Questo scritto appartiene alla raccolta “Cronache sospese”, a questo link l’introduzione

DERIVA 25.8.2018

Certo qualcosa sarò tra pioggia e vento. il tempo e il domani. l’alluce il mento. riverso imprendibile impotente. vivo per questo e scrivo la nullità.

Oggi in particolare nulla da raccontare. solo semi di senso perduti nei camerini. merci scontate e mediocri. geometrie di curve accattivanti. prove di vestizione nuova. linea di classe originale. patetica sul fisico da partoriente. la scelta è la lunga veste a fiori. dal seno provocante. nella gonna sua maestosa la primavera ha un anticipo bestiale. ti vedo contenta scodinzolante. annegata nei complimenti. fino a quando tutto sfuma nel rifiuto. non so se sia un capriccio o ripensamento. un dispetto o dissociazione mentale. so che c’è un prima di accondiscendenza poi un riverbero di frustrazione. così passano i giorni. in un sudario di percezione. un passato vago appena accennato. un presente malato. e un futuro di sicura precipitazione.

Sei preponderante e assente. vaghi tra le stanze dici tra suore. lo stanzone ti sembra un refettorio. forse ti guardano tre crocifissi dalle pareti. li percepisci alti distanti come nei luoghi dell’infanzia. cardini di porte chiuse derivazioni di socialità fittizia. un seme trascorre tra il dovere e l’esenzione tra l’estinzione e l’accavallamento. ti guardo e mi vedo. sono mancante carente incompleto. lo sono del tutto e di tutto. sono imperfetto rarefatto distratto. difetto di un’infanzia felice. ma lo dico e so che è falso. per assenza di corrispondenza al vero. pura illazione che alimento come scusa. per il mio basso tono dell’umore per la calvizie. per essere trasandato sudato perplesso conclamato. e torno a te come uno scorno quotidiano. con finta allegria per necessità. col labbro cupo talvolta. con la pazienza infinita di chi sa la deriva. sapendoti persa e perdendomi nei tuoi meandri bianchi. gangli impastati. impastoiati inguainati. potessi scrollare la patina. come la crosta di sale dal pesce. raschiando e battendo sul guscio intostato. spezzando gusci induriti dal tempo. liberandoti liberandomi dal senso di opaco. abbracciando la lucidità delle perle. l’iridescenza. 

Esile sei azzurra vestita di fresco. fragile nei vestiti di maglina. desiderosa di pesare meno. di pesare qualcosa che non sia l’incertezza. ti aiuto per come posso. raccontandoti la tua stessa storia. è un tentativo e intanto cerco un altro termine perfetto che dica come svanisce una mano o un arto. pur restando il corpo involucro. sacco vestito appeso alla gruccia. devastazione potrebbe essere il suo nome.