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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi tag: Mario Luzi

Mario Luzi e il rapporto con Palermo

08 mercoledì Set 2021

Posted by marian2643 in Appunti letterari, LETTERATURA E POESIA

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Il fiore del dolore, Mario Luzi

 

PALERMO, APRILE ’86

 

E’ placida Palermo sotto le nuvole.
Rari perforano gli aerei
la sfioccata coltre, s’infilano, ma quasi controvoglia, in questa
sgoccigliante domenica
d’aprile che assonna tutto il golfo.
(…)

 

Questo è l’incipit di una lunga poesia che Mario Luzi scrisse per Palermo in una delle sue tante visite alla città che amava e nella quale godeva di una cerchia di amici, intellettuali e poeti, con i quali condivideva gli interessi letterari. Come si evince dal titolo, era l’anno 1986 e al poeta fiorentino era stato assegnato il Premio Mondello per la raccolta di poesie “Per il battesimo dei nostri frammenti”, ma era anche il periodo storico in cui la città era oppressa dalle stragi di mafia ed è proprio della dualità della sua natura che la poesia parla, mettendo su piani opposti la ricchezza storica e ambientale di Palermo e la sua faccia delinquenziale. Il risultato è un testo di grande impatto emotivo per il linguaggio lirico e per l’accorata disamina di una realtà sociale dolorosa e spiazzante. Possiamo serenamente affermare che Mario Luzi a Palermo era “di casa”, accolto dagli amici del Circolo Culturale Pitrè, fra cui meritano di essere citati i poeti Elio Giunta, Lucio Zinna, Piero Longo, Paolo Messina, e in relazione con la rivista Spiritualità e Letteratura diretta dall’editore-poeta Tommaso Romano. Nel 1989 il poeta fiorentino compone il testo Corale della città di Palermo per Santa Rosalia, rappresentato nel palermitano Teatro Biondo e in seguito in altre sedi teatrali; quindici anni dopo, su richiesta del regista Pietro Carriglio, scrive Il fiore del dolore, sull’assassinio di Padre Pino Puglisi, presbitero nel quartiere palermitano di Brancaccio, ucciso da mano mafiosa e beatificato nel 2013.

Rappresentazione de “Il fiore del dolore” al Teatro Biondo di Palermo

Nel 1994 viene organizzata a Palermo una due giorni dedicata a Mario Luzi che si conclude al Teatro Biondo, dove il poeta incontra gli studenti dei licei classici palermitani, ed è in questa occasione che ho modo di avvicinarlo e scambiare con lui alcune battute. Ne viene fuori una breve intervista durante la quale il poeta esprime alcuni punti di vista sulla poesia e sui poeti del secondo Novecento. “Dire qualcosa di sé –esordisce- è difficile perché nel momento in cui ci si definisce siamo già diversi e quindi non ci possono essere formule nelle quali imprigionarsi. Tuttavia ho anche un passato sul quale posso tentare di rispondere, naturalmente con approssimazione perché la verità delle cose si può solo captare. La verità è fatta di cose imponderabili che non arrivano ad una concettualità definita.”

Nella sua Lezione sulla poesia contemporanea che tiene agli studenti Luzi afferma fra l’altro: “La poesia è sempre contemporanea quando incide nella sostanza dell’umano e approfondisce delle situazioni che sono universali e che ogni uomo nella sua temporalità può provare. In questo senso vi posso dire che la poesia più contemporanea è quella di Dante che ci insegna il rapporto strettissimo fra la parola e la cosa. L’eccezionalità della poesia di Dante è di avere conciliato il vissuto e il vivente con quello che è l’aspirazione dell’uomo a ritrovare un’armonia e un’unità a cui la storia fa violenza. La poesia di Dante non esaurisce mai il suo messaggio, è quella più compiuta perché ha aderenza con la vita e con l’esperienza e per questo non invecchia, ma anzi è richiesta dallo spirito umano per fortificarsi.”

Gli porgo qualche domanda: “Sappiamo di tante occasioni che hanno visto la sua presenza a Palermo, posso chiederle se quello con la nostra città è un rapporto privilegiato?”

Risposta: “Direi di sì, conto qui parecchi amici con i quali ho rapporti costanti ed affettuosi.”

D. “Si parla spesso della morte della poesia, qual è la sua opinione in proposito?”

R. “Queste sono baggianate che si sono sempre dette. E del resto la poesia vive della sua morte.”

D. “Pensa che l’esercizio della poesia sia più difficile in questo nostro Sud un po’ emarginato rispetto alla cultura imperante?”

R. “Direi di no. Magari ci sono difficoltà pratiche per la divulgazione della poesia, ma se c’è un convincimento di fondo non è possibile chiudere la bocca al poeta.”

D. “Ritiene che oggi la poesia possa avere ancora una funzione educativa?”

R. “Sì, certo, non necessariamente in senso pedagogico. La poesia è una sostanza profonda di cultura e di moralità che non può non lasciare traccia. Libertà interiore e spazio individuale, questo il lascito della poesia a chi la frequenta.”

D. “Un’ultima domanda, inevitabile quando si parla con un poeta: perché e per chi si scrive poesia?”

R. “Il poeta scrive perché si compia il destino della parola che è quello di essere ascoltata.”

Rileggendo le testuali risposte di Luzi ci si può rendere conto di quanto le sue parole, ancora dopo tanti anni, siano attuali.

ANNA MARIA BONFIGLIO

 

Palermo, aprile ’86

 

E’ placida Palermo sotto le nuvole.
Rari perforano gli aerei
la sfioccata coltre, s’infilano, ma quasi controvoglia, in questa
sgoccigliante domenica
d’aprile che assonna tutto il golfo.
Poi calano sulla lontana pista.
Nessun altro frastuono arriva, il rombo
ed il marasma
hanno lasciato le sue strade,
neppure l’ululato
delle molte ambulanze e delle scorte
ora la traversa.
Gli scatti e i morsi,
gli stolzi ed i sussurri della sua oscura malattia
conoscono un inspiegabile letargo.
Le muraglie e le cupole si staccano
sui chiostri e sui giardini
in un chiarore infido, morbido.
Tranquillo il porto e i bacini,
semideserte e le banchine,
mediocre la stazza delle navi.
I rimorchiatori sono fermi.
Si purga dai suoi mali o altri ne prepara
Palermo in questa oasi
se è un’oasi che si è aperta nel suo ventre, come pare,
e non un’officina di crimini e morte
intenta a un più subdolo lavoro
che così si affina…
Immagino soltanto o subodoro
mi daranno orribile certezza? Interpellati
i miei amici di qua
sono simili a uomini di mare
per cui nulla è imprevedibile,
sono aperti a ogni segnale
e catafratti a ogni male, sebbene sotto sotto
amari, sebbene non rassegnati al peggio.
Saprò forse domani che questo splendido torpore
era fitto di crude operazioni, ed anche
questo abbaglio
ingannevole ci ammalia… così è Palermo.

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Ricordando Mario Luzi

18 lunedì Mag 2020

Posted by Deborah Mega in Eventi e segnalazioni, LETTERATURA E POESIA, Poesie

≈ Commenti disabilitati su Ricordando Mario Luzi

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Mario Luzi

Il 28 febbraio di 15 anni fa moriva il grande Mario Luzi. Vogliamo ricordarlo attraverso le sue stesse parole.

Alla vita

Amici ci aspetta una barca e dondola
nella luce ove il cielo s’inarca
e tocca il mare, volano creature pazze ad amare
il viso d’Iddio caldo di speranza
in alto in basso cercando
affetto in ogni occulta distanza
e piangono: noi siamo in terra
ma ci potremo un giorno librare
esilmente piegare sul seno divino
come rose dai muri nelle strade odorose
sul bimbo che le chiede senza voce.
Amici dalla barca si vede il mondo
e in lui una verità che precede
intrepida, un sospiro profondo
dalle foci alle sorgenti;
la Madonna dagli occhi trasparenti
scende adagio incontro ai morenti,
raccoglie il cumulo della vita, i dolori
le voglie segrete da anni sulla faccia inumidita.
Le ragazze alla finestra annerita
con lo sguardo verso i monti
non sanno finire d’aspettare l’avvenire.
Nelle stanze la voce materna
senza origine, senza profondità s’alterna
col silenzio della terra, è bella
e tutto par nato da quella.

da La barca, 1935

*

Già colgono i neri fiori dell’Ade
i fiori ghiacciati viscidi di brina
le tue mani lente che l’ombra persuade
e il silenzio trascina.

Decade sui fiochi prati d’eliso
sui prati appannati torpidi di bruma
il colchico struggente più che il tuo sorriso
che la febbre consuma.

Nel vento il tuo corpo raggia infingardo
tra vetri squillanti stella solitaria
e il tuo passo roco non è più che il ritardo
delle rose nell’aria.

da Avvento notturno,1940

*

Il vento è un aspro vento di quaresima,
geme dentro le crepe, sotto gli usci,
sibila nelle stanze invase, e fugge;
fuori lacera a brano a brano i nastri
delle stelle filanti, se qualcuna
impigliata nei fili fiotta e vibra,
l’incalza, la rapisce nella briga.

Io sono qui, persona in una stanza,
uomo nel fondo di una casa, ascolto
lo stridere che fa la fiamma, il cuore
che accelera i suoi moti, siedo, attendo.
Tu dove sei? sparita anche la traccia…
Se guardo qui la furia e se più oltre
l’erba, la povertà grigia dei monti.

da Primizie del deserto, 1942

*

Vent’anni

Perdono pe’ nostri dolci peccati
per avere spesso guardato
teneramente dissiparsi il giorno
dall’ombra e il silenzio dei casini
sognando di andare con una fanciulla
senza seni lungo l’Arno rosa
e la voglia di piangere racchiusa
nel cuore come un’onda preziosa.

Perdono per esserci creduti forti
più della morte quando passavano
i carri e i funerali per le strade
odorate di cipria e di fiori
e volevamo portare a casa cantando
l’immagine dei baci, la voglia
di stringer l’età amara che non fugga,
d’entrare nelle chiese che non han più soglia.

da Poesie ultime e ritrovate, 2014

 *

Aprile-Amore

Il pensiero della morte m’accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i tornanti. Il freddo
di primavera irrita i colori,
stranisce l’erba, il glicine, fa aspra
la selce, sotto cappe e impermeabili
punge le mani secche, mette un brivido.

Tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti a crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi che cos’è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.

Il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l’esilio e la morte.
Tu che sei, io che sono divenuto
che m’aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole!

E’ incredibile che io ti cerchi in questo
o in un altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un’età, la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.

L’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e dà principio. E quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso s’annunci di lontano,
è in lui, un soffio basta a suscitarlo.
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.

La mia pena è durare oltre quest’attimo

Da Primizie del deserto, 1942

 

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EPIFANIA

06 sabato Gen 2018

Posted by LiminaMundi in LETTERATURA E POESIA, Poesie, SINE LIMINE

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Mario Luzi, Onore del vero

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Autum, Cattedrale di Saint Lazare, “Il sogno dei Re Magi” Gislebertus, 1130

Notte, la notte d’ansia e di vertigine
quando nel vento a fiotti interstellare,
acre, il tempo finito sgrana i germi
del nuovo, dell’intatto, e a te che vai
persona semiviva tra due gorghi
tra passato e avvenire giunge al cuore
la freccia dell’anno… e all’improvviso
la fiamma della vita vacilla nella mente.

Chi spinge muli su per la montagna
tra le schegge di pietra e le cataste
si turba per un fremito che sente
ch’è un fremito di morte e di speranza.
In una notte come questa,
in una notte come questa l’anima,
mia compagna fedele inavvertita
nelle ore medie
nei giorni interni grigi delle annate,
levatasi fiutò la notte tumida
di semi che morivano, di grani
che scoppiavano, ravvisò stupita
i fuochi in lontananza dei bivacchi
più vividi che astri. Disse: è l’ora.
Ci mettemmo in cammino a passo rapido,
per via ci unimmo a gente strana.

Ed ecco
il convoglio sulle dune dei Magi
muovere al passo dei cammelli verso
la Cuna. Ci fu ressa di fiaccole, di voci.
Vidi gli ultimi d’una retroguardia frettolosa.
E tutto passò via tra molto popolo
e gran polvere. Gran polvere.
Chi andò, chi recò doni
o riposa o se vigila non teme
questo vento di mutazione:
tende le mani ferme sulla fiamma,
sorride dal sicuro
d’una razza di longevi.
Non più tardi di ieri, ancora oggi.

Mario Luzi
da Onore del vero (1957)

 

800px-Autun,_Flight_into_Egypt

Autum, Cattedrale di Saint Lazare, “Fuga in Egitto” Gislebertus, 1130

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Io penso ai morti

02 mercoledì Nov 2016

Posted by Deborah Mega in Appunti letterari, LETTERATURA E POESIA, Poesie

≈ Commenti disabilitati su Io penso ai morti

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Alfonso Gatto, Edgar Lee Masters, Mario Luzi, Ugo Foscolo

cimitero_01

Io penso ai morti

Nella pioggia che batte e scioglie i cieli
– i grandi cieli all’improvviso soli –
io penso ai morti. Udranno a lungo i treni
chiamare in sogno le città perdute
e dare ai nomi dell’addio la voce
che resta della sera.
Sei, a chiamarti, il nome delle sere
che non risponde, ma potresti avere
bisogno del racconto, d’una voce,
per questa pioggia che ti fa più sola
dei lumi senza requie.
Tornerai
dalle musiche morte, dalle gronde
dei tuoi mattini, amore che riprendi
dal naufragio l’ala del tuo volo.

Alfonso Gatto

***

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11 settembre

11 domenica Set 2016

Posted by Deborah Mega in Appunti letterari, Eventi e segnalazioni, LETTERATURA E POESIA, SINE LIMINE

≈ Commenti disabilitati su 11 settembre

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11 settembre 2001, Mario Luzi, Wisława Szymborska

Quindici anni fa avveniva l’attacco alle Torri gemelle di New York: una data, quella dell’11 settembre 2001 che ha veramente cambiato il mondo mentre invece gli uomini non sono cambiati, non comprendono ancora quanto la storia insegni e quanto sia necessario preservare e difendere la pace, nonostante sia delicata come gli steli dei fiori. Alle vittime dell’11 settembre, ma anche di tutte le guerre, va il nostro pensiero che si traduce in poesia, attraverso le voci di Wisława Szymborska e di Mario Luzi. Per non dimenticare.

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