Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, gray and blue (1921)
La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della nuova rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …
VALERIO SUCCI
III
Le mezze stagioni sono scomparse, si sa
il clima è impazzito, manicomio
temperature dal deserto al polo, un attimo.
Questo forse scombussola i giovani
oramai disorientati, bandiere al vento
oggi dunque coi comunisti, (finta) Resistenza
invocando la legalizzazione, mille pseudo-rivolte
in piazze gremite, aggiornamento social.
Poi la brezza, migrazione a destra
all’attacco dei neri, Tutti a casa loro
ecco l’esercito dei veementi nazi, patriottici (?).
Le mezze stagioni, come i valori, dimenticate
impazzita è la società, bomba in detonazione
mutevole pari al vento, segue ogni direzione.
***
VII
Un canto di pensieri, dubbioso
poche le azioni, rari i fatti.
Canto intimo, riflessivo
rivolto alla scoperta di sé
comprendere che uomo sia ‘sto poeta.
Una poesia di ribellione, irosa
bramosa il cambiamento, consapevole pur del fallimento.
Poesia discriminante il vero
il tuo il suo il vostro, ma mai il nostro ché
la mia parola annaffia la sola mia realtà.
***
IX
Parole rimbombano la mente
nella gola attendono il varco, trasformarsi in canto
ma serrata la bocca e immobile la mano.
Sovente stagnano lì, abitanti un cimitero-dizionario
e ne soffro: questa sensibilità mi blocca
e poi la colpa: i poeti, no, non lavorano così!
E allora liberatevi: diventate grafemi oscuri
su questo bianco mare, fonemi astrusi
in quest’aria vuota; su, prendete vita
assumete significati convenzionali
ma per me fondamentali; costruite una realtà
mia, di chi vi ascolterà, chi vi amerà.
Da voi l’insegnamento in negativo
il canto incita la non emulazione
l’uscita da una grotta buia.
***
XXIII
Bologna, capoluogo di regione
centro d’aggregazione, comune comune per le persone
nuova capitale del mio umore.
I giovani nelle piazze, la notte
il giorno, con in mano una birra
una canna gira il cerchio
bira bira come bodyguard.
Piazza Verdi invasa dai punkabbestia, presenti mai assenti
a farsi all’ingresso del teatro, un esercito del degrado
che ti fa venir voglia di cambiare città;
cumulo di persone dalla dubbia utilità, nemmeno buoni
ad amare i loro cani, vittime inconsapevoli, figurati i figli.
Su, fidati, girati
imbocca via Zamboni, verso le due Torri, sempre dritto fino a
Piazza Maggiore e divo Petronio, dove
il Maometto vive in pace dentro la chiesa
che attende gli innamorati lì innamorati e che lì si sposeranno.
Ma io ne rimango fuori, mero spettatore dell’amore altrui
perché, caro Lucio, anch’io ho bisogno d’affetto
ma a modo mio.
Un turbine di bolognesità che ti accoglie
ti fa sentire a casa, protetto dai portici
eccoti a San Luca a con la bocca aperta
scoprirai poi qua con la poesia non si scherza.
Bologna è questa, città bipolare
capace d’amore, capace di morte
dove i neo – ancora? – comunisti inneggiano la revolución
ignoranti dell’essere in ritardo sul ‘68, ma, poveri cristi,
cercano comunque la lotta, attaccando ciò che amano:
uni, biblio, coetanei, non capendo che la vera rivoluzione
la farebbero studiando, così da rompere il sistema dall’interno.
***
Autobiografia, 20 anni
È funesto a chi nasce il dì natale
e io mica sono l’eccezione
18, ‘98, ore 8, parto, pianto.
18 – 02 – 2018
Vent’anni, quattro lustri di me
incredibile che sia ancora vivo
pressato dal mio passato pesante, ansante vado avanti
ma non so se arriverò al traguardo
su di me la depressione d’un albero genealogico
in una famiglia sola, debole, incapace di stare al mondo.
Ed è così nato un figlio handicappato
menato da tutti, madre padre
compagni di scuola, che nei suoi occhi
non la poesia, ma il diverso trovavano
Cinese dicevano, e poi il pugno
ma dall’altra parte il silenzio
non racconta, bimbo omertoso
complice mafioso della sua vita.
Bambino che col passare degli anni
incontrava solo emarginazione, quello non
amato, voluto, bensì ridicolizzato, bullizzato
fino a che pure lui ha iniziato a odiarsi
non curandosi, provocandosi del male
ragazzino oramai masochista autolesionista.
E quel dolore alla pancia mica era gastrite
ma appendice in peritonite
due ore di più e sarebbe morto
e come avrebbe voluto aspettare
aspettare, aspettare, aspettare, aspettare
sino a quando la morte non lo sarebbe venuto a trovare.
Un mese d’ospedale cosa vuoi che sia in vent’anni
e invece fu, eccome: al capezzale solo parenti
già ruderi anaffettivi, lui speranzoso d’altro futuro
ma nessun amico, dimenticato, abbandonato
solo s’un letto d’ospedale, ricambiato
dopo aver visto l’abisso, ecco la depressione.
Quattro anni insieme, 14 – 18
coppia inseparabile, dipendenti
l’uno dall’altra, in una stanza buia
perse l’adolescenza, mai più ne godrà
affogata in incomprese lacrime.
Il tempo va, avanzano
i mesi, giunge l’estate
e con questa Malta.
Fuggito da casa, giubilo all’istante
all’estero per vedersi dentro
in un gruppo di sconosciuti, l’emarginato
ha scoperto gli amici, cos’è essere felici.
Di nuovo in Italia ma cambiato, nuova mentalità
voglia d’intraprendere molte relazioni
ma ancora nemici, traditori
chi prima finge amore, ma poi Giuda Iscariota.
Scoraggiato, ma non abbattuto
inizia il primo anno d’università
ma la socializzazione ancora difficoltà
quindi zero amici, ma di studio solo colleghi.
Ora, vive fra due realtà, Bagna Bolo Bagna
autenticando la sua unicità
da sempre sradicato, zero radici
che lo saldi a qualche posto, cuore
estraneo a qualunque comunità.
Vent’anni, 18 – 02 – 2018
e tu che leggi chiederai un giudizio
di questo tempo un bilancio. E sia:
1) ancora vivo
2) la sofferenza ora è sensibilità, arma in più
dolente, ma permette la connessione cogli altri
solo pure per sguardi
3) indipendente autonomo, non più schiavo d’altre persone
ma forse l’amore è necessario, suo sconosciuto
ma come può incontrarti? lui non cerca nessuno
lui non si fida, ermetico, leggigli gli occhi
lui evita persone senza valore, piuttosto soli ma
ambisce a essere protagonista della tua vita, diva.
Dai, ora vai, il mondo prenditi
libera la tua rabbia
sevizia freddo i tuoi aguzzini
non esitare ad amare
coccola ama, amor gignit amorem
e vedrai che verrai ricambiato.
Mai più paura, del giudizio
dell’affetto, lascia dietro
quello spettro, e ricorda
faber est suae quisque fortunae.
Testi tratti da Primo, Terra d’ulivi edizioni, agosto 2018
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