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Il 10 gennaio del 2016 quando appresi la notizia della scomparsa di David Bowie ero troppo sconvolta per scrivere qualcosa che anche lontanamente lo riguardasse. Lo faccio ora con la consapevolezza che non è possibile raccontare una personalità così istrionica e carismatica e avere anche la pretesa di risultare completi ed esaustivi. Bowie si spense a New York dopo il suo sessantanovesimo compleanno e  dopo aver pubblicato Blackstar, il suo ultimo album in studio.

Per omaggiare il Duca Bianco il Regno Unito ha organizzato una serie di iniziative in musei e sale cinematografiche, pubblicazioni, giornate a tema, proiezioni. La BBC trasmetterà un film dedicato agli ultimi cinque anni della sua vita, contenente filmati inediti e registrazioni tratte dalle lavorazioni dei suoi ultimi due album in studio: “The next day” del 2013 e “Blackstar” del 2016. Anche il canale televisivo 67 del digitale terrestre in VH1 David Bowie Celebration Day, oggi celebrerà il grande genio della musica pop con una programmazione completamente dedicata a lui e alla sua leggenda. In prima visione assoluta sarà trasmesso il documentario David Bowie – The Last Five Years, prodotto dalla BBC e diretto da Francis Whately, che esplora gli ultimi anni di una vita straordinaria. Secondo questo documentario, Bowie avrebbe scoperto che la sua malattia era incurabile solo tre mesi prima di morire, mentre girava il videoclip Lazarus. A seguire sarà trasmesso il film del 1976, L’uomo che cadde sulla terra, esordio cinematografico di Bowie nei panni dell’ alieno Thomas Newton, per la regia di Nicolas Roeg. Ci sarà poi la proiezione di Jazzin’ for Blue Jean, un cortometraggio dedicato a Blue Jean, vincitore di un Grammy Award nel 1984. Il prossimo 10 febbraio sarà disponibile il vinile atteso da collezionisti e fan di “Sound and vision” per celebrare i 40 anni trascorsi dalla pubblicazione del singolo, contenuto all’interno dell’album “Low” del 1977. Il lato A presenterà una versione rimasterizzata del brano, mentre il lato B conterrà il remix della traccia, già pubblicata nel 2013; sulla copertina invece saranno stampate immagini tratte da “L’uomo che cadde sulla Terra”. Nel documentario si seguiranno tutte le tappe di una carriera travolgente: dall’ infanzia a Brixton all’adolescenza in cui avvenne la prima formazione musicale, ispirata dal fratello Terry, che ascoltava jazzisti come Coltrane e Dolphy e impreziosita dalle lezioni presso il sassofonista jazz Ronnie Ross. Un’altra esperienza formativa per lui fu l’impiego in un negozio di dischi, che gli permise di ascoltare la  musica di James Brown e Ray Charles. Quando nel 1960 David entrò alla Bromley Technical High School, le sue doti creative furono incoraggiate dall’insegnante Owen Frampton, padre del chitarrista Peter Frampton. Due anni dopo entrò a far parte di una band, i Kon-rads, come sassofonista e poi come cantante con il nome di Dave Jay. Fu in questo periodo che il suo amico Underwood, durante un litigio, lo colpì con un pugno nell’occhio sinistro, causandogli una midriasi cronica. L’esperienza musicale con i Kon-rads fu di breve durata come la collaborazione con i gruppi successivi, The Hooker Brothers, The King Bees, The Manish Boys, The Lower Third, The Buzz; in questo periodo adottò il nome di David Bowie, ispirandosi agli omonimi coltelli da caccia. Nonostante Bowie proponesse pezzi suoi non riuscì ad avere il successo sperato, non mancarono invece le controversie con le altre formazioni di cui fece parte pertanto cominciò ad avviarsi verso la carriera solista. In questi anni fu notato da giornalisti e talent scout e riuscì ad ottenere interviste televisive che fecero scandalo; nel 1967 uscì il suo primo album, David Bowie, rivelatosi deludente, nonostante alcune critiche positive. Contemporaneamente vennero registrate alcune tracce per la Deram, che però rifiutò sempre di pubblicarle fino a quando Bowie non abbandonò definitivamente la casa discografica. In questi anni ebbe inizio anche la sua esperienza cinematografica con la partecipazione a cortometraggi, sceneggiati, spettacoli teatrali e sequenze di mimo, apprese dall’attore Lindsay Kemp da cui avrebbe imparato a stare sul palco. Cominciava anche la collaborazione con il produttore Tony Visconti, che sarebbe durata fino all’ultimo album Blackstar. In occasione della storica impresa dell’Apollo 11, l’11 luglio 1969 venne pubblicato il 45 giri Space Oddity  in due versioni differenti; il brano raggiunse la 5a posizione nella classifica inglese rappresentando di fatto il primo vero e proprio successo di Bowie. Negli anni ’70-71 per Bowie avvenne il passaggio dal folk al glam rock che prendeva il nome dall’abbigliamento “Glamour“, cioè colorato e vistoso dei suoi esponenti e in seguito la creazione di numerosi alter ego come Ziggy Stardust, il cui album omonimo, culmine del glam, fu pubblicato nel 1972 dalla RCA Records e risentiva dell’influenza dei Velvet Underground, di Iggy Pop e di Lou Reed che Bowie aveva conosciuto nel 1971. Abbigliato in attillate calzamaglie colorate, costumi vistosi e capelli rosso fuoco, Bowie ottenne finalmente enorme popolarità e crescente successo di pubblico e di critica. Come rivelò lui stesso nel 1974: «Ziggy Stardust non è l’uomo delle stelle ma solo il suo messaggero terreno, contrariamente all’opinione secondo cui spesso si dipinge Ziggy come un extraterrestre». Nonostante le molte interpretazioni che il brano generò, l’idea di base era che « le creature dello spazio sono abbastanza reali, umane e la prospettiva di incontrare altri esseri dovrebbe renderci felici».

Sul numero del 22 gennaio 1972 della rivista musicale britannica Melody Maker comparve un’intervista destinata a creare scandalo. L’articolo “Oh! You Pretty Thing”, descrisse il nuovo look di Bowie e rivelò a tutti il suo orientamento sessuale: «Sono gay, lo sono sempre stato[…] anche quando ero David Jones». L’intervista creò molto clamore in un’epoca in cui affermare la propria omosessualità non era cosa abituale. Il movimento gay britannico elesse Bowie a suo simbolo; in pochi allora pensarono a una tattica pianificata dal cantante prima del lancio del personaggio di Ziggy Stardust. L’amore di Bowie per la recitazione e la teatralità lo immersero completamente nel suo androgino alter ego musicale fino a quando, al culmine del successo, (chi l’avrebbe fatto oggi?) l’artista annunciò il ritiro dalle scene di Ziggy durante il concerto all’Hammersmith Odeon di Londra, il 3 luglio 1973. In questo periodo Bowie avviò lo  spettacolare Diamond Dogs Tour che si svolse nelle maggiori città del Nord America per tutto il 1974. Il tour coincise con l’aumento della dipendenza da cocaina del cantante, che gli causò diversi problemi fisici.  Nel 1975 si trasferì in California sulle colline di Los Angeles; qui trascorse uno dei periodi più negativi della sua vita, ossessionato dalla passione per l’occultismo e debilitato dall’abuso di droghe pesanti. Con il singolo Fame, composto con John Lennon e Carlos Alomar, Bowie abbandonò quasi completamente il rock in favore di sonorità più funky e soul. Alla pubblicazione di Station to Station nel 1976, fece seguito una tournée in Europa e negli Stati Uniti per promuovere l’album e presentare il nuovo personaggio, il Thin White Duke, il Duca Bianco, entrato in breve tempo nell’immaginario collettivo come icona di stile.

Si trattava di un aristocratico personaggio dall’abbigliamento sobrio ed elegante, fortemente infatuato dell’occultismo. Bowie ebbe anche la sua prima vera esperienza cinematografica nel film di fantascienza L’uomo che cadde sulla Terra. Nei panni di questi due personaggi, Bowie ha inciso album leggendari come Space Oddity, The Man who sold the world, The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars.

Nel 1976 Bowie si trasferì in Svizzera, dopo aver acquistato una grande villa vicino al Lago di Ginevra, iniziò a dipingere e a collezionare opere post-moderniste. In seguito si trasferì a Berlino Ovest per disintossicarsi definitivamente, iniziava così la proficua collaborazione con Brian Eno. Minimalismo e musica ambient invece caratterizzeranno gli album della cosiddetta “trilogia di Berlino”: Low del 1977, apparentemente complesso e non commerciale, che Philip Glass descrisse come “un’opera geniale di incomparabile bellezza”, Heroes, che fuse insieme pop e rock infine Lodger del 1979, un complesso mix di new wave e world music. Negli anni ottanta Bowie fu molto impegnato nel cinema e nel teatro mentre la produzione discografica privilegiò il pop con album come Scary Monsters e il funky e la musica dance con Let’s Dance del 1983. Nel 2004 un intervento di angioplastica per un’arteria coronarica ostruita lo costrinse ad interrompere una tournée e ad annullare tutti gli impegni presi.  «Ha girato la testa e mi ha guardato», ricorda la bassista Gail Ann Dorsey, «era pallido, quasi trasparente. La camicia era zuppa di sudore. Stava lì in piedi, immobile. » Quella notte segnò la fine di David Bowie come personaggio pubblico. Da allora non ha mai più fatto tour né rilasciato interviste. Nel 2007 l’artista ha ricevuto il Grammy alla carriera, equivalente musicale dell’Oscar. Poi dopo dieci anni di assenza, quando ormai aveva convinto il mondo intero di essersi ritirato a vita privata, l’8 gennaio 2013 Bowie annunciò l’uscita del nuovo album The Next Day, preceduto dal singolo Where Are We Now? The Next Day ottenne un ottimo successo di pubblico e di critica, due anni dopo Bowie ha lanciato il suo nuovo singolo, Lazarus, e ha collaborato al musical omonimo basato sulle sue vecchie canzoni. Vi si narra la storia di Newton da vecchio, chiuso nel suo appartamento con la convinzione di essere in fin di vita. L’apparizione di una ragazzina di 13 anni, della stessa età della figlia che ha avuto da Iman, riesce a fargli credere di poter tornare a casa e, come Gesù con Lazzaro, lo riporta in vita. I suoi ultimi tre anni sono stati un periodo di straordinaria creatività. L’8 gennaio 2016, giorno del suo 69esimo compleanno, usciva Blackstar, due giorni dopo David Bowie moriva a New York, per l’aggravarsi di un tumore al fegato contro cui combatteva da 18 mesi. Blackstar non smette di stupire. Prima di tutto è stato il vinile più venduto nel 2016 ed è considerato il suo testamento spirituale anche perchè i testi oltre ad approfondire temi esistenziali e il tema della morte in particolare dimostrano lo stretto legame esistente tra arte e vita. Un fan ha riferito di aver notato un design inconsueto nella pagina del testo di “Girl Loves Me”. Se infatti si guarda il libretto in una stanza oscurata dopo averlo illuminato con una luce diretta appaiono immagini di stalle, di una donna e un uomo, il titolo “Lazarus” e altri particolari tridimensionali. Il talento di David Bowie era innegabile, abbiamo potuto osservarlo tutti ma che a questo fatto corrispondesse anche una grande persona, altruista, generosa, non è cosa risaputa o scontata. Ho letto da qualche parte che in diverse occasioni, Bowie, all’apice della gloria, non ha dimenticato i suoi amici in difficoltà. E’ il caso di Iggy Pop, prelevato dall’ospedale psichiatrico dove era relegato senza alcuna risorsa e tantomeno idea artistica e di cui produsse un paio di album oppure quando produsse Transformer per Lou Reed che pure attraversava un momento di difficoltà. Artista poliedrico, ha lasciato un segno profondissimo nella cultura del ventesimo secolo, un’eredità vastissima di canzoni, contenute in venticinque album, tre colonne sonore, raccolte e singoli vari, film, testi, interpretazioni teatrali, costumi, che costituiscono una rarità nella storia della musica.

Non si può descrivere una vita e una carriera come quella di David Bowie, costruita con studio, applicazione, passione, capacità di reinventare continuamente il proprio stile e la propria immagine ma anche con tanto piacere e gusto di vivere. Ha inaugurato la moda del travestimento camaleontico come simbolo di ambiguità esistenziale e ha fatto scuola oltre che tendenza attraversando cinque decenni di musica rock e ispirando intere generazioni. Per alcune persone la possibilità della morte non dovrebbe essere contemplata perchè avrebbero ancora tanto da lasciare ai posteri, é il caso di David Bowie senza dubbio, che, a detta di Visconti, aveva già in mente altri progetti ambiziosi e, conoscendo David, la cosa non mi stupisce affatto.

Deborah Mega