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Archivi tag: Interviste

Intervista a Federico Preziosi: Variazione madre

24 giovedì Ott 2019

Posted by Loredana Semantica in Interviste, LETTERATURA

≈ 1 Commento

Tag

Federico Preziosi, Interviste, Variazione madre

Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.

La redazione ringrazia Federico Preziosi, per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: “Variazione Madre”.

1. Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?

Credo sia nato da adolescente con le canzoni. Il primissimo gruppo che mi ha fatto capire quanto fossero importanti i testi sono stati sicuramente i Marlene Kuntz, avevo 12 anni e cercavo di riempire di significati la realtà che vivevo e/o immaginavo di vivere. Provare a entrare in certe atmosfere era come un’elevazione, mi sentivo nobilitato da tanta struggente decadenza. Poi ho cominciato a scrivere canzoni anch’io quando avevo la mia band, mi lasciavo ispirare da libri, articoli, storie andate male, ma anche da un fervido immaginario. La poesia è arrivata molto dopo, qualche anno fa.

2. Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Quali scrittori italiani o stranieri ti hanno influenzato maggiormente o senti più vicini al tuo modo di vedere la vita e l’arte?

Credo che i miei pilastri siano Svevo e Pirandello per la capacità prodigiosa che hanno avuto nell’individuare le contraddizioni nell’animo umano. Ho riletto di recente La coscienza di Zeno e il Fu Mattia Pascal, li trovo nei contenuti sempre molto attuali, pieni di quei piccoli pensieri scomodi che terrorizzano i benpensanti, ovvero la maggior parte delle persone. Tra gli scrittori stranieri amo Herman Hesse, Siddharta è il romanzo che preferisco. In poesia in un primo momento ho amato il Palazzeschi futurista per la giocosità e l’arguzia; oggi penso che senza Amelia Rosselli non sarei arrivato a concepire la parola come vibrazione, scossa tellurica, ma al tempo stesso uno scavo dritto nei punti nevralgici delle emozioni che tocca in particolare il dolore. Non che nella vita sia una persona triste, ma è nella non realizzazione delle cose, nella mancata espressione, che si prova dolore e spesso si fa fatica a trovarne le radici. Quando non si riesce a risalire all’origine il dolore è puro, irrazionale, inspiegabile. La Rosselli è per me rivoluzionaria perché a partire dalla sua scrittura ho avvertito la necessità di trasmettere il sentire e non la visione. Essere capaci di trasmettere agli altri il groviglio esistenziale che si custodisce dentro è una grande dote, un atto di amore indescrivibile.

3. Come nasce la tua scrittura? Che importanza hanno la componente autobiografica e l’osservazione della realtà circostante? Quale rapporto hai con i luoghi dove sei nato o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?

La mia scrittura nasce per rispondere a un’esigenza creativa ed è fatta per lo più di immedesimazione, sono pochissimi gli elementi autobiografici, ma questo non vuol dire che non siano determinanti. Per me l’arte è scoperta ed esplorazione del sé e della realtà, anche solo immaginandola, non potrei vivere senza fare qualcosa di creativo e privarmi del piacere della condivisione. Vivo all’estero, eppure devo dire che più che i luoghi è la distanza a ispirarmi. Vengo dall’Irpinia, ho lasciato il mio paese tempo fa e ho imparato presto a fare i conti con la nostalgia e la lontananza. Questi sono oramai sentimenti e condizioni che sento innervati nel mio essere: se tornassi in Italia in questo momento, forse potrei stare ugualmente bene, ma mi mancherebbe qualcosa della vita all’estero; in Ungheria non me la passo male, ma spesso avverto il desiderio di ritornare in patria. Tuttavia, quando torno al paese per fare visita a miei, ricordo esattamente il motivo per cui ho piantato tutto e sono andato altrove a costruire la mia vita. Non nutro nessun odio, semplicemente non ho avuto un ruolo da ricoprire. Ad ogni modo questo vivere tra nostalgia e voglia di restare è solo uno dei tantissimi contrasti che mi attraversano. Non so quanto si riflettano nella scrittura tutti questi elementi, ma sicuramente ho sviluppato ed esercitato un’interiorità molto forte. Suppongo che ciò abbia un peso, ma non saprei quantificarlo con esattezza.

4. Ci parli della tua pubblicazione?

Variazione Madre è nata dall’esigenza di mostrare un lato femminile. Immagino che tutti gli uomini ne abbiano uno, ma lo lasciano vedere raramente e probabilmente anche malvolentieri. Io ho provato a farlo immedesimandomi nel corpo della donna, cercando di provare desideri e aspirazioni che una persona eterosessuale di sesso maschile non dovrebbe provare. Non è mai stata una mia intenzione quella di dare un taglio ideologico all’opera, non penso che questo sia l’approccio giusto per addentrarsi nelle liriche: mi sono semplicemente chiesto, essendone fortemente attratto, quali fossero le componenti principali del linguaggio femminile e ho cercato di renderle seguendo la mia sensibilità. A quanto pare sono due i poli principali attraverso cui identifico la scrittura femminile: la sessualità e il dolore, spesso entrambi parte di un sentimento più grande e dirompente, l’amore.

Ad ogni modo queste sono tutte considerazioni postume. Quando ho cominciato a “interpretare” la donna (circa un anno fa) non immaginavo che alla fine ne sarebbe uscito fuori un libro e nemmeno che potesse avere tutti questi contenuti “politici” del tutto involontari. Il femminile costituisce una forza potente e creatrice, capace di portare alla luce, e potenzialmente esprime il lato materno. Lo stesso titolo dell’opera gioca con l’ambivalenza delle parole: Variazione come cambiamento, ma anche come termine afferente al mondo della musica, al quale mi sento fortemente legato, e omaggio alla Amelia Rosselli delle Variazioni belliche; Madre come possibilità di cui ogni donna dispone per generare esseri viventi, sentimento di cura e difesa, punto di origine della vita stessa. Tuttavia a leggere il titolo si potrebbe intendere anche come “origine del cambiamento”, in quanto per la scrittura delle liriche dovevo, in un certo senso, mutare, non potevo restare uomo. E, metaforicamente, è sempre una “Madre” ad avermi generato, così come recita la poesia che apre la silloge: “Sono nata dall’incesto di una Madre/ da un sangue rappreso in due palmi di mani/ cosparso sul ventre in un mattino/ in novembre, sul tramonto dell’autunno.” Di “Madri” ce ne saranno molte nella silloge, rappresentate nella vita, nel pensiero o nella fantasia. Tutte determinanti nell’avermi reso ciò che sono diventato, nel bene e nel male.
Ho scritto circa 90 poesie immaginandomi donna, ma solo 41 sono finite su Variazione Madre grazie all’interesse e alla curatela di Giuseppe Cerbino, che ha voluto includere l’opera nella collana Lepisma-Floema di Controluna.

5. Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?

Ritengo che il femminile sia un bene da valorizzare, che vada sentito per essere capito (o forse immaginato) anche da chi donna non è. Non si tratta di orientamento sessuale, ma di dare importanza a un aspetto molto importante della vita sulla terra. Creare, accudire, liberare la propria spiritualità, ma anche la potenza sessuale, sono tutti elementi necessari alla nostra esistenza, tutte voci di una partitura più grande. L’amore è un sentimento complesso, troppo spesso identificato con scenette da soap opera e poco dibattuto considerando l’effetto dirompente che spesso ha nelle nostre vite. Vorrei tanto si potesse parlare di questo argomento con più naturalezza, il che non significa fare sfoggio di atteggiamenti esibizionisti: spesso i desideri vengono affidati alla politica che li utilizza per scopi propagandistici. Fa comodo a qualcuno tenere sotto controllo la sfera degli affetti e della sessualità, dividerli per ottenere un vantaggio personale e illudere gli altri offrendo comode soluzioni del tutto incuranti della molteplicità umana. Vorrei che Variazione Madre, nel suo essere oscuro e per nulla rassicurante, fosse un abbraccio: io ti amo perché sei diversa da me, perché ho bisogno di te, mio punto di origine e di ricerca, per salvarmi. Se tutto questo è utile lo giudicheranno i lettori.

6. Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a creare l’opera?

Non saprei rispondere con esattezza, credo che sia stato un momento in cui certe letture e certi confronti abbiano fatto in modo che mi occupassi di questa parte di me, che la facessi uscire allo scoperto.

7. Come l’hai scritta? Di getto come Pessoa che nella sua “giornata trionfale” scrisse 30 componimenti di seguito senza interrompersi oppure a poco a poco? E poi con sistematicità, ad orari prestabiliti oppure quando potevi o durante la notte, sacra per l’ispirazione?

Sono sempre in giro, lavoro in luoghi diversi, essere sistematico nella scrittura mi è impossibile. Molte cose le appuntavo su un taccuino e le facevo maturare, altre sono state scritte di getto, sul cellulare, tra uno spostamento e l’altro oppure in casa, nei bar, nei luoghi di lavoro durante le pause, a tutte le ore, anche di notte. Ad ogni modo ogni singola poesia è frutto di una forte suggestione che in certi momenti si faceva così ossessiva da possedermi. Ho avvertito in certi casi delle sensazioni molto particolari, smosse da un sentimento di gioia e dolore insieme che, in fondo, accompagna tutta la silloge: quella “propria vulnerabile capienza” di cui parlo in una delle poesie di Variazione Madre.

8. La copertina. Chi, come, quando e perché?

La copertina è stata scelta dall’editore. Posso dire di aver apprezzato molto la scelta e lo ringrazio.

9. Come hai trovato un editore?

Giuseppe Cerbino mi ha proposto una pubblicazione per la collana Lepisma-Floema ed io ho accettato ben volentieri conoscendone la competenza e la professionalità. Avevo già letto alcuni poeti di cui si era occupato in precedenza: Beatrice Orsini, Andrea Casoli, Giovanni Sepe, Antonello Sollai, Luca Crastolla, Agostina Spagnuolo… non potevo dire di no. Penso che stia facendo un lavoro importante per la poesia, con passione, attenzione e dedizione. Doti rare, rarissime.

10. A quale pubblico pensi sia rivolta la pubblicazione?

Mi rivolgo a tutti, in particolare agli uomini. Ma credo che questi versi facciano maggiore breccia nelle donne, per natura più curiose su certi temi e determinate espressioni.

11. In che modo stai promuovendo il tuo libro?

Quando torno in Italia cerco di organizzare presentazioni, provo a sottoporre l’opera all’attenzione di poeti e critici importanti, invio email a tutti i potenziali interessati. Anche Facebook mi aiuta tanto: in questi anni posso vantare di aver stretto amicizie vere ed essermi conquistato qualche estimatore nei gruppi attraverso la condivisione e il confronto: in tanti mi scrivono per avere una copia di Variazione Madre e, se è possibile, incontrarmi. Da parte mia vivo gli eventi o gli incontri con le persone come un dono, un momento di socializzazione della poesia unico e irripetibile. La promozione, in sostanza, è per me una parte della poesia, che mi permette di diffondere il mio messaggio e conoscerne tanti altri.

12. Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più legato e perché? (N.B. riportarlo virgolettato nel testo della risposta, anche se lungo, è necessario alla comprensione della stessa).

Estendo la citazione precedente: “C’è nella cicatrice l’onore del disarmo, una propria vulnerabile capienza”. Credo che dalla parte della sconfitta, di chi si arrende, ci sia molto da imparare: la nostra società afferma e intende imporre soltanto vincitori, preconfezionati e usa e getta, in altre parole una vittoria di consumo; agli sconfitti non spetta alcun onore, eppure a pensarci bene è proprio nel perdere che ci accogliamo davvero, che comprendiamo i nostri limiti, che ci abbracciamo in tutto e per tutto se davvero ci amiamo empatizzando con il dolore proprio e degli altri. Una capienza vulnerabile, labile, perché per la maggiore non accettata, e tuttavia ci contiene, ci determina e ci dà forma. E ho in mente le parole della mia amica e poeta Floriana Coppola, che nel cambio di stagione della vita afferma: “Non ho vinto e non ho perso/ non mi hanno avuto e non mi avranno mai/ rimango fuori dal coro, raccolgo e semino carezze/ fragili gusci d’uovo nelle mie mani” (Floriana Coppola, Cambio di stagione e altre mutazioni poetiche, Oédipus). È necessario preservare identità, avere amore e cura per gli altri. Se penso alla donna e a tutte le sconfitte, la femminilità è di certo una caratterizzazione che per la nostra società capitalistica costituisce una debolezza e per questo si sta affievolendo sotto i colpi del carrierismo. Bisognerebbe fare tesoro delle sconfitte per non perdersi in volatili imposizioni che non si preoccupano del benessere globale, ma soltanto di quello individuale. Non ho una soluzione da offrire a tutto questo, naturalmente, indico solo un problema rifacendomi alle parole di Virginia Woolf: «Può accadere qualsiasi cosa quando la femminilità cesserà di essere un’occupazione protetta».

13. Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?

Me la vivo giorno per giorno, impegnandomi nella diffusione della poesia, proponendomi, per quanto sia possibile, in vari contesti. Il resto verrà da sé, se questo libro vale qualcosa farà strada. Sicuramente non mi arricchirà economicamente, su questo posso stare tranquillo! Al contrario, dal punto di vista umano, ho delle buone aspettative.

14. Una domanda che faresti a te stesso su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti? Per quale motivo spetta proprio a te rappresentare il sentire e l’animo femminile?

15. Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?

Scrivo tantissimo, ma parlare di opera in cantiere mi pare prematuro. Ultimamente il mio stile si è fatto più asciutto e alcuni siti hanno già pubblicato poesie di quello che potrebbe essere il mio nuovo corso. Ne condivido una qui, per dare l’idea di quella che potrebbe essere la poesia di Federico Preziosi in un prossimo lavoro.

Sei un tutt’uno con la carne
intonaco di sangue e affresco d’anima,
un sussurro intimo che danza
anestetizzando il tronco. Un bisturi
separa linfa e corpo in questo lascito
dello spirito che è un non sentire,
una lobotomia d’amore sulla dipartita.

Federico Preziosi nasce ad Atripalda (Av) nel 1984. Studia Musicologia e Beni musicali presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, laureandosi in Estetica e Filosofia della musica con una tesi su Béla Bartók. Suona il basso negli “Slow Motion Genocide”, con i quali pubblica l’omonimo ep e un disco, Unculture. Oggi vive in Ungheria dove insegna lingua e cultura italiana a Budapest. Si avvicina alla poesia grazie all’incontro con Armando Saveriano, con il quale fonda il gruppo facebook “Poienauti”. La frequentazione virtuale con numerosi poeti provenienti da tutta Italia porta alla costituzione di “Versipelle”, una comunità poetica che esprime la propria voce attraverso il sito http://www.versipelleblog.wordpress.com. Nell’aprile 2017 vede la luce il suo esordio, Il Beat sull’Inchiostro, poetry slam ideata su intrecci di rime e assonanze a ritmo di rap. La silloge ritrae l’odierna società utilizzando robuste dosi di sarcasmo, irriverenza e tanta schizofrenia. Nel luglio 2019 viene pubblicato da Controluna, nella collana Lepisma-Floema, Variazione Madre con la curatela di Giuseppe Cerbino, un’opera in cui il poeta irpino si immedesima nel mondo femminile cercando di emularne il linguaggio in poesia.

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LE INTERVISTE: Il cerchio e la botte e Sette domande

19 lunedì Dic 2016

Posted by LiminaMundi in Interviste, LETTERATURA

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Tag

Deborah Mega, Interviste, Loredana Semantica

Con questo post concludiamo l’esperienza delle due interviste tipo che abbiamo proposto ai poeti più o meno noti di nostra conoscenza.

Se ricordate un’intervista l’abbiamo chiamata “Il cerchio e la botte”, caratterizzata da un botta e risposta rapido, perché le risposte non potevano superare le tre righe, l’altra, nella quale non c’era limite alla lunghezza della risposte, aveva per titolo “Sette domande sulla poesia”.

Abbiamo lasciato facoltà agli autori interpellati di poter scegliere il canovaccio di risposte. A questo punto  ci sembra interessante “rivelare” che a monte le domande dell’intervista “Il cerchio e la botte” erano state predisposte da Deborah Mega e quelle di “Sette domande sulla poesia” da Loredana Semantica.

Chiudiamo questa bella esperienza con un post un po’ insolito nel quale ve le proponiamo entrambe, in una sorta di “chiasma sinallagmatico”: Loredana Semantica risponde alle domande dell’intervista “Il cerchio e la botte” e Deborah Mega a quelle di “Sette domande sulla poesia”.

Buona lettura!

Loredana Semantica risponde alle domande dell’intervista “Il cerchio e la botte”

  1. Che cos’è per te la poesia e che cosa è in grado di esprimere?

La poesia è materia modellabile, un magma che bolle, una scoria di combustione, esprime tutta la gamma dell’esprimibile. Ed è anche modo di essere nella vita, un modo di dire la vita stessa. Come diceva bene Emily Dickinson poesia significa abitare la casa della possibilità. La potenza fatta parola.

  1. Quando e in che modo ti sei avvicinata alla poesia?

Mi sono avvicinata alla poesia circa quindici anni fa. Nessuna chiamata prima di quel momento, salvo qualche episodio. Il veicolo maieutico è stato il web, lo strumento in particolare il blog nel quale ci si esprime appunto in parola. Lì ho scoperto che, volendo, potevo dire l’universo, tentare di dirlo quanto meno.

  1. Chi sono stati i tuoi maestri o meglio i tuoi punti di riferimento?

Ho una vergognosa refrattarietà ai maestri, ma in cuor mio ne ho tanti, tutti coloro che ho letti in web e fuori dal web ed hanno lasciato il segno, tutti coloro che hanno forgiato il mio modo di scrivere, frutto di studio, pazienza, esperienza, tentativi, fallimenti.

  1. Ricordi il tuo primo verso?

Ricordo la mia prima poesia, scritta sull’ ultima pagina di un libro di diritto, raccontava di una notte insonne, senso di ringraziamento, rivelazione. Il libro è stato distrutto.

  1. A chi si rivolge la tua poesia?

A me stessa, a tutti i tu potenziali, a tutti i possibili pronomi personali.

  1. E’ stata dichiarata la morte della poesia e la sua marginalità nell’età della tecnica. In libreria i libri dei poeti contemporanei sono poco presenti e spesso relegati in un angolo, solo i classici godono ancora di un certo prestigio. Di contro c’è un fiorire di readings, di concorsi letterari e di premi. Tu cosa pensi di tutto questo?

Penso che readings, concorsi e premi siano frutto di una certa mania di protagonismo che ormai affligge il singolo, gratificato di avere una platea plaudente, quasi questa gloria momentanea lo rendesse meno nullità. A substrato un contesto sociale predominato dall’idea dell’apparire per essere. La poesia comunque vive. Se così è, anche di queste cose.

C’è chi tenta un coinvolgimento nei fatti sociali del suo tempo, chi invece ritrova la verità della poesia e della vita nella sua Arcadia più o meno felice. Tu dove trovi ispirazione? E come nascono le tue poesie?

E’ una pulsione che segue l’entropia, tanto necessaria quanto sgradita, del fare e pensare della quotidianità, a cui consegue il momento della calma, silenzio, riposo. Scrivere diventa allora un fare anch’esso, un poein interiore, quasi che la mente fosse un mare agitato e trovasse la trasparenza o l’oscurità del suo fondo quando si placa il vento, si appiana la superficie, il pensiero allora sprofonda e riemerge dall’altro lato.

  1. Secondo te i giovani di oggi amano ancora la poesia?

Sì, anche se percepiscono solo confusamente cos’è.

  1. Che importanza è attribuita oggi alla poesia dal nostro sistema d’istruzione?

Ha sempre avuto una certa importanza, ancora oggi i classici si studiano a scuola, a scuola si studiano le principali figure retoriche, le poesie della grande letteratura italiana. Si potrebbe fare di più perché i giovani l’amino, anziché sentirla come oggetto di studio obbligato, fare in modo che essi stessi siano i poeti, mettano le ali, liberarne le potenzialità. Anche se non diventeranno poeti capiranno meglio di che si tratta.

  1. Ci sono degli orientamenti prevalenti nella poesia italiana ed europea?

Gli orientamenti prevalenti in poesia sono anche a livello europeo quelli che da sempre caratterizzano la poesia: pensiero, amore, bellezza, verità, straniamento e morte, disagio e critica sociale. Fermo il fatto che apprezzo la poesia di qualità di qualunque bandiera, subisco il fascino di quella in lingua inglese per maggiore confidenza con la lingua

  1. La poesia è in grado di influenzare il linguaggio?

E’ uno scambio reciproco, la poesia registra l’evoluzione del linguaggio e nel contempo introduce rivoluzione.

  1. Può avere un ruolo politico?

Certo che sì. Il poeta ha un ruolo di osservatore della società e critico, criticare non è mai fine a se stesso, ma mira a indurre dei cambiamenti. Ogni azione che nel sociale vuole produrre un cambiamento è politica.

  1. E’ cambiato il “mestiere” del poeta nel tempo?

Carmina non dant panem, non è mai stato un mestiere, tranne nell’epoca e per l’incontro con mecenati. Certo è cambiato il ruolo, ormai sono gli economisti, i filosofi, giornalisti e politici a poter dire autorevolmente la loro, i poeti  sempre di meno, mi sembra che restino relegati al ruolo di “emarginati del villaggio” anche se i poeti per nobilitare se stessi in modo apparentemente critico, preferiscono il termine “casta”. 

  1. Alfonso Berardinelli ha sostenuto che oggi chi scrive versi non dovrebbe considerare valido nessun testo se non regge il confronto con un articolo di giornale o con una canzone. Intendeva probabilmente dire che i poeti contemporanei non sono capaci di comunicare con il lettore. Tu cosa ne pensi?

Penso che stiamo parlando di aria, terra, fuoco e acqua, tutti elementi naturali, tutti riducibili a elementi chimici, analogamente poesia, articoli di giornale e canzoni appartengono al grande mondo della comunicazione, tutti avvalendosi dell’elemento parola. Ma il fuoco brucia e l’acqua ghiaccia. Dunque la composizione ha la sua importanza. La canzone poi esige la musica, che è un’altra cosa.

  1. Attualmente in che stato di salute versa la cultura italiana ed in particolare la poesia?

La cultura mi sembra in declino, salvo a non considerare cultura anche quella tecnologica. Di poesia mi pare invece che ce ne sia molta e in buona salute, sempre di nicchia quella di maggiore qualità e poi decisamente autoreferenziale, di conventi e conventicole, ricche di intelligenze tuttavia e talenti. Spesso a distanza percepisco queste cerchie competitive. 

  1. Il nome di un autore poco noto che meriterebbe di essere rivalutato.

Simone Cattaneo, Fernanda Romagnoli, Emilio Villa, Antonio Porta, Giovanni Giudici, Amelia Rosselli, Bartolo Cattafi, Angelo Maria Ripellino, Antonia Pozzi, Goliarda Sapienza, Maria Marchesi… Nessuna pretesa di completezza, potrei continuare. Volutamente i poeti sono morti.

  1. C’è ancora bisogno della poesia oggi e perché?

Sì, è un bisogno di molti. Perché è un momento di cambiamenti epocali, profonda crisi sociale e quando non basta la parola… allora c’è la poesia.

***

Deborah Mega risponde alle domande dell’intervista “Sette domande sulla poesia”

  1. Al celebre verso refrain della poesia “La verità, vi prego, sull’amore” di Wystan Hugh Auden l’amata poetessa statunitense Emily Dickinson risponde “l’amore è tutto: è tutto ciò che sappiamo dell’amore”, citazioni in forma di dialogo per dire che raramente un poeta ha trascurato di interpretare questo sentimento nelle sue composizioni. Nelle tue poesie l’amore è presente? E se dovessi dire che peso esso ha avuto nella tua scrittura? E nella tua vita?

L’amore è il motore dell’azione, come diceva Dante Alighieri move il sole e le altre stelle. Qualsiasi attività umana dovrebbe essere mossa e provocata dall’amore, purtroppo questo non vale per tutto e per tutti, troppi sono mossi dall’interesse, dall’egoismo, dal guadagno e dalla ricerca del proprio utile. Nelle mie poesie spesso è presente l’amore, inteso anche come generosità, come dono di sè agli altri attraverso la scrittura e la parola. Perfino la mia prima poesia è stata dettata dal sentimento di amore fraterno e dalla sua perdita, è da lì che tutto ha avuto inizio. Continua ad avere peso e importanza nella mia vita: anche la mia professione, che è quella di insegnante, nasce dall’amore, offro ai miei alunni le mie conoscenze, la mia comprensione, il mio ascolto. Se non è amore questo…

  1. Tra le poesie di Emily Dickinson è famosa quella del dialogo tra due morti, l’uno per la bellezza, l’altro per la verità. Anche verità e bellezza sono temi importanti della poesia. Pensi che siano irrinunciabili? Che ancora oggi bellezza e verità siano temi presenti al poeta? E in che misura?

Bellezza e verità appartengono all’esperienza di vita dell’uomo, sono irrinunciabili e strettamente legate. Dostoevskij nel romanzo L’idiota ha addirittura sostenuto che la bellezza salverà il mondo e, per relazione inversa, anche l’uomo deve costruire e perseguire la bellezza se vuole salvarsi. Mi piace pensare che ciascuno di noi sia chiamato a scoprire il proprio destino di bellezza e verità se vuole trovare se stesso e salvarsi dall’ omologazione, dall’insoddisfazione e dalla solitudine. Il poeta scrive denunciando la sua verità, leggendo il mondo a modo suo, cogliendone le contraddizioni e perseguendo un proprio ideale di bellezza.

  1. L’attività della scrittura si lega all’esperienza e alla memoria. Si potrebbe scrivere poesia senza memoria? In quale misura attingi ai ricordi nella tua poesia?

La scrittura per quanto mi riguarda è molto legata al ricordo e alla memoria. Porta alla luce le cose non dette, non rivelate ad altri, non comprese talvolta neanche a se stessi, producendo effetti formativi, conoscitivi e, per qualcuno, perfino terapeutici. Buona parte delle mie poesie nasce da un ricordo magari sedimentato che ad un certo punto riemerge con prepotenza. Si può scrivere poesia anche senza alcun riferimento alla memoria ma ad un’esperienza specifica secondo me, volenti o nolenti, si fa sempre riferimento.

  1. Alcuni dicono che il silenzio, necessario momento di riflessione e di ispirazione, sia indispensabile perché nasca una poesia. Ma il silenzio è anche la poesia, ciò che si è taciuto, che s’interpone tra una parola e l’altra, tra un verso e l’altro. Condividi quest’ importanza attribuita al silenzio in relazione alla poesia? Le tue poesie nascono nel e dal silenzio oppure no?

Il silenzio è necessario e indispensabile per svolgere una qualsiasi buona azione dunque anche per scrivere una buona poesia. Permette di entrare in una dimensione individuale, di ritagliarsi un proprio spazio e rappresenta la condizione indispensabile per mettersi in ascolto di sè. Ciò non toglie che si possa avere un’intuizione, un’ispirazione poetica anche in un momento di caos totale, a quel punto importa solo che la mente sia libera da incombenze, impegni quotidiani e sovrastrutture.

  1. Tra i requisiti necessari della poesia c’è il mistero. Un alone che la circonda, un fascino speciale creato con le parole, che il lettore percepisce come una sorta di sfida al suo intelletto, comunicazione di un segreto, di un interrogativo vitale. Condividi questa idea o pensi che non vi sia relazione tra mistero e poesia?

La relazione tra poesia e mistero esiste anche se la poesia dovrebbe rivelare più che travisare lo stato delle cose. Nel mio caso però tendo a rivelare completamente il mio pensiero, per un’esigenza di chiarezza e di trasparenza, forse frutto della deformazione professionale, anche se mi piacerebbe riuscire in un tipo di scrittura più ermetica ed evanescente, in un trobar clus che, in alcune occasioni, ammiro in altri.

  1. Sono famosi i versi di Pessoa “Il poeta è un fingitore. /Finge così completamente /che arriva a fingere sia dolore/ il dolore che davvero sente.” Con questi versi si intercettano il tema del dolore in poesia e l’ambiguità. Sono elementi presenti nella tua poesia? E in che misura?

Chi di noi non ha mai sofferto? Credo proprio nessuno. Il tema del dolore è presente nella poesia, nella mia e in quella di tutti gli altri. Esiste anche la finzione letteraria ma si tratta di una finzione in cui ci si immedesima talmente tanto che alla fine diventa reale. Mi ritrovo dunque con la citazione di Pessoa. Per descrivere un’emozione l’immedesimazione diventa necessaria e, di conseguenza, la sua descrizione  o gli effetti che produce sul poeta, diventano realistici.

  1. Sempre Pessoa dice “La morte è la curva della strada,/morire è solo non essere visto.” C’è chi pensa che in poesia non si debba parlare di morte e chi invece si confronta con essa. Parli mai di morte nelle tue poesie? Scrivi per sopravvivere alla morte o per esorcizzarla?

E’ capitato di parlare di morte nelle mie poesie. E’ un pensiero latente con cui ogni tanto ci si confronta con un senso di rispetto e di sacralità. Non credo di temere la morte, mi auguro solo che giunga quando avrò compiuto tutto ciò che mi prefiggo di fare. Mi piacerebbe che qualcosa di me sopravvivesse, fosse anche un diario, un libretto di pensieri, un quaderno di appunti, sarebbero il segno tangibile che nella mia vita ho ritagliato del tempo e l’ho dedicato ad un’attività che amo perseguire, la scrittura appunto.

Deborah Mega

 

 

 

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Il blog LIMINA MUNDI è stato fondato da Loredana Semantica e Deborah Mega il 21 marzo 2016. Limina mundi svolge un’opera di promozione e diffusione culturale, letteraria e artistica con spirito di liberalità. Con spirito altrettanto liberale è possibile contribuire alle spese di gestione con donazioni:
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