Quella sera che ho fatto l’amore
mentale con te
non sono stata prudente
dopo un po’ mi si è gonfiata la mente
sappi che due notti fa
con dolorose doglie
mi è nata una poesia illegittimamente
porterà solo il mio nome
ma ha la tua aria straniera ti somiglia
mentre non sospetti niente di niente
sappi che ti è nata una figlia.
Vivian Lamarque
da Teresino, Società di Poesia & Guanda, Milano, 1981
La scelta di oggi è caduta su un testo breve e ironico di Vivian Lamarque, ad una prima lettura divertente e piacevolissimo, tratto da Teresino, la raccolta del 1981 con cui vinse il Premio Viareggio Opera Prima. Il componimento sembra apparentemente semplice, lineare, di immediata comprensione, tanto che Giovanni Raboni, vero scopritore della Lamarque, disse che “C’è da restare a bocca aperta davanti alla misteriosa semplicità, all’eleganza impalpabile e tuttavia quasi feroce ” delle sue poesie. In effetti la poesia nasce dal cuore e dalla mente, un po’ come avviene per l’embrione, viene poi elaborata e messa per iscritto dunque se vogliamo “partorita”. E’ un dono che viene elargito agli altri; allo stesso modo una figlia viene donata a sé stessi, al coniuge, al mondo. La poetessa privilegia un lessico quotidiano e una poesia lontana dalle forme metriche tradizionali ma dietro alla semplicità immediata dei componimenti si nasconde una certa complessità semantica. Dopo l’incipit serioso tipico della narrazione, procedendo nella lettura si coglie subito l’ironia, fin dalla definizione di “amore mentale” dunque si comprende bene che si sta descrivendo un amore forse solo idealizzato, virtuale ma che comunque produce frutto: l’imprudenza, nonostante l’amore platonico, ha generato un gonfiore della mente, mente dunque come metafora del ventre femminile. E’ perfino avvenuto il travaglio del parto e dopo dolorose doglie, da notare il gioco iterativo, è nata una figlia illegittima ossia non riconosciuta che infatti porterà il nome della madre ma ha l’aria straniera del compagno, sempre immaginario, si badi bene. L’uomo non è neanche a conoscenza del fatto di essere diventato “padre”, non sospetta niente eppure ha generato l’idea di una poesia ed è diventato padre. Giocata sul doppio senso letterale e simbolico, evidente anche nell’utilizzo delle rime perfette prudente/mente/illegittimamente/niente e delle diffuse allitterazioni, trasmette un’ironia disincantata e disillusa. Spesso la Lamarque tratta il tema dell’amore, spesso non corrisposto, frainteso o come in questo caso, solo immaginato; racconta di uomini assenti o indifferenti, che trascurano la compagna, nonostante le ripetute richieste di attenzione, che rinunciano al dovere morale e sociale del riconoscimento provocando astio e dolore nei figli etichettati come illegittimi. Sono frequenti infatti in molte sue poesie motivi autobiografici e regressioni all’infanzia. L’autrice è disarmante: si mette a nudo rivelando la sua anima bambina; la poesia così diviene confessione, monologo interiore, flusso di coscienza, favola e racconto di sé, passaggio favolistico e surreale fino a raggiungere allo stesso tempo leggerezza e profondità, semplicità e complessità, gioco e serietà, ironia e malinconia.
Deborah Mega
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