
da Spartenze
MATER
D’estate – nel letto accanto alla mamma –
onoravamo il silenzio
nella penombra del meriggio
che persiane socchiuse infrescavano.
Sul tetto ombre che il sole – filtrando
dalle stecche di antico castagno –
formava in disegni.
Le ombre, diceva la mamma, e noi –
dormienti ostinati a resistere al sonno –
a ficcare la testa sotto il cuscino.
Ritornano a volte frammenti sparuti
di minima vita
specchi nei quali stentiamo a trovare
i noi stessi di allora.
A RICOMPORRE IL CERCHIO
Più triste sulla pietraia il passo
dopo la canzone degli abbracci
e la parola ombra sul filo
dell’assennata verità.
Dell’indagata geometria alga
segreta nei discoperti contorni.
Non basta a ricomporre il cerchio
la misura del volo il cappio sciolto
il ramo di ginestra ad infiorare il seno.
IL PASSO BREVE
Si è fatto breve il passo
e il filo si assottiglia
per l’uso dei molteplici rammendi.
È vano ricondursi a scale cieche
a crediti insoluti
all’alba magra – quando fra veglia
e sonno il margine s’accorcia –
s’affollano presenze insospettate.
Il giorno che s’annuncia
porta il sapore
del tempo che ci lascia.
SUGHERI
Ritornano gli stessi desideri
di quello che fu tempo di scontenti.
Affiorano come sugheri marci
lasciati a galleggiare
fra canti di sirene e naufragi.
Si tinge allora l’orizzonte
di antiche non sopite nostalgie
e il vecchio tempo affonda negli abissi
col peso di remote fantasie.
da A Palermo nessuno
16.
Non è castigo il Sud
per quelli come noi
che sulla bocca
portano il sorriso
e dentro gli occhi
l’ombra dei ricordi:
il Santo Nero
la Vergine del Mare
le bàsole battute
dai carretti
e i pescatori che
al Molo di Levante
si fanno pietra di marna
e di arenaria
da Oracoli
DOPPIO VOLTO
Ancora sei entrato nel mio sonno
col doppio volto del divino Giano.
Sfuggente e ambiguo
fra la folla dei tanti tuoi sodali
mi hai rinnegato
ancora prima che cantasse il gallo.
OFELIA
Ditemi che è vero
che un’altra vita
riscatterà questo dolore
fra l’anima e le ossa.
Non so per quale colpa
offerta al sacrificio
pago il pedaggio:
un serto fra i capelli
e abbandonarsi all’acqua
galleggiare.
A LUCI BASSE
Si spengono le luci poco a poco
camminano sull’orlo dei bicchieri
le favole di ieri.
Un angelo nascosto fra i cuscini
del divano saluta con la mano.
Restano foglie morte sparse sul davanzale
e un velo freddo sul piatto decorato
– antico déjavu reiterato –
fra allegre canzonette e un tango a media luz
a gloria del passato.
INNO
Dai fasti degli antichi amori
solo tu sopravvivi – rara
e insostituibile risorsa
cura e conforto al male della vita.
Viaggio nell’impossibile realtà
del sogno, umile e regale
presenza che mi conduci per mano
all’ultimo solitario cammino,
con te – divinità taumaturga
e laica, inferno e pace
al tormento dell’anima sgualcita –
ritorno bella e giovane fanciulla
illusa e ancora amante della vita,
Parola benedetta –
Poesia.
Anna Maria Bonfiglio, testi tratti da “Liturgia dei giorni”, Prometheus Editrice, 2022.