È un’opera inconsueta e originale quella composta da Carlo Tosetti ed edita da Pietre Vive nella Collana iCentoLillo, un poemetto d’ispirazione classica costituito da nove capitoli, che però indulge ad atmosfere gotiche e a tratti surreali e fantastiche. “La crepa madre” s’intitola e descrive un fenomeno naturale inspiegabile e dunque ‘perturbante’ inteso come noto da lungo tempo, perfino familiare ma che trasmette una sensazione di insicurezza e di disagio. Il fenomeno è presentato alla fine del primo capitolo nella sezione narrativa: Nella casa albergava una crepa viva e connotò un’estate di tanti anni fa del protagonista, narratore autodiegetico, che racconta gli avvenimenti occorsi nella cittadina di provincia in cui era solito trascorrere l’estate. Si trattava di uno squarcio nel muro di una casa vicina provocato da una frana, dal crollo d’un costone, frattura che il protagonista associò con certezza a una ferita al suo ginocchio causata da un frammento di vetro nascosto nell’erba. Questa associazione, negli anni a seguire, divenne convinzione e certezza.
I, 6
Nei giorni assai lontani
del mio lento claudicare,
dirimpetto, da una Casa,
un barrito minerale
si levò di pietre frante;
chiaro rombo d’una frana,
lindo crollo d’un costone,
e io zoppo, guadagnando
la finestra, dolorante,
vidi nulla delle mura
cupo frutto di collassi,
che rovine rammentava.
La prima edificazione della casa risaliva al Quattrocento mentre negli archivi comunali pare che fosse conservato un manoscritto d’autore ignoto, in cui si narrava di un esorcismo spettacolare praticato da un prelato del tempo per scacciare la presenza demoniaca dall’abitazione, circostanza che negli anni successivi attrasse diversi predicatori e truffatori.
II, 1
I manoscritti antichi,
i tramandati annali,
d’avi racconti orali,
recano d’una Crepa
notizia: viva, rinchiusa,
atea, sta nella Casa;
nel covo della Via Chiesa,
sonni alterna lunghi
a bradisismi pavidi,
talvolta squarcia spelonche;
pentita lei con la luna
la notte, calma sutura.
La Crepa era “viva”, dimorava sul muro dietro la testata del letto matrimoniale ma durante la notte si muoveva per le stanze spostandosi attraverso muri e pavimenti come un animale domestico, mentre la mattina dopo scompariva come se fosse stata suturata e ricomposta dalla luna.
III, 5
In quel luogo ritirato,
la natura io compresi
della Crepa, poiché sopra
il talamo dormiente
v’albergava e, invece
d’uggiolare di folletti,
il suo rodere s’udiva,
pareva un ticchettare:
la sera s’acquatta, cane
astratto rimesta, gira
nella fessura, sprimaccia,
rigira, sospira, riposa.
Quando i proprietari si trasferirono in un’abitazione più piccola, la Casa rimase chiusa per qualche anno fino a quando fu acquistata da una coppia di milanesi che intrapresero i lavori di restauro. La crepa però fece sentire la sua presenza provocando un ampliamento dello squarcio, che scomparve il giorno dopo provocando un malore alla nuova proprietaria.
IV, 9
L’orrore alla mattina.
La paura fa barriera,
il rifiuto l’interpone
fra l’enigma e la ragione.
Agli occhi dei novelli
abitanti apparve sana
la camera squartata
e priva fu d’alcuna
fresca lesione, frattura.
Svenne la donna, l’aceto
nemmeno dal sonno sicuro
levò quel giorno l’oscuro.
Quando poi il muratore Boldo decise di cominciare i lavori di ristrutturazione proprio dalla porzione di muro dove si trovava la Crepa, la Casa tremò, il muratore cadde dalla scala e si salvò per miracolo mentre la vibrazione provocò effetti simili a quelli di un terremoto, devastando la bottega attigua, raggiungendo la strada e tranciando gli impianti idrici, fognanti, i tubi del gas e delle linee elettriche e divenendo un problema di tutta la comunità.
V, 5
Tentenna la Casa, prende
un fremito, un sussulto,
che fin le membra attacca
del Boldo inerpicato
sulla scala. Per la fitta,
goffo ondeggia e cade
in tonfo, orizzontale;
lo risparmia la mazzetta,
nel volteggio suo, grazioso,
di svolazzi per la stanza:
sfiora il Boldo roteando,
grazia l’uomo, buono il caso.
Il disastro si arrestò a ridosso del lago, la crepa arretrò risanando il terreno e il manto erboso, come se non fosse mai passata.
VI, 16
Grande fu il mugghiare
delle gementi croste
di sismi e di fischi,
d’acuti di ganasce,
d’urli d’acciaio, frenate,
e col rombo d’un monte
crollato intero, giunto
dal lago a un soffio placò
la rabbia e s’arrese, pago
il canale inaudito, effuso
muto sospiro infinito,
lento, un poco arretrò.
Solo a quel punto si comprese che il suo ruolo era quello di saldare non di distruggere.
VII, 6
Non è la Crepa creata
per dilaniare pianeti,
a spicchi disfare i mondi,
tagliarli come la mela;
essa invece sutura,
sigilla le croste ed incolla
del globo neonato membrane,
rinchiude gli oceani di lava,
per fare la vita: foreste,
d’acque le arterie percorse
e d’ogni foggia le bestie.
Il fuoco imbriglia tuttora.
Erano stati gli uomini ignari a costruire nel punto di arresto della crepa, che da quel momento fu chiamata “madre”. Il paese fu immediatamente ricostruito: le condutture e le strade ripristinate.
VII, 10
Le strade acciottolate
nuove di porfidi antichi,
più verdi l’aiuole del centro
e davanti gli uffici, rifatto
il corso vecchio, centrale;
nella viottola, stretta,
vispa, il Santo Bernardo
aleggia su fogne coperte,
i cavi intubati di nuovo;
giunse l’asfalto incorrotto
col tempo nella Via Chiesa,
sanata fu anche la Casa.
Ad un certo punto il misterioso fenomeno sembrò scomparire ma il protagonista ardeva dal desiderio di ritrovare la ‘sua’ crepa.
VIII, 1
Invece, io stesso
e fiduciosi altri cercammo
invano il nuovo ricetto,
saputo che terra nessuna
pensarla priva si possa
della sapiente sutura;
d’ogni accademia, ciò
concluso e siano coscienti
giovani, genti d’altrove,
nati e vissuti lontani,
cresciuti senza sciagura:
la vita è composta frattura.
Quando ormai il protagonista non ci sperava più, un giorno in cui leggeva svogliatamente al parco nei pressi del tempietto che la crepa stessa aveva distrutto anni prima, la Crepa ricomparve, poi lo seguì come un animale domestico fino ad insediarsi nella sua dimora precedente.
IX, 12
E sazia d’avermi che fu
lei ripagata la fede,
svelando che uno, ed uno,
vero, è lo squarcio soltanto
– di lama o di piuma, chioma,
radice, uguali le forme, vestite –
colò nel granito lisciato
dai passi d’esercito d’uomo.
La soglia del taglio godeva:
in Casa – perpetua la tana,
medesima camera brama –
la mia Crepa Madre rientrò.
Il poemetto è costituito da nove capitoli: in ciascuno sono presenti dodici strofe di dodici versi di lunghezza variabile, ad eccezione del sesto capitolo che ne reca sedici e di un ammonimento finale di sei versi, per un totale di 113 strofe e 1350 versi settenari e ottonari alternati. Si tratta di una coinvolgente cronaca in versi e in prosa, una sorta di prosimetro che ricorda la Vita Nova di Dante Alighieri in cui le scelte lessicali, ortografiche e sintattiche sono arcaiche ma allo stesso tempo capaci di alimentare continuamente la tensione narrativa.
Tosetti, nell’Ammonimento posto a conclusione del poemetto, avverte il lettore che la Crepa non è da considerarsi metaforicamente o allegoricamente ma nel senso pieno della parola e del significato. L’epiteto di “madre” però è da intendersi origine primordiale di tutte le cose e dunque, in questo senso, archetipo di fertilità e di vita, frattura e sutura allo stesso tempo. Anche l’utilizzo delle maiuscole per Casa e Crepa ne evoca la funzione archetipica e simbolica. La crepa diventa metafora potente dell’imprevedibilità e dello squilibrio che caratterizza la vita di ciascuno di noi; ad un certo punto Tosetti scrive infatti che la vita stessa è composta frattura. Nel poemetto emergono tratti tipici della letteratura fantastica, oltre che letteratura d’evasione, letteratura di “invasione” da parte dell’inaudito, dell’illogico, dell’irrazionale che penetrano nella vicenda provocandone il mutamento e la trasformazione, che comincia dall’ossessione del protagonista per la Crepa, dotata di vita propria. Certamente l’opera si distingue nel panorama letterario attuale per la scelta del prosimetro, l’originalità degli eventi narrati frutto di ricordi e di una singolare immaginazione, il rigore architettonico, l’ampio respiro, la ricerca di un lessico classicheggiante e arcaico, il convolgimento e la fluidità della narrazione. Per questi validi motivi la prova lirico-narrativa di Carlo Tosetti appare credibile e convincente.
©Deborah Mega
Testi di Carlo Tosetti tratti da “La crepa madre”, Edizioni Pietre Vive, 2020.
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