• ABOUT
  • CHI SIAMO
  • AUTORI
    • ANTONELLA PIZZO
    • DEBORAH MEGA
    • EMILIO CAPACCIO
    • FRANCESCO PALMIERI
    • FRANCESCO TONTOLI
    • LOREDANA SEMANTICA
    • MARIA ALLO
  • HANNO COLLABORATO
    • ADRIANA GLORIA MARIGO
    • ALESSANDRA FANTI
    • ANNA MARIA BONFIGLIO
    • FRANCESCO SEVERINI
    • MARIA GRAZIA GALATA’
    • MARIA RITA ORLANDO
    • RAFFAELLA TERRIBILE
  • AUTORI CONTEMPORANEI (letteratura e poesia)
  • AUTORI DEL PASSATO (letteratura e poesia)
  • ARTISTI CONTEMPORANEI (arte e fotografia)
  • ARTISTI DEL PASSATO (arte e fotografia)
  • MUSICISTI
  • CONTATTI
  • RESPONSABILITÀ
  • PRIVACY POLICY

LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi tag: Camillo Sbarbaro

IL DOLORE DEL VIVERE ~ Note sulla poesia di Camillo Sbarbaro

24 mercoledì Feb 2021

Posted by marian2643 in Appunti letterari, LETTERATURA

≈ Lascia un commento

Tag

Anna Maria Bonfiglio, Camillo Sbarbaro

 

Sbarbaro, estroso fanciullo, piega versicoli

carte e ne trae navicelle che affida alla fanghiglia

mobile di un rigagno…

 

Questo è l’incipit dell’epigramma che Eugenio Montale scrisse per Camillo Sbarbaro in esergo al suo libro Poesia e prosa, curato da Vanni Scheiwiller e prefato dallo stesso Montale, una sestina in cui è racchiusa tutta la potenza simbolica che l’autore assegna alla poetica del ligure: un universo esplorato con l’occhio limpido del fanciullo che gioca “con carta colorata” alla rappresentazione di una vicenda esistenziale intessuta di piccole cose. In Fuochi Fatui lo stesso Sbarbaro parlò di se stesso assimilando i suoi repentini stupori a quelli di un fanciullo “ammesso a far man bassa in un emporio di giocattoli”. Nella sua prosa frammentistica, che non raramente tocca punte di autentica liricità, il poeta ritorna sovente al suo mondo di fanciullo come a un’isola dove solo è possibile spegnere quel disagio nei confronti della vita che è la costante espressione della sua poesia.
L’arte di Sbarbaro ha una genesi indecifrabile, è un nodo di autobiografismo vago, privo di qualsiasi sostegno documentale, nasce e “si fa” voce di un sapere lucido, disincantato, espressione sostanziale di un’esistenza che ha un solo punto fermo, la natura, al cui contatto l’uomo-Sbarbaro approda ad un’autentica emozione. La natura, sola presenza benefica in un mondo che lo lascia indifferente, riscatta la povertà di avvenimenti della sua vita, cura gli stati di nevrosi che a periodi lo colgono, lo riconcilia con una realtà che, pur nel suo fondo di avarizia, può dargli ancora qualcosa: (Benedetto amore. Oggi che ho il piede sulla soglia, pochi passi bastano per raggiungere l’uliveto sul mare, dove per ore, in silenzioso a tu per tu con una muriccia di fascia, passerò di gioia in sorpresa…).
La sua vita è come divisa in due corpi: da una parte la letteratura, dall’altra la scienza, che pratica come lichenologo, e nello stesso tempo unica, quando dall’una e dall’altra si distacca per contemplare con pena irreversibile il sentimento del dolore: (Vedo allora che nulla nella vita/ è buono e nulla è triste, ma che tutto/ è d’accettare nello stesso modo;/ e penso che convenga rassegnarsi/ ché tutto eguaglia la necessità).

Camillo Sbarbaro nasce a Santa Margherita Ligure nel 1888. Il padre Carlo, ingegnere e architetto, è un militare a riposo, la madre è Angiolina Bacigalupo. Ammalatasi di tubercolosi, Angiolina morirà nel 1893 affidando i suoi due figli Camillo e Clelia alle cure della sorella Maria (la Benedetta a cui Sbarbaro dedicherà le poesie di Rimanenze). Dopo un breve soggiorno a Voze, nel 1894 la famiglia si trasferisce a Varazze, dove Camillo frequenta le scuole fino al ginnasio. Nel 1904, incoraggiato dallo scrittore Remigio Zena, inizia la sua attività poetica. Frequenta il liceo a Savona dove ha l’occasione di conoscere il filosofo Adelchi Baratono, fratello del suo futuro amico Pierangelo.
Dopo aver conseguito il diploma Sbarbaro si impiega nella Società Siderurgica di Savona. Nel 1911 la società viene assorbita dall’Ilva di Genova e Sbarbaro è costretto a trasferirsi nel capoluogo ligure. In quello stesso anno, grazie ad una sottoscrizione dei compagni di liceo, viene stampata Resine, la sua prima raccolta di liriche. Successivamente le sue poesie e la sua prosa lirica compaiono sulle maggiori riviste letterarie italiane: La Riviera Ligure, Lacerba, La Voce.
Allo scoppio della prima guerra mondiale decide di abbandonare la mal sopportata vita impiegatizia e si arruola volontario nella Croce Rossa Italiana. Alternandosi tra le trincee e le retrovie scrive le prose più belle dei suoi Trucioli. Nel 1927 comincia ad insegnare all’Istituto genovese Ariecco dei Padri Gesuiti, ma lascia improvvisamente l’incarico per non dover subire la tessera del Fascio che gli era stata imposta. L’anno seguente escono nel volume Liquidazione alcune delle prose scritte negli anni postbellici, che testimoniano il definitivo passaggio da un gusto vociano-frammentista ad una più costruita e complessa prosa d’arte. Nel 1928 Sbarbaro vende a Stoccolma un primo importante erbario di muscinee. Nel 1931 esce la rivista Circoli, fondata da Adriano Grande, che nel primo numero ospita i suoi splendidi Versi a Dina, piccolo canzoniere amoroso. Il rapporto col regime si complica e l’anno successivo la censura esige tagli e soppressioni dalle bozze del suo nuovo libro, Calcomanie, che non vedrà la luce se non nel 1940 in una versione dattiloscritta allestita per gli amici in venti copie. In seguito al bombardamento navale di Genova (9 febbraio 1941) si trasferisce a Spotorno con la zia e la sorella. Vi resterà fino al novembre del 1945, iniziando una feconda attività di traduttore dei classici greci e francesi. Nel 1914 per conto de La voce era stata pubblicata a Firenze la silloge Pianissimo. La raccolta è un monologo dal tono dimesso, quasi soffocato, espresso in endecasillabi. La tematica esistenziale presenta ampi squarci di tormento interiore articolato senza alcuna violenza linguistica, i testi si offrono al lettore come pronuncia scabra ed essenziale di un’angoscia che non trova conforto. Il poeta si vede come sdoppiato, un uomo che cammina portandosi appresso un’anima che “la sirena del mondo” non può incantare; tutto ciò che lo circonda è quello che è, nessuna illusione, ma la rassegnazione a una condizione di vita segnata dall’indifferenza.

L’accostamento alla tematica di ispirazione leopardiana, di cui si è parlato a proposito della poesia sbarbariana, si arena quando più si fa evidente la reale differenza che intercorre fra le pulsioni dei due autori: la poesia di Camillo Sbarbaro condivide con quella del Leopardi il sentimento di sordo dolore nei confronti della vita, ma se ne distanzia per la fondamentale disposizione dell’anima. Sbarbaro non piange i sogni perduti, le illusioni tradite, il desiderio di ciò che non è possibile possedere, che nel Leopardi sono filosofica affermazione di una condizione di vita comune a tutti gli uomini, ma si fa testimone di una sua personale solitudine interiore, generata dall’aridità che lo circonda, e scioglie il dolore che lo raggela in un canto cupo e impietrito. La sua poesia è sfiducia nei confronti della vita ma allo stesso tempo segno di un forte attaccamento ad essa anche nell’epifania del dolore. (Per la felicità grande di piangere/per la tristezza eterna dell’amore/per non sapere e l’infinito buio…/per tutto questo amaro t’amo, Vita).
Sbarbaro vuole scontare la vita. Inerte, atono di fronte all’esistenza non ne rifiuta neanche la più piccola parte, sa che il vuoto attorno a sé sarà per sempre ma di questo non piange. Non semplice accettazione, dunque, ma meditata resa ad una condizione che non può essere diversa. La solitudine di Sbarbaro è una reclusione fatale che gli permette di osservare la realtà con occhio oggettivo. Il suo canto di dolore si innerva su due motivi: lo sconforto universale, generato dalla consapevolezza che nessuno può sottrarsi all’ineluttabilità dell’esistenza, e la pena privata, una sofferenza tutta personale, radicata nel fondo della coscienza. A questo dolore il poeta non può e non vuole rinunciare perché in esso configura la vita stessa: (perché quando non soffro neppur vivo). Quella che egli stesso definisce “la condanna d’esistere” investe tutta l’umanità ed ecco che la sua pena diviene dolore del mondo e dei tanti condannati sorridenti che vanno verso l’abisso dell’esistere, egli “s’impaura”.

A proposito di Pianissimo si è parlato anche di matrice culturale baudelairiana e non è difficile rilevare che alcune liriche offrono molti spunti che autorizzano un accostamento alla poesia di Baudelaire. La tematica di Sbarbaro apre un varco verso la concezione della poesia moderna del secondo Novecento, così come quella di Baudelaire fu uno spartiacque fra la poesia del primo Ottocento e quella che si avviava a rappresentare un modello di umanità calata nell’era della prima rivoluzione industriale. L’atonia vitale, la pietrificazione interiore dell’individuo che assiste da spettatore inerte alla vita, la frantumazione della propria identità nei rapporti con il mondo esterno, sono la misura del disagio che l’uomo Sbarbaro avverte nei confronti di un’esistenza che subisce.

I sentimenti del poeta si sciolgono solo nel canto che gli affetti familiari gli sanno suscitare e al padre egli rivolge il suo pensiero purificato dall’immanente presenza di quel dolore che suscita la consapevolezza della perdita: “Padre che muori tutti i giorni un poco/e ti scema la vita e più non vedi/con allargati occhi che i tuoi figli…”, versi che implicano il senso dell’impotenza escatologica e la pena della solitudine senza speranza alla quale l’indifferenza della vita condanna l’uomo. Il rimpianto di non aver saputo esprimere concretamente i sentimenti che lo legano alle persone care corrode l’anima del poeta che cerca riscatto e salvezza nella propria capacità di ancorarsi al dolore: “Voglio il Dolore che mi abbranchi forte/e collochi nel centro della Vita”.

Elemento necessario e catartico, il sentimento del dolore è la struttura essenziale della poetica sbarbariana dalla quale l’autore si discosta appena nelle brevi pause di abbandono. Nei bellissimi Versi a Dina il canto di dolore si distende pur rimanendo latente nell’anima per il senso di provvisorietà che l’episodio d’amore non cancella. Il poeta ha consumato la sua ansia d’amore in anonimi letti di postriboli, ne ha assaporato il retrogusto amaro che ogni volta lo ha svuotato d’ogni voglia di vivere. A questa sensualità spesa troppo in fretta ha pagato il suo tributo di pena: nel momento stesso in cui sono stati placati i sensi sono scattati il vuoto e la desolazione, l’alienazione al diritto di soffrire: “Sento d’esser passato oltre quel limite/nel qual si è tanto umani per soffrire”.
Ma, oltrepassata la frontiera dei sensi, ecco, a rischiarare un’esistenza di trame povere e a rendere vivi fantasmi e immagini di una giovinezza consumata nella fantasia, palesarsi il sentimento che coniuga amore e pulsione erotica. La vita che prima era stata un deserto si anima di una presenza viva: “E la vita sapessi a me che fu,/Amore, prima che ti conoscessi…/Un deserto la terra; a volte, il mondo/come sfocata immagine che trema”. L’inquietudine si scioglie nella certezza della realtà nuova, spezza l’amara solitudine e riporta l’uomo a contatto con l’altro. Il tempo di stupirsi, di placare il tormento interiore in una pausa riconciliatrice ed ecco che tutto è già rimpianto. L’Immagine, fatta vita e ritornata oscurità, si fa ricordo, memoria che trasmuta fatti e luoghi, risorsa vitale per l’anima consumata dalla pena del vivere; ritorna il dolore, generato dal senso di perdita. “Oh come poca cosa quel che fu/da quello che non fu divide!”I termini del vissuto si confondono fra emozioni provate e realtà immaginate e riportano al passato suscitando suggestioni che si risolvono nell’icasticità di immagini scarne e strazianti: “(…) non era che un crudele immaginare”.
Quella di Sbarbaro, secondo Emilio Cecchi, è “un’arte di autoanalisi”; la vita del poeta ligure è il segreto che ciascuno custodisce in sé e la sua poesia, di cui Giovanni Boine scrisse che “a capirla basta il cuore e l’aver vissuto”, ne è la sola certezza. Sbarbaro fu uomo che non rifuggì la povertà, si tenne lontano da mode e conventicole e non seguì che la sua sensibilità. Il suo dettato poetico è una partitura nitida dalla quale si sprigiona la forza erompente dell’arte. Il suo fu un mondo chiuso che gli permise spazi altissimi dove le sue sensazioni di cupo sconforto si sciolsero nella manifestazione espressiva. Il dolore del vivere, che sempre lo accompagnò, non gli impedì di provare uno stupore quasi infantile ogni qualvolta la sua anima colse gli aspetti benevoli della natura, al cospetto della quale provò l’ineffabile sensazione della libertà: “(…) e come per uno sforzo d’ali i gomiti alzo…
Se Baudelaire vede il poeta come l’albatro che caduto in mano alla ciurma insensibile ne diviene lo zimbello, Sbarbaro lo assimila alla fanciulla che se ne va da sola nient’altro possedendo che il suo canto. “A noi che non abbiamo/ altra felicità che di parole(…)/se non è troppo chiedere, sia tolta/prima la vita di quel solo bene”.

Camillo Sbarbaro muore all’Ospedale S.Paolo di Savona il 31 ottobre del 1967, dopo un lungo periodo segnato da gravi crisi depressive.

Anna Maria Bonfiglio

Condividi:

  • Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra) Facebook
  • Fai clic per condividere su X (Si apre in una nuova finestra) X
  • Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra) WhatsApp
Mi piace Caricamento...

Articoli recenti

  • Venerdì dispari 19 dicembre 2025
  • Prisma lirico 54: Rainer Maria Rilke – Edward Hopper 18 dicembre 2025
  • Abusi domestici: il silenzio che segna per tutta la vita 16 dicembre 2025
  • Marcello Buttazzo, “Aspettando l’aurora”, I Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, 2025. 15 dicembre 2025
  • Poesia sabbatica:”Lettera a mia figlia” 13 dicembre 2025
  • Venerdì dispari 12 dicembre 2025
  • Il fallimento rieducativo delle carceri 9 dicembre 2025
  • Buona festa dell’Immacolata 8 dicembre 2025
  • Poesia sabbatica: “Divenire”, “Chi siamo” 6 dicembre 2025
  • Venerdì dispari 5 dicembre 2025

LETTERATURA E POESIA

  • ARTI
    • Appunti d'arte
    • Fotografia
    • Il colore e le forme
    • Mostre e segnalazioni
    • Prisma lirico
    • Punti di vista
  • CULTURA E SOCIETA'
    • Cronache della vita
    • Essere donna
    • Grandi Donne
    • I meandri della psiche
    • IbridaMenti
    • La società
    • Mito
    • Pensiero
    • Uomini eccellenti
  • LETTERATURA
    • CRITICA LETTERARIA
      • Appunti letterari
      • Consigli e percorsi di lettura
      • Filologia
      • Forma alchemica
      • Incipit
      • NarЯrativa
      • Note critiche e note di lettura
      • Parole di donna
      • Racconti
      • Recensioni
    • INTERAZIONI
      • Comunicati stampa
      • Il tema del silenzio
      • Interviste
      • Ispirazioni e divagazioni
      • Segnalazioni ed eventi
      • Una vita in scrittura
      • Una vita nell'arte
      • Vetrina
    • POESIA
      • Canto presente
      • La poesia prende voce
      • Più voci per un poeta
      • Podcast
      • Poesia sabbatica
      • Poesie
      • Rose di poesia e prosa
      • uNa PoESia A cAsO
      • Venerdì dispari
      • Versi trasversali
      • ~A viva voce~
    • PROSA
      • #cronacheincoronate; #andràtuttobene
      • Cronache sospese
      • Epistole d'Autore
      • Fiabe
      • I nostri racconti
      • Novelle trasversali
    • Prosa poetica
    • TRADUZIONI
      • Capo Horn – Tijuana. Cuentos Olvidados
      • Idiomatiche
      • Monumento al mare
  • MISCELÁNEAS
  • MUSICA
    • Appunti musicali
    • Eventi e segnalazioni
    • Proposte musicali
    • RandoMusic
  • RICORRENZE
  • SINE LIMINE
  • SPETTACOLO
    • Cinema
    • Teatro
    • TV
    • Video

ARCHIVI

BLOGROLL

  • Antonella Pizzo
  • alefanti
  • Poegator
  • Deborah Mega
  • Di sussurri e ombre
  • Di poche foglie di Loredana Semantica
  • larosainpiu
  • perìgeion
  • Solchi di Maria Allo

Inserisci il tuo indirizzo email per seguire questo blog e ricevere notifiche di nuovi messaggi via e-mail.

INFORMATIVA SULLA PRIVACY

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella privacy policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la PRIVACY POLICY.

Statistiche del blog

  • 462.295 visite
Il blog LIMINA MUNDI è stato fondato da Loredana Semantica e Deborah Mega il 21 marzo 2016. Limina mundi svolge un’opera di promozione e diffusione culturale, letteraria e artistica con spirito di liberalità. Con spirito altrettanto liberale è possibile contribuire alle spese di gestione con donazioni:
Una tantum
Mensile
Annuale

Donazione una tantum

Donazione mensile

Donazione annuale

Scegli un importo

€2,00
€10,00
€20,00
€5,00
€15,00
€100,00
€5,00
€15,00
€100,00

O inserisci un importo personalizzato

€

Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Apprezziamo il tuo contributo.

Fai una donazioneDona mensilmenteDona annualmente

REDATTORI

  • Avatar di adrianagloriamarigo adrianagloriamarigo
  • Avatar di alefanti alefanti
  • Avatar di Deborah Mega Deborah Mega
  • Avatar di emiliocapaccio emiliocapaccio
  • Avatar di Francesco Palmieri Francesco Palmieri
  • Avatar di francescoseverini francescoseverini
  • Avatar di frantoli frantoli
  • Avatar di LiminaMundi LiminaMundi
  • Avatar di Loredana Semantica Loredana Semantica
  • Avatar di Maria Grazia Galatà Maria Grazia Galatà
  • Avatar di marian2643 marian2643
  • Avatar di maria allo maria allo
  • Avatar di Antonella Pizzo Antonella Pizzo
  • Avatar di raffaellaterribile raffaellaterribile

COMMUNITY

  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di debbie_soncini
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di abdensarly
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di elena delle selve
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di robertofontana1991
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Gianmarco Papi
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di miribruni79
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di Sconosciuto
  • Avatar di •Pat

BLOGROLL

  • chiscrivechilegge di Antonella Pizzo
  • alefanti
  • Poegator
  • Deborah Mega
  • Disussurried'ombre
  • Di poche foglie di Loredana Semantica
  • larosainpiu
  • perìgeion
  • Solchi di Maria Allo

Blog su WordPress.com.

  • Abbonati Abbonato
    • LIMINA MUNDI
    • Unisciti ad altri 284 abbonati
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • LIMINA MUNDI
    • Abbonati Abbonato
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...
 

    Informativa.
    Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la
    COOKIE POLICY.
    %d