Nell’ambito della rubrica “Canto presente” oggi presentiamo la poesia di

ANNA LAMBERTI BOCCONI

Mia giovinezza andata
nella sua qualità di bel mazzetto
regalato ogni sera
come fosse un giochetto da due lire
quei quadrati coi numeri
che mandavi su e giù con un sol dito
nella cornice di plastica
uno era vuoto e quello
determinava le mosse
per metterli tutti in fila.
Ma io avevo il buco inchiodato
tiranno maledetto ed avariato
comandava da immobile.
Io lo credevo l’anima
causa la trasparenza delle lacrime
sul fondo ultravioletto della sera.

*

Vidi due labbra fresche adolescenti
posarsi sull’orrendo volto vecchio
di un dio di morte, e tutti gli spaventi
della mia vita al fondo di uno specchio.

Udii che un desiderio e un dispiacere
sono la stessa cosa, e lo diceva
questa mia voce, e il vino nel bicchiere
era versato ma non si beveva.

*

ANNA SULLA DARSENA

Cercare la mia anima di un tempo
tra vie rifatte che non riconosco.
Solo le case sono sempre loro,
l’acqua, la riga dritta delle vie.
Io ho fatto la fine dei dinosauri:
troppo grandi, non c’era da mangiare,
schiacciati sotto una meteora, il ghiaccio
se li è portati via con sé, le ossa
là, immense nella sala di un museo.
Dico qualcosa a chi mi vuol sentire
poi vado a riguardare quel che fui,
o meglio, dove stavo quando fui.
Anche la solitudine si è estinta.

*

Non sento altro che la tua mancanza,
piccola mamma, nelle foglie tese
verso il loro orizzonte verticale
tu che racconti di bellezza e amore,
spaventi di bambina, il tuo tappeto,
persona eccezionale, madre mia
vedo soltanto che te ne sei andata
la primavera infrange ogni vetrata,
creata e discreata. Ancora esisto
se penso a te, le frange del tappeto
in piena luce, la calligrafia
che si assomiglia, che era tua ed è mia
girano testa e vento nella stanza
vortica il mondo e non è mai abbastanza,
fino a che anch’io diventerò poesia.

*

Io sono il fiore in mano
col fil di ferro in gola
quello che va nel marmo,
l’amore del tuo nome
che sussurrò bellezza
gioia, consolazione
la foto cancellata
dimenticata in acqua,
sono il pigmento rosso
che incarna la tua rosa
alta col fil di ferro
piantato nella gola.

*

Ti amo sul mio mare che lascia il mare
la vela bianca e grigia che sembra nebbia
sul sale che incrosta lento l’amo incagliato
immerso da anni e anni dentro il relitto
dal giorno livoroso della tempesta,
il fiore ombelicale che ignaro nacque
avido, amaro, errato, colmo di pianto
il fiore che viveva come un furore,
ti amo da quella gioia dimenticata
quel vecchio paradiso tinto di sangue
che non ne vuol sapere di tramontare.

*

Sogno di bere una fanta in una bocciofila
poco davanti ad una fontana che gocciola,
dopolavoro di autisti e tranvieri, domenica,
sole d’estate che avvita i suoi raggi nell’anima.
Lì piano piano potresti capire che esisto
sempre, con te, senza te, col cuore di vento,
come la linea più bella che traccia una rondine
quando nel cielo rincorre l’arte di perdere.

*

Perduta e sola con i miei due versi
da quando la parola è intelligente
imito il Sole partendo dal Niente
fianco al silenzio e fronte al grande brodo
cercando sottigliezze e gemme fine
in tutta questa fine senza fine.