Con questa rubrica si vorrebbe dare ‘voce viva’ a testi di diverso genere e ad autori noti e meno noti che di solito vengono conosciuti tramite lettura personale e spesso silenziosa. Senza nulla togliere alla profondità dell’esperienza soggettiva di immersione nel testo, con questo tentativo si vuole porre l’accento sulla modalità dell’ascolto e della compartecipazione acustica dell’espressione letteraria, così come accade quando assistiamo ad uno spettacolo teatrale o, più semplicemente, quando dialoghiamo. La scelta di autori e testi sarà a cura della redazione, tuttavia non si esclude che potranno essere prese in considerazione proposte di testi poetici su iniziativa di esterni alla stessa redazione, che il curatore leggerà, avendo cura di inviare copia del testo proposto. Solo un’avvertenza: la voce narrante è quella di un lettore comune e non l’espressione professionale di un attore, così come l’ambiente operativo che non è uno studio di registrazione.
PRESENTENDO LA SERA
me ne sto andando
in uno scadere d’anni
(ma quando si comincia a morire,
a cinquanta, sessanta,
a settant’anni,
o quando a un compleanno
lo sai che non c’è tempo
per passi troppo lunghi
la vista più lontano)
che importa
se ancora avrò stagioni,
se soffierò candele
sui troppi giorni spesi
per qualche storia in fronte
e troppi vuoti di memoria
(ma c’ è ancora nella carne
un guizzo d’ascensione,
la voglia all’improvviso
di stare nel tuo odore,
a te donna che passi
vestendo il sole addosso,
a te che sei polpa e pelle
più vera di ogni stella)
me ne sto andando
come lo stormo a ottobre
come i giorni più corti
e la foglia che trema
la luce che sviene
oltre i tetti e le cime
(ma il passero in volo
sa già d’altro sole,
ha linee di cielo
ricamate negli occhi,
non io che qui a terra
mi arrendo alla sera,
che ho i passi contati
di un tempo a scadere
e la fine verrà, sarà fine,
sarà il sonno e l’inverno,
parlerò coi miei morti
nell’insonnia e la notte
e un mattino qualunque
non aprirò più la porta)
intanto io aspetto
che un dio mi sorprenda,
che faccia cadere
sul mio letto le rose.
FRANCESCO PALMIERI
dalla raccolta “Il male nascosto” Edizioni Terra d’ulivi
Con questa rubrica si vorrebbe dare ‘voce viva’ a testi di diverso genere e ad autori noti e meno noti che di solito vengono conosciuti tramite lettura personale e spesso silenziosa. Senza nulla togliere alla profondità dell’esperienza soggettiva di immersione nel testo, con questo tentativo si vuole porre l’accento sulla modalità dell’ascolto e della compartecipazione acustica dell’espressione letteraria, così come accade quando assistiamo ad uno spettacolo teatrale o, più semplicemente, quando dialoghiamo. La scelta di autori e testi sarà a cura della redazione, tuttavia non si esclude che potranno essere prese in considerazione proposte di testi poetici su iniziativa di esterni alla stessa redazione, che il curatore leggerà, avendo cura di inviare copia del testo proposto. Solo un’avvertenza: la voce narrante è quella di un lettore comune e non l’espressione professionale di un attore, così come l’ambiente operativo che non è uno studio di registrazione.
22 – Canzonetta
è un dolore troppo dolore
quello chiuso in una stanza
e la chiave,
la chiave l’ho cucita dentro a un polso,
per non lasciarla in giro
sul tavolo in cucina quando ho fretta
o sopra al comodino con la luce dimenticata accesa,
è un dolore nascosto,
un buco alla parete che sopra ci metti un quadro
magari con il mare che fa azzurre anche le fosse
o anche un crocifisso ma senza Cristo
perché lui è risorto e poi non s’è più visto,
è un dolore fragile,
che se lo guardi in faccia lui si fa bambino
ma senza madre e padre a tacere la paura,
neanche un angelo custode
a spegnere la luce, chiudere la porta,
lui fa le smorfie dure, poi dice sono un uomo
ma sente in qualche posto un piangere di stelle,
è un dolore che non ha nulla di speciale,
il dolore è dolore e non è a chili e neanche a metri,
il dolore è dolore
e comunque
fa male.
FRANCESCO PALMIERI
(dalla raccolta “Il male nascosto” Edizioni Terra d’ulivi)