
(qualche anno fa una gazza ladruncola, vinta dal caldo, entrò in casa mia e fu accudita per qualche giorno).
Una gazza
I
È presto per dire
se la gazza che mi è entrata in casa
è venuta per rubare o per annunciarmi
qualcosa di inverosimile.
Per ora rispetto i suoi tempi
e le passo quel poco di cibo
che chiede strepitando.
Gli uccelli che cercano gli uomini
lo fanno per mancanza di vento
richiedono che la materia dell’agire
nelle ali che bruciano
sia nelle nostre braccia.
Ci credono capaci di muovere
idee di mondi, capovolgere cose
donare all’aria la possibilità di portarli lontano.
Avvertono che la delega
che li ha investiti come un turbine
(quella di superare la forza che ci inchioda
al nostro essere pesanti e miserabili)
li abbia trasformati in sogni
li abbia alleggeriti della realtà dura.
E se qualcuno ti arriva in casa
con l’ala spezzata, con la fame e la sete
pensi sia giunto un qualche momento solenne
segno che un cielo almeno, è caduto
e tu non sai proprio da quale parte.
Aspetti come aspettavano gli antichi abitanti
delle città assediate
pensando che i gesti del cielo
compongano poco alla volta un alfabeto
e quella lingua rubata
si ricostruisca sempre a fatica
per chi non ha il dono del volo.
II
(Notizie dalla gazza)
Deve essere innamorata
e ha bisogno di farmelo sapere
sul terrazzo ha deposto varie lettere
luccicanti, che composte in parole
facevano un verso d’amore senza senso.
Sull’albero dove le raccoglie ci sono
delle arance lasciate lì a marcire
e quelle cose di scrittura tonde o acuminate
che deve aver rubato chissà dove.
Ogni volta che mi vede avvicinarla
apre il becco come volesse essere imboccata
(dentro intravedo la sua gola rosa carne
che mi intrattiene in un canto quasi muto)
poi se ne va frullando l’aria nelle ali.
La vedo toccare i tetti tra le antenne paraboliche
e i filippini riuniti nel cortile per le loro feste
applaudono le sue evoluzioni e mi sorridono
mentre qualcuno affacciato alla finestra a fumare
rientra in casa disgustato e alza il volume alla tv.
Francesco Tontoli