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LIMINA MUNDI

~ Per l'alto mare aperto

LIMINA MUNDI

Archivi tag: Marta Genduso

Versi trasversali: Marta Genduso

15 lunedì Feb 2021

Posted by Deborah Mega in LETTERATURA, Versi trasversali

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Tag

Marta Genduso, poesia contemporanea

Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, grey and blue (1921)

 

La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …
 
MARTA GENDUSO
 
 
 
 
Interno 3 (incominciamento)
 
 
 
 
Il lamento che
 
 
dalla terra uscì
 
 
quando la prima volta l’aratro
 
 
fendeva la terra
 
 
fu di ferita.
 
 
 
 
 
 
Poi venne il bordo
 
 
tracciato su materia
 
 
sillaba sghemba
 
 
del primo vagito.
 
 
 
 
 
 
Enigma
 
 
 
 
Appena sopra
 
 
uno sguardo limpido
 
 
lo contraddice
 
 
l’enigma
 
 
sulla fronte campeggia
 
 
araldica presenza
 
 
di te il sigillo
 
 
il solco d’una ruga
 
 
denso grumo barbaglio
 
 
runa, cifrario o scrittura onciale
 
 
combinazione essenziale.
 
 
 
 
 
 
Non conosco formula
 
 
non sono chiave
 
 
ti perdo adesso
 
 
e dura già il ricordo:
 
 
leggera sul segno tattile
 
 
intuire cieca la scrittura
 
 
d’orogenesi il rilievo.
 
 
 
 
 
 
Ma ti perdo adesso
 
 
e dura già il ricordo:
 
 
inchino da tempio al sator
 
 
ultimo movimento rotas
 
 
minuscolo (ri)corsivo addio
 
 
 
 
 
 
era l’unica possibile
 
 
movenza di resa
 
 
benedire lo schiocco incompleto
 
 
e voltando di spalle sulla fronte
 
 
baciare l’enigma.
 
 
 
 
-insolubilità è spesso profondità d’astri
 
 
soglia di un altro intimo nascere-
 
 
 
 
 
 
Il bordo delle cose
 
 
 
 
 
 
Tamburi fuori tempo
 
 
lingue sulle labbra
 
 
ganci come l’amo
 
 
tirato nella bocca
 
 
del pesce tagliato
 
 
nel ventre sventrato.
 
 
 
 
Sferruzzano le vecchie
 
 
di persiane verdi e rauche
 
 
assopite nell’odore
 
 
sfilettato d’estate
 
 
sbiancato dagli anni
 
 
mentre crepe sanguinano i muri
 
 
come taglio sulla bocca
 
 
sotto l’occhio di profilo
 
 
incoerente nella luce
 
 
del pesce detto azzurro.
 
 
 
 
Quest’aguzzo che rincorre
 
 
è la chiglia,
 
 
la punta della freccia,
 
 
la lama fredda sul metallo,
 
 
il bordo dentellato
 
 
del vetro dopo l’urto,
 
 
immobile e già stanco
 
 
il niente minuscolo
 
 
delle cose che feriscono.
 
 
 
 
 
 
Interno 7
 
 
 
 
 
 
Scollamento
 
 
della suola in questo andare
 
 
sono il ciabattare
 
 
un ritmo scazonte
 
 
scanzonato
 
 
d’un rubinetto il singulto.
 
 
 
 
La parola non coincide,
 
 
si dissolve nel sentire
 
 
si sfarina, frantuma in me
 
 
geroglifico reticolo
 
 
setaccio scucito
 
 
 
 
ma se potessi tornare al ventre
 
 
a forme di laghi, di fari
 
 
e lune ancora giovani
 
 
allora ti direi
 
 
 
 
la poesia è una mano cava
 
 
che va misurando.
 
 
 
Corporale II
 
 
 
Non ho,
 
 
sono una ferita
 
 
da guarire.
 
 
Un taglio
 
 
in via di rimarginazione
 
 
 
 
di lembi dischiusi,
 
 
di tentativo di apertura
 
 
di strappo, di slancio, di scarto.
 
 
 
 
Non ho,
 
 
sono una ferita che
 
 
in alcuni giorni puoi dimenticare,
 
 
non senti
 
 
se la mano resta immobile
 
 
col palmo verso l’alto
 
 
verso l’altro.
 
 
 
 
Improvviso, dimentico e afferro
 
 
oppure
 
 
qualcosa mi tocca
 
 
e ricordo allora pungente
 
 
delle dita
 
 
il punto, esatto
 
 
con bruciore di limone
 
 
il taglio, sgraziato scucito
 
 
il vivo della pelle.
 
 
 
 
Sono una ferita
 
 
aperta
 
 
da guarire.
 
 
 
 
Corporale I
 
 
 
 
-Sono un corpo
 
 
sono il mio corpo
 
 
perché non posseggo quel che sono.
 
 
 
 
Sono il mio corpo
 
 
e dentro ho la terra
 
 
disseminata dai primi venti
 
 
rocce sedimentarie
 
 
basaltiche arenarie
 
 
distrutte
 
 
sabbia a grana grossa
 
 
 
 
detriti sfiniti
 
 
venuti
 
 
sulle anse,
 
 
i fianchi
 
 
del mio essere fiume
 
 
altrove da qui-
 
 
 
 
 
 

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Versi trasversali

26 lunedì Nov 2018

Posted by Deborah Mega in LETTERATURA, Poesie, Versi trasversali

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Marta Genduso

Piet Mondrian, Composition with large red plane, yellow, black, grey and blue (1921)

La poesia è anche incontro, una geometria di rette a volte parallele, altre volte perpendicolari. Similmente al quadro di Mondrian un reticolato vivo e riccamente colorato. Nell’ambito della nuova rubrica Versi Trasversali, presentiamo la poesia di …

MARTA GENDUSO

 

Carbone

La tua energia di vivere

trattenuta in nuce

una violenza estrosa

interdetta:

una mano sulla corteccia

l’altra tra i miei capelli

stretti alle dita

come corda tra le labbra

il canto del piacere.

 

Travolta io, qui accanto

come un carbone arso e muto

mi sento e rimango

per terra tra gli ultimi fuochi.

 

Così se mi prendessi tra le dita

adesso

una tenerezza implosa

scoscesa:

una mano sulla roccia

l’altra a tracciare graffiti

nel paleolitico dei miei desideri

nella caverna del dinofelis.

*

Bestia e Terra

Davanti a te

o meglio

fra le tue mani

ritorno di terra

impasto d’argilla

fasci di nervi e fremiti

impulsi etologici.

 

Ricomincio a fiutare

riprendo a sentire

ogni muovere che striscia

sibilla sul manto

carezza le zampe

che corrono nostalgia

 

Davanti a te

o meglio

con le tue mani

mi spoglio

prima dell’evoluzione

prima dell’homo

in contatto col tempo

 

Così

lontana da te

rimango

al buio

se non hai mai visto una bestia piangere,

al buio

per te.

 

*

Il mortaio di legno

Il mortaio di legno

rintocca

batte

le bacche si disfano

aprendosi in frantumi

poi il succo

liquido rappreso

sangue raggrumato

una pasta di mandorle

compatta

sulla fronte come

medicina antica

 

così anche noi

rimaniamo pestati.

 

Il mortaio di legno

batte

rintocca

svogliato

nel nostro martirio

dei giorni che escono a gocce

da un vecchio rubinetto malandato

le parole stanche biascicate

si trascinano

escono come rivoli di saliva

nel sonno

sul cuscino

fino alla stasi muta

dei corpi lontani.

 

Noi

disfatti e spacciati

che non sappiamo come

siamo arrivati

fin qui

malridotti

naufraghi della nostra tempesta

fuori controllo

approdati

su due isole adesso

distanti.

*

Pangea

In un attimo

siamo la pangea di una nova terra

incastrati gli uni negli altri

nei nostri orli appena frastagliati

zolle informi che si distaccheranno

ma siamo solo alla deriva

continenti

quando lontani

 

in giro per la città

ce ne andremo

come scivolando

su tappeti di oceano

velluto nero increspato

 

ma siamo solo alla deriva

continenti

quando lontani

*

Arenaria inutile

Un’arenaria inutile

stamattina

un frammento

una scaglia grattugiata

bianca e nuda

su questo letto

una spiaggia infinita

senza mare

quindi un deserto

di arsure

un contenitore brullo

di plastica

sparuto

sparpagliata in me

frugando nel sonno

un cumulo di ossa ordinate

secondo una fisiologia animale

che mi lascia indietro

e ferma ancora

lenta e senza scampo

in questo nuovo giorno che

mi sfinisce cominciando.

*

Dimentica

Quel giorno in cui entrasti in casa

-la porta aperta-

sul pavimento

tra giornali e oggetti quotidiani

hai trovato

gli incubi che ogni notte

ti avrebbero cercato

e così adesso

io vorrei soltanto

che su ognuna delle impronte

di quei colpi,

che su ognuno di quei punti

percossi

e dai lividi attoniti e sconvolti

si aprissero forme

di laghi,

di fari,

di lune ancora giovani

contente alle prime rughe

oppure ancora

righe di orizzonte

in fuga dai capelli.

 

Voltati,

rivoltati

nel liquido amniotico delle tue profondità

nelle ciglia chiuse e confuse

nella gestazione di ricordi nuovi

e lascia che quelle immagini

smarriscano la strada

senza tracce

verso te.

*

 

Ricordati

Sei nato due volte

e il secondo dolore

inflitto

il parto di te

scegliendo

chi non saresti mai diventato

nell’immagine del volto duro

del braccio scagliato

degli occhi crepacci violenti

resistente tu

ingoiando il colpo sordo

digerendolo onirico

irresoluto

nel muto vagito

nel pianto sprecato

il parto da te.

 

(Fiorisce da ogni colpo

la rinuncia

fiorisce ad ogni livido

la scelta)

 

 

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