Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: “Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti.” Questo non dice nulla: è stato forse ieri. L’ospizio dei vecchi è a Marengo, a ottanta chilometri da Algeri. Prenderò l’autobus delle due e arriverò ancora nel pomeriggio. Così potrò vegliarla e essere di ritorno domani sera. Ho chiesto due giorni di libertà al principale e con una scusa simile non poteva dirmi di no. Ma non aveva l’aria contenta. Gli ho persino detto: “Non è colpa mia.” Lui non mi ha risposto. Allora ho pensato che non avrei dovuto dirglielo.[…]
Albert Camus, Lo straniero, Gallimard, 1942
Lo straniero (L’Étranger) è un romanzo dello scrittore e filosofo francese Albert Camus, pubblicato nel 1942 da Gallimard. La vicenda inizia con la lettura di un telegramma da parte del protagonista Meursault, con cui viene informato della scomparsa della madre, ospite di un ospizio fuori città. Meursault è di origine francese ma vive ad Algeri, è un modesto impiegato, chiede un congedo di quarantotto ore al suo titolare e, dopo averlo ottenuto, va a pranzare in un ristorante. Alle due del pomeriggio prende l’autobus e per la stanchezza e il gran caldo dorme per tutto il tragitto. Incontra il direttore dell’ospizio e poi si reca in una stanza dove si trova il corpo della madre ma rifiuta di vederlo. Ha luogo una veglia interminabile a cui assistono gli amici di sua madre: attorno alla bara lasciano sfuggire strani rumori dalle loro bocche. Meursault percepisce la sgradevole sensazione di essere controllato e giudicato dagli anziani presenti. Egli non prova alcun tipo di emozione per la scomparsa della madre né vuole simularla, appare freddo e impassibile, rifiuta perfino di vederne le spoglie, beve caffè e fuma vicino alla bara. A quest’atteggiamento di straniamento e di indifferenza è dovuto anche il titolo stesso del romanzo. Il giorno dopo il funerale Meursault fa ritorno ad Algeri e non comprende lo scontento del principale per la sua assenza, si reca al porto per fare un bagno e vi incontra Marie Cardona, una ex dattilografa innamorata di lui. Nuotano, si rilassano, vanno al cinema a vedere un film con Fernandel e poi trascorrono la notte insieme. L’indomani, al risveglio, lui non la trova e trascorre tutta la mattinata a letto a fumare. Riprende poi la sua routine quotidiana perché, a parte la scomparsa della madre, nulla è cambiato. Nella scala del suo caseggiato, Meursault incontra il vecchio Salamano, il suo vicino di pianerottolo, in compagnia del suo cane poi un altro vicino, Raymond Sintès, un magazziniere che gode di cattiva reputazione perchè sospettato di essere uno sfruttatore di donne. Continua intanto la relazione con Marie, per quanto sia veramente innamorata di lui e desideri sposarlo, il protagonista non la ama e prova per lei solo desiderio fisico. Trascorrono insieme una giornata sulla spiaggia e il fine settimana in casa di lui. Ad un certo punto odono i rumori di un litigio proveniente dall’appartamento di Raymond; quest’ultimo sta insultando e picchiando una donna. Meursault e Marie escono sul pianerottolo mentre arriva un agente che mette fine alla lite e convoca Raymond in commissariato. Intanto Meursault incontra Salamano, affranto per la scomparsa del suo cane, che pure maltrattava. Udirlo piangere attraverso le pareti gli riporta alla mente sua madre. Qualche giorno dopo lui e Marie sono invitati da Raymond a trascorrere la domenica seguente in un capanno in riva al mare.
Raymond porta una fasciatura alla mano: si è ferito nel corso di una rissa di cui fa il resoconto, l’uomo col quale si è battuto è il fratello di una donna che “gestisce” e che vuole punire perché si è accorto che ha fatto la furba. Vuole scriverle una lettera, per farla ritornare e poi umiliarla. Meursault la scrive per lui. Lo informa anche che per tutto il giorno un gruppo di arabi lo ha pedinato, fra questi c’era il fratello della donna che probabilmente voleva vendicarsi. Poco dopo il principale di Meursault lo convoca per proporgli un lavoro a Parigi dove prevede di aprire un’agenzia. Meursault mostra poco entusiasmo e il principale gli rimprovera la sua indifferenza e la sua mancanza d’ambizione. Mentre prendono l’autobus, Raymond scorge sul marciapiede di fronte degli Arabi (fra cui il suo “tipo”) che li stanno osservando. Arrivano al capanno di Masson e trascorrono una bella giornata. Dopo pranzo Meursault, Raymond e Masson vanno in spiaggia. All’improvviso scorgono i due Arabi e ne nasce una colluttazione generale anche se in questo primo momento Meursault non prende parte al litigio. Solo più tardi sente l’esigenza di tornare in spiaggia, il caldo è insopportabile, in uno stato di semi-incoscienza mentre stringe il revolver di Raymond in tasca ritrova l’arabo di prima che estrae il coltello e il colpo parte. «È lì, in quel rumore ad un tempo secco e assordante, che tutto è cominciato. Scuotendomi dal sudore e dal sole, ho capito che avevo infranto l’armonia del giorno, il silenzio inaudito di una spiaggia dov’ero stato felice. Allora, ho sparato ancora quattro volte su un corpo inerte dove i proiettili s’affondavano come se non fossero veri. Ed era con questi quattro brevi colpi che bussavo alla porta dell’infelicità ». Meursault viene messo in prigione per il suo crimine e durante il lungo processo è discusso, più che l’assassinio, il fatto che l’imputato sembri non provare alcun tipo di rimorso per quello che ha fatto. Malgrado i tentativi dell’avvocato difensore, vista anche la scarsa collaborazione del suo assistito che non difende nemmeno sé stesso, alla fine Meursault viene condannato a morte per aver agito con follia omicida e rifiuta anche il conforto della religione mentre si rende conto che l’universo stesso è indifferente nei confronti degli uomini. In realtà quest’uomo con la sua metodicità e la sua razionalità, tutto può essere tranne che folle. Meursault subisce molti interrogatori al commissariato, trovando la sua causa “molto semplice” non reputa necessario assumere un avvocato e gliene viene assegnato uno d’ufficio, che lo interroga sui sentimenti che nutriva per la madre. Meursault soffre per la perdita della libertà e prova ad ammazzare il tempo dormendo e leggendo. Al suo processo si sente escluso, quasi di troppo. In effetti si parla di lui, ma senza che qualcuno gli chieda il suo parere. Uno dopo l’altro sfilano i testimoni. I giudici apprendono così che Meursault non ha pianto alla sepoltura della madre, che ha rifiutato di vederla un’ultima volta, che ha fumato in obitorio. La sala è sconcertata. Viene interrogata anche Marie, il pubblico ministero conclude che « il giorno dopo la morte della madre, quest’uomo andava al mare, avviava un’unione irregolare e rideva davanti ad una pellicola comica». Si giunge poi a considerare i due uomini complici e lo si accusa di aver agito con premeditazione ne consegue dunque la condanna a morte. Il presidente chiede a Meursault se desidera fare qualche commento e lui per la prima volta, afferma che non aveva l’intenzione di uccidere l’arabo e che questo crimine ha avuto luogo a causa del sole. Tutti ridono. L’avvocato invoca le circostanze attenuanti, elogia le qualità morali di Meursault ma lui neanche lo ascolta più. Rifiuta per tre volte di ricevere il confessore, pensa a Marie, che ha cessato di scrivergli; più tardi, quando il confessore accede nella sua cella si instaura una conversazione tra i due uomini. Il confessore insiste affinché Meursault si penta e dice che egli pregherà per lui. Meursault lo afferra al collo e l’insulta. Dopo la sua partenza, Meursault ritrova la calma e mentre si lascia sopraffare dalle piacevoli sensazioni della notte estiva dice che si apre per la prima volta alla tenera indifferenza del mondo.
Fabula e intreccio coincidono, non sono presenti infatti anticipazioni o flashback tranne che per il momento del processo. Il punto di vista è in prima persona dunque siamo in presenza del narratore omodiegetico. Si è parlato di romanzo psicologico, introspettivo, realista, esistenzialista, nonostante Camus stesso non amasse quest’etichetta. Certo è che l’uomo privo di sentimenti che dimostra con sincerità i suoi pensieri più profondi offende la morale perbenista dell’epoca. Anche la scrittura di Camus, che ottenne il premio Nobel nel 1957, corrisponde al suo personaggio: sicura, fluida, efficace, ragionata, diretta, immediata e mai prolissa tanto che l’intreccio è sviluppato in sole centocinquanta pagine. Come Sisifo, Meursault è un eroe “assurdo” che però non smette di affascinare attraverso la sua logica lucida ed esasperata, capace comunque, nonostante tutto, di giungere alla verità dell’essere e del sentire.
Deborah Mega
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