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In un mondo digitale come il nostro ricevere una lettera cartacea è ormai una forma d’espressione d’altri tempi, un evento più unico che raro. La telematica e la capillarità della rete telefonica che consentono la trasmissione a distanza delle informazioni in tempo reale hanno reso immediata e veloce la comunicazione interpersonale. Sono lontani i tempi in cui, quando si scriveva una lettera, occorreva avere la pazienza di aspettare che arrivasse a destinazione e che giungesse la risposta. Eppure quell’attesa amplificava le emozioni, lasciava presagire la risposta, fortificava e rinvigoriva i sentimenti. Amore, affetto, amicizia, gioia, dolore, risentimento, dispiacere, follia sono i sentimenti veicolati dalle lettere, capaci di scuotere l’animo di chi scrive e di chi legge. La lettura di Epistole d’autore fornisce un ritratto insolito e inedito, per frammenti e dettagli, di uomini e donne celebri, svela segreti, rende più umani e veri i grandi del passato.

Albert Camus a Maria Casarès

Con Maria Victoria Casarès Pérez, Albert Camus visse un’importante e tormentata relazione, documentata da un libro contenente 865 lettere e pubblicato da Gallimard nel 2017, Corrispondance 1944-59, con la prefazione di Catherine, figlia dello scrittore.

Classe 1922, figlia di un ministro spagnolo in esilio dal 1936 dopo la vittoria di Franco, incontra lo scrittore nella Parigi occupata dai nazisti il 6 giugno del 1944, in occasione delle prove dell’opera teatrale di Camus Le Malentendu. Lei ha ventuno anni, lui trenta. Attrice di grande talento, al cinema è immortalata da Robert Bresson (Perfidia), da Marcel Carné (Amanti perduti), da Jean Cocteau (Orfeo). Albert Camus, all’epoca momentaneamente separato dalla moglie, Francine Faure, a causa dell’occupazione tedesca, è impegnato nella Resistenza. Nell’ottobre del 1944, quando finalmente Francine Faure può riunirsi con il marito, Maria Casarès e Albert Camus si separano. Ma il 6 giugno del 1948, in Saint-Germain, si ritrovano e, malgrado tutte le difficoltà decideranno di vivere il loro amore. La loro notorietà internazionale crescerà di pari passo e questo li obbligherà a separarsi per lunghi periodi, in cui la corrispondenza diventerà travolgente. Nel 1956 Marie riceve un’accoglienza trionfale in Argentina , mentre nel 1957 Albert riceve il premio Nobel per la letteratura.

“Mia piccola Maria, speravo di incontrarti, ora, telefonando a casa tua. Ma non ho nemmeno il tempo per farlo. Allora, tra due appuntamenti, ti mando questa parola. Non significa nulla naturalmente. Ma credo che la troverai, al ritorno, questa sera, e poi mi penserai un po’. Sono stanco, ho bisogno di te. Ma, è ovvio, non si può dire una cosa del genere, dovresti essere addosso a me. Buona notte, mia cara. Dormi, pensa a me, con forza. Ti abbraccio da qui al domani.”

“Sono così felice, Maria. Come è possibile? Quello che mi fa tremare, è una sorta di gioia folle. Ma allo stesso tempo, sono trafitto dall’amarezza – partirai, la tristezza dei tuoi occhi mentre mi lasci. Davvero, quello che ho di te è un gusto in cui si mescola la felicità all’inquietudine. Ma se tu mi ami, come scrivi, dobbiamo avere altre cose. Questo è il momento di amarci, e dobbiamo volerlo con forza e a lungo, per andare oltre ogni cosa. […] Attendo domani il tuo caro volto. Stasera, troppo stanco per parlare di questo cuore traboccante a cui mi hai ridotto. C’è qualcosa che è solo per noi e dove ti raggiungo sempre, senza sforzo. Queste sono le ore in cui mi chiudo in te e tu dubiti di me. Ma non importa, il mio cuore è pieno di te. Addio, tesoro. Grazie per quelle parole che mi hanno dato così tanta gioia – grazie per questa anima che ama e che ti ama. Ti bacio con tutte le mie forze.”

[giugno 1944]

“Mia piccola Maria, il viaggio è andato bene, senza problemi. Partiti alle 7 e 20, abbiamo guidato fino alle 9, poi sette chilometri a piedi passando per luoghi bombardati, alle 11 preso un treno fino a mezzogiorno. Due ore di attesa a Meaux, finché non è arrivato un altro treno. Tre quarti d’ora dopo, nuovo cambio, alle 17 siamo arrivati. Stanco come un cane nero, ma contento di essere arrivato, finalmente. Mi è stata offerta una casa con un’ala bombardata nel 1940, ma il resto è abitabile. Ma tutto è coperto di povere e in quarantotto ore devo rendere questa casa abitabile con l’aiuto di una brava donna del paese. Passo alla descrizione. Il paese è in una valle, di cui due pendii sono coperti da colture e da alberi di media grandezza. Freddo, il brusio dell’acqua, l’odore dell’erba, le vacche, qualche bambino, i canti degli uccelli. Montando sul pendio, spazi più larghi, si respira meglio. Il villaggio: qualche casa, brava gente. La casa è sommersa da un giardino pieno di alberi, con le ultime rose dell’anno (ma non sono rosse). La casa è all’ombra della vecchia chiesa e la parte superiore del giardino è un prato soleggiato proprio vicino ai contrafforti della chiesa. Si può prendere il sole. Sto preparando una stanza e un ufficio al primo piano. Quando sarà tutto pronto, te lo descriverò. Michel [Gallimard] penso che potrà stare con me a lungo. Pierre e Janine [Gallimard] saranno probabilmente dirottati altrove. Attendo con impazienza il suo arrivo per risolvere questa situazione e perché spero che mi dia notizie di te. Ti scrivo tutto questo chiaramente perché penso che tu desideri una descrizione accurata. Ma io penso a ben altro: da giovedì sera io vivo con te. Mi sembra che ti ho lasciata male, e questa separazione, in mezzo a tanta incertezza, sotto un cielo pieno di pericoli, mi è difficile da sopportare. Spero che tu possa raggiungermi. Se è possibile farlo in automobile, è più facile. Altrimenti, dovresti fare lo stesso lungo viaggio che ho fatto io. Non dimenticare la tua promessa, mia cara, perché è di quella che vivo. Penso di trovare la pace in questo paese. Alcuni alberi, il vento, un fiume, bastano a ricomporre quel silenzio interiore che ho perduto tanto tempo fa. Ma questo è impossibile se devo sopportare la tua assenza e correre intorno alla tua immagine, ai nostri ricordi. Non ho intenzione di indugiare nella disperazione né di lasciarmi andare. A partire da lunedì mi metterò al lavoro, e lavorerò, è certo. Ma voglio che tu mi aiuti e che tu venga qui – che tu venga soprattutto! Tu e io siamo arrivati fino a qui, ci siamo incontrati e amati dentro la febbre, l’impazienza, il pericolo. Non mi rammarico dei giorni che ho vissuto, mi sembrano sufficienti a giustificare una vita. Ma c’è un altro modo per amare, una pienezza più segreta e più perfetta, che non è meno bella e di cui, ne sono certo, noi siamo capaci. Qui avremo tempo. Non dimenticare, piccola Maria e rassicurati che esiste anche questa possibilità per il nostro amore. Tra qualche ora sarai sul palco. Oggi e domani il mio pensiero sarà con te. Attendo il momento in cui ti siedi e dici che è meraviglioso, attendo il terzo atto, con quel grido che mi piace tanto. Oh, mia dolcezza, quanto è duro stare lontani da ciò che si ama. Sono privo del tuo volto, e non ho mai amato altro così tanto. Scrivimi spesso, e non lasciarmi mai solo. Ti attendo fino a quanto avrai bisogno, in tutto ciò che ti riguarda ho una pazienza infinita. Ma allo stesso tempo, nel sangue scorre una impazienza che mi fa male, una voglia di bruciare tutto, di divorare tutto, ed è questo il mio amore per te. Arrivederci, piccola vittoria. Stai con me nel pensiero, e vieni, vieni, vieni presto, ti prego. Ti abbraccio con tutta la passione che ho”.

[1 luglio 1944]