
Rilievo sulla fronte di un sarcofago raffigurante una scena di insegnamento (IV sec. d.C., Roma, Musei Capitolini).
Secondo il Grande dizionario italiano dell’uso, esauriente lemmario dell’uso corrente della lingua italiana, curato da Tullio De Mauro e pubblicato nel 1999, si conterebbero almeno 35 mila latinismi nel nostro linguaggio quotidiano. Termini di uso comune come album, gratis, par condicio, referendum, virus, bonus malus, video, una tantum, quorum, sono sulla bocca di tutti, anche se non sempre ce ne rendiamo conto. Il latino è la nostra storia, ci aiuta a parlare e a scrivere bene in un mondo in cui la parola è sempre più trascurata. Nel giro di pochi anni il web ha ampliato le possibilità di comunicazione e di accesso alle informazioni, tuttavia, si è ridotta negli adolescenti la capacità di comprensione del testo e anche il lessico si è drammaticamente impoverito. «Il latino non è un reperto archeologico, né uno status symbol, né un mestiere per pochi sopravvissuti. Nel latino c’è un’eredità, cioè un capitale da far fruttare. Una vera ricchezza culturale», scrive il professor Ivano Dionigi, presidente della Pontificia accademia di Latinità e già rettore dell’Università di Bologna, autore, tra gli altri, del bestseller Il presente non basta. La lezione del latino, edito da Mondadori nel 2016. Si è andata imponendo una preoccupante rimozione della lingua e della cultura classica, mentre la “lezione del latino” andrebbe recuperata per riscoprire il passato, la nostra storia ed emanciparci dalla dittatura del presente. Nel secondo dopoguerra, un pregiudizio di natura ideologica ha gravato sul latino. Il fascismo si servì delle lingue classiche per esaltare in chiave propagandistica i fasti della Patria, “la lingua dei signori” la definì Nenni. Gramsci invece pensava che conoscere le lingue classiche, fosse un modo necessario per comprendere le civiltà che ci hanno preceduti. Oggi il latino è insegnato solo al liceo classico, allo scientifico “tradizionale” e a pochi altri indirizzi; l’opzione Scienze applicate non lo prevede, infatti, e i docenti referenti dell’Orientamento, che si interessano di pubblicizzare la propria offerta formativa, in tempo di iscrizione alle scuole superiori, lo fanno ben presente, come se fosse un valore aggiunto. Nella scuola secondaria di primo grado l’insegnamento del latino è stato abolito dall’anno scolastico 1977-78, anche se in alcune scuole si è reintrodotto nell’ora di Approfondimento della Lingua Italiana. Con l’avvento delle tecnologie e la riforma scolastica delle tre I, Internet, Inglese e Impresa (qualcuno ha voluto ironicamente inserirne una quarta, Imbecilli), il latino è stato giudicato poco utile perché ritenuto erroneamente poco concreto e immediato ed è stato relegato in un cantuccio, contestualmente si sono privilegiate le competenze tecniche piuttosto che quelle umanistiche. Nella scuola secondaria di primo grado l’insegnamento della lingua latina ha carattere opzionale e dunque laboratoriale. I docenti attivano un laboratorio di conoscenza degli elementi di civiltà e, talvolta, in alcune scuole, con l’intento pratico di offrire, principalmente agli studenti che poi proseguiranno gli studi umanistici, un primo approccio allo studio della disciplina. «La tradizione greca e latina è chiave di interpretazione e di lettura della contemporaneità», ha affermato l’attuale ministro dell’Istruzione Pasquale Bianchi. Il latino non va parlato, sarebbe assurdo crederlo, anche se esistono scuole in cui il latino si utilizza perfino per chiedere alla prof di recarsi ai servizi igienici. Si tratta del cosiddetto “metodo natura” o “metodo Ørberg”, dal nome del linguista danese Hans Henning Ørberg (1920-2010), autore del testo Lingua latina per se illustrata, un metodo di insegnamento delle lingue antiche (greco e latino) basato sulle tecniche di apprendimento delle lingue moderne. Gli alunni iniziano subito ad utilizzare testi in latino (o greco) che possono essere compresi senza bisogno di traduzione e familiarizzano con il lessico senza doverne studiare prima le regole grammaticali. Il metodo viene anche chiamato “induttivo-contestuale”, poiché l’apprendimento del codice avviene per induzione, mentre l’apprendimento tradizionale è “deduttivo-grammaticale”, basato sullo studio delle strutture grammaticali ai fini di una corretta traduzione. Secondo alcuni detrattori, apprendere tante regole, con rigore e precisione, finisce per demotivare gli studenti anziché invogliarli allo studio. Dionigi afferma di non aver mai compreso “la rovinosa alternativa per cui l’inglese o l’informatica debbano sostituire, e non piuttosto integrare, altre discipline come il greco o il latino, l’arabo o il cinese”. Il suo pensiero è condiviso anche da molte altre personalità della cultura. Imparare il latino significa apprenderne anche il metodo, per ritrovare le testimonianze del passato e imparare a imparare. Lo studio dei classici è un allenamento allo studio in generale e all’uso più consapevole della lingua italiana. Nel Regno Unito, lo scorso anno, il governo ha stanziato quattro milioni di sterline per ampliare l’offerta formativa nella scuola pubblica, inserendo proprio l’insegnamento del latino. «Viva è qualunque lingua scritta sia ancora in grado, pur non circolando più come codice orale, di stimolare interpretazioni, risposte critiche e reazioni emotive.» (N. Gardini con C. Arletti, Elogio del latino, Repubblica 2021). Il latino contribuisce alla formazione dell’«impostazione mentale» dell’individuo e alla capacità di riflettere criticamente su ogni argomento di studio e di discussione. Anche lo studio della grammatica latina fornisce una solida base per lo studio di quella italiana, le cui strutture sintattiche restano le stesse del latino. Sin dal suo primo approccio alla lingua latina, è opportuno accostare sempre l’etimologia della parola latina al corrispondente termine italiano, per mettere in evidenza le analogie, le differenze e l’evoluzione nel tempo. Si tratta di piccoli approfondimenti che possano motivare e incuriosire i ragazzi. Il laboratorio di latino può essere utile a tutti gli studenti che vogliano potenziare le loro capacità logiche, approfondire le strutture linguistiche della nostra lingua, conoscere l’origine delle nostre parole e apprezzare con maggiore consapevolezza, il grande patrimonio della civiltà romana ancora presente nel nostro territorio.
© Deborah Mega
L’ha ripubblicato su Deborah Mega.
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