Roald Dahl (1926 – 1990), scrittore, sceneggiatore, autore di libri per ragazzi, pubblicò il racconto “Cosciotto d’agnello” in originale Lamb to the Slaughter, nel 1953, sulla rivista “Harper’s Magazine”. È un racconto di amara ironia e umorismo nero, incentrato sul tema della vendetta. La scena è quella di un salotto borghese, in cui Mary Maloney aspetta il ritorno a casa di Patrick, il marito poliziotto. L’uomo rientra a casa puntuale come al solito, alle cinque del pomeriggio, e informa sua moglie con poche fredde parole che ha deciso di lasciarla, nonostante lei si trovi al sesto mese di gravidanza. Mary, reagisce malissimo, in un impeto di rabbia colpisce il marito alla testa. Essendo moglie di un poliziotto, sa bene che la prima cosa da far sparire è l’arma del delitto. Elabora quindi un piano molto astuto, un delitto “gastronomico” corredato di un alibi inattaccabile e i poliziotti, colleghi del marito, giunti per le rilevazioni del caso, si lasciano convincere dell’innocenza della donna aiutandola inconsapevolmente a disfarsi perfino dell’arma del delitto. All’inizio del racconto, Mary è descritta come una tranquilla casalinga che sta aspettando il coniuge, in un attimo, però, il personaggio positivo e quasi sottomesso, che attende impaziente il rientro e i racconti del marito sulla giornata appena trascorsa, subisce una rapida trasformazione, un vero e proprio ribaltamento dei ruoli, diventando un’assassina. Alla fine del racconto ci si chiede se Mary abbia agito impulsivamente per lo shock dovuto alla notizia che il marito stava per lasciarla o se abbia pianificato con intelligenza l’omicidio dell’uomo. La caratterizzazione del personaggio femminile si delinea sempre di più quando la donna va in bagno, si trucca, prova le battute da rivolgere al fruttivendolo. Allo stesso tempo, non sono mai chiarite le ragioni per cui il marito stia decidendo di lasciarla. C’è perversità e assurdità nel modo in cui un cosciotto d’agnello, destinato a essere cucinato per la cena, venga trasformato in un’arma del delitto e poi si riconverta in un pasto serale. La vicenda offre una critica dell’istituzione del matrimonio e di quella della polizia. Patrick, essendo marito della donna e poliziotto, rappresenta il collegamento tra questi due mondi. Lui e i suoi colleghi, ingannati e manipolati da Mary, rappresentano per estensione, la legge che è possibile aggirare. Nelle mani di Mary, l’agnello, simbolo di innocenza e vulnerabilità, si trasforma in un’arma mortale. Nella battura finale, Dahl ironizza sugli eccessi di immaginazione di alcuni giallisti contemporanei, la risata finale della donna, tuttavia, non appare malvagia pur essendo una risata di vittoria.
*
La stanza era calda e pulita, le tende erano tirate, le due lampade da tavolo accese: quella accanto a lei e l’altra accanto alla poltrona vuota di fronte a lei. Sulla credenza alle sue spalle c’erano due bicchieri alti, le bottigliette della soda, il whisky. I cubetti del ghiaccio erano nel secchiello termoisolante.
Mary Maloney aspettava che il marito tornasse a casa dal lavoro.
Ogni tanto lanciava un’occhiata alla pendola, ma senza provare ansia, al solo scopo di rasserenarsi al pensiero che a ogni minuto che passava il momento del rientro del marito s’avvicinava. Aveva, come dire, un’aria sorridente e calma. Il modo in cui chinava il capo sul lavoro di cucito che stava eseguendo era stranamente tranquillo. La pelle – era infatti al sesto mese di gravidanza – aveva acquistato una meravigliosa trasparenza, le labbra non erano tese e gli occhi, con quel loro sguardo placido, sembravano più grandi e più scuri di prima.
Quando la pendola segnò le cinque meno dieci Mary tese l’orecchio e, pochi minuti dopo, puntuale come sempre, sentì il fruscio delle ruote sulla ghiaia di fuori, lo sbattere dello sportello, i passi davanti alla finestra e la chiave che girava nella serratura. Mise da parte il lavoro, s’alzò e gli andò incontro per baciarlo appena entrato nella stanza.
«Ciao,caro.»
«Ciao.»
Gli prese il cappotto e l’appese nell’armadio a muro. Poi andò alla credenza e versò da bere, uno abbondante per lui e uno scarso per sé; dopodiché riprese il suo posto in poltrona e il lavoro mentre lui sedeva nella poltrona di fronte, reggendo l’alto bicchiere con ambedue le mani e agitandolo in modo che il ghiaccio tintinnasse contro il vetro. Per lei quello era il momento più bello della giornata. Sapeva che lui non aveva voglia di parlare se non dopo aver finito il primo bicchiere e lei, dal canto suo, era felice di starsene in silenzio a godersi la sua compagnia dopo tante ore di solitudine lì in casa. Si godeva la delizia di quei momenti e adorava sentire – come chi steso al sole ne sente le vampe, tale e quale –
quell’ondata di maschio calore che proveniva da lui quando erano insieme loro due soli. Adorava la sua maniera di star seduto stravaccato nella poltrona, il modo in cui entrava dalla porta o attraversava la stanza a passi lenti e lunghi; adorava quel suo sguardo assorto e distaccato quando i suoi occhi si posavano su di lei, la strana forma delle labbra e, soprattutto, quel suo silenzio, quel suo non dire della propria stanchezza, quello starsene per conto suo finché il whisky non gliel’aveva portata via la stanchezza.
«Stanco,caro?»
«Sì. Sono stanco.» Nel rispondere fece quel che faceva sempre: sollevò il bicchiere e lo vuotò d’un sol colpo, sebbene fosse pieno ancora a metà, o poco meno. Non stava guardandolo in realtà, ma sapeva che l’aveva vuotato perché il ghiaccio tintinnò sul fondo del bicchiere vuoto quando abbassò il braccio. Rimase fermo un attimo, sporto in avanti nella poltrona, poi s’alzò e, a passo lento, andò a versarsene un altro.
«Faccio io!» esclamò lei, saltando su.
«Resta seduta.»
Quando tornò alla sua poltrona lei notò che questa volta se n’era versato parecchio.
«Tesoro, vado a prenderti le pantofole?»
«No.»
Lo guardò mentre beveva il primo sorso del liquido ambrato e ne notò gli oleosi mulinelli: se n’era versato un bel po’.
«Trovo vergognoso», disse, «che un poliziotto col tuo stato di servizio continuino a farlo girare a piedi tutto il santo giorno.»
Lui non rispose e allora lei chinò di nuovo il capo e riprese a cucire; ma ogni volta che lui si portava il whisky alle labbra sentiva il tintinnio del ghiaccio contro il bicchiere.
«Tesoro, vuoi che vada a prenderti un po’ di formaggio? Non ho preparato da mangiare perché oggi è giovedì.»
«No.»
«Se sei troppo stanco per andar fuori a cena», continuò lei, «faccio ancora in tempo. C’è molta carne e altro nel freezer, e puoi mangiare direttamente qui, senza muoverti dalla poltrona.» Lo guardava, in attesa d’una risposta, un sorriso, un cenno del capo: invece niente.
«In ogni modo», riprese, «per ora vado a prenderti del formaggio e dei crackers.»
«Non ne voglio.»
Si mosse a disagio nella poltrona, coi grandi occhi sempre fissi sul viso del marito. «Ma devi cenare. Non ci metto niente a preparare qualcosa. Mi fa piacere farlo. Ci sono cotolette d’agnello. O di maiale. Quello che vuoi.
Il freezer è pieno.»
«Lascia perdere.»
«Ma, tesoro, devi mangiare qualcosa! Io lo preparo, in ogni caso. Poi se vuoi lo mangi.»
S’alzò e mise il lavoro sul tavolino accanto alla lampada.
«Siediti», disse lui. «Sta’ seduta almeno un momento.»
Fu allora che lei fu presa dalla paura.
«Avanti, su. Siedi.»
Si lasciò cadere lentamente nella poltrona senza staccargli di dosso quei suoi grandi occhi pieni di stupore. Lui intanto aveva finito il secondo whisky e stava fissando il bicchiere vuoto, tutto accigliato.
«Sta’ a sentire», disse. «Devo parlarti.»
«Di che si tratta, tesoro? Cosa c’è?»
Se ne stava assolutamente immobile, col capo chino, di modo che la luce della lampada sul tavolino accanto a lui gli illuminava la parte superiore del viso lasciando il mento e la bocca nell’ombra. Lei notò che un muscolo gli si contraeva a scatti nell’angolo vicino all’occhio sinistro.
«Sarà un brutto colpo per te, temo», disse lui, «ma ci ho pensato a lungo e ho deciso che l’unica cosa da fare è dirtelo in tutta chiarezza. Spero che non me ne vorrai troppo.»
E glielo disse. Non ci mise molto, quattro o cinque minuti al massimo, con lei seduta intanto immobile che lo guardava con stupore e raccapriccio, stordita, mentre lui s’allontanava sempre più da lei a ogni parola.
«Così stanno le cose», concluse poi. «E so benissimo che è un brutto momento per dirtelo, ma proprio non avevo scelta. Naturalmente ti darò soldi e farò in modo che non ti manchi niente. In effetti, non è il caso di fare troppe storie. Lo spero, almeno. Non gioverebbe. Voglio dire al mio lavoro.»
La prima reazione di lei fu di non credere assolutamente a niente di tutto quello, di respingerlo in blocco. Pensò addirittura che il marito non avesse parlato affatto, non avesse aperto bocca, d’essersi immaginata tutto. Chissà, se si fosse data da fare per casa, comportandosi come se non avesse sentito niente, forse quando si sarebbe svegliata, per così dire, avrebbe scoperto che non era successo niente, niente di niente.
«Vado a preparare la cena», riuscì a dire in un bisbiglio, e questa volta lui non la fermò.
Quando attraversò la stanza ebbe l’impressione di non toccare terra coi piedi. Non avvertiva niente, a parte una lieve nausea e una certa voglia di vomitare. Quindi s’abbandonò a una serie di gesti automatici. Scese le scale della cantina, girò l’interruttore della luce, avvertì il freddo del freezer quando vi cacciò dentro il braccio per prendere la prima cosa che le capitò sotto mano. Tirò fuori quella cosa e la guardò. Era incartata; tolse la carta e la guardò di nuovo.
Un cosciotto d’agnello.
Benissimo, avrebbero mangiato agnello. Lo portò di sopra, reggendo con ambedue le mani il sottile osso all’estremità, e nell’attraversare il soggiorno vide il marito in piedi davanti alla finestra. Le dava le spalle e lei si fermò.
«Per l’amordiddio», disse sentendola entrare nella stanza, senza voltarsi però. «Non prepararmi la cena. Vado fuori.»
A quel punto, Mary Maloney non fece altro che avvicinarglisi e, senza la minima esitazione, brandì alto nell’aria il cosciotto d’agnello e glielo calò con tutta la forza che aveva sulla testa.
Fu come se l’avesse colpito con una spranga di ferro.
Si ritrasse d’un passo e rimase lì in attesa. E lo strano fu che lui rimase fermo impalato per almeno un cinque secondi, dopodiché crollò sul tappeto.
Il crollo improvviso, il rumore, il fatto che anche il tavolino cadesse, l’aiutarono a riprendersi dallo shock. Stupita, con un senso di freddo addosso, si riscosse a poco a poco e rimase lì a guardare il corpo a terra, sbattendo le palpebre, sempre stringendo con ambedue le mani quel ridicolo pezzo di carne.
Benissimo, si disse. Così l’ho ucciso.
Strano, ora, come la mente le si schiarisse di colpo. Si mise a pensare e i pensieri si succedevano velocissimi. Come moglie d’un poliziotto sapeva quale sarebbe stata la condanna. Benissimo. Per lei non aveva nessuna importanza. In effetti, sarebbe stato addirittura un sollievo. D’altro canto, che ne sarebbe stato del bambino? Li uccidono entrambi: mamma e figlio? O
aspettano il decimo mese? Cosa fanno?
Mary Maloney non sapeva darsi una risposta. E, certamente, non era disposta a correre nessun rischio.
Portò l’agnello in cucina, lo mise in una teglia, accese il forno al massimo e ve lo cacciò dentro. Poi si lavò le mani e corse di sopra, in camera da letto. Sedette davanti allo specchio, si pulì il viso e si ritoccò le labbra.
Provò a sorridere. Venne fuori una strana smorfia. Provò di nuovo.
«Salve, Sam», disse ad alta voce, in tono vivace.
Vivace ma anche un tantino strano.
«Vorrei delle patate, Sam. Sì, e magari anche una scatola di piselli.»
Un po’ meglio, così. Sia il sorriso che la voce sembravano più naturali, ora. Provò parecchie altre volte ancora, poi scese di sotto, infilò il cappotto, andò alla porta sul retro, attraversò il giardino e fu fuori in strada.
Non erano ancora le sei e l’emporio alimentare aveva ancora le luci accese.
«Salve, Sam», disse in tono vivace, sorridendo all’uomo dietro al banco.
«Buonasera, Mrs Maloney. Come va?»
«Vorrei delle patate, Sam. Sì, e magari anche una scatola di piselli.»
L’uomo si voltò e allungò una mano verso lo scaffale alle sue spalle per prendere i piselli.
«Patrick ha deciso ch’era troppo stanco per andare a cena fuori stasera», disse lei. «Il giovedì sera di solito mangiamo fuori, sa, e così mi sono trovata senza verdure in casa.»
«Vuole della carne, Mrs Maloney?
«No, grazie, la carne ce l’ho. Ho un bel cosciotto d’agnello nel freezer.»
«Oh.»
«Non è che mi vada molto di cucinarlo senza scongelarlo prima, Sam, ma questa volta corro il rischio. Lei che dice, verrà bene?»
«Personalmente», disse Sam, «non credo che faccia molta differenza.Vuole queste patate dell’Idaho?»
«Oh, sì, vanno benissimo. Due, per piacere.»
«Altro?» Sam piegò la testa di lato lanciandole un’occhiata di simpatia.
«E come dessert? Cosa gli offre come dessert?»
«Be’… lei cosa suggerisce, Sam?»
L’uomo lanciò un’occhiata in giro per il negozio. «Che ne dice d’una bella fetta di torta al formaggio? So che gli piace.»
«Perfetto. L’adora.»
E quando tutto fu incartato e lei ebbe pagato, sfoggiò il suo miglior sorriso e disse: «Grazie, Sam. Buonasera».
«Buonasera, Mrs Maloney. Grazie a lei.»
A questo punto, si disse mentre rientrava a passo svelto, non doveva fare altro che tornare a casa dal marito che aspettava la cena; doveva cucinare, mettendocela tutta, facendo del proprio meglio perché il poveretto era stanco; e se per caso, entrando in casa, avesse notato qualcosa d’insolito, o di tragico, terribile, ne avrebbe avuto naturalmente uno shock e sarebbe impazzita di dolore e orrore. Attenta, però, lei non s’aspettava di trovare niente, stava solo rientrando con le patate e i piselli. Mrs Maloney stava andando a casa con le patate e i piselli, di giovedì sera, per preparare la cena al marito.
Così va bene, si disse. Comportati in maniera del tutto naturale. Agisci con naturalezza e non ci sarà bisogno d’inscenare alcunché.
Per questo, nell’entrare in cucina per la porta sul retro, canticchiava un motivetto ed era tutta sorridente.
«Patrick!» chiamò. «Come va, tesoro?»
Mise giù il fagotto sul tavolo e andò nel soggiorno; e quando lo vide steso a terra con le gambe piegate e un braccio sotto il capo, fu davvero uno shock per lei. Tutto l’amore d’un tempo, l’attaccamento, le esplose dentro.
Corse da lui, gli s’inginocchiò accanto e si mise a piangere di tutto cuore.
Fu facilissimo. Non fu necessario recitare.
Pochi istanti dopo s’alzò e andò al telefono. Conosceva a memoria il numero della stazione di polizia e quando all’altro capo rispose una voce d’uomo gridò: «Presto! Venite presto! Patrick è morto!»
«Chi parla?»
«Mrs Maloney. La moglie di Patrick Maloney.»
«Sta dicendo che Patrick Maloney è morto?»
«Credo proprio», singhiozzò lei. «È steso a terra e mi sembra morto.»
«Veniamo subito», disse la voce.
La macchina arrivò subito dopo e quando lei aprì la porta sul davanti entrarono due poliziotti. Li conosceva entrambi – conosceva quasi tutti i poliziotti del distretto – e si precipitò immediatamente tra le braccia di Jack Noonan piangendo, in una crisi isterica. Lui la fece sedere, gentilmente, quindi raggiunse l’altro, che si chiamava O’Malley, inginocchiato accanto al cadavere.
«È morto?» esclamò lei.
«Temo di sì. Com’è successo?»
In poche parole, lei raccontò la storia della spesa all’emporio alimentare e di come, tornata a casa, l’avesse trovato a terra. Mentre parlava, piangeva e parlava, Noonan scoprì una piccola chiazza di sangue raggrumato sul cranio dell’uomo. L’indicò a O’Malley che s’alzò immediatamente e corse al telefono.
Presto cominciarono ad arrivare altri uomini. Prima un medico, poi due poliziotti in borghese, uno dei quali lei lo conosceva per nome. Poi arrivò un fotografo che fece delle fotografie e uno ch’era un esperto d’impronte.
Ci fu un gran bisbigliare e borbottare accanto al cadavere e i poliziotti continuarono a farle un sacco di domande. Tutti, però, le si rivolgevano con gentilezza. Lei ripeté la sua storia, questa volta cominciando dall’inizio, quando Patrick era tornato a casa e lei stava cucendo e lui aveva detto d’essere stanco, tanto da non aver voglia d’andare fuori a cena. Raccontò che aveva messo l’agnello nel forno – «è ancora lì, sta cuocendo» – e poi era corsa fuori a comprare patate e piselli e, quando era poi tornata a casa, l’aveva trovato steso a terra.
«Dove ha comprato la roba?» chiese uno dei poliziotti.
Glielo disse, e quello si voltò a bisbigliare qualcosa a uno dei colleghi, che uscì immediatamente dalla stanza.
Tornò una quindicina di minuti dopo con una paginetta d’appunti, al che seguirono altri bisbigli e, attraverso i propri singhiozzi, lei sentì alcune delle frasi bisbigliate: «… comportata in modo del tutto normale… molto allegra… voleva preparargli una buona cena… piselli… torta al formaggio…impossibile che sia…»
Dopo un po’ il fotografo e il medico andarono via ed entrarono altri due uomini, che portarono via il cadavere su una barella. Poi andò via quello delle impronte. Rimasero i due poliziotti in borghese e i due in divisa. Erano davvero molto gentili con lei e Jack Noonan le chiese se non preferiva andare via da quella casa, magari dalla sorella, o da lui, dove la moglie si sarebbe presa cura di lei finché non si fosse sentita meglio. In quel momento, in verità, lei non si sentiva bene, per niente bene.
Non era meglio allora che si stendesse un po’ sul letto? le chiese Jack Noonan.
No, rispose lei, preferiva restare lì dove si trovava, in quella poltrona.
Dopo magari, quando si fosse sentita meglio, si sarebbe mossa da lì.
E così la lasciarono lì mentre loro si davano da fare a perquisire la casa.
Ogni tanto uno di loro le faceva qualche altra domanda, altre volte, nel passarle accanto, Jack Noonan le rivolgeva la parola con dolcezza. Suo marito, le disse, era stato ucciso con un colpo alla nuca inferto con uno strumento, un’arma non tagliente, quasi certamente di metallo. Loro stavano appunto cercando l’arma. L’assassino doveva essersela portata via, ma poteva anche averla buttata via o nascosta da qualche parte lì in casa.
«La solita storia», disse. «Trovata l’arma, trovato l’assassino.»
Più tardi uno di loro andò a sederlesi accanto. Aveva idea, le chiese, se c’era qualcosa lì in casa che avrebbe potuto essere usata come arma? Le dispiaceva dare un’occhiata in giro per vedere se mancava niente: qualche grosso utensile, per esempio, o qualche pesante vaso di metallo?
Non c’erano pesanti vasi di metallo in casa, rispose lei.
«Una grossa chiave inglese?»
Lei non credeva che ci fossero grosse chiavi inglesi in casa. Magari forse c’era qualcosa del genere in garage.
La perquisizione continuò. Lei intanto sapeva che nel giardino tutt’intorno alla casa c’erano altri poliziotti. Ne sentiva i passi sulla ghiaia di fuori e ogni tanto vedeva lampeggiare una torcia elettrica attraverso l’interstizio tra le tende. Stava facendosi tardi, erano quasi le nove, secondo la pendola sulla mensola del camino. Nel frattempo i quattro che perquisivano la casa cominciavano ad apparire stanchi, un tantino scoraggiati.
«Jack», fece lei quando il sergente Noonan le passò accanto, «le dispiacerebbe darmi qualcosa da bere?»
«Certo, glielo do subito. Vuole il whisky che è qui?»
«Sì, grazie. Ma pochissimo. Può aiutarmi a sentirmi meglio.»
Noonan le porse il bicchiere.
«Perché non ne prende uno anche lei?» chiese Mrs Maloney. «Deve essere molto stanco. La prego, lo prenda. È stato molto buono con me.»
«Be’», fece Noonan. «In verità non è consentito, ma un goccio mi darebbe un po’ di carica.»
A uno a uno arrivarono anche gli altri e tutti si lasciarono convincere a prendere un goccio di whisky. Se ne stavano lì nella stanza un po’ imbarazzati dalla presenza di lei, cercando di dirle qualcosa per consolarla. Il sergente Noonan a un certo punto andò in cucina e ne tornò di corsa dicendo: «Senta, Mrs Maloney. Sa che il forno è ancora acceso, con dentro la carne?»
«Oh, povera me!» esclamò lei. «È vero!»
«Glielo spengo io, se vuole.»
«Vuol farlo, Jack? La ringrazio molto.»
Quando il sergente tornò la seconda volta lei lo guardò con quei suoi occhi grandi scuri e pieni di lacrime. «Jack Noonan», disse.
«Sì?»
«Mi farebbero un piccolo piacere… lei e i suoi colleghi?»
«Se possibile, Mrs Maloney.»
«Bene», fece lei. «Vi trovate tutti qui, per di più buoni amici di Patrick, a cercare di rintracciare il suo assassino. Dovrete essere molto affamati a questo punto, perché l’ora della cena è passata da un pezzo ormai, e io so che Patrick, che Dio l’abbia in gloria, non mi perdonerebbe mai se vi lasciassi restare in questa casa ancora un minuto di più senza offrirvi una decente ospitalità. Perché non mangiate quell’agnello che è nel forno? A quest’ora sarà cotto a puntino.»
«Neppure per sogno», rispose il sergente Noonan.
«Vi prego. Mangiatelo. Personalmente, io non riuscirei a mangiare un solo boccone, non qui in questa casa dove è stato ucciso. Ma voi… per voi va benissimo. Mi fareste davvero un favore se mangiaste l’agnello. Dopo potreste riprendere il vostro lavoro.»
Ci fu un po’ di esitazione da parte dei quattro poliziotti ma, in verità, erano chiaramente affamati e così, alla fine, si lasciarono convincere ad andare in cucina a servirsi. Mrs Maloney rimase dov’era, e li sentiva attraverso la porta aperta, li sentiva parlare tra di loro, sentiva le loro voci ingrossate e impedite, perché avevano la bocca piena di carne.
«Ne prendi altro, Charlie?»
«No. Meglio non mangiarlo tutto.»
«Lei vuole che lo finiamo.»
«Okay, allora. Dammene un altro pezzetto.»
«Dev’essere stata una grossa spranga quella che il tipo ha usato per colpire il povero Patrick», stava dicendo uno di loro. «Il dottore ha detto che aveva il cranio fracassato come se fosse stato colpito con un martello.»
«Per questo non dovrebbe essere difficile trovarla.»
«E io cosa dicevo?»
«Chiunque sia stato, non può andarsene a lungo in giro con un affare del genere.»
Uno di loro ruttò.
«Io personalmente sono convinto che si trova ancora qui in casa.»
«Magari l’abbiamo proprio sotto il naso. Tu che dici, Jack?»
Nell’altra stanza, a Mary Maloney scappò da ridere.
Roald Dahl, “Cosciotto d’agnello”, in Il meglio di Roald Dahl, Guanda, 2014.
L’ha ripubblicato su Deborah Mega.
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