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L’aggettivo random usato nel linguaggio scientifico e tecnologico con il significato di casuale, privo di regolarità, senza un ordine preciso, ha fornito lo spunto per una nuova rubrica, questa volta musicale, che curerò due volte al mese di lunedì. Esistono  pezzi musicali a cui siamo particolarmente legati: alcuni sono diventati simbolo di una generazione, altri hanno generato e ispirato rivoluzioni e movimenti culturali riscrivendo regole, altri ancora sono divenuti strumenti di protesta riuscendo a smuovere coscienze. Li descriverò raccontando l’intreccio di musica e vita che li ha prodotti.

Continuiamo questo percorso con…

The End è un brano musicale tra i più amati e intensi del gruppo rock statunitense The Doors. Nel corso delle esibizioni dal vivo, Jim Morrison improvvisava  e modificava strofe del testo fino a quando il pezzo fu registrato ai Sunset Sound Recording Studios di Los Angeles, nell’agosto del 1966 e pubblicato come brano conclusivo dell’album di debutto della band, The Doors, il 4 gennaio del 1967. Diverse sono le influenze letterarie presenti, William Blake, Edgar Allan Poe, Nathaniel Hawthorne, perfino Sofocle. Altre influenze derivavano da Carl Gustav Jung e da Friedrich Nietzsche.

Esistono diverse versioni di The End, l’originale è quella di più lunga durata, circa 11 minuti, proposta di seguito.

Tra frasi appena sussurrate e frammenti urlati, Jim Morrison, il Re Lucertola, descrive la fine sofferta e dolorosa di un amore, che può essere inteso anche come distacco da un’età felice, l’infanzia, più che da una persona. Il testo diventa poi visionario e ricco di enigmi. Vi si parla di deserto di dolore in cui perdersi, di bambini impazziti che aspettano la pioggia estiva, si esorta a percorrere le strade che portano verso ovest, una terra migliore. Compare poi il tema della sessualità introdotto e ribadito più volte dal verbo “cavalcare” e dall’immagine del serpente dalla pelle fredda, lungo sette miglia. Successivamente il riferimento al «The Blue Bus» può essere interpretato come quello che, negli Stati Uniti, i militari usavano per recarsi alle basi di addestramento durante la guerra del Vietnam, oppure si tratta di un nostalgico riferimento all’autobus di colore blu, che percorreva il tratto stradale in direzione della spiaggia di Venice a Los Angeles. Potrebbe simboleggiare anche il viaggio tra la vita e la morte, il mezzo che permetteva di oltrepassare le porte della percezione. Si giunge poi al momento culminante dove fu introdotta una celebre parte parlata, il crescendo strumentale sembra voler confondere la drammaticità e la follia dei versi:

-Padre?-

-Sì figliolo?-

-Voglio ucciderti-.

Si parla di un assassino che uccide la sorella, passa dalla stanza del fratello, poi vorrebbe uccidere il padre, e qui esplode il complesso di Edipo in tutta la sua drammaticità, per fare l’amore con la propria madre e tornare ad esistere. In questo punto la musica cresce d’intensità e diventa sempre più frenetica e travolgente. Quando Morrison frequentava la Florida State University, aveva collaborato ad una produzione dell’Edipo Re di Sofocle e probabilmente fu molto coinvolto dalla vicenda. Ray Manzarek, il tastierista dei Doors, affermò che Jim stava dando voce al complesso di Edipo, tema molto discusso dalla psicologia freudiana. Nelle esecuzioni dunque Morrison rappresentava la drammaturgia greca. The End si conclude con la ripresa testuale e musicale dell’incipit.

Il brano è stato utilizzato da Francis Ford Coppola come colonna sonora di Apocalypse Now per la sua intensa drammaticità. Coppola aveva conosciuto personalmente Jim Morrison e apprezzava molto il pezzo in questione che inoltre conteneva diversi riferimenti alla guerra imposta dall’America. Non dimentichiamo che verso la fine degli anni Sessanta, negli Stati Uniti, l’opposizione all’intervento nella guerra in Vietnam era all’apice. I Doors divennero esponenti di quel movimento antimilitarista per la loro immagine ribelle, contestatrice e trasgressiva, nonostante Jim fosse figlio di un ammiraglio della Marina Militare statunitense. Jim romperà ogni rapporto con la propria famiglia nei primi anni ’60 arrivando a definirsi “orfano”, e dopo aver urlato la celebre “invettiva edipica”, contenuta proprio in questo brano.

Deborah Mega