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Proseguiamo con la rubrica dedicata alle interviste di autori, poeti e scrittori potenzialmente noti, modestamente noti, mediamente noti, molto noti; le interviste sono pubblicate qui su LIMINA MUNDI in linea di massima il lunedì (non è un’indicazione rigida, ma orientativa). Il titolo dell’intervista che proponiamo oggi indica che lo scambio di domande e risposte è rapido e conciso. Nelle risposte non è permesso dilungarsi oltre tre righe. Colpo su colpo, come i bottai che ne assestavano ai fasci di legna della botte e ai cerchi che li stringevano. Attività dalla quale deriva il noto detto: “Un colpo al cerchio e uno alla botte”. Qui da intendersi non tanto nel senso di mantenere l’equilibrio in una situazione scomoda, ma, piuttosto in quello del convergere, tra botta e risposta, al risultato comune di raccontare con le parole dei poeti il mondo della poesia. Questa è un’intervista “tipo” che sarà sottoposta anche ad altri autori oltre a quello intervistato oggi che è MARIA ALLO.
1.Che cos’è per te la poesia e che cosa é in grado di esprimere?
Un’interrotta navigazione della vita verso una nuova esplorazione dell’esistere, un errare che coincide con l’esperienza quotidiana della vita, in cui amore e consapevolezza del suo dolore si confondono. La poesia è ricerca dell’essenza e dell’unità dell’essere e dà significato alla vita e alle cose. La poesia è come un esilio da attraversare, insegue le palpebre mute della notte e l’assenza dietro le sue ombre. Quando un poeta cammina c’è un’ombra che lo segue e lui deve essere quell’ombra, le poesie sono come gli occhi e sono differenti da persona a persona, dice un poeta zen. La poesia è solitudine, condanna, ma è anche la nostra salvezza. La notte ha il sapore di more silvestri/nel colore di un pensiero che muore./Così metto a fuoco il silenzio bianco/per lasciarti essere alba furiosa.
2.Quando e in che modo ti sei avvicinata alla poesia?
Da sempre. La scoperta della poesia è il risultato di un processo : è attitudine, ma non è sufficiente la predisposizione o la sensibilità, occorre anche faticare. La poesia è costruzione, disciplina, conoscenza, lavoro. Non voglio dire che l’ispirazione non conti, ma da sola non basta e occorre anche davvero tanta passione-cura.
3.Chi sono stati i tuoi maestri o meglio i tuoi punti di riferimento?
Certamente la grande tradizione della poesia lirica greca. Adoro Anna Achmatova, Patrizia Vicinelli, Keats, Pagliarani, Dante, Montale, Shakespeare, Pavese, Ungaretti, Amelia Rosselli, Rilke, Blake, Fortini, Ida Travi, Silvia Bre, Giovanna Rosadini e la poesia francese.
4.Ricordi il tuo primo verso?
No. La “scoperta della poesia” è avvenuta, credo, ascoltando verso i dodici, tredici anni composizioni in dialetto, dai toni che variavano dalla satira, all’invettiva, alla denuncia vera e propria, di una cara zia contro le insopportabili ingiustizie sociali. Dare forma al mondo attraverso le parole che riescono a cogliere l’essenza nei rastrellamenti quotidiani che ci attraversano per sradicarci tutti, forse questo è un motivo valido per scrivere.
5.A chi si rivolge la tua poesia?
All’altra parte di me che cerca di raggiungermi con l’esigenza di stare dentro la propria pelle. Io francamente non so quale sia il meccanismo.
6.E’ stata dichiarata la morte della poesia e la sua marginalità nell’età della tecnica. In libreria i libri dei poeti contemporanei sono poco presenti e spesso relegati in un angolo, solo i classici godono ancora di un certo prestigio. Di contro c’è un fiorire di readings, di concorsi letterari e di premi. Tu cosa pensi di tutto questo?
La rete offre ovviamente una visibilità maggiore e immediata con la possibilità di interagire con altre arti come Wordsocialforum di Antonella Taravella. Pullulano, è vero, corsi di poesia ma la poesia non vende, anche perché non c’è l’educazione al libro di poesia. Io personalmente provo un senso di pudore profondo verso quello che scrivo e non amo esibirmi, ma nutro altrettanto rispetto per coloro che amano farlo.
7.C’è chi tenta un coinvolgimento nei fatti sociali del suo tempo, chi invece ritrova la verità della poesia e della vita nella sua Arcadia più o meno felice. Tu dove trovi ispirazione? E come nascono le tue poesie?
Dice Maria Grazia Calandrone “La poesia non è un’attività letteraria ma una dichiarazione di resistenza e, parafrasando Fenoglio, una questione pubblica”. Considero la Natura la chiave per decifrare noi stessi e per interpretare la realtà esterna. Anche un albero o un filo d’erba può dare avvio alla ricerca – viaggio, ma soprattutto al νόστος come άλγος ancestrale della vita.
8. Secondo te i giovani di oggi amano ancora la poesia?
Molto e non tutti.
9.Che importanza è attribuita oggi alla poesia dal nostro sistema d’istruzione?
La scuola è il luogo dove si impara a leggere le poesie antologizzate, la cultura si promuove prima di tutto a scuola e i nostri studenti, dunque, non sono ignari di poesia però la scuola offre un’altra poesia. C’è bisogno invece di una mediazione. La conoscenza storica è quindi una condizione necessaria, ma non sufficiente. Ecco perché ritengo estremamente interessante l’idea di Maria Grazia Calandrone di portare la poesia a scuola.
«Se alcun libro morale potesse giovare,
io penso che gioverebbero massimamente i poetici:
dico poetici prendendo questo vocabolo largamente,
cioè libri destinati a muovere l’immaginazione;
e intendo non meno di prose che di versi.
Ora io fo poca stima di quella
poesia che, letta e meditata, non lascia al lettore nell’animo un tal sentimento nobile,
che per mezz’ora, gl’impedisca di ammettere un pensier vile,
e di fare un’azione indegna».
Giacomo Leopardi
10.La poesia è in grado di influenzare il linguaggio?
Certamente. Il linguaggio della poesia trasforma l’utilizzo pratico della comunicazione nella creazione di un linguaggio originale, innovativo, unico. E’ una realtà a più strati che consiste non solo di forma e di contenuto, ma anche di sensazioni, ideali, valori morali. L’espressione del testo poetico è polisemica e parla a ciascuno con voce diversa.
11.Come definiresti invece la TUA Poesia?
Preferirei non essere io a dirlo.
12.Può avere un ruolo politico?
Sì. Frost ritiene che la poesia sia quel tipo di linguaggio che ha il potere di trasformare radicalmente e di cambiare il mondo. In Palestina fare poesia non è solo una scelta ma è l’urlo dei resistenti. Le vicende storico-politiche e la letteratura si fondono.
13. E’ cambiato il “mestiere” del poeta nel tempo?
Il poète maudit, all’origine della modernità, ha cambiato lo status della poesia e ha segnato il ruolo di emarginazione di tutti gli intellettuali del secolo successivo, a parte il caso di Gabriele d’Annunzio. Vassalli osserva come la poesia al giorno d’oggi sia diventata un genere letterario sempre più specialistico, che desta soltanto l’interesse di una ristretta cerchia di cultori.
14. Alfonso Berardinelli ha sostenuto che oggi chi scrive versi non dovrebbe considerare valido nessun testo se non regge il confronto con un articolo di giornale o con una canzone. Intendeva probabilmente dire che i poeti contemporanei non sono capaci di comunicare con il lettore. Tu cosa ne pensi?
Il poeta testimone del suo tempo, trasmette conoscenza anche se non ha il ruolo che ha detenuto fin dall’antichità, quando costituiva il tramite col sacro.
“Questo silenzio delle cose travalica il mattino
conosce lo smarrimento della terra
il sangue mescolato alle nubi del cielo
il verdetto nel martirio sconsacrato.
Questo silenzio fa cerchio e scuote dal torpore
nel punto sospeso in ogni fibra
annusa improvviso il senso del dolore”.
Ritengo il silenzio trasgressione, soprattutto in momenti in cui il rumore dei media furoreggia.
15.Attualmente in che stato di salute versa la cultura italiana ed in particolare la poesia?
Si fa un gran parlare, ultimamente, della poesia. La poesia
Non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi.
Scrivi sapendo che non cambierai il mondo. Scrivi perchè sei uomo, scrivi per ribellarti, scrivi anche se nessuno ti leggerà dice F. Fortini.
16.Il nome di un autore poco noto che meriterebbe di essere rivalutato.
Silvia Bre
17.C’è ancora bisogno della poesia oggi e perché?
Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma per vivere sulla terra, perché è chiaro che quello vigente finora non funziona. L’alternativa ormai è un imperativo di sopravvivenza per la specie umana. E l’alternativa è necessaria non solo a livello di strumenti, ma come visione del mondo. “La bellezza salverà il mondo”. La frase di Dostoevskij non è mai stata così attuale. Perchè è proprio quando così tante cose intorno a noi vanno male che bisogna parlare della bellezza del pianeta e dell’uomo che lo abita. Bisogna intendersi : la parola Bellezza assume qui un significato ampio, che non sempre corrisponde all’uso comune. Non è questione di trascorrere la vita ad ammirare i tramonti o la luna piena, piuttosto è il tentativo di ordinare la vita armoniosamente secondo la coscienza di ciascuno, affinchè le sue declinazioni, sociale, professionale, intima, materiale formino un tutto comprensibile. Ecco perché bisogna promuovere la diffusione di una nuova cultura del dono, dello scambio reciproco, offrire nuove possibilità di stabilire contatti e anche di dare vita a forme di condivisione dove si può apprendere, nei quali ci si mostra, si condividono interessi, si elaborano linguaggi. In definitiva bisogna percorrere strade aperte e sconfinate attraverso l’esperienza di compimento interiore e di pienezza dell’essere.
NOTE BIOGRAFICHE
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