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Archivi tag: Il tempo tessuto di Dio. Ritratto filosofico immaginario di Dacia Maraini

L’intervista a Margherita Pascucci: “Il tempo tessuto di Dio. Ritratto filosofico immaginario di Dacia Maraini”

07 martedì Set 2021

Posted by Deborah Mega in Interviste

≈ 1 Commento

Tag

Il tempo tessuto di Dio. Ritratto filosofico immaginario di Dacia Maraini, Margherita Pascucci

Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.

La redazione ringrazia MARGHERITA PASCUCCI per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: “Il tempo tessuto di Dio. Ritratto filosofico immaginario di Dacia Maraini“, Il ramo e la foglia edizioni, 2021.

 

  1. Ci parli della tua pubblicazione?

 

È un saggio narrativo dove filosofia e letteratura si intrecciano. È costruito intorno all’idea della composizione di un saggio filosofico sull’opera di Maraini in cui irrompono momenti di dialogo e epistolario immaginario tra Dacia Maraini e chi scrive. Con un taglio dialogico e narrativo ritrae la figura “immaginata” di Maraini che parla attraverso citazioni da libri e stralci di interviste da me intessuti per riflettere su temi filosofici e letterari che rintraccio nel corpus della sua opera. Ogni capitolo ha quattro parti: la parte di saggio, una parte di dialogo immaginario, una lettera non spedita, e un tratto (del ritratto che vado facendo di lei nel mio saggio.)

  1. Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?

Penso che sia interessante fare letture incrociate: la filosofia che legge la letteratura, e la letteratura che si fa filosofia. Vediamo sempre più oggi filosofi che scrivono romanzi, o che rendono temi filosofici un oggetto di scrittura, abbattendo così barriere (di pensiero e di senso) e creando, inaugurando, nuove composizioni. Questi due campi del sentire, della conoscenza, erano un tempo uniti. Adesso si riavvicinano in molti autori vertiginosamente. Per la mia esperienza, scrivere una lettura filosofica di Shakespeare, leggere Shakespeare non soltanto come il grande drammaturgo ma come colui che crea pensiero nuovo (la definizione che Gilles Deleuze e Félix Guattari davano del filosofo) è un atto che può liberare, a sua volta, nuovo sentire e nuovo pensiero, oltre che nuovi studi. Faccio un esempio: leggere il denaro come si trova in Timone di Atene, mettendolo a confronto con Platone, è illuminante del perché Marx diceva che Shakespeare è stato il primo a fare del denaro una persona concettuale. E quello che dice Shakespeare sul denaro è ancora potentissimo per noi oggi. Leggere le opere di Dacia Maraini come figure concettuali, come ‘pensiero nuovo’ è un atto che mi ha aiutato, per esempio, a capire cosa Walter Benjamin intendeva con la ‘merce come oggetto poetico’, a vedere viva la raccomandazione di Baudelaire: sii sempre poeta, anche in prosa, e a capire come il cinema di poesia di Pasolini si trovi quasi traslato in quella che chiamo ‘prosa di poesia’ di Maraini: l’immaginario come la macchina da presa del reale. Questo potrebbe aprire nuove domande, nuovo pensiero sulla creatività e le sua modalità negli anni condivisi da Pasolini e Maraini, così come, dal punto di vista politico, per esempio, vedere come la ‘prosa di poesia’ (se la mia lettura può essere valida) gemmi, produca, una koiné aisthesis (riaprendo il sentire e l’esigenza della Grecia di Aristotele oggi qui), un sesto senso comune per cui diventa per me possibile sentirmi diventare Teresa la ladra, Manila la prostituta, Veronica meretrice e scrittora… è un ampliamento dei sensi (campo della letteratura, che porta altro immaginario ad aprirsi) ma anche del pensiero (tutti i luoghi muti del corpo di Marianna Ucrìa che diventano espressione, liberano un fiorire di sensazioni in me, e credo in qualunque altro lettore, che diventano non solo sentire comune, condiviso, ma anche liberazione del sentire stesso). Quindi: quanto possa essere utile nel panorama di oggi un’operazione come la mia, non so. L’ho scritta per Maraini, senza pensare molto ai suoi risvolti. Ora che però il libro vive di vita propria, spero che questo arduo connubio che ho tentato possa suscitare anche in chi legge una liberazione del pensiero quanto le opere di Maraini hanno fatto con me.

  1. Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a impegnarti in questa opera? In altri termini qual è la sua genesi?

Ho vissuto molti anni all’estero. Al mio ritorno in Italia, i primi mesi, mi capitava di vedere spesso Maraini in televisione o di ascoltarla alla radio. Incuriosita da questo pensiero così diretto e limpido, ho iniziato a leggere qualche suo libro – a quel tempo avevo letto soltanto Marianna Ucrìa – e il secondo, o forse il terzo libro che ho letto, è stato Chiara di Assisi. Elogio della disobbedienza. Anni fa ho scritto un testo sulla povertà, in cui era fondante la rivoluzione indicata da Chiara nel suo privilegium paupertatis (il diritto a non possedere che lei chiese a Innocenzo III, e che ottenne nel 1216). Più procedevo nella lettura della Chiara di Maraini, più mi colpiva il modo in cui lei fosse riuscita a dire in modo lirico e forte al tempo stesso, comprensibile da tutti, questa potente rivoluzione che Chiara chiese. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, ho letto quindi (quasi) tutto quello che Maraini ha scritto, avendo una predilezione per i suoi testi di teatro. Più leggevo più desideravo conoscere questa autrice che era riuscita a mettere insieme una scrittura altissima a un raffinatissimo, setacciato, depositato eppure immediato e limpido profondo pensiero. Come se il pensiero trovasse, nella scrittura di Maraini, una sua carnalità cruda, e vera. Ne sono rimasta affascinata. Un giorno di maggio dell’anno scorso vidi che Maraini presentava a Firenze Corpo felice, testo sulla maternità. Andai ad ascoltarla, senza però riuscire a parlarle.

Un mese dopo Maraini tornò a Firenze e in un giorno fece due presentazioni: una su Pinocchio nel pomeriggio tardo di inizio estate, in una bella piccola libreria nel centro di Firenze. E una su ‘Scrivere come impegno sociale’ quella stessa sera, dopo cena, in una libreria nella periferia di Firenze. Durante il primo incontro rimasi stupefatta da come Maraini parlava del tempo, della immaginazione, e della creazione (parlando di Pinocchio!). Nei mesi successivi iniziai a scriverle, e Maraini gentilmente mi rispose. Ero attratta, o forse trasportata, da due motivi, o movimenti interiori: far venire alla luce quella trama filosofica che sentivo nei suoi testi, nei suoi discorsi, e conoscerla. In un certo senso speravo di poter, in modo silenzioso, umbratile, conoscendola, imparare a liberare la scrittura filosofica, o forse a fare della scrittura filosofica un percetto (un concetto sensibile). Desideravo imparare quello spogliarsi dell’io che mi sembrava essere la forza della sua scrittura e ciò che dava, magistralmente, carnalità al suo pensiero. Una carnalità particolare a un pensiero, un sentire, universali. Abbiamo continuato a corrispondere per qualche tempo, e io, a un certo punto, le ho proposto il mio progetto di provare a farle un ritratto filosofico. Lei mi disse sì, e questa grande generosità mi riempì di gioia. Rimanevo pur sempre una sconosciuta. Io avevo sempre pensato di fare un saggio che diventasse, attraverso il dialogo tra noi, lentamente narrazione, ma non mi ero resa conto che questo avrebbe implicato una scrittura a quattro mani, cosa che non poteva darsi. Al tempo stesso non volevo che fosse una intervista, perché ce ne sono già diverse, molto belle, né tantomeno un saggio di pura critica letteraria o filosofica. Volevo creare quell’interazione chimica che ci porta sull’orlo della creazione di qualcosa di nuovo. Interazione profonda e impercettibile che è ciò che i testi di Maraini hanno fatto su di me. Dopo qualche momento di crisi, ho deciso di fare il testo lo stesso, facendo fare la parte del dialogo alle parole dei suoi personaggi, dei suoi libri. Ma a quel punto non poteva che essere un ritratto immaginario, un dialogo immaginario. Con tutte le mancanze e gli errori dell’immaginazione. E così è nato Il tempo tessuto di Dio. Sono profondamente grata a Maraini per avermi permesso di immaginarla, anche se a tratti mi sento a disagio per aver reso l’immaginazione qualcosa di espresso. Certo, è la grande forza che ha lei. Dà realtà all’immaginario, all’immaginazione. Solo che il personaggio che viene fuori non è più Dacia Maraini, il suo pensiero, ma una Dacia immaginata da me, la figurazione nel pensiero che un lettore – in questo caso io – si fa di lei. È soltanto un’interpretazione, che offre delle tracce.

  1. La copertina. Chi, come, quando e perché?

La copertina è opera della redazione, la foto è di Roberto Maggiani. Ecco cosa scrivono gli editori della scelta della copertina, da me condivisa:

“Le nostre copertine cercano di esprimere un sentire in equilibrio tra il reale e l’immaginario, cercano un significato che stia alla radice dell’invenzione letteraria. La radice non è mai pulita, è la parte dell’albero che si insinua nelle profondità del terreno in cerca del fluido vitale, necessario a innalzare l’albero verso il sole. “Il tempo tessuto di Dio” è un saggio, un ritratto filosofico immaginario di Dacia Maraini nella cui opera e nei personaggi che in essa vivono, Margherita Pascucci cerca e trova elementi universali che vanno a innestarsi nella storia umana, in molteplici diramazioni che diventano una sorta di tessuto temporale, dunque storico, sul quale è possibile riconoscere la quasi millimetrica scrittura di Dio, con caratteristiche che possono anche apparirci in forme note ma la cui essenza più profonda può assumere “colori” e proprietà del tutto diverse dalle nostre attese. Al di fuori di tale focalizzazione che cosa ne sappiamo noi del carattere dell’esistenza e del reale pensiero di Dio? Il bianco è lo spazio del mistero.”

  1. Come hai trovato un editore?

Ho mandato Il tempo tessuto di Dio a molti editori, ma nessuno ha risposto.

Un caro amico traduttore, Giuseppe Girimonti Greco, mi ha parlato de Il ramo e la foglia edizioni e mi ha proposto di mandare loro il testo. E loro in poco tempo mi hanno dato una risposta affermativa. È stato un incontro felice.

  1. A quale pubblico pensi sia rivolta la pubblicazione?

A tutti, anche se inizialmente sembra un libro specialistico (il saggio) o ostico (la sua composizione intrecciata). Credo che con un po’ di curiosità a farsi trasportare in un linguaggio e un’immaginazione a cui non si è abituati, possa parlare a tutti.

  1. In che modo stai promuovendo il tuo libro?

La casa editrice sta facendo un ottimo lavoro con l’ufficio stampa (contatti a tappeto di blogger, scrittori, giornalisti, studiosi), da cui nascono recensioni, interviste, possibilità di presentazioni.

  1. Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più legato e perché? (N.B. riportarlo virgolettato nel testo della risposta, anche se lungo, è necessario alla comprensione della stessa)

“[Una sera, una mattina]

Lettera non spedita

Oggi è un momento di calma – il cielo torrido sta per essere attraversato da una tempesta, si sentono i tuoni ma ancora non c’è acqua e l’azzurro è imperturbabile. Sembrano quei cieli di Bestie di Tozzi, dove le allodole si buttano a capofitto. In realtà ora, qui, è troppo caldo, e le nuvole insieme all’azzurro sono sospese come in un fermo immagine… Mi chiedo, ma che senso ha continuare a scrivere come se lei potesse leggere, come se potesse rispondermi, come se fossimo davvero in un dialogo? E addirittura un dialogo in differita, io che scrivo un saggio su di lei, rileggendomi cercando di immedesimarmi nei suoi occhi che scorrono queste pagine, cercando di fare da contrappunto. Un dialogo in differita e indiretto, in cui si innestano, come un grande discorso indiretto libero, i miei pensieri che cercano di dire i suoi. Mi deve perdonare, ma in questo viaggio dentro la sua scrittura, leggendo il giorno quando e dove posso, e soprattutto la notte, mi sembra di averla qui. E non riesco a trattenermi, mentre leggo devo scrivere, in un movimento pressocché auscultante. E immagino di averla qui. È un’illusione, lo so, come quelle meravigliose che ogni arte regala, e di cui la scrittura è per me la più ammaliante. Il tempo cambia le cose, i pensieri, le relazioni, quindi chissà, potrebbe forse avere un piccolo spazio di desiderio per un ritratto filosofico dal vero? Mi spiego – continuo a essere così sbadata e astratta nella comunicazione con lei, parlo, parlo e non le dico in concreto cosa voglio: per ritratto filosofico intendo descrivere, attraverso un dialogo con lei sulle sue opere e il suo pensiero su alcuni temi importanti, da lei scelti, la sua filosofia. Trovo che nella sua prosa sia nascosto un profondo pensiero filosofico e mi piacerebbe portarlo alla luce con lei. Da sola non posso farlo, è il suo ed è in nuce, solo lei può farlo diventare espressione. Se lo volesse, mi piacerebbe poter venire a trovarla prima di ottobre. Non le porterei via tempo prezioso, glielo prometto. Mia madre è pittrice, fa ritratti. Per anni ha dipinto per amore e progettato case per amici, trompe-l’œil, quadri e, soprattutto, ritratti. È sempre stata molto veloce a cogliere quel tratto fondamentale e misterioso del carattere in un’espressione del volto. Però aveva sempre, e ha tuttora, bisogno di una manciata di ore con la persona da ritrarre. Io non sono altrettanto veloce, e so che il tempo di questo ritratto filosofico si distenderà oltre qualche ora. Comporre due immaginazioni richiede forse più conoscenza, e più tempo – ‘ontologico’ direbbe il filosofo – di un dipinto. Per questo mi piacerebbe passare un piccolo frangente di tempo ‘ontologico’ con lei, per poter intravedere quei tratti invisibili di cui la filosofia si nutre, e che realtà e immaginazione vivono e tessono alacremente.  A me basterebbe, per iniziare, una sera e una mattina. Ecco, il velo si sta squarciando e la tempesta è qui. E uno Schumann meraviglioso rivisitato da Uri Caine ha ripreso a suonare.” (Il tempo tessuto di Dio. Ritratto filosofico immaginario di Dacia Maraini, pp. 65-66)

Ricordo il momento esatto in cui l’ho scritto, è stato il filo a piombo, il momento di svolta nella scrittura stessa.

  1. Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?

Che il testo possa circolare e venga letto trasversalmente, anche da chi non conosce bene Maraini. Soprattutto possa arrivare a chi non ne conosce i lavori teatrali.

  1. Una domanda che faresti a te stesso su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti?

      Ti senti a disagio per avere ‘messo a nudo’ il tuo immaginario su un’altra scrittrice?

  1. Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?

Sto finendo di lavorare a due manoscritti. Uno è un testo puramente filosofico, che chiude una sorta di trilogia iniziata anni fa (con La potenza della povertà. Marx legge Spinoza e proseguita in Causa sui. Saggio sul capitale e il virtuale – sono testi di lettura del meccanismo del capitale, della povertà e della soggettività). L’altro testo cui sto lavorando è un testo letterario, sulla morte. Stavolta, anche se non lo è propriamente, assomiglia più a un romanzo, la forma saggio è sparita. Ma rimane il confronto, sotto forma di riflessione, attraverso citazioni, con un grande autore della letteratura novecentesca.

Margherita Pascucci

Margherita Pascucci, dopo essersi laureata in filosofia a Firenze, ha proseguito i suoi studi a New York, conseguendo un Master in Yiddish studies a Columbia University e un dottorato in Letteratura Comparata a New York University. Ha poi conseguito un secondo dottorato in Filosofia a Viadrina Universität, Germania, e proseguito le sue ricerche al Collège de France, Parigi e a Royal Holloway, University of London, Inghilterra. Ha insegnato e vissuto in molte città (New York, Berlino, Parigi, Londra, Dhaka, Betlemme, Abu Dis). Ha pubblicato quattro monografie e vari articoli di filosofia politica e morale (Philosophical readings of Shakespeare. “Thou art the thing itself”, Palgrave Macmillan, 2013; Causa sui. Saggio sul capitale e il virtuale, ombre corte, 2009; La potenza della povertà. Marx legge Spinoza, ombre corte, 2006; tr. in farsi Qoqnoos, tr. Foad Habibi, 2019); Il Pensiero di Walter Benjamin: un’introduzione (Edizioni il Parnaso, 2002).

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