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Imagine there’s no countries

it isn’t hard to do

nothing to kill or die for

and no religion too

imagine all the people

living life in peace

JOHN LENNON

C’era una volta l’Arabia felix, quella che i Romani immaginavano come un luogo fiabesco perché fertile grazie alle piogge portate dai monsoni, importante crocevia di merci di lusso provenienti dall’India e dall’Estremo Oriente nonchè culla di grandi civiltà. Dopo la predicazione di Maometto, a partire dal VII secolo, gli Arabi costituirono uno Stato in cui potere politico e religioso erano strettamente uniti. Sappiamo infatti che il Corano contiene norme religiose e regole di comportamento, gli stessi califfi erano capi religiosi e allo stesso tempo politici. Dopo la prima guerra mondiale i vari paesi hanno adottato politiche differenti. Kemal Ataturk ad es. in Turchia eliminò il diritto religioso dalla vita amministrativa, dal sistema educativo e giudiziario dando vita in questo modo ad uno stato laico. Da quel momento alcuni stati  seguirono l’esempio turco, altri rimasero legati alla tradizione. Negli anni Settanta del secolo scorso, nel mondo arabo si è diffuso il fondamentalismo o integralismo islamico. I fondamentalisti vorrebbero che negli Stati musulmani fossero applicate con rigidità le norme morali, penali, religiose previste dal Corano. Maxime Rodinson, esperto di cultura araba scrive: “Gli integralisti in questo periodo hanno molto successo presso i gruppi più poveri della popolazione che vedono nell’Occidente un nemico che li sfrutta economicamente e impone la sua cultura. Essi predicano che, se si applicassero i precetti morali e religiosi del Profeta, si potrebbero risolvere tutti i mali del presente e costruire in terra una comunità felice. Per realizzare questo sogno i fondamentalisti sono disposti a tutto e i più estremisti usano la violenza e il terrore.” La caratteristica principale dei seguaci del fondamentalismo è il rifiuto del processo di modernizzazione a favore di una scelta di “purezza”, cioè di un’osservanza letterale dei precetti religiosi. Da fenomeno estremo e marginale l’integralismo è diventato un elemento imprescindibile della politica internazionale, raggiungendo i musulmani immigrati in Europa e negli Stati Uniti e diventando contemporaneamente uno strumento di sfida politica e culturale contro i paesi ex coloniali e un modello di governo autonomo rispetto alle democrazie occidentali. Probabilmente è dagli strascichi antidemocratici ereditati dal colonialismo che il fondamentalismo trae forza e vigore, facendo appello ai valori più autentici che salvaguarderebbero le tradizioni dalla degenerazione dei costumi e dal consumismo. A farne le spese è il genere femminile, la cui emancipazione viene condannata come qualsiasi altro elemento che provenga dal mondo occidentale. La coerenza però non è il loro forte, perché ad es. i fondamentalisti non condannano il progresso tout court, circostanza dimostrata dall’utilizzo della tecnologia digitale come strumento comunicativo e di propaganda. In questi giorni nuovamente è stato attaccato il cuore dell’Europa, qualche mese fa è toccato a Parigi, poi a Bruxelles e, nel giorno di Pasqua, al Pakistan. L’ultimo attentato in un parco divertimenti di Lahore è stato rivendicato dal gruppo talebano, Jamatul Ahrar, il cui obiettivo era quello di colpire la minoranza cristiana. Pare che l’attentato faccia parte di un programma di attacchi denominato “Saut-ut-raar” che interesserà tutto il 2016.  A pagarne le conseguenze saranno le libertà democratiche, la libera circolazione delle merci e delle persone all’interno dell’Unione Europea sancite dal Trattato di Schengen del 1997, le magnifiche sorti e progressive vagheggiate da Leopardi, che, ne La ginestra, ha scritto parole illuminanti sull’argomento.

Libertà vai sognando, e servo a un tempo
vuoi di novo il pensiero,
sol per cui risorgemmo
della barbarie in parte, e per cui solo
si cresce in civiltà, che sola in meglio
guida i pubblici fati.
Così ti spiacque il vero
dell’aspra sorte e del depresso loco
che natura ci diè. Per questo il tergo
vigliaccamente rivolgesti al lume
che il fe palese: e, fuggitivo, appelli
vil chi lui segue, e solo
magnanimo colui
che se schernendo o gli altri, astuto o folle,
fin sopra gli astri il mortal grado estolle.

Bersagli dei terroristi raramente sono militari, quando si colpisce indiscriminatamente, in una metropolitana, in un aeroporto, in un albergo, in uno stadio, in un parco divertimenti, si può colpire chiunque, cristiani, ebrei, perfino musulmani, per non parlare di donne e bambini, cosa ancora più ignobile e meschina. I nuovi kamikaze vengono scelti tra civili di età giovane, imbarbariti, plagiati, preparati a combattere da una scuola che insegna ad odiare i propri simili. Un dio che insegna l’odio e la violenza come strada per la redenzione però non è Dio, di questo sono certa, il suo insegnamento è stato frainteso ed interpretato erroneamente da chi si ritiene suo seguace e sostenitore. La società civile araba  però è molto più complessa di quella che appare agli occhi dell’opinione pubblica europea ed americana. Non dimentichiamo che, fin dal 2010, in molti paesi arabi i giovani hanno protestato organizzando manifestazioni di massa per chiedere riforme democratiche. La primavera araba ha dimostrato che esiste un mondo arabo sensibile alle tematiche della democrazia e della libertà. Gli integralisti invece sono rimasti estranei alle proteste capaci di sfidare dure repressioni e dittature decennali. La strategia della tensione è destinata a fallire miseramente, non è strumento di lotta politica e di risoluzione dei conflitti sociali. L’estremismo di matrice islamica trova terreno fertile laddove la comunità musulmana è poco integrata, dove c’è un alto tasso di disoccupazione giovanile, dove c’è povertà ideologica e culturale, dove non c’è identità culturale, dove è facile procurarsi armi ed esplosivi, dove ci sono disagi sociali, scarsi controlli e frammentazione politica, amministrativa e perfino linguistica. Pare che il terrorismo attecchisca tra gli immigrati di seconda generazione, che non sono legati alla loro terra d’origine non avendoci mai vissuto né si sentono pienamente europei. Negli ultimi mesi sono stati effettuati controlli serrati, arresti e perquisizioni che hanno portato all’arresto di Salah Abdeslam, pubblicizzato dal presidente francese Hollande e dal primo ministro belga Michel. A mio avviso va tutto gestito meglio: occorrono controlli serrati, vanno potenziate le squadre degli specialisti di intelligence e di tecnologia e soprattutto è necessaria la collaborazione tra gli stati, in particolare la condivisione delle informazioni in loro possesso. Il problema inoltre va risolto in modo politico ed economico studiando le cause del fenomeno e fornendo soluzioni mirate dopo aver acquisito la consapevolezza che terrorismo, da chiunque sia fomentato, è sinonimo di delirio, contrario dunque a qualsiasi idea di progresso, crescita umana e sociale.

Deborah Mega