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ph. Sebastião Salgado

Merli

Con la prima luce dell’alba
arriva il canto del merlo
ed è bellissimo e chiaro.
Deve aver tessuto una trama tutta la notte
cucito i bottoni d’oro della sua voce
su un letto di cielo celibe e senza stelle

e ora che il piccolo splendore del giorno
si allarga nel suo petto
racconta a chi lo ascolta
le antiche paure appena rattoppate
il rumore del vuoto che scende
dalle lampade nelle strade
il pianto inconsolato del gatto in amore
che ha udito sgolarsi dai tetti.

Lui canta preciso anche il mio silenzio
questo confuso cercare senso nel niente
e con le sue tenere note rivestite di luce
accende il significato delle cose
presta un po’ della sua voce
a quello che invoco e nemmeno si sente.

 

Le rondini

Le rondini
prendono d’infilata i corridoi delle strade
arrivano stridendo a folate
basterebbe stare fermi e ascoltarle
vederle appena di sfuggita manovrare
con spericolata perizia nelle curve
e disperdersi, frantumandosi sui vetri
a gruppi, a nutrite pattuglie di caccia
come spinte da un vento inesistente.

C’è un arpeggio veloce di suoni fuggenti
che ricamano e disfano a metà del cielo
più o meno all’altezza del quarto piano
una spanna sopra la mia testa
come la mano di una mamma
che segna la misura del bambino
e per gioco chiede dove vorrebbe arrivare.

 

Gabbiani

I gabbiani di città sono diversi dai gabbiani di riviera
che rovistano tra plastiche e profumata spazzatura
aspettando le onde del pomeriggio puntuali.
I gabbiani di città se la tirano e fanno baccano
hanno sempre la puzza sotto il naso e ridono forte
delle sventure degli uomini quando li passano in rivista.
Una risata falsa che vola nel mio piccolo rettangolo di cielo
si posa sui tetti e come una tragica bomba esplode
rovina sulle case, le denuda e ne fa scherno.

I gabbiani di città portano in bocca
i loro piccioni appena morti, ma felici
e li consegnano per posta aerea
ai loro orribili pulcini
nei nidi nascosti dentro le nuvole.
La pappa di piccione felice è una specialità
e i piccoli la divorano cominciando dagli occhi.

Ho visto un gabbiano di città
fermare il traffico e passare sulle strisce
per arraffare a grandi balzi un piccione agonizzante.
Un altro mi hanno detto che è comparso
alla fermata degli autobus
e ha creato scompiglio pretendendo di salire
per non perdere il volo delle sette
quando gli storni volteggiano
creando i loro fantasmi in cielo.

Ogni giorno se ne sente una sui gabbiani di città
i giornali sono pieni di notizie deprimenti
ogni giorno è quello buono per compiere un misfatto.
Ci sono furti di scasso e d’ingegno
come quando rubano un gelato ai bambini
un gruppo che caga di striscio sui fiori
uno stormo di pirati assassini
che attacca le banche e i tavolini dei bar.
Qualcuno invece aspetta le sue vittime al tram.

Una sorta di criminalità
celeste e autorizzata.
Una continua vita di rapine
con le stagioni sottosopra
in questo deserto di rovine.

E non si può nemmeno più dire
tra uno sguardo al cielo
e un’occhiata al mare
con il magone in gola
che è il tempo che ormai vola.

 

Francesco Tontoli