
Il primo capolavoro di Eduardo, Natale in casa Cupiello, viene portato in scena nel 1931 come semplice sketch, ma poi diviene un copione impegnativo, strutturato in tre atti. Nonostante il titolo evochi la celebrazione del Natale tradizionale in una famiglia napoletana, in realtà è un vero e proprio dramma familiare, che trae origine dalla decisione di Luca e della moglie Concetta di spingere la figlia Ninuccia a sposare malvolentieri il benestante Nicola, nella speranza di migliorare le condizioni economiche della famiglia. La forzatura dei due coniugi finisce per ritorcersi contro la stabilità della famiglia: Ninuccia si innamora di Vittorio, un amico del fratello Tommasino e intraprende una relazione che sconvolge l’armonia familiare. Nel Natale di Eduardo tutto ruota attorno ad un pranzo natalizio che viene scosso da un dramma della gelosia. Sullo sfondo, il ritratto tragicomico del protagonista, Luca Cupiello, figura ingenua di un anziano immerso nelle sue fantasie e nel suo amore per il presepe, cui si dedica con passione, apparentemente incurante delle tragiche vicende familiari che gli ruotano attorno. Aspetti autobiografici sono rilevabili nella commedia, i nomi dei protagonisti, Luca e Concetta, sono i medesimi, infatti, dei nonni di Eduardo. La scena che riportiamo è quella che apre la commedia. Assistiamo al risveglio di Luca, Concetta e del figlio Tommasino, detto Ninnillo, un ragazzo in perenne contrasto con il padre per la vocazione del ladruncolo ma viziato e coccolato dalla madre. È la mattina del 23 dicembre: Luca vuole preparare il presepe ma lo spettatore coglie immediatamente l’atmosfera tutt’altro che serena che regna in casa e il fatto che i preparativi per l’avvento risultano tardivi, simbolo dell’inadeguatezza di Luca, uomo fuori dal tempo. Luca commenta amareggiato come la notte sia passata in fretta, al risveglio, infatti, affiora una realtà difficile: c’è freddo, povertà, il caffè non è di buona qualità, le pantofole di Concetta sono realizzate con un vecchio paio di scarpe del marito. La comicità è amara e rassegnata, l’istituto del matrimonio ormai usurato e compromesso, il figlio dimostra tutta la sua indolenza nel non volersi alzare. Al povero Luca non resta che attaccarsi disperatamente al presepe, metafora di una serenità ormai scomparsa e unico rifugio nel quale può ancora far valere la propria autorità. Alla fine della commedia, mentre tutto intorno a lui precipita, a partire dall’unità familiare ormai disgregata, moribondo per un ictus che l’ha colpito quando ha scoperto l’adulterio della figlia, Luca potrà almeno rallegrarsi con un’estrema consolazione. Il figlio Tommasino, infatti, gli dirà di apprezzare anche lui il presepe: il modo più efficace per recuperare un rapporto fino a quel momento inesistente e riconoscere la presenza di un legame autentico con la figura del padre.
Deborah Mega
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In casa Cupiello. Un letto matrimoniale e un altro più piccolo, per un solo posto. Comune in fondo a destra. Balcone a sinistra. Su di un tavolo, davanti al balcone, vi sarà un Presepe in fabbricazione, e tutto l’occorrente necessario per realizzarlo: cartapesta, pennelli, sugheri e un recipiente di latta con la colla Cervione. Tra il balcone e il lettino a un posto vi sarà un piccolo paravento con davanti un treppiede di ferro con bacinella, ed un secchio smaltato bianco; sul paravento è appoggiato un asciugamani. A ridosso della parete di destra un comò con sopra santi e immagini religiose d’ogni specie con davanti candele e lumini spenti. Sono le nove del mattino del 23 dicembre. Luca dorme nel letto matrimoniale; il posto della moglie Concetta è in disordine come se la donna l’avesse lasciato da poco. Nel lettino piccolo dorme Tommasino (detto Nennillo).
Concetta |
(entra dalla destra con passo cauto; indossa una sottana di cotone bianco e ha sulle spalle uno scialletto di lana; ai piedi un paio di pantofole realizzate con un vecchio paio di scarpe del marito. Reca in mano una fumante tazza di caffè, e nell’altra una brocca d’acqua. Mezza assonnata si avvicina al comò, posa la tazza, poi va a mettere la brocca accanto al lavabo; va al balcone ed apre le imposte; torna al comò, prende la tazza e l’appoggia sul comodino. Con tono di voce monotono, abitudinario cerca di svegliare il marito) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove! (dopo una piccola pausa torna alla carica) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!. (Luca grugnisce e si rigira su se stesso, riprendendo sonno. La moglie insiste) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!. |
| Luca | (svegliandosi di soprassalto) Ah! (farfuglia) songh’e nnove ….. |
Concetta |
Pigliate ‘o ccafè. (Luca, pigro e insonnolito, fa un gesto come per prendere la tazza del caffè, ma il sonno lo vince di nuovo. Imperterrita, Concetta riprende il lamentoso ritornello, con tono un po’ più forte mentre comincia a vestirsi davanti al comò) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!. |
Luca |
(si siede in mezzo al letto e si toglie svolgendoli dalla testa, uno alla volta, due scialletti di lana e una sciarpa; poi guarda di sbiego la moglie) Ah, songh’e nnove? Già si sono fatte le nove! La sera sei privo di andare a letto che subito si fanno le nove del giorno appresso. Concè, fa freddo fuori? |
| Concetta | Hai voglia! Si gela. |
| Luca | Io me ne so’ accorto, stanotte, con la casa fredda, non potevo pigliare calimma. Due maglie di lana, sciarpa, scialle …… I pedalini ‘e lana…. Te ricuorde, Cunce’, i pedalini ‘e lana che compraste tu, ca diciste: “sono di lana pura, aggi’ avuto n’occasione, te ricuorde, Cunce’? (Concetta continua a vestirsi senza raccogliere l’insinuazione del marito. Luca prende gli occhiali dal comodino e si mette a pulirli meticolosamente) Cunce’, Te ricuorde? Cunce’ …..? (la donna non risponde) Cunce’, te ne sei andata? |
| Conceta | (infastidita) Sto ccà, Lucarie’, sto ccà. |
| Luca | ‘E pedalini ca cumpraste tu, che dicesti: “sono di lana pura”, qua lana pura …. Conce’, quella non è lana, t’hanno ‘mbrugliata. E’ tutta na mistificazione. Tengo i piedi gelati. E poi, la lana pura quando si lava si restringe ……. Questi più si lavano più si allargano, si allungano …… so’ addiventate ddoje barche, tutta la notte a correr a press e pedalin rint o’ liett. ‘O ccafè, Cunce’ |
| Concetta |
Sta n’copp a culunetta. |
| Luca | Ah, già (prende la tazza, dopo avere inforcato gli occhiali. Sbadiglia) Conce’ fa freddo fuori? |
| Concetta | Si, Lucarie’, te l’ho detto fa freddo. (spazientita) Fa freddo e basta. (ma che freddo fa) |
| Luca | Eh ….. Questo Natale si è presentato come comanda Iddio. Co’ tutti i sentimenti si è presentato, d’altronde lo deve fare è il mese suo. (beve un sorso di caffè e subito lo sputa) Mamma do carmine, Concè ti sei immortalata, che bella schifezza che hai fatto, Conce’! |
| Concetta | (risentita) E già, mo le facèvemo ‘a cioccolata! (alludendo al caffè) E’ nu poco lasco ma è tutto cafè. |
| Luca | Ma perché vuoi dare la colpa al caffè, che in questa tazza non c’è mai stato? |
| Concetta | (mentre cerca in un cassetto qualcosa di personale delle forcine un pettine un rocchetto di filo bianco) ah! Lucarie, ti sei svegliato spiritoso? Beato te. |
| Luca | Tu sei permalosa, sei diventata permalosa, Non ti piglià collera, Conce’. Tu sei una donna di casa e sai fare tante cose, come si deve. Pasta e faggioli, ‘a frittata c’ ’a cipolla, sei maestra, sei la reginetta della frittata c’a’ cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. Ma ‘o ccafè non è cosa per te. |
| Concetta | (arrabbiata) E nun t’ ‘o piglià ….. Tu a chi vuoi affligere. |
| Luca | Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffè non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: questa fete ‘e scarrafone. (posa la tazza sul comodino) Concetta fa freddo fuori? |
| Concetta | (irritatissima) Si, Lucarie’, fa freddo il freddo non l’ho creato io, ma il Padreterno perciò ti devi rassegnare, fa freddo! Fa freddo, fa freddo ahhhhhhhhh!!!!! |
| Luca | Cunce’, ma che t’avesse data ‘na mazzata ‘ncapa? Ho solo chiesto: fa freddo fuori, come sei diventata aspra |
| Concetta | Me l’he addimandata già tre volte !! |
| Luca | Questo Natale si è presentato ………. |
| Concetta | ……. Come comanda Iddio. Questo pure l’avete detto. |
| Luca | E questo pure l’abbiamo detto ….. ( sbadiglia, si guarda intorno come per cercare qualcosa che lo interessi, non sa nemmeno lui precisamente cosa. Poi realizza a un tratto e come temendo una risposta spiacevole chiede allarmato) ‘O Presepio … Addò stà ‘o Presepio? |
| Concetta | (esasperata) là, là, nessuno te lo tocca. |
| Luca | (ammirando il suo lavoro) Quest’anno faccio il più bel Presepio di tutti gli altri anni. Pastorella, o’ terzo piano, mi ha incontrato per le scale e mi ha detto che lo fa pure lui il Presepio. Mi ha detto: “ facciamo la gara ”. Sta fresco …… Lo voglio far rimanere a bocca aperta. Ho fatto pure i disegni, i progetti. (alla moglie) Conce’ ‘a colla l’hai squagliata? |
| Concetta | (sgarbata) Lucarie’, io adesso mi sono alzata. Se mi date il permesso di vestirmi per andare a fare la spesa, bene, e se no ci sediamo e ci mettiamo agli ordini del Sig. Luca Cupiello (siede e incrocia le braccia) che comandate. |
| Luca | (aggressivo) non l’hai squagliata ancora? |
| Concetta | No. |
| Luca | E io aieressera che te dicette? “ domani mattina, appena ti svegli, prima di fare il caffè, squaglia la colla perché se no non posso lavorare e il Presepio non è pronto per domani”. |
| Concetta | (si alza di scatto prende il barattolo della colla e si avvia per la sinistra) ecco pronto, andiamo a scarfare a’ colla, così stamattina mangiamo, colla! Quando viene Natale è un castigo di Dio! (esce e si sente la sua voce che si allontana) colla, pastori …. puzza e pittura! |
| Luca | (gridando come per sopraffare gli apprezzamenti della moglie) sei vecchia, ti sei fatta vecchia! (finalmente decide di alzarsi; scende dal letto si avvicina alle sacre immagini sul comò, e facendo un piccolo inchino e sollevando lo sguardo mistico verso i santi, si fa il segno della croce; si avvicina alla sedia ai piedi del letto, prende i pantaloni lisi e se li infila non senza difficoltà; poi torna verso il comodino, si mette in testa il berretto appeso alla testata del letto, tenta di bere il caffè, ma il cattivo sapore lo costringe a sputare il sorso; ancora tremante per il freddo, si rimbocca le maniche della camicia sbadiglia e si avvia verso il lavabo; intona la stessa litania con cui Concetta ha svegliato lui, per svegliare il figlio Tommasino) Tummasi’, Tummasi scètate songh’e nnove (Tommasino non risponde) Io lo so che stai svegliato, è inutile che fai finta di dormire (riempie la bacinella di acqua, si insapona le mani e di tanto in tanto si rivolge ancora a Tommasino) Tummasi scètate songh’e nnove. E’ questo che vuoi fare! Vedete se è possibile: nu cetrulo luongo luongo che dorme fino a chest’ora! Io, alla tua età, alle sette e mezza saltavo dal letto come un grillo per accompagnare mio padre che andava a lavorare. Lo accompagnavo fino alla porta, ci baciavo la mano ….. perché allora c’era il rispetto per il genitore, si baciava la mano, chiudevo la porta e poi me ne tornavo e mi coricavo un’altra volta. (ora si insapona la faccia e si lava il viso abbondantemente. Non trova l’asciugamani e fa sforzi incredibili perché i rivoli d’acqua non gli corrano per la schiena. Finalmente trova l’asciugamani e si asciuga il volto. Si rivolge al figlio con più autorità) Hai capito, svegliati? (visto che Tommasino non gli risponde, abbozza, per quieto vivere) E’ meglio ca nun te dongo retta, se no ci facciamo la croce a prima mattina. |
| Tommasino | (raggomitolato e sprofondato sotto le coperte reclama) ‘A zuppa ‘e latte! |
| Luca | E’ questa la sola cosa che pensi: “ ‘a zuppa ‘e latte, ‘a cena, ‘a culazione, ‘o pranzo” …. Alzati, ‘a zuppa e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i servitori. |
| Tommasini | Se non me la portate dentro al letto non mi sòso. |
| Luca | No, tu ti sòsi, se non ti faccio andare a coricare all’ospedale. |
| Concetta | (tornando con il barattolo di colla fumante) ‘A colla … (raggiunge il tavolo dov’è il Presepe per collocarvi sopra il barattolo della colla) Io nun capisco che ‘o faie a ffa, stu Presebbio. Na casa con nguaiata, denare ca se ne vanno… E almeno venesse bbuono! |
| Tommasino | (con aria volutamente distratta) Non viene neanche bene. |
| Luca | E già, come se fosse la prima volta che lo faccio! Io sono stato il padre dei Presepi ….. venivano da me a chiedere consigli ….. mo viene lui e dice che non viene bene. |
| Tommasino | (testardo) A me non mi piace |
| Luca | Questo lo dici perché vuoi fare il giovane moderno che non ci piace il Presepio…. Il superuomo. Il presepio che è una cosa commovente, che piace a tutti quanti….. |
| Tommasino | (testardo) A me non mi piace. Ma guardate un poco, mi deve piacere per forza? |
| Luca | (per ritorsione, scuote violentemente la spalliera del letto, intimando al figlio) Sùsete! Hai capito sùsete? |
| Tommasino | (dispettoso) ‘a zuppa e latte! |
| Concetta | (indifferente all’atteggiamento del marito, si rivolge dolcemente al figlio) Alzati, bello di mammà, alzati! |
| Luca | (a Concetta) Embè, si le puorte ‘a zuppa ‘e latte dint’ ‘o lietto ve mengo ‘a coppa abbascio a tutte e due! (alludendo alla cattiva educazione che Concetta dà a Tommasino) Lo stai crescendo per la galera! |
| Concetta | (conciliante) quello mo si alza! (e con gesti mimici, curando di non farsi scorgere da Luca, invoglia Tommasino ad alzrsi; il dialogo muto tra Concetta e Nennillo viene sorpreso e interrotto da Luca) |
| Luca | E’ incominciato il telegrafo senza fili. |
| Tommasino | (spudorato insiste) ‘a zuppa ‘e latte |
| Luca | (irritato) embè, mo te mengo a’ colla nfaccia. |
| Concetta | Alzati, bello ‘e mammà. Ti lavi tanto bello, e mammà intanto ti prepara nu bello zuppone. |
| Luca | Niente affatto. ‘O zuppone s’ ‘o va a piglià in cucina. (a Tommasino) che l’hai presa per una serva, a tua madre? Eh? Tua madre non serve! (ha indossato il gilè, la giacca e una sciarpa di lana al collo e ora inizia il suo lavoro al presepe, incollando sugheri inchiodando pezzi di legno. Dopo una piccola pausa chiede a sua moglie) Pasqualino si è alzato? |
| Concetta | Sì, sì, si è alzato quello scocciante di tuo fratello! Cu’ nu raffreddore che ha tenuto, è stato capace di stare una settimana a letto. |
| Tommasino | (allarmato intimamente, chiede a conferma) s’è alzato? E sapete se esce? |
| Concetta | Sì. Ha detto che si vuole fare una passeggiata, perché dopo la febbre che ha avuto vò piglià nu poco d’aria ‘e matina e poi si ritira. |
| Tommasino | E sapete se si veste? |
| Luca | Giesù, e che esce nudo? |
| Tommasino | No, dico…… sapete se si vuole mettere il cappotto? |
| Luca | E si capisce, ‘o mese ‘e dicembre esce senza cappotto? |
| Concetta | (sospettosa per quelle strane domande) ma pecchè? Che d’è? |
| Tommasino | (eludendo) No, nente. Io decesse che è meglio che non esce. Può essere che piglia la ricaduta. |
| Pasquale | (Dall’interno, batte dei colpettini alla porta di fondo e chiede discreto) Lucariè, è permesso? |
| Luca | Vieni, Pasquali’ entra. |
| Pasquale | (apre la porta e entra. E’ vestito di tutto punto, gli mancano solo le scarpe; è in pantofole. Tommasino si sprofonda sotto le coperte) Buongiorno, donna Concetta. |
| Concetta | Buongiorno. |
| Luca | (si avvicina al fratello e gli chiede con interesse) Come ti senti? |
| Pasquale | Meglio, meglio ….. un poco debole. |
| Luca | (tastandogli il polso) Me credevo proprio ca te passave Natale dint’ ‘o lietto. Il polso è buono. |
| Pasquale | La lingua, guardami la lingua. (tira fuori la lingua e la mostra) |
| Luca | (dopo averla guardata attentamente) E’ pulita, è pulita. Mo devi stare a sentire tuo fratello: mangia forte, carne al sangue e vino rosso; e fatti delle passeggiate ‘a parte ‘o mare. Così si fa pure una pulizia nella stanza. E’ stata sette giorni chiusa….. (alla moglie) Hai capito, Conce’: una bella pulizia! |
| Concetta | Sì, si |
| Pasquale | Infatti voglio uscire. Arrivo fino al Banco Lotto e torno. (con sospetto intimo mal celato) donna Conce’, non ho potuto trovare le scarpe mie |
| Concetta | E ‘e vulite ‘a me? |
| Pasquale | (paziente) non le voglio da voi, ma io sono stato a letto sette giorni con la febbre ….. Ho domandato se le avete viste. |
| Luca | Ma tu quando ti coricasti dove le mettesti? |
| Pasquale | Addò l’aveva mettere, Lucarie’? Sotto il letto. |
| Concetta | E vedete bene che là stanno. |
| Pasquale | Non c’è niente, donna Conce’: le scarpe sono sparite. (indicando il letto di tommasino) domandate a Nennillo..… |
| Tommasino | (siede di scatto in mezzo al letto e affronta tutti con audacia spudorata, come per prevenire l’accusa di suo zio, che egli sa di meritare) nun accumminciammo! Io non ero il tipo che mi vendevo le scarpe sue! |
| Luca | (che conosce il modo di difendersi di suo figlio quando è in colpa, annunzia convinto) S’ha vennuto ‘e scarpe. |
| Pasquale | (avvilito) Tu che dice? E io come faccio? |
| Concetta | (che vuole scagionare il figlio) ma nossignora! |
| Luca | (convinto) E’ ladro, è ladro matricolato |
| Tommasino | Io nun m’aggio vennuto niente! |
| Luca | Non dire bugie! |
| Pasquale | Confessa. |
| Luca | Confessa. |
| Tommasino | (dispettoso) nun me piace ‘o Presepe! |
| Luca | Oh vi chillo parl a vanvera |
| Tommasino |
Mo vedimmo! Dint’a sta casa, ogne cosa ca succede è colpa mia |
Testo tratto dal I Atto







