Tag

,

Hermann_Hesse_1927_Photo_Gret_Widmann

immagine da wikipedia

Ancora ieri splendidi
oggi votati alla morte
cadono fiori su fiori
dall’albero della tristezza

Li vedo cadere e cadere
come neve sul mio cammino
svanita l’eco dei passi
si avvicina il lungo silenzio

Non ci sono più stelle nel cielo
né amore nel cuore
la distanza è muta e smorta
vecchio e vuoto il mondo

Chi può proteggere il cuore
in questo disperato momento?
Dall’albero della tristezza
cadono fiori su fiori

Hermann Hesse
(trad. Loredana Semantica)

Die mir noch gestern glühten
Sind heut dem Tod geweiht
Blüten fallen um Blüten
Vom Baum der Traurigkeit

Ich seh sie fallen, fallen
Wie Schnee auf meinen Pfad
Die Schritte nicht mehr hallen
Das lange Schweigen naht

Der Himmel hat nicht Sterne
Das Herz nicht Liebe mehr
Es schweigt die graue Ferne
Die Welt ward alt und leer

Wer kann sein Herz behüten
In dieser bösen Zeit?
Es fallen Blüten um Blüten
Vom Baum der Traurigkeit

La poesia che propongo in questa forma alchemica rappresenta una fedele descrizione dell’avvilimento spirituale dei depressi. Il progressivo spegnimento della luce, dei colori, dei suoni, il senso di oscuramento di ogni sentimento gioioso e un continuo cadere di “fiori su fiori” come fossero lacrime dal cuore. Cuore che tace morto all’amore, da non intendersi come pulsione sentimentale verso l’altro in quanto essere umano, quanto altro, come ciò che è fuori da sé, cosa o persona che sia, verso cui si è incapaci di tendere, di andare incontro, perché svanisce, soffocato dalla percezione di un’insormontabile distanza che s’interpone, come avviene metaforicamente col suono dei passi che si spengono ovattati dalla neve.
Non c’è nulla che possa salvare in questi momenti disperati, la tristezza pervade tutto. Tutto cade verso il suolo nella demoralizzazione invincibile rappresentata dai fiori, sinonimo di colore e bellezza, che cadono senza speranza. E’ un dolore morale senza rimedio che pervade lo spirito e lo prostra.
Hermann Hesse è l’autore di questo testo. La perfetta rappresentazione del climax psichico modellato con le parole della poesia introduce alla principale nota caratteristica della poetica di Hesse. L’approfondimento psicologico che egli svolse per tutta la vita con la sua scrittura, accreditandosi come scrittore della crisi e della ricerca. Il filo conduttore della poesia e degli stessi romanzi di Hesse è una costante e pervasiva autoanalisi influenzata da principi mutuati dalle dottrine orientali, indù e buddista principalmente, unitamente a uno spirito profondamente pacifista che lo portò ad assumere posizioni non in linea con il movimento nazionalista. Queste posizioni tuttavia non furono espresse dichiaratamente, ma scaturiscono come evidente conseguenza degli ideali contenuti nelle sue opere. Il pensiero di Hesse era sostanzialmente contrario a un impegno dell’artista in ambiti politici e sociali, dovendo egli piuttosto dedicarsi al compimento della propria “formazione” umana attraverso l’esplicitazione della propria arte. La sua contrarietà al nazionalismo si desume anche dall’affermazione che egli, favorevole a un’unione europea a tutela degli ideali umanistici , espresse in età avanzata, “Sto scoprendo per la prima volta dopo decenni dei sentimenti di nazionalismo nel mio petto, naturalmente non tedesco, ma europeo”.
L’introspezione, il pacifismo, lo spiritualismo e il misticismo sono le ragioni che spiegano il fascino esercitato dagli scritti di Hesse nel 1964 sui giovani americani aggregati in movimento pacifista contro la guerra in Vietnam. Il loro apprezzamento postumo, di appena due anni dopo la morte dell’autore, sono alla base della grande diffusione internazionale delle opere di Hesse, autore di lingua tedesca tra i più letti al mondo.

Una figura eclettica Hermann Hesse, poeta, scrittore, filosofo, pittore, tedesco, naturalizzato svizzero, nacque nel 1877 a Calw da famiglia protestante, il padre e il nonno erano stati missionari in India. Visse l’infanzia con la famiglia a Basilea, insofferente alla rigida e oppressiva educazione pietista impartitagli. Egli inizialmente fu avviato agli studi teologici nel seminario protestante del monastero di Maulbronn. Hermann però, appena quindicenne, fuggi dal monastero, e attraversò una profonda crisi depressiva culminata in un tentativo di suicidio. I genitori allora lo fecero ricoverare a Stetten, dove rimase per quattro mesi in cura, poi lo iscrissero al liceo di Cannstatt, nel quale prese la licenza media.
Successivamente si recò a Tubinga dove diventò libraio e cominciò a pubblicare i suoi primi scritti. Fu un autore prolifico, ben 15 raccolte di poesia e trentadue romanzi, tra i quali i più famosi: Peter Camenzind (1904), Gertrud (1910), Demian (1919), Siddhartha (1922), Il lupo della steppa (1927), Narciso e Boccadoro (1930) e Il gioco delle perle di vetro (1943). Siddharta è stato ispirato dal suo viaggio in India, paese che esercitava su di lui grande attrattiva per il trascorso dei genitori. Il viaggio da lui stesso definito deludente, si traduce nell’opera in uno splendido risultato.
Si sposò tre volte. La prima moglie fu Maria Bernoulli, una fotografa professionista, che sposò nel 1904, e che gli dette 3 figli Bruno, Heiner e Martin. Nel 1919 si separò da Maria, dalla quale si era progressivamente allontanato per un forte esaurimento nervoso causato dalle esperienze connesse alla prima guerra mondiale e dai problemi psichici della moglie.
Si recò a Montagnola, nel Ticino, dove sembro riprendersi dalla malattia, ma, al termine della prima guerra mondiale, dovette ricorrere alle cure di Carl Gustav Jung e di un suo allievo per superare il suo malessere psichico.
In seconde nozze sposò la cantante Ruth Wenger, vissero poco insieme e le nozze ebbero breve durata, sufficiente tuttavia per precipitare nuovamente Hesse nella depressione e in pensieri oppressivi di morte, che egli cercò di contrastare frequentando i locali notturni di Berna e Zurigo. Frutto di questa esperienza fu il romanzo autobiografico “Il lupo della steppa”
La terza moglie di Hesse fu Ninon Dolbin Ausländer, storica d’arte, una personalità forte che lo influenzò molto, con la quale visse serenamente la propria vita e arte. Ninon gli stette vicino fino alla morte, avvenuta a Montagnola nel 1962.

Hesse nel 1946 è stato insignito del premio Nobel per il saggio pedagogico di “Il gioco delle perle di vetro”, la cui stesura lo impegnò per 10 anni, con la seguente motivazione “Per la sua scrittura ispirata che nel crescere in audacia e penetrazione esemplifica gli ideali umanitari classici, e per l’alta qualità dello stile” ma mi piace chiudere questa forma alchemica con una citazione tratta dal romanzo Demian sulle conversazioni con il dottor Jung (nel romanzo dr. Pistorius) perché più di altre centra il nucleo racchiuso nella scrittura di Hesse, il suo sforzo di ricerca e di individuazione dell’origine della sofferenza psichica dalla quale fu afflitto per tutta la vita, mai definitivamente sopita, fondamento e ragione della sua affascinante opera: “Ma tutte le conversazioni, anche le più umili, colpivano con leggero e costante martellio il medesimo punto dentro di me, tutte contribuivano a formarmi, a rompere gusci di uova da ognuno dei quali alzavo il capo un po’ più in alto, un po’ più libero, finché l’uccello giallo con la bella testa di rapace erompeva da frantumato guscio del mondo.” (trad. di Ervino Pocar)

Loredana Semantica