che compie il canto. L’immagine interiore dagli appunti sul messale, Milano, Istituto Propaganda Libraria, 1987)
– numerosi saggi e articoli di natura letteraria.
– Le parole della felicità, edito dalla Laurus Robuffo, 2005.
– il libro di racconti Guida pratica all’eternità, Effatà editrice, Torino, 2008.
– Pret(re) à portér, Effatà, 2010.
– Non superare le dosi consigliate, Effatà, 2011.
Nel 2011, la casa editrice Effatà ha pubblicato il primo romanzo, Ecco l’uomo.
Il secondo, del 2012, Nessuno è più importante di te, è uscito con Amazon.
Un saggio su Clemente Rebora si trova in Marino Magliani, Il magazzino delle alghe, Eumeswil 2010.
Ha pubblicato, nel 2012, il volume di poesie Nomen omen.
Con Clinamen ha pubblicato, nel 2012, il romanzo E’ la scrittura, bellezza!
Per Effatà, nel 2012, il romanzo Stelle.
Per Clinamen, nel 2013, il romanzo Yehoshua.
Per Effatà pubblica ancora, nel 2013, Salva L’anima e Il Vangelo come non l’avete mai letto.
E’ tra i fondatori della rivista “L’Attenzione”.
E’ fondatore, insieme con Franz Krauspenhaar, del blog collettivo La poesia e lo spirito (https://lapoesiaelospirito.wordpress.com), dove attualmente scrive.
Le omelie sono raccolte nel blog Gesù per atei.
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Vi ringrazio per questo articolo che mi sono permessa di condividere sul mio profilo di fb, credo che ci sia bisogno di riscoprire il bello, il vero, il buono per vivere una vita di senso, abbiamo bisogno di poesia e di amore per arrivare a dire che si la morte e’ solo una curva della strada.
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sempre più mi accorgo che ogni parola è un vano, in cui ci si mette di tutto, da sempre, per illuderci e in qualche modo salvarci dal nulla che siamo consapevoli di conoscere. Non lo dico per Centofanti ma per noi, tutti noi, che le parole le usiamo e ne rimaniamo contati e minati, quasi sempre dolo-rosa-mente svuotati. ma il poeta è un fingitore e…Grazie
fernanda f.
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Grazie a Deborah, per le belle domande, e grazie a Rossella, a Fernanda e a tutti coloro che hanno letto.
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Grazie a te, Fabrizio, per l’amore e la verità che sempre traspaiono dalle tue parole. Un caro saluto e un ringraziamento sentito vanno anche a coloro che, oltre a leggere ed apprezzare, si sono soffermate a lasciare un segno del loro passaggio.
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vorrei lasciare un commento che coglie le tante correlazioni tra la poesia ,la preghiera, il silenzio , l’amore come le tante facce di un diadema, di una bellezza che emerge in questo incontro e si finalizza in salvezza, semplicemente, chiaramente non si può definire diversamente,bisogna solo saperla cogliere e farne un vissuto come Don Fabrizio incarna. Mi aiuta in questo alcuni versi di una poesia di Padre Davide Maria Turoldo in cui la poesia diventa preghiera che colma la distanza con Dio e recita cosi:
“Tu
infinito
che mi avvolgi
ed io sempre
ad una infinita distanza
Tu che incombi
fino a schiacciarmi
ed io che non posso
raggiungerTi
mai ”
In questa trama c’è la distanza incolmabile e la confidenza., la prossimità che tutti aneliamo a quel Dio “vicino assente lontano” “mia pace e mia terribile notte”
Ed ancora un commento circa un aspetto della poesia a me caro e che ritrovo nell’inciso del sommo poeta che recita : ” Guido io vorrei che tu e Lapo ed io fossimo presi per incantamento… cioè una dimensione della bellezza maiuscola, sublime ,fuori da ogni disordine dove si compie la “detronizzazione dell’io” , una mistica dell’animo capace di “annullare sè stesso per far posto all’altro come nella preghiera per eccellenza quando si domanda “sia fatta la tua volonta”. Ed infine ,la poesia come rimedio della “paura” cosi’ presente :
“Cos’è la poesia, cosa salva?
solo nomi,ombre
di persone e di cose ?
Può essere qualcosa di più,più di
una voce impaurita
come il battito di un cuore mortale,
più forte della paura di morte e
miseria, una voce
della coscienza ? che popoli e
uomini, che disumane guerre
e pogrom non riescono a
uccidere nè annientare ? ( RK)
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Grazie di cuore Dante, anche per i riferimenti a poeti che amo.
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“lo scantinato e il muro l’esistenza
d’un’altra sede
un seggio d’oca piuma di poeta
l’indice fisso contro l’alfabeto
in cerca d’ogni lettera
che pronunciasse morte o resistenza
rifiuto d’ombra misera coscienza
di volere o d’agire
un dio dei fiori sorto a primavera
dal nulla sillabò vocali in corso
ancora intonse curve sulla carta
di fiamma breve forse:
perché nel freddo infranse
il vizio antico il cuore di violenza
d’empia sorella morte
la sua giornata piena d’ogni senza
nome per nome vittime del tempo
i fiori finti stendono colori
su cimiteri d’acqua
il resto è fuori
ma è l’umor nero l’orlo che si sfibra
l’urlo del vero che riemerge a stento”
(Fabrizio Centofanti, Arte poetica, “Nomen Omen”)
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” Anche la poesia parla d’amore, è fatta d’amore. L’amore declinato nelle infinite sfumature presenti nel cosmo e nella storia”.Condivido e sono grata a Fabrizio Centofanti di avermi comunicato tanta speranza . Grazie per la condivisione .
Vorrei solo mani affilate d’amore
entro il confine offeso di ogni orizzonte
e non stancarmi mai d’amare.
Maria
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Grazie!
Ernestina.
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Grazie, Maria, lasciamo che la bellezza dell’amore salvi il mondo.
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Grazie Pam!
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A te, Ernestina!
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Sono d’accordo che la poesia sia anche profezia, comunque è dono d’amore, dono dello Spirito: la creatività è libertà e incontro col Nuovo, con il Possibile che si fa realtà!
Grazie Fabrizio!
Un saluto,
Rosaria
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