• ABOUT
  • CHI SIAMO
  • AUTORI
    • ANTONELLA PIZZO
    • DEBORAH MEGA
    • EMILIO CAPACCIO
    • FRANCESCO PALMIERI
    • FRANCESCO TONTOLI
    • LOREDANA SEMANTICA
    • MARIA ALLO
  • HANNO COLLABORATO
    • ADRIANA GLORIA MARIGO
    • ALESSANDRA FANTI
    • ANNA MARIA BONFIGLIO
    • FRANCESCO SEVERINI
    • MARIA GRAZIA GALATA’
    • MARIA RITA ORLANDO
    • RAFFAELLA TERRIBILE
  • AUTORI CONTEMPORANEI (letteratura e poesia)
  • AUTORI DEL PASSATO (letteratura e poesia)
  • ARTISTI CONTEMPORANEI (arte e fotografia)
  • ARTISTI DEL PASSATO (arte e fotografia)
  • MUSICISTI
  • CONTATTI
  • RESPONSABILITÀ
  • PRIVACY POLICY

LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi della categoria: Teatro

“Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo

24 domenica Dic 2023

Posted by Deborah Mega in Teatro

≈ Lascia un commento

Tag

Eduardo De Filippo, Natale in casa Cupiello

 

Il primo capolavoro di Eduardo, Natale in casa Cupiello, viene portato in scena nel 1931 come semplice sketch, ma poi diviene un copione impegnativo, strutturato in tre atti. Nonostante il titolo evochi la celebrazione del Natale tradizionale in una famiglia napoletana, in realtà è un vero e proprio dramma familiare, che trae origine dalla decisione di Luca e della moglie Concetta di spingere la figlia Ninuccia a sposare malvolentieri il benestante Nicola, nella speranza di migliorare le condizioni economiche della famiglia. La forzatura dei due coniugi finisce per ritorcersi contro la stabilità della famiglia: Ninuccia si innamora di Vittorio, un amico del fratello Tommasino e intraprende una relazione che sconvolge l’armonia familiare. Nel Natale di Eduardo tutto ruota attorno ad un pranzo natalizio che viene scosso da un dramma della gelosia. Sullo sfondo, il ritratto tragicomico del protagonista, Luca Cupiello, figura ingenua di un anziano immerso nelle sue fantasie e nel suo amore per il presepe, cui si dedica con passione, apparentemente incurante delle tragiche vicende familiari che gli ruotano attorno. Aspetti autobiografici sono rilevabili nella commedia, i nomi dei protagonisti, Luca e Concetta, sono i medesimi, infatti, dei nonni di Eduardo. La scena che riportiamo è quella che apre la commedia. Assistiamo al risveglio di Luca, Concetta e del figlio Tommasino, detto Ninnillo, un ragazzo in perenne contrasto con il padre per la vocazione del ladruncolo ma viziato e coccolato dalla madre. È la mattina del 23 dicembre: Luca vuole preparare il presepe ma lo spettatore coglie immediatamente l’atmosfera tutt’altro che serena che regna in casa e il fatto che i preparativi per l’avvento risultano tardivi, simbolo dell’inadeguatezza di Luca, uomo fuori dal tempo. Luca commenta amareggiato come la notte sia passata in fretta, al risveglio, infatti, affiora una realtà difficile: c’è freddo, povertà, il caffè non è di buona qualità, le pantofole di Concetta sono realizzate con un vecchio paio di scarpe del marito. La comicità è amara e rassegnata, l’istituto del matrimonio ormai usurato e compromesso, il figlio dimostra tutta la sua indolenza nel non volersi alzare. Al povero Luca non resta che attaccarsi disperatamente al presepe, metafora di una serenità ormai scomparsa e unico rifugio nel quale può ancora far valere la propria autorità. Alla fine della commedia, mentre tutto intorno a lui precipita, a partire dall’unità familiare ormai disgregata, moribondo per un ictus che l’ha colpito quando ha scoperto l’adulterio della figlia, Luca potrà almeno rallegrarsi con un’estrema consolazione. Il figlio Tommasino, infatti, gli dirà di apprezzare anche lui il presepe: il modo più efficace per recuperare un rapporto fino a quel momento inesistente e riconoscere la presenza di un legame autentico con la figura del padre.

Deborah Mega

*

 

In casa Cupiello. Un letto matrimoniale e un altro più piccolo, per un solo posto. Comune in fondo a destra. Balcone a sinistra. Su di un tavolo, davanti al balcone, vi sarà un Presepe in fabbricazione, e tutto l’occorrente necessario per realizzarlo: cartapesta, pennelli, sugheri e un recipiente di latta con la colla Cervione. Tra il balcone e il lettino a un posto vi sarà un piccolo paravento con davanti un treppiede di ferro con bacinella, ed un secchio smaltato bianco; sul paravento è appoggiato un asciugamani. A ridosso della parete di destra un comò con sopra santi e immagini religiose d’ogni specie con davanti candele e lumini spenti. Sono le nove del mattino del 23 dicembre. Luca dorme nel letto matrimoniale; il posto della moglie Concetta è in disordine come se la donna l’avesse lasciato da poco. Nel lettino piccolo dorme Tommasino (detto Nennillo).

 

Concetta

(entra dalla destra con passo cauto; indossa una sottana di cotone bianco e ha sulle spalle uno scialletto di lana; ai piedi un paio di pantofole realizzate con un vecchio paio di scarpe del marito. Reca in mano una fumante tazza di caffè, e nell’altra una brocca d’acqua. Mezza assonnata si avvicina al comò, posa la tazza, poi va a mettere la brocca accanto al lavabo; va al balcone ed apre le imposte; torna al comò, prende la tazza e l’appoggia sul comodino. Con tono di voce monotono, abitudinario cerca di svegliare il marito) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove! (dopo una piccola pausa torna alla carica) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!. (Luca grugnisce e si rigira su se stesso, riprendendo sonno. La moglie insiste) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!.

Luca (svegliandosi di soprassalto) Ah! (farfuglia) songh’e nnove …..

Concetta

Pigliate ‘o ccafè. (Luca, pigro e insonnolito, fa un gesto come per prendere la tazza del caffè, ma il sonno lo vince di nuovo. Imperterrita, Concetta riprende il lamentoso ritornello, con tono un po’ più forte mentre comincia a vestirsi davanti al comò) Lucarie’, Lucarie’ …… scètate songh’e nnove!.

Luca

(si siede in mezzo al letto e si toglie svolgendoli dalla testa, uno alla volta, due scialletti di lana e una sciarpa; poi guarda di sbiego la moglie) Ah, songh’e nnove? Già si sono fatte le nove! La sera sei privo di andare a letto che subito si fanno le nove del giorno appresso. Concè, fa freddo fuori?
Concetta Hai voglia! Si gela.
Luca Io me  ne so’ accorto, stanotte, con la casa fredda, non potevo pigliare calimma. Due maglie di lana, sciarpa, scialle …… I pedalini ‘e lana…. Te ricuorde, Cunce’, i pedalini ‘e lana  che compraste tu, ca diciste: “sono di lana pura, aggi’ avuto n’occasione, te ricuorde, Cunce’? (Concetta continua a vestirsi senza raccogliere l’insinuazione del marito. Luca prende gli occhiali dal comodino e si mette a pulirli meticolosamente) Cunce’, Te ricuorde? Cunce’ …..? (la donna non risponde) Cunce’, te ne sei andata?
Conceta (infastidita) Sto ccà, Lucarie’, sto ccà.
Luca ‘E pedalini ca cumpraste tu, che dicesti: “sono di lana pura”,  qua lana pura …. Conce’, quella non è lana, t’hanno ‘mbrugliata. E’ tutta na mistificazione. Tengo i piedi gelati. E poi, la lana pura quando si lava si restringe ……. Questi più si lavano più si  allargano, si allungano …… so’ addiventate ddoje barche, tutta la notte a correr a press e pedalin rint  o’ liett. ‘O ccafè, Cunce’
Concetta

Sta n’copp a culunetta.

Luca Ah, già (prende la tazza, dopo avere inforcato gli occhiali. Sbadiglia) Conce’ fa freddo fuori? 
Concetta Si, Lucarie’, te l’ho detto fa freddo. (spazientita) Fa freddo e basta. (ma che freddo fa)
Luca Eh ….. Questo Natale si è presentato come comanda Iddio. Co’ tutti i sentimenti si è presentato, d’altronde lo deve fare è il mese suo. (beve un sorso di caffè e subito lo sputa) Mamma do carmine, Concè ti sei immortalata, che bella schifezza che hai fatto, Conce’!
Concetta (risentita) E già, mo le facèvemo ‘a cioccolata! (alludendo al caffè) E’ nu poco lasco ma è tutto cafè.
Luca Ma perché vuoi dare la colpa al caffè, che in questa tazza non c’è mai stato?
Concetta (mentre cerca in un cassetto qualcosa di personale delle forcine un pettine un rocchetto di filo bianco) ah! Lucarie, ti sei svegliato spiritoso? Beato te.
Luca Tu sei permalosa, sei diventata permalosa, Non ti piglià collera, Conce’. Tu sei una donna di casa e sai fare tante cose, come si deve. Pasta e faggioli, ‘a frittata c’ ’a cipolla, sei maestra, sei la reginetta della frittata c’a’ cipolla, come la fai tu non la sa fare nessuno. Ma ‘o ccafè non è cosa per te.
Concetta (arrabbiata) E nun t’ ‘o piglià ….. Tu a chi vuoi affligere.
Luca Non lo sai fare e non lo vuoi fare, perché vuoi risparmiare. Col caffè non si risparmia. E’ pure la qualità scadente: questa fete ‘e scarrafone. (posa la tazza sul comodino) Concetta fa freddo fuori?
Concetta (irritatissima) Si, Lucarie’, fa freddo il freddo non l’ho creato io, ma il Padreterno perciò ti devi rassegnare, fa freddo! Fa freddo, fa freddo ahhhhhhhhh!!!!!
Luca Cunce’, ma che t’avesse data ‘na mazzata ‘ncapa? Ho solo chiesto: fa freddo fuori, come sei diventata aspra
Concetta Me l’he addimandata già tre volte !!
Luca Questo Natale si è presentato ……….
Concetta ……. Come comanda Iddio. Questo pure l’avete detto.
Luca E questo pure l’abbiamo detto ….. ( sbadiglia, si guarda intorno come per cercare qualcosa che lo interessi, non sa nemmeno lui precisamente cosa. Poi realizza a un tratto e come temendo una risposta spiacevole chiede allarmato) ‘O Presepio … Addò stà ‘o Presepio?
Concetta (esasperata) là, là, nessuno te lo tocca.
Luca (ammirando il suo lavoro) Quest’anno faccio il più bel Presepio di tutti gli altri anni. Pastorella, o’ terzo piano, mi ha incontrato per le scale e mi ha detto che lo fa pure lui il Presepio. Mi ha detto: “ facciamo la gara ”. Sta fresco …… Lo voglio far rimanere a bocca aperta. Ho fatto pure i disegni, i progetti. (alla moglie) Conce’ ‘a colla l’hai squagliata?
Concetta (sgarbata) Lucarie’, io adesso mi sono alzata. Se mi date il permesso di vestirmi per andare a fare la spesa, bene, e se no ci sediamo e ci mettiamo agli ordini del Sig. Luca Cupiello (siede e incrocia le braccia) che comandate.
Luca (aggressivo) non l’hai squagliata ancora?
Concetta No.
Luca E io aieressera che te dicette? “ domani mattina, appena ti svegli, prima di fare il caffè, squaglia la colla perché se no non posso lavorare e il Presepio non è pronto per domani”.
Concetta (si alza di scatto prende il barattolo della colla e si avvia per la sinistra) ecco pronto, andiamo a scarfare a’ colla, così stamattina mangiamo, colla! Quando viene Natale è un castigo di Dio! (esce e si sente la sua voce che si allontana) colla, pastori …. puzza e pittura!
Luca (gridando come per sopraffare gli apprezzamenti della moglie) sei vecchia, ti sei fatta vecchia! (finalmente decide di alzarsi; scende dal letto si avvicina alle sacre immagini sul comò, e facendo un piccolo inchino e sollevando lo sguardo mistico verso i santi, si fa il segno della croce; si avvicina alla sedia ai piedi del letto, prende i pantaloni lisi e se li infila non senza difficoltà; poi torna verso il comodino, si mette in testa il berretto appeso alla testata del letto, tenta di bere il caffè, ma il cattivo sapore lo costringe a sputare il sorso; ancora tremante per il freddo, si rimbocca le maniche della camicia sbadiglia e si avvia verso il lavabo; intona la stessa litania con cui Concetta ha svegliato lui, per svegliare il figlio Tommasino) Tummasi’, Tummasi scètate songh’e nnove (Tommasino non risponde) Io lo so che stai svegliato, è inutile che fai finta di dormire (riempie la bacinella di acqua, si insapona le mani e di tanto in tanto si rivolge ancora a Tommasino) Tummasi scètate songh’e nnove. E’ questo che vuoi fare! Vedete se è possibile: nu cetrulo luongo luongo che dorme fino a chest’ora! Io, alla tua età, alle sette e mezza saltavo dal letto come un grillo per accompagnare mio padre che andava a lavorare. Lo accompagnavo fino alla porta, ci baciavo la mano ….. perché allora c’era il rispetto per il genitore, si baciava la mano, chiudevo la porta e poi me ne tornavo e mi coricavo un’altra volta. (ora si insapona la faccia e si lava il viso abbondantemente. Non trova l’asciugamani e fa sforzi incredibili perché i rivoli d’acqua non gli corrano    per la schiena. Finalmente trova l’asciugamani e si asciuga il volto. Si rivolge al figlio con più autorità) Hai capito, svegliati? (visto che Tommasino non gli risponde, abbozza, per quieto vivere) E’ meglio ca nun te dongo retta, se no ci facciamo la croce a prima mattina.
Tommasino (raggomitolato e sprofondato sotto le coperte reclama) ‘A zuppa ‘e latte!
Luca E’ questa la sola cosa che pensi: “ ‘a zuppa ‘e latte, ‘a cena, ‘a culazione, ‘o pranzo” …. Alzati, ‘a zuppa e latte te la vai a prendere in cucina perché non tieni i servitori.
Tommasini Se non me la portate dentro al letto non mi sòso.
Luca No, tu ti sòsi, se non ti faccio andare a coricare all’ospedale.
Concetta (tornando con il barattolo di colla fumante) ‘A colla … (raggiunge il tavolo dov’è il Presepe per collocarvi sopra il barattolo della colla) Io nun capisco che ‘o faie a ffa, stu Presebbio. Na casa con nguaiata, denare ca se ne vanno… E almeno venesse bbuono!
Tommasino (con aria volutamente distratta) Non viene neanche bene.
Luca E già, come se fosse la prima volta che lo faccio! Io sono stato il padre dei Presepi ….. venivano da me a chiedere consigli ….. mo viene lui e dice che non viene bene.
Tommasino (testardo) A me non mi piace
Luca Questo lo dici perché vuoi fare il giovane moderno che non ci piace il Presepio…. Il superuomo. Il presepio che è una cosa commovente, che piace a tutti quanti…..
Tommasino (testardo) A me non mi piace. Ma guardate un poco, mi deve piacere per forza?
Luca (per ritorsione, scuote violentemente la spalliera del letto, intimando al figlio) Sùsete! Hai capito sùsete?
Tommasino (dispettoso) ‘a zuppa e latte!
Concetta (indifferente all’atteggiamento del marito, si rivolge dolcemente al figlio) Alzati, bello di mammà, alzati!
Luca (a Concetta) Embè, si le puorte ‘a zuppa ‘e latte dint’ ‘o lietto ve mengo ‘a coppa abbascio a tutte e due! (alludendo alla cattiva educazione che Concetta dà a Tommasino) Lo stai crescendo per la galera!
Concetta (conciliante) quello mo si alza! (e con gesti mimici, curando di non farsi scorgere da Luca, invoglia Tommasino ad alzrsi; il dialogo muto tra Concetta e Nennillo viene sorpreso e interrotto da Luca)
Luca E’ incominciato il telegrafo senza fili.
Tommasino (spudorato insiste) ‘a zuppa ‘e latte
Luca (irritato) embè, mo te mengo a’ colla nfaccia.
Concetta Alzati, bello ‘e mammà. Ti lavi tanto bello, e mammà intanto ti prepara nu bello zuppone.
Luca Niente affatto. ‘O zuppone s’ ‘o va a piglià in cucina. (a Tommasino) che l’hai presa per una serva, a tua madre? Eh? Tua madre non serve! (ha indossato il gilè, la giacca e una sciarpa di lana al collo e ora inizia il suo lavoro al presepe, incollando sugheri inchiodando pezzi di legno. Dopo una piccola pausa chiede a sua moglie) Pasqualino si è alzato?
Concetta Sì, sì, si è alzato quello scocciante di tuo fratello! Cu’ nu raffreddore che ha tenuto, è stato capace di stare una settimana a letto.
Tommasino (allarmato intimamente, chiede a conferma) s’è alzato? E sapete se esce?
Concetta Sì. Ha detto che si vuole fare una passeggiata, perché dopo la febbre che ha avuto vò piglià nu poco d’aria ‘e matina e poi si ritira.
Tommasino E sapete se si veste?
Luca Giesù, e che esce nudo?
Tommasino No, dico…… sapete se si vuole mettere il cappotto?
Luca E si capisce, ‘o mese ‘e dicembre esce senza cappotto?
Concetta (sospettosa per quelle strane domande) ma pecchè? Che d’è?
Tommasino (eludendo) No, nente. Io decesse che è meglio che non esce. Può essere che piglia la ricaduta.
Pasquale (Dall’interno, batte dei colpettini alla porta di fondo e chiede discreto) Lucariè, è permesso?
Luca Vieni, Pasquali’ entra.
Pasquale (apre la porta e entra. E’ vestito di tutto punto, gli mancano solo le scarpe; è in pantofole. Tommasino si sprofonda sotto le coperte) Buongiorno, donna Concetta.
Concetta Buongiorno.
Luca (si avvicina al fratello e gli chiede con interesse) Come ti senti?
Pasquale Meglio, meglio ….. un poco debole.
Luca (tastandogli il polso) Me credevo proprio ca te passave Natale dint’ ‘o lietto. Il polso è buono.
Pasquale La lingua, guardami la lingua. (tira fuori la lingua e la mostra)
Luca (dopo averla guardata attentamente) E’ pulita, è pulita. Mo devi stare a sentire tuo fratello: mangia forte, carne al sangue e vino rosso; e fatti delle passeggiate ‘a parte ‘o mare. Così si fa pure una pulizia nella stanza. E’ stata sette giorni chiusa….. (alla moglie) Hai capito, Conce’: una bella pulizia!
Concetta Sì, si
Pasquale Infatti voglio uscire. Arrivo fino al Banco Lotto e torno. (con sospetto intimo mal celato) donna Conce’, non ho potuto trovare le scarpe mie
Concetta E ‘e vulite ‘a me?
Pasquale (paziente) non le voglio da voi, ma io sono stato a letto sette giorni con la febbre ….. Ho domandato se le avete viste.
Luca Ma tu quando ti coricasti dove le mettesti?
Pasquale Addò l’aveva mettere, Lucarie’? Sotto il letto.
Concetta E vedete bene che là stanno.
Pasquale Non c’è niente, donna Conce’: le scarpe sono sparite. (indicando il letto di tommasino) domandate a Nennillo..… 
Tommasino (siede di scatto in mezzo al letto e affronta tutti con audacia spudorata, come per prevenire l’accusa di suo zio, che egli sa di meritare) nun accumminciammo! Io non ero il tipo che mi vendevo le scarpe sue!
Luca (che conosce il modo di difendersi di suo figlio quando è in colpa, annunzia convinto) S’ha vennuto ‘e scarpe.
Pasquale (avvilito) Tu che dice? E io come faccio?
Concetta (che vuole scagionare il figlio) ma nossignora!
Luca (convinto) E’ ladro, è ladro matricolato
Tommasino Io nun m’aggio vennuto niente!
Luca Non dire bugie!
Pasquale Confessa.
Luca Confessa.
Tommasino (dispettoso) nun me piace ‘o Presepe!
Luca Oh vi chillo parl a vanvera
Tommasino

Mo vedimmo! Dint’a sta casa, ogne cosa ca succede è colpa mia

Testo  tratto dal I Atto

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

Vivere per il teatro: Eduardo De Filippo

18 lunedì Dic 2023

Posted by Deborah Mega in Teatro

≈ Lascia un commento

Tag

Eduardo De Filippo

Eduardo, Titina e Peppino De Filippo, in uno scatto del 1925.

 

Nel Novecento il napoletano Eduardo De Filippo compie un’azione di riforma della tradizione teatrale simile a quella realizzata due secoli prima da Carlo Goldoni. Come nel Settecento l’autore veneziano aveva rinnovato la Commedia dell’Arte ormai ripetitiva trasformando le maschere e approfondendo la psicologia dei personaggi, allo stesso modo De Filippo rivoluziona il repertorio della commedia napoletana di fine Ottocento. Mentre Goldoni si dedicava esclusivamente alla scrittura dei copioni, Eduardo è autore e interprete, dotato di ottime capacità di scrittura, talento nell’interpretazione, conoscenza della regia e dell’organizzazione delle scene.

Continua a leggere →

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

Un omaggio a Puccini nel cuore di Rapolano 

20 lunedì Feb 2023

Posted by Deborah Mega in Recensioni, Segnalazioni ed eventi, Teatro

≈ Lascia un commento

Tag

Kris B. Writer, L'altro Giacomo, Renato Raimo, Sabatina Napolitano

La sera di sabato 18 febbraio sono stata al Teatro del Popolo di Rapolano per lo spettacolo “L’altro Giacomo”, diretto e sceneggiato da Renato Raimo. Puccini è un uomo appassionante e appassionato, sul palco incarnato nel regista che ne ha curato la biografia ricalcando i momenti più frizzanti come gli snodi passionali. Elvira, Corinna, Josephine, Rose: le donne protagoniste della vita del compositore lucchese di cui ricorre il centenario nel 2024. “L’altro Giacomo” scritto a quattro mani da Renato Raimo e Kris B. Writer è uno spettacolo intenso non solo per gli amanti della lirica, attraverso le arie pucciniane il racconto tra narrazione e musica diventa una magia possibile grazie a Carlo Bernini, già direttore musicale di Andrea Bocelli (che però nel nostro caso non c’era perché a New York). Col patrocinio della fondazione Puccini di Lucca, lo spettacolo è una attrattiva interessante e adrenalinica per il pubblico pucciniano. Se quindi la poesia italiana e la storia italiana nell’Opera raggiungono una compiutezza esotica quasi alchemica, è impossibile non considerare che l’Opera con La Boheme, La Tosca, Madame Butterfly, e la Turandot si veste di abiti che non possono essere pensati senza un brivido di inquietudine e di nostalgia. Le dodici opere pucciniane hanno segnato un alone di profondità psicologica e drammaticità tutta italiana nel panorama internazionale, pur richiamando l’opera wagneriana. Lo spettacolo “L’altro Giacomo” restituisce alla storia la memoria dell’uomo Puccini, introverso, solitario, sensibile e profondamente innamorato.

Giampaolo Rugarli autore de “La divina Elvira. L’ideale femminile nella vita e nell’opera di Puccini” (Marsilio, 1999) sostiene che in ogni donna di Puccini c’è in realtà nascosta la figura di Elvira. Il loro è un amore forte e scandaloso nella Lucca di fine Ottocento. Per quasi vent’anni Elvira resta compagna di Puccini e alla morte del marito Narciso, ne diventa la moglie. Elvira non è solo compagna quindi, e poi sposa, ma è anche e soprattutto la musa sotterranea per le ancelle devote e le fate cattive dell’operista, come se tutta la drammatica tensione dell’arte pucciniana non fosse possibile senza il traino e lo slancio di Elvira. Nonostante questo Puccini ama molte donne, ed ogni volta le sue passioni richiamano come una forma di violenza, e probabilmente il pubblico non si sarebbe aspettato diversamente da un genio malinconico e passionale, inevitabilmente mito e simbolo.

Sabatina Napolitano

 

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

TOTO’, IL PRINCIPE DELLA RISATA

21 venerdì Lug 2017

Posted by Deborah Mega in Cinema, CULTURA E SOCIETA', La società, Segnalazioni ed eventi, SPETTACOLO, Teatro, TV

≈ 1 Commento

Tag

cinquantenario dalla scomparsa, Deborah Mega, Totò

Cinquant’anni fa, esattamente il 15 aprile 1967, si spegneva a Roma Antonio De Curtis, in arte Totò, uno dei più grandi attori comici italiani. E’ stato la risposta italiana a Charlot e a Buster Keaton, un attore istrionico, un artista irresistibile e poliedrico, dotato di grande acume e di straordinaria umanità. La morte per lui significò l’inizio di una nuova fase, quella del riconoscimento incondizionato, della scoperta da parte delle nuove generazioni, del pentimento da parte di chi lo aveva criticato definendo totoate i suoi film e lui un clown, un attore improvvisato, scurrile, da quattro soldi, ecc. Pare che Totò abbia sempre sofferto molto per queste critiche infelici, dopo una prima consultava tutte le principali testate alla ricerca di una frase di elogio e di riconoscimento. Spesso la ricerca si rivelava vana, la lettura gli lasciava l’amaro in bocca tanto che era solito dire che “in Italia bisogna morire per essere apprezzati”. E aveva ragione. Il pubblico, per fortuna, incurante dello sprezzante giudizio dei critici, è sempre accorso ad assistere ai suoi spettacoli e ai suoi film. Da anni Totò è addirittura divenuto oggetto di culto, venerato come San Gennaro e pure la cappella gentilizia che fece erigere nel cimitero di Santa Maria del Pianto, nei pressi dell’aeroporto di Capodichino, è divenuta un vero e proprio santuario. La morte lo colpì all’età di 69 anni nella casa romana di via Monti Parioli 4 per un attacco alle coronarie, per lui fu celebrato un triplice funerale: a Roma presso la Chiesa Sant’Eugenio, a Napoli in presenza di 250.000 persone presso la chiesa di Sant’Eligio, ancora a Napoli nel Rione Sanità il 22 maggio. Continua a leggere →

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

Sette contro Tebe di Sofocle

07 venerdì Lug 2017

Posted by Loredana Semantica in SPETTACOLO, Teatro

≈ Lascia un commento

Sette contro Tebe di Sofocle è l’altra tragedia, oltre a Le Fenicie di Euripide (della quale ho già detto qui) ad essere stata messa in scena quest’anno al teatro greco di Siracusa nell’ambito del 53° ciclo di rappresentazioni classiche.

Con la regia di Marco Baliani hanno calcato il palcoscenico del teatro aretuseo:

Eteocle | Marco Foschi
Antigone | Anna Della Rosa
Aedo | Gianni Salvo
Araldo | Aldo Ottobrino
Messaggero | Aldo Ottobrino
Danzatori | Massimiliano Frascà, Liber Dorizzi

Coro di giovani Tebane | Accademia d’Arte del Dramma Antico – sezione Scuola di Teatro “Giusto Monaco”

Questa tragedia si caratterizza per l’esiguità dei personaggi di spicco. Sostanzialmente solo due: Eteocle e Antigone. Due dei figli di Edipo e Giocasta, gli altri figli di questa coppia sventurata sono Polinice e Ismene che non compaiono in questa tragedia, la seconda in verità è una figura tramandata come silenziosa e docile, Polinice c’è, ma non si vede, o meglio lo si vede solo dopo morto, corpo inerte sul quale Antigone piange.

L’antefatto è analogo a quello delle Fenicie, Eteocle e Polinice, figli di Edipo, all’atto che Edipo lascia il trono di Tebe, si sono accordati per alternarsi un anno ciascuno al governo della città, ma Eteocle, scaduto il suo anno di regno, non vuole lasciare al fratello lo scettro e marcia da Argo verso Tebe con un grande esercito per reclamare il suo diritto. Pende sul capo dei fratelli la maledizione del padre che entrambi si sarebbero uccisi reciprocamente col ferro delle armi.

I due protagonisti Eteocle e Antigone si alternano sulla scena ricoperta completamente da granelli color rame, al centro della scena troneggia un frondoso ulivo secolare sostenuto da poderose radici. Scenografia essenziale ma efficace. Il coro rappresenta il popolo di Tebe.

Dopo l’introduzione dell’aedo (interpretato da Gianni Salvo, (anima del Piccolo Teatro di Catania), Antigone in scena porge offerte, prega gli dei con le donne/ancelle del popolo tebano prostrata sotto l’ulivo secolare. Eteocle interviene recitando nella sua prima apparizione a sorpresa dall’alto della casa dei mugnai, una casetta antica e piccola, a base pressappoco quadrata che si slancia in un piano sopraelevato. Essa domina dall’alto l’intero teatro. Eteocle, come un condottiero al suo esercito, infonde coraggio al suo popolo e proclama gli intenti bellicosi contro chi osa attaccare la città.

In un secondo momento Eteocle si presenta sulla scena e rimprovera alla sorella di assumere un comportamento pavido di fronte al popolo di Tebe con la sua paura e le sue preghiere non rappresenta un modello di coraggio e li rende deboli, tanto più che gli dei hanno abbandonato gli uomini e a nulla serve pregare, frase sacrilega tipicamente imboccata nelle tragedie a coloro che vanno incontro a sorte infausta. Alla notizia che marciano verso le sette porte di Tebe altrettanti guerrieri temibili dell’esercito di Polinice, Eteocle a sua volta nomina sette eroi tebani che alle porte di Tebe fronteggeranno i nemici.

Assegnazione delle porte
Porte Guerriero di Eteocle Guerriero di Polinice
Porta di Preto Melanippo Tideo
Porta Elettra Polifonte Capaneo
Porta Nuova Megareo Eteoclo
Porta Atena Onca Iperbio Ippomedonte
Porta Nord Attore Partenopeo
Porta Omoloide Lastene Anfiarao
Settima Porta Eteocle Polinice

Le investiture sono inscenate in modo spettacolare, con l’espediente di un graticcio in bambù che magicamente sorge dalla sabbia per diventare una sorta spalliera svedese, sorretta in verticale e in orizzontale dal coro del popolo/soldati tebani, sulla quale gli eroi si esibiscono aggrappati, man mano che vengono nominati, compiendo acrobazie/danze dimostrative del loro valore e prestanza. A semicerchio di fronte agli spettatori al limite dell’orchestra sette massi e sette vessilli, rappresentano le sette porte della città, la maschera che ogni eroe porta esibendosi, viene tolta da Eteocle dal capo e posta su ogni masso, una simbolica attribuzione del ruolo di difensori della città presso ciascuna delle porte.

Tutta la rappresentazione si caratterizza per spettacolarità, sin dalla scelta di far recitare Eteocle dalla Casa dei Mugnai che sorprende lo spettatore, poi per il grande risalto dato al coro sempre in movimento ad occupare lo spazio a imprimere dinamicità alla rappresentazione. La rilevanza del coro in verità è tipica delle tragedie arcaiche delle quali questa di Sofocle ha gli elementi caratterizzanti , così come l’esiguità dei personaggi. Probabilmente nella stesura originale di Sofocle i personaggi previsti erano solo il coro, il messaggero ed Eteocle mentre l’introduzione degli altri è frutto di interpolazione. Tuttavia di queste aggiunte la tragedia se ne giova risultando più ricca e varia nell’alternanza scenica. In questa versione rappresentata a Siracusa non è presente Ismene, sorella di Antigone, che in altre versioni è tra i personaggi.

I suoni sono utilizzati sapientemente e resi ottimamente dall’impianto sonoro, a sottolineare i momenti salienti, accompagnare le danze. I tamburi soprattutto spiccano per efficacia battendo in modo suggestivo ritmi di tragedia e di guerra. A proposito del suono spendo qui due parole sul fatto che ormai è invalso l’uso di utilizzare microfoni per gli attori della tragedia, che, tradizionalmente, dovrebbero recitare senza ausili tecnologici. Ciò perché il teatro dovrebbe godere di una particolare acustica potenziata dalle casse naturali  di risonanza poste a destra e a sinistra della scena, costituite da incavi scavati nella roccia. La verità è che i rimaneggiamenti del teatro e/o l’usura del tempo non rendono questa acustica eccellente come probabilmente era in origine, d’altra parte la tecnologia ormai è tale che i microfoni praticamente non si vedono, quindi sembra che gli attori recitino senza. Io però vengo da un tempo in gioventù nel quale ho visto e sentito recitare senza microfono al teatro greco di Siracusa e posso testimoniare la chiara percezione dello sforzo vocale richiesto all’attore. Davvero non tutti possono.

Il culmine della rappresentazione Sette contro Tebe è lo scompiglio della battaglia, tra fumi, assalti e fughe, mimando l’affanno e violenza della battaglia i soldati si misurano armi in pugno, accompagnati dal rumore degli scontri, in sottofondo di musiche coinvolgenti con punte di acuti tamburi e grida. Al tramestio di questo momento segue la calma dell’avvenuta tragedia. Questo è l’apice drammatico, dove Antigone pone a tutta la vicenda il suo cameo di dolore. Antigone piange i fratelli morti e esprime pari tenerezza per l’uno e l’altro deposti inanimati ai suoi piedi.  Sopraggiunge la manifestazione del volere della città di rendere onori a Eteocle, eroe e difensore di Tebe e di lasciare insepolto Polinice, esposto fuori dalle mura all’insulto di cani randagi e uccelli predatori. Il volere della città è espresso attraverso la voce tecnologica e nasale di un megafono. Anche il megafono è un elemento spettacolare di questa tragedia, montato su un alto traliccio sorge magicamente dalla sabbia e proclama la volontà del governo tebano di non dare sepoltura a Polinice che da nemico ha aggredito la città. Antigone si ribella  a questa decisione e dichiara l’intento opposto di dare sepoltura al corpo del suo disgraziato fratello a rischio della sua stessa vita. Intento che porterà a compimento. Questa però è tutta un’altra tragedia.

Bravo Marco Foschi nei panni di Eteocle. Ancora di più mi ha convinto questa bella Antigone-Anna Della Rosa, forse perché da donna solidarizzo con una donna, portatrice di trepidazione e dolore, forse perché nel ruolo di Antigone non lancia minacce, non bestemmia contro gli dei, perché fieramente osa opporre la pietà e l’affetto fraterno alla maledizione della città contro Polinice, forse infine per il fascino della particolare voce di Anna Della Rosa, lirica e tremante che si presta singolarmente alla recitazione delle tragedie. Lei è ben consapevole d’essere la figura femminile centrale di tutta la tragedia e riveste questo ruolo con talentuosa consapevolezza, sia in abiti da “guerra” di pelle e piume indossati nella prima parte della rappresentazione, sia dopo, negli abiti più sobri del dolore, una mise in spolverino color tra cipria e mattone su veste nera. Questo outfit mi è sembrato l’unica concessione al moderno tra i costumi altrimenti validi scenograficamente, perché “animati” molto mobili, danzano sul corpo degli attori come fossero dotati di una propria vita, appaiono ispirati in parte agli uomini delle caverne e per altro verso al medioevo dei signori paludati riccamente. Mi sarei risparmiate le cavigliere a frange da african style.

E’ piaciuta questa tragedia, oltre che a me, anche agli spettatori. A fine rappresentazione, tradizionalmente, si applaude a lungo per ringraziare. Ne vale davvero la pena.

Solo un rammarico, che è un appunto, che è una lamentela, che è una voce che dà voce a tutti coloro (e sono moltissimi) che non hanno gradito affatto il divieto dell’uso di fotocamere e telecamere durante la rappresentazione. Questa riserva dell’immagine di un evento pubblico è spiacevole e controproducente per la fortuna e memoria dell’evento stesso. Migliore sarebbe stato un divieto di riprese fotografiche e video per uso professionale o comunque commerciale.

Per quanto appena detto, qui non vi sono foto della rappresentazione.

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

Le Fenicie di Euripide

23 venerdì Giu 2017

Posted by Loredana Semantica in SPETTACOLO, Teatro

≈ Lascia un commento

Nel teatro greco di Siracusa è il corso il 53°ciclo di rappresentazioni classiche.
Ogni anno nei mesi maggio, giugno e luglio, nello splendido scenario naturale a cielo aperto del teatro greco di Siracusa, l’INDA mette in scena 3 opere di autori classici greci o latini che attirano spettatori da tutto il mondo, l’anno scorso quasi 120.000.
L’inda, acronimo di Istituto Nazionale del Dramma Antico, è una fondazione culturale nata nel 1913 per iniziativa del nobile siracusano Mario Tommaso Gargallo, con l’intento di dare nuova vita al dramma antico nella sua sede naturale: il teatro greco di Siracusa.

Questo teatro è stato scavato nella roccia del colle Temenite circa 4 secoli prima della nascita di Cristo, è quindi un teatro antichissimo e glorioso, con la sua cavea di ben 138,60 metri si colloca tra i teatri greci più grandi del mondo. Caratterizzato da accorgimenti diretti a sfruttarne l’acustica, è costituito da più ordini di gradini disposti a semicerchio e degradanti verso il centro. Originariamente i gradini erano 67, divisi in 9 settori da scalinate che permettevano al pubblico l’accesso ai posti a sedere. Utilizzato anche in epoca romana, più volte rimaneggiato, è attualmente monumento archeologico oggetto di immancabile visita da parte dei turisti che si recano a Siracusa. Viene destinato soltanto di rado a premiazioni ed altre iniziative culturali diverse dalle rappresentazioni classiche per preservarne l’integrità. Sempre per tutelare la roccia dall’usura, durante il ciclo di rappresentazioni classiche viene protetto da impalcature sui gradini e transenne di legno lungo le scalinate per permetterne la fruibilità senza danneggiamenti.

Quest’anno in programma per il ciclo di rappresentazioni classiche ci sono:
“Le Fenicie” di Euripide, l’ultima rappresentazione domani
“Sette contro Tebe” di Eschilo
“Le Rane” di Aristofane
Le prime due sono tragedie, appartengono entrambe al ciclo tebano e trattano della stessa vicenda da angolazioni diverse, le Rane sono una commedia, capolavoro di Aristofane.

Le Fenicie di Euripide, è stata rappresentata quest’anno dopo una lunghissima pausa dal 1968, l’anno nel quale precedentemente è andata in scena, parliamo di oltre 50 anni fa. La tragedia è tale indubbiamente, c’è un gran bel numero di irrimediabili morti, un fato che incombe maledetto, guerra, odio e rivalità, una madre aggrovigliata nelle spire di infausta sorte che nulla può contro il destino e sceglie il suicidio, preferendo la morte a una vita di infelicità per il lutto dei propri figli e per la disgrazia del proprio delitto. Sono protagonisti di questa tragedia del ciclo tebano: Giocasta, Edipo, Eteocle e Polinice, Antigone, Tiresia, Creonte, Meneceo, a dare il nome alla tragedia un gruppo di donne, tra le quali una vergine, provenienti dalla Fenicia e dirette al tempio di Apollo che assistono allo svolgersi degli eventi. Le donne fenicie nella tragedia assumono le vesti del coro che tradizionalmente commenta o narra aspetti ed eventi rilevanti della tragedia.

Eteocle, Polinice e Antigone sono fratelli, figli di Giocasta ed Edipo, Edipo tuttavia sposando Giocasta ha commesso a suo tempo inconsapevolmente incesto, perché Giocasta è anche sua madre. Edipo, nella disperazione della colpa di cui si è macchiato, lascia il governo della città di Tebe, che resta ai figli maschi Eteocle e Polinice. Essi si accordano per alternarsi un anno ciascuno, ma Eteocle al termine del suo anno di governo non vuole cedere al fratello lo scettro e perciò Polinice, reclamando il suo diritto, marcia con un poderoso esercito da Argo verso Tebe. La tragedia si apre con un dialogo tra Antigone (Giordana Faggiano) e il suo precettore, (Simone Luglio), che è un pretesto narrativo per introdurre alla vicenda.

IMG_7666

Antigone e Pedagogo, ph. Loredana Semantica

In questa fase iniziale viene messa in risalto la scenografia. Bello l’albero sradicato, bianco nelle fronde e nelle radici, al centro della scena tra le rocce squadrate come mura e suggestivi teli di organza bianca stesi tra gli alti pali dello sfondo che ondeggiano al vento. Rosso tutto il resto. Scenografia essenziale ma efficace.

Tra i momenti salienti ed efficaci della tragedia il monologo di Giocasta, nell’ottima interpretazione di Isa Danieli. Ella preoccupata del rischio che incombe sulla città, ma soprattutto sui suoi figli tenta inutilmente di accordarli, risultando una credibile Giocasta in ricchi paludamenti neri e bionda, luminosa capigliatura. Eteocle al secolo è Guido Caprino (noto al grande pubblico per aver interpretato il Commissario Manara in TV) nella tragedia è un prestante re, cupo, determinato, assetato di potere.

IMG_7686

Eteocle e il coro, ph Loredana Semantica

Suo fratello Polinice è Gianmaria Martini, anche lui ha recitato in tv nella fiction I Cesaroni. Nei panni di Polinice si mostra meno imponente del fratello, con una recitazione più infantile e nevrotica, (del resto ben si accorda alla realtà della vita che i fratelli siano diversi per aspetto e temperamento) con la quale rappresenta alla madre Giocasta, quanto l’esilio di un reale sia una condizione di nullità e disagio.

IMG_7679

Giocasta e Polinice, ph. Loredana Semantica

Tiresia, l’indovino cieco, è interpretato con originale vena bisbetica, comica e patetica nello stesso tempo, da Alarico Salaroli. E’ Tiresia che indica come unica via per salvare Tebe dalla minaccia della guerra incombente il sacrificio di Meneceo (Matteo Francomano) figlio di Creonte. Ottimo anche Creonte, interpretato da Michele Di Mauro. Proprio Creonte è l’artefice dell’unico momento di pathos in scena, quando egli manifesta il suo inconsolabile dolore alla scoperta che suo figlio Meneceo si è suicidato, sacrificandosi per salvare la città, realizzando il vaticinio di Tiresia.

Ed in questa ultima considerazione si evidenzia il limite di questa tragedia, costruita da Euripide, senza un’autentica consapevolezza o autentica volontà di muovere lo spettatore a partecipazione. Sin dall’introduzione di un coro formato da terze parti, le donne Fenicie, che osservano e commentano, più con lucidità che con emozione.

A dire del coro in particolare, tranne la vergine in assurdi occhiali dalla montatura di celluloide scura e la pianista che ben accorda note gravi a tutto l’insieme, tutte le donne fenicie hanno il volto coperto da un mascherone di gomma. Scelta che impressiona ma non compensa il limite della staticità del coro. Essendo questo gruppo a dare il nome alla tragedia, forse un maggiore dinamismo, un’esaltazione delle battute, renderlo maggiormente spettacolare avrebbe giovato all’intera rappresentazione.  La tragedia infatti soffre per l’assenza di un protagonista che spicchi e catturi l’attenzione dell’ascoltatore, lo conquisti alla sua sofferenza ed alle sue ragioni. Giocasta avrebbe potuto raggiungere questo vertice, sol che Euripide avesse voluto mettere in scena il tragico momento in cui lei si dà la morte per non sopravvivere ai suoi figli. Euripide invece sceglie per finale la sobrietà di una condanna per Edipo, in lutto per la morte di madre e sposa al tempo stesso e dei suoi due figli, messo all’esilio da Creonte, convinto che egli sia l’origine della rovina di Tebe. La scena finale è di Edipo che, accompagnato da Antigone se ne va verso lo sfondo e sparisce.

IMG_7750

Edipo, ph. Loredana Semantica

Anche quest’anno, come ormai avviene da tempo, sono stati introdotti nei costumi della tragedia elementi estemporanei e stranianti: come le divise moderne dei soldati, i berretti con le visiere, gli elmetti e i bottoni dorati, gli occhiali assolutamente incoerenti della vergine tra le donne fenicie, la mise in giallo limone di Antigone  che rammenta lo stile teenager anni 50 da film Grease, ben poco in linea col coraggio, ribellione e disperazione che fanno brillare questa figlia di Edipo. L’araldo, Massimo Cagnina, ha l’ingrato compito di snocciolare la serie di morti che funestano la tragedia, riesce a farlo trasformando il momento tragico, in un inserto tragicomico, dove il refrain “Me dispiace” e l’inflessione meridionale spadroneggiano. La palma res della ieraticità, pur nella pronuncia evidentemente straniera, va a Edipo – Yamanuchi Hal, perfettamente nei panni di un re cieco, nobile e sconfitto dal fato.

In sintesi cosa potremmo dire di questa tragedia? Bravi tutti tranne Euripide.

La regia è di Valerio Binasco.

Tutte le informazioni qui. http://www.indafondazione.org/it/

Loredana Semantica

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

Articoli recenti

  • Venerdì dispari 19 dicembre 2025
  • Prisma lirico 54: Rainer Maria Rilke – Edward Hopper 18 dicembre 2025
  • Abusi domestici: il silenzio che segna per tutta la vita 16 dicembre 2025
  • Marcello Buttazzo, “Aspettando l’aurora”, I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, 2025. 15 dicembre 2025
  • Poesia sabbatica:”Lettera a mia figlia” 13 dicembre 2025
  • Venerdì dispari 12 dicembre 2025
  • Il fallimento rieducativo delle carceri 9 dicembre 2025
  • Buona festa dell’Immacolata 8 dicembre 2025
  • Poesia sabbatica: “Divenire”, “Chi siamo” 6 dicembre 2025
  • Venerdì dispari 5 dicembre 2025

LETTERATURA E POESIA

  • ARTI
    • Appunti d'arte
    • Fotografia
    • Il colore e le forme
    • Mostre e segnalazioni
    • Prisma lirico
    • Punti di vista
  • CULTURA E SOCIETA'
    • Cronache della vita
    • Essere donna
    • Grandi Donne
    • I meandri della psiche
    • IbridaMenti
    • La società
    • Mito
    • Pensiero
    • Uomini eccellenti
  • LETTERATURA
    • CRITICA LETTERARIA
      • Appunti letterari
      • Consigli e percorsi di lettura
      • Filologia
      • Forma alchemica
      • Incipit
      • NarЯrativa
      • Note critiche e note di lettura
      • Parole di donna
      • Racconti
      • Recensioni
    • INTERAZIONI
      • Comunicati stampa
      • Il tema del silenzio
      • Interviste
      • Ispirazioni e divagazioni
      • Segnalazioni ed eventi
      • Una vita in scrittura
      • Una vita nell'arte
      • Vetrina
    • POESIA
      • Canto presente
      • La poesia prende voce
      • Più voci per un poeta
      • Podcast
      • Poesia sabbatica
      • Poesie
      • Rose di poesia e prosa
      • uNa PoESia A cAsO
      • Venerdì dispari
      • Versi trasversali
      • ~A viva voce~
    • PROSA
      • #cronacheincoronate; #andràtuttobene
      • Cronache sospese
      • Epistole d'Autore
      • Fiabe
      • I nostri racconti
      • Novelle trasversali
    • Prosa poetica
    • TRADUZIONI
      • Capo Horn – Tijuana. Cuentos Olvidados
      • Idiomatiche
      • Monumento al mare
  • MISCELÁNEAS
  • MUSICA
    • Appunti musicali
    • Eventi e segnalazioni
    • Proposte musicali
    • RandoMusic
  • RICORRENZE
  • SINE LIMINE
  • SPETTACOLO
    • Cinema
    • Teatro
    • TV
    • Video

ARCHIVI

BLOGROLL

  • Antonella Pizzo
  • alefanti
  • Poegator
  • Deborah Mega
  • Di sussurri e ombre
  • Di poche foglie di Loredana Semantica
  • larosainpiu
  • perìgeion
  • Solchi di Maria Allo

Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi via e-mail.

INFORMATIVA SULLA PRIVACY

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella privacy policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la PRIVACY POLICY.

Statistiche del blog

  • 462.290 visite
Il blog LIMINA MUNDI è stato fondato da Loredana Semantica e Deborah Mega il 21 marzo 2016. Limina mundi svolge un’opera di promozione e diffusione culturale, letteraria e artistica con spirito di liberalità. Con spirito altrettanto liberale è possibile contribuire alle spese di gestione con donazioni:
Una tantum
Mensile
Annuale

Donazione una tantum

Donazione mensile

Donazione annuale

Scegli un importo

€2,00
€10,00
€20,00
€5,00
€15,00
€100,00
€5,00
€15,00
€100,00

O inserisci un importo personalizzato

€

Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Fai una donazioneDona mensilmenteDona annualmente

REDATTORI

  • Avatar di adrianagloriamarigo adrianagloriamarigo
  • Avatar di alefanti alefanti
  • Avatar di Deborah Mega Deborah Mega
  • Avatar di emiliocapaccio emiliocapaccio
  • Avatar di Francesco Palmieri Francesco Palmieri
  • Avatar di francescoseverini francescoseverini
  • Avatar di frantoli frantoli
  • Avatar di LiminaMundi LiminaMundi
  • Avatar di Loredana Semantica Loredana Semantica
  • Avatar di Maria Grazia Galatà Maria Grazia Galatà
  • Avatar di marian2643 marian2643
  • Avatar di maria allo maria allo
  • Avatar di Antonella Pizzo Antonella Pizzo
  • Avatar di raffaellaterribile raffaellaterribile

COMMUNITY

  • Avatar di •Pat
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di federicogiovannimaria
  • Avatar di Copyrights © Poetyca https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/
  • Avatar di elena delle selve
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Briciolanellatte
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di miribruni79
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Gianmarco Papi
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto

BLOGROLL

  • chiscrivechilegge di Antonella Pizzo
  • alefanti
  • Poegator
  • Deborah Mega
  • Disussurried'ombre
  • Di poche foglie di Loredana Semantica
  • larosainpiu
  • perìgeion
  • Solchi di Maria Allo

Blog su WordPress.com.

  • Abbonati Abbonato
    • LIMINA MUNDI
    • Unisciti ad altri 284 abbonati
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • LIMINA MUNDI
    • Abbonati Abbonato
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...
 

    Informativa.
    Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la
    COOKIE POLICY.
    %d