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In un testo narrativo e in una descrizione il punto di vista è il punto di osservazione, la posizione di colui che narra o descrive. Tale descrizione può essere monoprospettica quando esiste un’unica angolazione e pluriprospettica nel caso di descrizioni viste da più angolazioni. Quello di cui vorrei occuparmi in questa nuova rubrica, recuperando alcune reminiscenze scolastiche, è l’analisi e il commento di opere d’arte famose e meno famose che apprezzo particolarmente. Oggi analizziamo Notte stellata di Vincent van Gogh.

Notte stellata è un dipinto del pittore olandese Vincent van Gogh, olio su tela, cm 73,7 x 92, realizzato nel 1889 e conservato al Museum of Modern Art di New York. Si tratta della rappresentazione del paesaggio notturno di Saint-Rémy de Provence, poco prima dell’alba. Dopo il tragico episodio dell’automutilazione dell’orecchio van Gogh accettò di farsi ricoverare nella clinica Maison de Santé  per alienati mentali di Saint-Paul-de-Mausole, un vecchio convento adibito a ospedale psichiatrico vicino a Saint-Rémy de Provence. Durante l’internamento, preso da un vero e proprio furore creativo, van Gogh eseguì una notevole quantità di dipinti, nei quali si emancipò dalle regole impressioniste e approdò a uno stile simbolico che, partendo dalla sua alienazione, rielaborava la realtà. Pare che l’opera sia stato dipinta poco prima dell’alba tra il 23 maggio e il 19 giugno 1889, durante l’anno di permanenza nella clinica psichiatrica di Saint-Rémy-de-Provence, come emerge da una lettera dello stesso Vincent, desideroso di comunicare al fratello di aver realizzato «un paesaggio con gli ulivi e anche uno studio di un cielo stellato». Dopo averlo tenuto inizialmente con sé, van Gogh mandò la Notte stellata al fratello Théo, residente in quei tempi a Parigi, nel settembre 1889, insieme ad altri nove dipinti. Dopo la morte di Vincent un anno dopo, e del fratello Théo, la Notte stellata passò alla vedova di Théo, Jo. Nel 1900 l’opera entrò nelle collezioni del poeta Julien Leclercq per poi divenire proprietà di Émile Schuffenecker, un vecchio amico di Gauguin. Successivamente fu venduto alla galleria Oldenzeel, in seguito ad una gentildonna di Rotterdam, Georgette P. van Stolk, infine al gallerista francese Paul Rosenberg. Nel 1941 la Notte stellata fu acquistata definitivamente dal Museum of Modern Art, a New York, dove si trova tuttora. Nel dipinto il pittore ha cercato il contatto diretto con la realtà, dipingendo quello che si poteva vedere dalla finestra della sua stanza, l’ha però trasformata in una potente visione onirica in cui poter fare affiorare le sue emozioni e le sue paure: il paesaggio, a prima vista idilliaco e rassicurante, manifesta invece la personalità tormentata di Van Gogh. A sinistra è ritratto un alto cipresso che si staglia contro il cielo notturno e agisce come intermediario vegetale tra la vita e la morte, rappresenta quasi l’aspirazione all’infinito da parte del pittore. A destra del solitario cipresso troviamo un piccolo paesino, forse è Saint-Rémy o una reminiscenza del villaggio natio: i caseggiati sono bassi, ad eccezione dell’acuminata cuspide di un campanile, che riprende la verticalità del cipresso. Le linee dei tetti sono oblique, i cespugli e gli alberi lontani sono rappresentati con pennellate curve. A destra appare la ricca vegetazione degli ulivi, mentre sullo sfondo si estende il profilo di una catena montuosa. L’inquietudine dell’artista esplode nella parte superiore della tela, quella relativa al cielo dove sono ritratte la falce lunare, visibile in alto a destra, il pianeta Venere, le stelle che sembrano ruotare su sé stesse in gorghi vorticosi, in turbini inquietanti come se fossero meteore impazzite. I colori presenti sono una vasta gamma di blu, azzurri e giallo indiano, stesi  con uno spessore minimo, a piccoli tocchi ravvicinati mentre la vegetazione diventa quasi nera. Le luci artificiali brillano gialle dalle finestre delle case. Il segno pittorico è agitato, quasi aggressivo, si smorza solo quando tratteggia le morbide ondulazioni della catena montuosa rimarcata da una spessa linea di contorno nera, che vuol sottolineare la sua appartenenza alla dimensione terrena. In questo capolavoro dell’arte ottocentesca, i drammatici tormenti di van Gogh trovano una delle loro più potenti raffigurazioni.

Deborah Mega