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Elio Pagliarani ( photo di Dino Ignani)

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La ragazza Carla è un poemetto narrativo di Elio Pagliarani che apparve per la prima volta sulla rivista “Il Menabò” nel 1960.
E’ diviso in tre parti, ulteriormente suddivise al loro interno in sottoparti. Definito dall’autore “racconto in versi”, il testo ripercorre in modi prosastici e narrativi la vicenda di Carla Dondi, giovane stenodattilografa che trova impiego in una ditta milanese.
“L’attacco del poemetto rispecchia gli obiettivi prefissati già in Cronache e altre poesie (“la necessità della sua geografia, della sua topografia, per la quale Milano è ben più di una avventura dello spirito: è il nostro tempo ambiente, la condizione attuale”)” da Tutte le poesie a cura di A.Cortellessa.

Di là dal ponte della ferrovia
una trasversa di viale Ripamonti
c’è la casa di Carla, di sua madre, e di Angelo e Nerina.

Il ponte sta lì buono e sotto passano
treni carri vagoni frenatori e mandrie dei macelli
e sopra passa il tram, la filovia di fianco, la gente che
[cammina
i camion della frutta di Romagna.

Chi c’è nato vicino a questi posti
non gli passa neppure per la mente
come è utile averci un’abitudine

Le abitudini si fanno con la pelle
così tutti ce l’hanno se hanno pelle

Ma c’è il momento che l’abito non tiene
chissà che cosa insiste nel circuito
o fa contatto
o prende la tangente
allora la burrasca
periferica, di terra,
il ponte se lo copre e spazza e qualcheduno
può cascar sotto
e i film che Carla non li può soffrire
un film di Jean Gabin può dire il vero
è forse il fischio e nebbia o il disperato
stridere di ferrame o il tuo cuore sorpreso, spaventato
il cuore impreparato, per esempio, a due mani
che piombano sul petto

Solo pudore non è che la fa andare
fuggitiva nei boschi di cemento
o il contagio spinoso della mano.

2

Il satiro dei boschi di cemento
rincasa disgustato
è questo dunque
che ci abbiamo nel sangue?

O saranno gli occhiali? Intanto è ora
che si faccia cambiar la montatura.

3

Se si diventa grandi quando s’allungano
le notti, e brevi i giorni
ecco ci sono dentro
sembra a Carla di credere, e sta attenta a non muoversi
ché il sonno di sua madre è così lieve nel divano accanto
– ma dormirà davvero, con Angelo e Nerina
che fanno cigolare il vecchio letto
della mamma!
e Carla ne commisura il ritmo al polso, intanto che sudore
e pelle d’oca e brividi di freddo e vampe di calore
spremono tutti gli umori del suo corpo. E quelle
grida brevi, quei respiri che sanno d’animale o riso nella
[strozza
ci vogliono
all’amore?
E Piero sul ponte, e la gente –
tutta così?

S’addormenta che corre in una notte
che non promette alba
sul ponte che sta fermo e lì rimane
e Carla anche.

4

La madre fa pantofole, e adesso che Nerina ha suo marito
c’è Carla che l’aiuta: infila l’ago, taglia le pezze
fa disegni buffi, un fiocco rosso
in cima, un nastrino di seta
che non vanno
chi compera pantofole dalle Dondi
non ha civetterie: le vecchie vogliono le prove,
e pantofole calde, pagamento più tardi che si può

due anni che una signora Ernani ha da pagare
le sue trecento lire, e puzza di liquori

le giovani sposate sono sceme, alle cose gentili non ci
[vogliono
nemmeno un po’ di bene, anzi le guardano con rabbia
man mano che col tempo si dimenticano
d’esser state ragazze da marito

Qui non si nega che si possa
morire un giorno con un fiocco al collo
uno scialle di seta vivacissimo,
ma è proprio questo: che se torna il nastro
è segno che la donna ecco è già stanca
spremuta tutta, fatta parassita
estranea ai fornelli straniera alla vita
ai calzoni, che pendono in giro frusti
in attesa del ferro da stiro.

5

Nerina l’ha trovato e s’è sposata,
sono saliti insieme tante volte
sul tram, che è parso naturale (lui
la guardava bene, senza asprezza
e senza incanto – e non ce n’era
tanti)

S’è sposata pulita
anche se s’era spinta un poco avanti
e il viaggio di nozze è restato una promessa
per più buoni anni avanti.

Ma Nerina non è stata fortunata
Nerina non ha fatto un buon affare:
in parte si vedeva e in parte fu deciso
così: che Angelo è un abulico,
non è cattivo Angelo ma s’è portato dietro i reumatismi
dalla Germania, e non si muove e non si scrolla
va troppo spesso al cinema

(Alla ditta hanno detto alla signora
fa bene in officina, ma non è
affabile, e chi lo sa come la pensa?) Sì, e prende
ventiseimila con la contingenza.

Lo sapeva anche prima, anche la madre,
e loro gli hanno offerto anche la casa
ma viverci è diverso
è diverso star dentro
e questo, se qualcuno lo sa, è la sua mamma
lei che il numero dei giorni
strappati con le unghie al calendario e trascinati dietro
come un ladro trascina refurtive incommerciabili
porta scritto sul volto e sulle spalle.

6

A Carla suo cognato non le piace
dalla sera del dolce: fidanzato era stato a casa loro
a pranzo, e in fondo, quando c’era il dolce
e tre piatti da dolce e quattro bocche
toccò a Carla pigliarsi la sua parte
in cucina, nel fondo del tegame.

Da questo si capisce che la Carla
l’hanno cresciuta male,
quando mai
s’era vista una festa come quella
l’altr’anno, quindici anni, a carnevale?

A lei tutto il superfluo di affetti e di ricchezza
e la scuola serale

che se nasceva maschio, vuoi vedere
che la vedova lo faceva ragioniere?

7

È dalla fine estate che va a scuola
Guida tecnica per l’uso razionale
della macchina
la serale
di faccia alla Bocconi, ma già più
Metodo principe
per l’apprendimento
della dattilografia con tutte dieci
le dita
non capisce se è un gran bene, come pareva in casa,
spendere quelle duemila lire al mese
Vantaggi dell’autentico
utilità fisiologica, risultato
duraturo, corretta scrittura
velocità resistenza

piano didattico paragrafo primo

La scuola d’una volta, il suo grembiule
tutto di seta vera, una maestra molto bella
i problemi coi mattoni e le case, e già dicevano la guerra
Mussolini la Francia l’Inghilterra.
Qui di gente un campionario: sei uomini e diciotto
donne, più le due che fanno scuola
Nella parte centrale del carrello, solidale ad esso
ecco il rullo
C’è poca luce e il gesso va negli occhi
Nel battere a macchina le dita
devono percuotere decisamente
i tasti e lasciarli liberi, immediatamente
Come ridono queste ragazze e quell’uomo anziano che fa
[steno
e non sa, non sa tener la penna in mano
Ciascun esercizio deve continuarsi
sino ad ottenere almeno
tre ripetizioni consecutive
senza errore alcuno e perfettamente
incolonnate
O quella povera zoppina, la più svelta
a macchina
Quando il dispositivo per l’inversione
automatica del movimento del nastro, o per difetto
di lubrificazione o per mancanza
del gancio
non funziona
O Maria Pia Zurlini ch’era nata
ricca e ha già trent’anni e disperati
sorrisini
l’inversione
si può provocare in vari modi:
colle mani.

8

Studiava senza voglia, ma studiava
a casa si sa bene che un purgante
va preso, e a tempo debito, però
chissà cosa voleva; intanto Angelo
doveva andare a prenderla all’uscita

In Germania lavoravano nei campi
le ragazze, con zappe e con forconi
e tu che cosa aspetti?

Allora si fa avanti e l’accompagna Piero
che fa stenografia perché non vuole
fare il ciclista col padre, un impiego
gli piace di più, porta gli occhiali
A Piero piace il calcio e non lo gioca
mai o troppo poco e forse c’è qualcosa
che gli torce il tronco nel suo sviluppo
e non prende le cose come vengono e senz’armi
e all’insaputa di sé si mette in lotta con l’ambiente.

9

Ma quei due
hanno avuto poche sere per parlare
la prima fu d’impaccio
la seconda
che risero ragazzi per un tale
che parlava da solo d’una bomba
e un altro poco
altro che bomba, all’incrocio di via Meda
la circolare lo piglia sotto se non era svelto
il tranviere
urli, sfoghi pittoreschi e qualcheduno
pronto a far capannello, al raduno
scappano i cani, si tormenta il pizzetto
il bravo ometto ebete e la dentiera.

Dialogo che possiamo immaginare, un vestito sciupato
[troppo in fretta
e tira e molla – barba ometto bomba, che ridere che
[piangere
dialogo che possiamo immaginare, uno così voleva
[riparare
una bicicletta scassata e aveva fretta
fino al portone di Carla
persuasi della colpa originale.
La terza
un istinto battagliero
li condusse a passare per il parco
e fu peggio, che un silenzio
gli cadde addosso e Carla aveva freddo
e Piero zitto e lei anche nel parco di dicembre
Chi sarà questo Ravizza?
chiese Piero, e pentito si nascose
le mani in tasca, che gli davan noia.
Poi uscirono, che zone luminose, allora
qui a Milano,
a Carla assorta e lieve
Piero prese a dire:
Marcia,
quest’anno,
il campionato,
che è un piacere.

Certa gente si sveglia in quei momenti
ridendo a un sonno buono, equilibrarsi
sopra il trolley, amare un’infermiera per baciarla
è troppo facile. Chi abita nel cielo e quanto paga
d’affitto? Ecco le lune
di Giove sopra i fili del telefono, il viale
sarà tutto magnolie e i giardinieri
avranno un gran lavoro.

Pallavolo, se fosse un altro gioco sportivo, con la gente
O palla prigioniera?

Ecco ti rendo
i due sciocchi ragazzi che si trovano
a casa tutto fatto, il piatto pronto
Non ti dico risparmiali
Colpisci, vita ferro città pedagogia
I Germani di Tacito nel fiume
li buttano nel fiume appena nati
la gente che s’incontra alle serali.

II

1

Carla Dondi fu Ambrogio di anni
diciassette primo impiego stenodattilo
all’ombra del Duomo

Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro
sia svelta, sorrida e impari le lingue
le lingue qui dentro le lingue oggigiorno
capisce dove si trova? transocean limited
qui tutto il mondoŠ
è certo che sarà orgogliosa.

Signorina, noi siamo abbonati
alle Pulizie Generali, due volte
la settimana, ma il Signor Praték è molto
esigente – amore al lavoro è amore all’ambiente – così
nello sgabuzzino lei trova la scopa e il piumino
sarà sua prima cura la mattina.

ufficio a ufficio b ufficio c

Perché non mangi? Adesso che lavori ne hai bisogno
adesso che lavori ne hai diritto
molto di più.

S’è lavata nel bagno e poi nel letto
s’è accarezzata tutta quella sera.
Non le mancava niente, c’era tutta
come la sera prima – pure con le mani e la bocca
si cerca si tocca si strofina, ha una voglia
di piangere di compatirsi
ma senza fantasia
come può immaginare di commuoversi?

Tira il collo all’indietro ed ecco tutto.

2

All’ombra del Duomo, di un fianco del Duomo
i segni colorati dei semafori le polveri idriz elettriche
mobili sulle facciate del vecchio casermone d’angolo
fra l’infelice corso Vittorio Emanuele e Camposanto,
Santa Radegonda, Odeon bar cinema e teatro
un casermone sinistrato e cadente che sarà la Rinascente
cento targhe d’ottone come quella
transocean limited import export company
le nove di mattina al 3 febbraio.

La civiltà si è trasferita al nord
come è nata nel sud, per via del clima,
quante energie distilla alla mattina
il tempo di febbraio, qui in città?

Carla spiuma i mobili
Aldo Lavagnino coi codici traduce telegrammi night letters
una signora bianca ha cominciato i calcoli
sulla calcolatrice svedese.

Sono momenti belli: c’è silenzio
e il ritmo d’un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
diritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno
è questa che decide
e son dei loro
non c’è altro da dire.

E questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera

sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri ai capolinea

non prolunga all’infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?

È nostro questo cielo d’acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perché sulla terra non c’è
scampo da noi nella vita.

3

Negli uffici s’imparan molte cose
ecco la vera scuola della vita
alcune s’hanno da imparare in fretta
perché vogliono dire saper vivere
la prima entrare nella manica a Praték
che ce l’ha stretta
A Praték gli vanno bene i soldi
e un impiegato mai, perché la fine
del mese i soldi l’impiegato pochi o tanti
li porta via, e lui li guarda coi suoi occhi
acquosi, i soldi, e non gli pare giusto.
A Praték gli van bene anche le donne
e Lidia che era furba lo sapeva
e l’ha passato mica male, il tempo, sullo sgabello della
[macchina
con le sue cosce grasse.
Ma la moglie coi soldi che è gelosa
vigila sulla serenità delle fanciulle,
Monsieur Praték – in fondo, io sono un filosofo –
non per niente è stato anche in galera
rispetta gli istituti: Lidia parte
entra Carla: può servire che si sappia:
col dottor Pozzi basta un po’ di striscio,
fargli mettere la firma in molti posti.

4

Monsieur Goldstein un mite segretario tradito dal cognome
ha chiesto gli anni a Aldo Lavagnino
ventidue
ho un figlio che combatte in Palestina
anch’io di ventidue, ha detto
questa terra
avrà un pezzo di terra per i nostri
figli?
Questa terra ha mercati
e sul mercato internazionale delle valute
libere o no, Cogheanu, il suo padrone, tiene una rete fitta:
da un’area all’altra trasferiscono ogni giorno
valute in questo modo:
Tel Aviv le quinze Avril o Bombay March twenty five
su blok notes, carta straccia
Monsieur X veuillez payer à notre Monsieur Ypsilon
la somme de quatre vingt dix mille neuf cent cinq
[dollars
Signé Goldstein o Cogheanu…

La tensione sperimentale e la vocazione narrativa avvicinano la ricerca di Pagliarani, negli anni Cinquanta, allo sperimentalismo di “ Officina”( e in qualche modo allo stesso Pasolini) ; mentre negli anni Sessanta Pagliarani aderisce alla Neoavanguardia, il gruppo 63, ( tra cui figurano romanzieri come Umberto Eco, Giorgio Manganelli e Sebastiano Vassalli) spinto dal riconoscimento comune che l’ideologia borghese sia strettamente intrecciata al linguaggio, e lì vada messa a nudo e criticata, si impose all’attenzione pubblica come gruppo organizzato prima nella poesia che nella narrativa. Elio Pagliarani ha utilizzato la lezione della neoavanguardia per un diverso approccio al reale. Infatti ha tracciato nel poemetto ” La ragazza Carla” la storia in versi tentando di proporre un nuovo modello di narratività, passando poi, nelle opere successive a costruire collage testuali che trascrivono il disordine della vita, entrando nel vivo del dibattito contemporaneo sul mondo del lavoro e sui nuovi ritmi alienanti. L’apparente realismo della narrazione è però calato in un contesto straniante che si propone di indurre i lettori alla riflessione critica.

In questo è chiaramente leggibile il modello del drammaturgo e poeta tedesco Bertold Brecht(1898-1956) .10-febbraio

Il teatro brechtiano infatti evita un eccessivo coinvolgimento emotivo degli spettatori attraverso uno”straniamento” ottenuto attraverso artifici che sottolineano il carattere fittizio della rappresentazione. “Nella vita di Galileo “ è evidente l’analogia fra Brecht e Galileo: per tutti e due la realtà si conosce osservandola e sperimentandola, come Galileo non crede ai sapienti, ai filosofi, ai matematici e alle loro teorie o ipotesi: lui vuole osservare, guardare la realtà e se c’è uno strumento per vederla più a fondo, un telescopio, meglio! Ciò che lo muove non è una idealità astratta, ciò che lo muove è anche un problema economico.
“GALILEO: Queste mie ricerche sulla caduta dei gravi. Domandategli se non credono che valgano qualche scudo in più!
PRIULI: Infinitamente di più valgono, signor Galilei.
GALILEO: Infinitamente no, ma cinquecento scudi di più, sì, signor mio.”

Nel brano proposto, tratto dalla Cronistoria minima posta in appendice ad una pubblicazione dei suoi romanzi in versi, Elio Pagliarani ricorda la genesi del poemetto.

ph.di Dino Ignani

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“Incominciai La ragazza Carla a Milano fra Settembre e Ottobre del ’54, erano da poco iniziate le scuole, non ricordo se ero ancora nel vecchio “Istituto Leonida”, una scuola media privata in viale Umbria dove avevo cominciato a insegnare nel ’51, o se era un’altra nuova in via Commenda, di cui ora non ricordo il nome. Ricordo che iniziai a scrivere, a mano, durante un compito in classe di italiano che avevo assegnato alla scolaresca, di terza media, mi pare.
E l’inizio del poemetto è rimasto proprio quell’inizio: “Di là dal ponte della ferrovia
una trasversa di viale Ripamonti c’è la casa di Carla…”; e mi ricordo anche di un’allieva impicciona, con la scusa di chiedermi qualcosa sul suo tema, venne a sbirciare cosa stavo scrivendo: per lei non era né una lettera d’amore, né una poesia, come forse sospettava. E deve essere rimasta delusa, suppongo.[…]Il poemetto lo terminai il giorno di Ferragosto del 1957. Potrei dire di averlo scritto en pleir air perché man mano che lo scrivevo me lo recitavo ad alta voce, misurando il verso ”secondo l’orecchio”, e più ancora perché ne leggevo via via dei brani ad alcuni amici, sempre ad alta voce, anche per strada o meglio nei parchi, più spesso in trattoria, anche in vere e proprie osterie, ne ricordo una in viale Umbria, vicino al Leonida, che non ci dev’essere più da molto tempo, e ricordo particolarmente quella dietro la Rinascente di piazza Duomo, vicino alla Hoepli, detta mi pare il Bottegone, dove c’era l’abitudine di suonare e/o di cantare dopo i pasti e forse fui io ad aggiungervi quella di recitare versi”.

E certo, al tempo della Ragazza Carla non solo l’autore coltivava “svariate idee d’amore e di ingiustizia”, ma anche tutto il nostro Paese: non così certamente negli anni della conclusione della Ballata, e anche prima, anche molto prima.

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Da La ragazza Carla , II , 1-2

Ecco le parti iniziali della seconda sezione del poema , in cui si descrive il primo giorno di lavoro di Carla nella ditta di import-export e il suo incontro con la realtà alienante e spersonalizzante del mondo impiegatizio della capitale.

Metrica Versi liberi

1

Carla Dondi fu Ambrogio di anni
diciassette primo impiego stenodattilo
all’ombra del Duomo

Sollecitudine e amore, amore ci vuole al lavoro
sia svelta, sorrida e impari le lingue
le lingue qui dentro le lingue oggigiorno
capisce dove si trova? TRANSOCEAN LIMITED
qui tutto il mondo…
è certo che sarà orgogliosa

Signorina, noi siamo abbonati
alle Pulizie Generali, due volte
la settimana, ma il Signor Praték è molto
esigente – amore al lavoro è amore all’ambiente – così
nello sgabuzzino lei trova la scopa e il piumino
sarà la sua prima cura la mattina.

UFFICIO A UFFICIO B UFFICIO C

Perchè non mangi? Adesso che lavori ne hai bisogno
adesso che lavori ne hai diritto
molto di più.

S’è lavata nel bagno e poi nel letto
s’è accarezzata tutta quella sera.
Non le mancava niente, c’era tutta
come la sera prima – pure con le mani e la bocca
si cerca si tocca si strofina, ha una voglia
di piangere, di compatirsi
ma senza fantasia
come può immaginare di commuoversi?
Tira il collo all’indietro ed ecco tutto.

2

All’ombra del Duomo, di un fianco del Duomo
i segni colorati dei semafori le polveri idriz elettriche
mobile sulle facciate del vecchio casermone d’angolo
fra l’infelice Corso Vittorio Emanuele e Camposanto,
Santa Radegonda, Odeon bar cinema e teatro
un casermone sinistrato e cadente che sarà la Rinascente
cento targhe d’ottone come quella
TRANSOCEAN LIMITED IMPORT EXPORT COMPANY
le nove di mattina del 3 febbraio.

La civiltà s’è trasferita al nord
come è nata nel sud, per via del clima,
quante energie distilla alla mattina
il tempo di febbraio, qui in città?

Carla spiuma i mobili
Aldo Lavagnino coi codici traduce telegrammi night [letters]
una signora bianca ha cominciato i calcoli
sulla calcolatrice svedese.

Sono momenti belli: c’è silenzio
e il ritmo d’un polmone, se guardi dai cristalli
quella gente che marcia al suo lavoro
dritta interessata necessaria
che ha tanto fiato caldo nella bocca
quando dice buongiorno
è questa che decide
e son dei loro
non c’è altro da dire.

E’ questo cielo contemporaneo
in alto, tira su la schiena, in alto ma non tanto
questo cielo colore di lamiera

sulla piazza a Sesto a Cinisello alla Bovisa
sopra tutti i tranvieri al capolinea

non prolunga all’infinito
i fianchi le guglie i grattacieli i capannoni Pirelli
coperti di lamiera?

E’ nostro questo cielo d’acciaio che non finge
Eden e non concede smarrimenti,
è nostro ed è morale il cielo
che non promette scampo dalla terra,
proprio perchè sulla terra non c’è
scampo da noi nella vita.

ELIO PAGLIARANI, POETA

Elio Pagliarani fotografato da Giovanni Giovannetti (da «Le parole esposte», Crocetti)

Quello di Pagliarani è realismo linguistico: il testo è un montaggio di brani che provengono da un continuo alternarsi di punti di vista e di voci diverse, ciascuna rispecchiando un ambiente e una mentalità: un anonimo addetto al personale vv.4-15 e poi di un familiare di Carla, verosimilmente la madre vv.17-20, mentre il commento dell’autore emerge in modo indiretto e spesso ironico per esempio ai vv.39-42. Sono “voci” diverse, ma che risultano per lo più stereotipate, incapaci di vera comunicazione. Attraverso questa soluzione espressiva, in linea con lo sperimentalismo della Neoavanguardia, Pagliarani preleva dalla realtà sociale i materiali linguistici e li pone in urto fra loro per mostrarne l’inautenticità. L’autore intendeva eliminare radicalmente ogni forma di sentimento soggettivo della poesia, denunciare la crisi della cultura borghese manipolando il suo linguaggio e frantumandolo per mostrare la sua scarsa comunicatività e nel contempo farne scaturire significati nuovi, imprevedibili, “aperti” e contrastare la massificazione culturale gestita dai detentori del potere economico e soggetta allo sfruttamento commerciale.
La protagonista appare una vittima indifesa, tanto più in quanto non ha consapevolezza, non domina razionalmente gli eventi e la solitudine è accentuata dal fatto che anche i familiari la vedono unicamente come elemento produttivo e accettano le regole dell’ambiente, come è facile riconoscere dai loro interventi. I gesti di Carla una volta tornata a casa esprimono il tentativo di cancellare l’esperienza angosciosa del lavoro, lavandosi (v.20) e di riappropriarsi della propria identità fisica, accarezzandosi (vv.20-24). Ma è un tentativo che non può comunque riuscire del tutto: la ragazza sperimenta nel senso di tristezza (vv.25 e sg) il sentimento di aver perduto irrimediabilmente una parte di se stessa. Anche l’aggressione sessuale del padrone rientra in certo modo nelle “regole“ di una società ingiusta che vuole la subordinazione della donna all’uomo, del lavoratore al proprietario.”La povera ragazza sperimentava quello che in tempi recenti è stato detto il mobbing , allora non c’era il termine, però era il dramma della ragazza che viene sradicata dalla famiglia per andare a fare un umile lavoro di impiegata e alla sua prima occupazione deve sottostare alle profferte erotico-sessuali del capufficio”.(R.Barilli,Letture dei Novissimi:E.Pagliarani, Atti del Convegno 8-11 Maggio 2003, Bologna)
La ragazza Carla rappresenta una scelta coraggiosa, di fronte alla tradizione della poesia novecentesca che è quasi esclusivamente lirica e il tentativo è quello di creare una forma espressiva nuova , che mescolando registri diversi , rispecchi nel suo disordine la caoticità del reale quasi per comprenderlo e dominarlo.Ad esso ,non a caso, fa riferimento Pagliarani ogni volta che gli si chieda ragione delle sue scelte: “… volontà di contribuire ,già dai miei vent’anni precisi,all’abbassamento del linguaggio poetico…Abbassamento perseguito non privilegiando un linguaggio programmaticamente basso e umile, ma con l’ampliamento del lessico,con l’attribuire possibilità, capacità di poesia a tutta la lingua italiana nel suo insieme;….io avendo più che altro privilegiato il ” parlato”,linguaggio colloquiale, comune e talvolta la contrapposizione dei linguaggi[…]. Ovviamente l’ampliamento del lessico nel testo di poesia può costituire arricchimento e può costituire impoverimento, confusione: molto dipende anche dalla tipologia del testo.Di qui la questione dei generi e la necessità di opporsi a quel comune sentire da noi ancora piuttosto diffuso, che identifica la poesia lirica con la poesia tout court”.
La rappresentazione critica in poesia, della banalità della vita moderna, invece,ha un precedente illustre in La terra desolata di Eliot.

eliot

Ecco i versi finali della prima parte, nei quali Eliot evoca il paesaggio nebbioso di Londra dal quale prende il via il viaggio nel tempo e nello spazio; è un brano tratto dalla IV parte, dedicato a una delle tante scene che si susseguono nel poemetto senza un ordine logico apparente.

Città irreale
Sotto la nebbia bruna di un meriggio invernale
Mr. Eugenides, il mercante di Smirne,
Mal rasato, con una tasca piena d’uva passa
C.i.f. London: documenti a vista,
M’invitò in un francese demotico
Ad una colazione al Cannon Street Hotel
Seguita da un weekend al Metropole.

Nell’ora violetta, quando gli occhi e la schiena
Si levano dallo scrittoio, quando il motore umano attende
Come un tassì che pulsa nell’attesa,
Io Tiresia, benché cieco, pulsando fra due vite,
Vecchio con avvizzite mammelle di donna, posso vedere
Nell’ora violetta, nell’ora della sera che contende
Il ritorno, e il navigante dal mare riconduce al porto.
La dattilografa a casa all’ora del tè, mentre sparecchia la colazione, accende
La stufa, mette a posto barattoli di cibo conservato.
Pericolosamente stese fuori dalla fìnestra
Le sue combinazioni che s’asciugano toccate dagli ultimi raggi del sole,
Sopra il divano (che di notte è il suo letto)
Sono ammucchiate calze, pantofole, fascette e camiciole.
Io Tiresia, vecchio con le mammelle raggrínzite,
Osservai la scena, e ne predissi il resto –
Anch’io ero in attesa dell’ospite atteso.
Ed ecco arriva il giovanotto foruncoloso,
Impiegato d’una piccola agenzia di locazione, sguardo ardito,
Uno di bassa estrazione a cui la sicurezza
S’addice come un cilindro a un cafone rifatto.
Ora il momento è favorevole, come bene indovina,
Il pasto è ormai finito, e lei è annoiata e stanca,
Lui cerca d’ impegnarla alle carezze
Che non sono respinte, anche se non desiderate.
Eccitato e deciso, ecco immediatamente l’assale;
Le sue mani esploranti non incontrano difesa;
La sua vanità non pretende che vi sia un’intesa, ritiene
L’indifferenza gradita accettazione.
(E io Tiresia ho presofferto tutto
Ciò che si compie su questo stesso divano o questo letto;
lo che sedei presso Tebe sotto le mura
E camminai fra i morti che più stanno in basso.)
Accorda un bacio finale di protezione,
E brancola verso l’uscita, trovando le scale non illuminate…

Lei si volta e si guarda allo specchio un momento,
Si rende conto appena che l’amante è uscito;

il suo cervello permette che un pensiero solo a metà formato trascorra: « Bene, ora anche questo è fatto: lieta che sia finito. »
Quando una donna leggiadra si piega a far follie
E percorre di nuovo la sua stanza, sola,
Con una mano meccanica i suoi capelli ravvia,
E mette un disco a suonare sul grammofono.

La forza espressiva di questi brani è in gran parte legata all’accostamento volutamente “sgradevole” tra toni sublimi e toni volgari, notazioni realistiche e riferimenti colti, impennate profetiche e frammenti di chiacchericcio insulso.”

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Con questi frammenti ho puntellato le mie rovine”. Questo verso della Terra desolata di Eliot sintetizza il tema fondamentale del poemetto: lo sfacelo della società contemporanea rappresentato attraverso le forme e le immagini di un’alta tradizione letteraria ridotta a brandelli, perché non più recuperabile nella sua integrità. Anche la poesia di Eliot dal carattere enigmatico e polivalente prende le distanze dal soggettivismo e dall’indeterminatezza del simbolismo.
Elio Pagliarani lungo tutto l’arco della sua ricerca manifesta sempre la volontà di associare alla negazione della realtà esistente l’affermazione di un possibile significato alternativo. Il taglio narrativo e il plurilinguismo della Ragazza Carla sono orientati da un vivissimo sentimento etico e politico. A differenza di quanto avviene in altri autori legati alla Neoavanguardia, il realismo di Pagliarani non accetta mai di limitarsi alla riproduzione della realtà, di cedere alla sua insignificanza: si ostina invece in una ipotesi di senso che implica la resistenza, nonostante tutto, di una volontà comunicativa. La ragazza Carla è uno dei capolavori della letteratura italiana del XX secolo che non gode di tanta fama quanta ne meriterebbe.

“Non c’è tramonto se dopo/Andiamo al cinematografo...”                                  Da Cronache e altre poesie

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“La ragazza Carla”, un film sul grande poema italiano di Elio Pagliarani

Giovedì 5 maggio alle ore 20,30
Teatro Argentina (Largo di Torre Argentina 52, Roma)
La ragazza Carla
con Carla Chiarelli ed Elio
dal poema di Elio Pagliarani
regia di Alberto Saibene
Produzione Mir Cinematografica con Rai Cinema
In collaborazione con Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (AAMOD) e Fondazione Cineteca Italiana
un progetto di Luca Bigazzi, Carla Chiarelli, Carlotta Cristiani, Gianfilippo Pedote, Simone Pera, Alberto Saibene
Saluto del direttore del Teatro di Roma Antonio Calbi___

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Cetta Petrollo Pagliarani (photo di Dino Ignani)

Al termine della proiezione Andrea Cortellessa e Emiliano Morreale incontreranno il regista Alberto Saibene, la protagonista Carla Chiarelli, Cetta Petrollo Pagliarani e Lia Pagliarani.

Maria Allo

 

*Elio Pagliarani (25 maggio 1927, Viserba(Rimini)- 8 marzo 2012, Roma), poeta, è stato tra i massimi esponenti della Neoavanguardia italiana.