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Lord Byron visita San Lazzaro degli Armeni
(…) Ma ecco il poeta nuotatore, Lord Byron, novello Leandro che attraversa l’Ellesponto e va più fiero di questa prestazione, di cui fa sfoggio in tutte le sue lettere, che non del suo Childe Harold. In Italia, si bagna in tutti i mari e vi si attarda finché le unghie e le labbra gli diventano blu dal freddo. A Ravenna è di casa nella laguna; a Malamocco, entra tra i flutti a cavallo; i pescatori conoscono bene questo cavaliere veloce come lo scirocco. A Venezia, si getta completamente vestito, dopo cena, nelle acque salmastre del Canal Grande (tradizione che si è perpetuata tra i giovani oxoniani). Temendo di essere urtato da qualche gondoliere che nell’oscurità potrebbe non vederlo, nuota con il braccio destro, tenendo nella mano sinistra una lanterna accesa. Si spinge fino a tre miglia da riva, solo al largo fa colazione in acqua e vi fuma il suo sigaro.

Foto da Pinterest
Stabilitosi a Guernesey, dove le abitudini anfibie erano solidamente radicate, Victor Hugo guarda al mare in modo affatto nuovo: nel suo libro Victor Hugo et la mer Ditchy ha dimostrato in modo assai convincente come, fino a quel momento, l’elemento liquido fosse convenzionale nell’opera del poeta. Hugo ignorava la geografia marina al punto da proporre di utilizzare una «galea capitana» per andare da Fez a Catania quando Fez è a duecento chilometri nell’entroterra. Ma dopo il soggiorno a Guernesey, il paesaggio marino diventa in lui una realtà mirabile; il suo oceano sbava come un serpente, grida, ruggisce; quello dei Lavoratori del mare viene dalle profondità misteriose di Thulé e dai poemi ossianici. Han d’Islande fugge attraverso i marosi in tempesta, su un tronco d’albero, rivestito di pelle di foca e bevendo l’acqua salata da un teschio. Fecondo e distruttore, il mare delle Contemplations è il flagello di Dio; Hugo ne ha ammirato a lungo gli uragani, le minacce, i ruggiti, i tradimenti, e non c’è tempesta, in tutta la letteratura, che superi in bellezza e in orrore quella dell’Uomo che ride. È evidente che Hugo il mare l’ha visto solo da riva; è tra quelli presi di mira dai proverbi dei marinai inglesi: «The best pilot is ashore», oppure «praise the sea, but keep inland», ma il suo genio può farsi beffe di tutto e in primo luogo di quelli che si fanno beffe di lui. (…)
Paul Morand

Joseph Mallord William Turner, “Venezia: un ponte, forse il Ponte Ca’di Dio, con il Palazzo Ducale e il Campanile di San Marco in lontananza”
Paul Morand (Parigi, 13 marzo 1888 – Parigi, 23 luglio 1976), diplomatico francese, è stato autore di saggi e racconti, commediografo, giornalista e poeta. È ritenuto uno dei padri dello stile moderno nella letteratura francese. Esordì con una serie di racconti e romanzi che si fecero notare per l’erudizione, la bellezza della prosa concisa e raffinata. Il 24 ottobre 1968 fu eletto all’Académie française, dopo aver subito l’ostracismo di François Mauriac e di Charles De Gaulle. Amico di Marcel Proust, lasciò ricordi di notevole valore sullo scrittore. Una parte dell’imponente corrispondenza con Jacques Chardonne è stata pubblicata nel 2013. Moltissime sue opere sono tradotte in italiano.

Guglielmo Ciardi, Sant’Erasmo
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