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I morti siamo noi

La polizia in bicicletta
inutile e inerme,
come i loro mezzi.

Case di cartone
abitate da persone,
per le quali
una vecchia dabbene
si lamenta.

Il barbone sfatto a vino rosso,
ne ride
di una grassa e larga,
da rospo qual è.

Tombe a latere
riposano in pace
con ali liberate.

I morti siamo noi.

 

Belleville

Passeggiare senza direzione alcuna.

Vestiti a fiori sbocciati al primo sole.

Sorrido a una bambina,
lei ride,
e anch’io mi sento leggero.

Uomini scalzi
in cammino fin da lontano
hanno bisogno di respirare
pacifici paradisi ideali
di nuvole soffici.

Sacchetti di plastica
rivoli gonfi
scoppiano
sotto il peso
delle nostre automobili,
nell’indifferenza dell’universo.

Bighellono tra le bancarelle di un mercatino,
ma non compro nulla.

Anche solo un quadretto
supera il volume delle mie tasche.

Allora
appena
passeggio
tra pelle nuda
di belle ragazze luccicanti
sotto il sole gentile che sorride.

L’astro come esca
prosciuga l’umanità
dalle sue soffitte ammuffite,
dirigendo l’orchestrina
al gran ballo della leggerezza.

Assisto colpito
a uno spettacolo improvvisato,
francesi di strada
e marionette d’asfalto
urlanti
nella Tempesta shakespeariana.

Unico concentrato
tra un pubblico
distratto e annoiato.
Tempi duri per i poetici.

Ospiti
d’onore
alla sagra della primavera.

Su un vialetto senza tempo
accarezzati
dall’ombra della fronda,
fili di sogni
per vecchi cappelli
di paglia
danzanti nel vento,
come echi di giochi
per bambini curiosi.

Gli innamorati
persi in uno sguardo
accarezzano trame di seta
pettinando silenzi intensi,
come se il mondo attorno
rallentasse
fino al fermo immagine.

Tra i rami
pirati e avventurieri
solcano i mari
della fantasia,
dove si naviga senza bussola.

Curve di nude onde circondano
come teneri squali innamorati
le mie carni
e ne dilaniano le membra.

Una madre accompagna
alla vita la figlia dolcemente.

La protegge mentre
fa pipì
su un arbusto accanto
ad altre roselline.
Verde età
dove libertà
non rima con severità.

All’angolo della strada
un uomo felice suona
un organino a manovella
cantando Trenet e la Piaf.
Due bambini lo ascoltano rapiti,
lui canta sorridente
scandendo bene la voce.

Il fratello maggiore da loro
due monete luccicanti.
Il sorriso si fa largo nell’uomo,
come i giri della manopola.

I bimbi emozionati
fanno scivolare
i piccoli cerchi argentei
nel secchiello che tintinna,
e per un attimo siamo tutti felici.

Con le mani in tasche
bucate
d’amore e follia,
perso nel cielo terso,
riempito di azzurra nuvola
l’anima scivola
su alcune leggere gocce di cuore
fino a dipingere il tramonto
di perle viola.

 

Omaggio all’amico scomparso

Il giorno che Marina morì
eravamo tutti al bar,
come in ogni altra occasione,
immuni dalla vita e da Lei.

Il vento cessò improvvisamente
di battere
e il caldo si fece insopportabile,
così decidemmo tutti insieme
di alzarci di colpo,
lasciare l’ultimo bicchiere a metà
sul tavolino sporco,
per non salutare
e finimmo con quell’estate
per sempre.

Quando la morte arrivò
non trovò più nessuno,
solo il conto da pagare.

 

Benvenuta signorina Lussuria

Benvenuta signorina Lussuria
in questa mia casa oltre la luna.

Dove far l’amore
è una maledizione, un vizio, una fortuna.

Dove entri in punta di dita
ed esci in damascato e visone.

Dove non trovi niente e perdi tutto,
ma la sconfitta eccita la tua sottana
e bagna la punta dorata,
lingua perduta
a ogni assalto all’arma bianca
stesa stremata.

Benvenuta signorina lussuria
sull’altra faccia della luna.

Dove le tenebre hanno tenere palpebre
e gli amanti consumati ansimi.

Prendi un fiore,
sono omaggio.

Ne ho una soffitta piena.
Ammuffiscono lentamente
come ansimi di consumati amanti
o ali impolverate di falene malate
danzanti.

Benvenuta signorina lussuria
dove chiede asilo la luna
per poter far vibrare la sua natura
rivestita di pelle nuda
e porpora impura.

 

Legato a te

Sembriamo piccole rose
aggrappate al gesto,
alle virgole silenziose.

Nell’ombra della tua assenza
sospiro vasto
il ricordo lontano della tua essenza.

Pochi attimi, respiri di resti
di un cuore casto,
bianche e dorate le tue vesti.

Affamati della vita,
memori di quel pasto
sempre sfiorato dalle dita.

La verità ci indica
l’inevitabile mesto
di una realtà modica.

Amore,
troppo fragile è questo sentimento candido.