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Sono perseguitato da siepi d’oleandro rosa
lungo le strade siciliane, le loro consonanti di ghiaia
sotto le ruote, da pile di pietre, da muri la cui sorpresa
è che non c’era bisogno di andare così distante
per riconoscere ciò di cui mi ero già accorto,
tranne, e ora ritorna, quello strano castello
in rovina con un blu caraibico affacciato alle porte
e il nome Ortigia che tintinna come cristallo
nel suo fragile equilibrio. Nel fruscio del pino,
dell’ontano argenteo e dell’olivo qualcosa iniziava a cambiare,
suoni che andavano tradotti. Il mare era uguale
tranne per la sua storia. La nostra santa patrona
era nata qui. Condividevano un unico nome:
Lucia. La calura aveva l’identica innocenza
di un pomeriggio isolano, ma con una differenza,
l’aspetto degli oleandri e la verde fiamma dell’olivo.

I am haunted by hedges of pink oleander
along the Sicilian roads, their consonants of gravel
under the tires, by stone piles, by walls whose wonder
is that there was no need to travel
this far, to recognize things I already knew,
except, and now it grows, the odd broken castle
through whose doors peered a Caribbean blue,
and the name Ortigia that rings like crystal
in its fragile balance. In the pine’s rustle
and the silver alder’s and the olive’s, a difference began,
sounds that needed translation. The sea was the same
except for its history. The island was our patron saint’s
birthplace. They shared the same name:
Lucia. The heat had the identical innocence
of an island afternoon, but with a difference,
the way the oleanders looked and the olive’s green flame.

Derek Walcott

(da Suite siciliana, Egrette bianche, Adelphi, 2015)

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ph. Loredana Semantica “Oleandro rosa pallido”

Derek Walcott entra di “diritto” in Forma alchemica per aver egli raggiunto appena qualche giorno fa, il 17 marzo 2017, lo stato di defunto, che è, insieme alla bella forma poetica, requisito necessario per accedere a questa rubrica.

La poesia di Walcott che propongo non è tra quelle da me selezionate e da tempo salvate nella mia cartella “poesie scelte”, l’ho scelta invece recentemente dal web, precisamente dal blog Imperfetta Ellisse di Giacomo Cerrai, che, senza volere, creando una specie di “coccodrillo involontario”, come l’ha chiamato lui stesso, ha pubblicato sul suo blog una selezione di poesie di Derek Walkott, giusto qualche giorno prima dell’ exitus dell’autore.

Le poesie proposte mi hanno colpito in particolare perché tra esse ce ne sono alcune dove son presenti a piene mani riferimenti alla città dove vivo: Siracusa. Ed è proprio una di queste poesie che propongo qui, oggi, esplicitando i richiami a me noti.

Già l’incipit di questa poesia suggerisce una serie di considerazioni incentrate sull’oleandro. Pianta quanto mai diffusa in Sicilia e  affascinante perché “ambivalente”. La particolarità di questa pianta è d’essere tossica. Tutta. Foglie, fiori, corteccia, radici, semi. Un concentrato di tossicità, pericolosa per ingestione ma anche il fumo che se ne produce bruciandola non è salutare. Ne fanno le spese animali e uomini che accidentalmente ne ingeriscano. L’ambivalenza sta in ciò, che essa è tanto pericolosa quanto bella. L’oleandro fiorisce a lungo nella bella stagione con una profusione spettacolare di colori: bianco, fucsia, varie sfumature di rosa, rosso intenso, carminio. Le stesse foglie sono eleganti, lunghe affusolate, compatte e, quando la pianta è sana, lucide di un verde pieno, esplosivo, solare.

La poesia si apre col riferimento alla “persecuzione” delle siepi di oleandro rosa. La descrizione introduce subito al paesaggio locale. Ancora adesso le strade cittadine più ampie di Siracusa si caratterizzano per le siepi di oleandro che fungono da divisorio tra le corsie. Periodicamente i servizi di manutenzione del verde comunale provvedono a contenere le piante potandole, l’oleandro qui cresce magnificamente e si espande in altezza e larghezza, disturbando la visibilità stradale. Altrettanto frequente è trovare gli oleandri nelle strade extraurbane del siracusano e altre provincie siciliane.

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ph. Loredana Semantica “Curve e muri a secco” 

Nel testo poetico sono menzionati muri costituiti da pile di pietre. Questi sono i caratteristici muri a secco della campagna isolana. Da Siracusa a Trapani, da Palermo ad Agrigento, ne è disseminata tutta l’isola. Sono essi stessi uno spettacolo della natura, perché tutti naturali e, nel contempo, testimonianza evidente di antica e tramandata perizia artigianale dei “murasseccari”, le maestranze che sanno tirare su un muro a secco. I muri a secco possono essere di altezza varia, e con varia funzione, tra le quali più frequenti quella delimitante e contenitiva, la base sarà tanto più massiccia e spessa, quanto più alto dev’essere il muro, che, nella sua migliore forma, tiene senza collante, cemento, malta o similari, ma sta in piedi per decenni per il solo perfetto incastro delle pietre, per le dimensioni calibrate e la verticalizzazione affusolata; la sezione è semiconica.

I muri a secco per questa loro arcaica naturalità si inseriscono armonicamente nel paesaggio, venando di bianco  le campagne, offrendo allo sguardo ricami sinuosi, anfratti, riflessi di sole per il colore  chiaro, nastri labirintici a delimitare i confini tra i terreni e , nei muri a secco più antichi, incavi che fanno da ricovero per semini di piccole piante spontanee, di fiori di campo, talvolta anche dei capperi che stentatamente crescono nella poca terra che si deposita, per la poca acqua che la siccità permette.

Tutta la poesia di Derek Walkott presta massima attenzione alla natura e al paesaggio. Il poeta, provenendo dalle isole caraibiche, certo di mare e di rigoglio della natura aveva esperienza, ma Siracusa non l’ha deluso, tant’è che cita il mare aretuseo di un blu caraibico insieme al Castello Eurialo, in rovina. Il Castello Eurialo è un’ interessante e articolata roccaforte a circa 7 Km dalla città e a circa 120 metri sul livello dal mare, inserita nella cerchia delle mura dionigiane,  costruite  per ordine del tiranno Dionigi I tra il V e il IV secolo a.C. tutt’intorno alla città a scopo difensivo.

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Giovanni Dall’Orto, “Castello Eurialo”

Ultima (non per importanza) citazione da rimarcare: Ortigia,  la piccola isola che costituisce della città  il centro storico “decentrato”, perché non è geograficamente posta al centro, con la città che si sviluppa attorno, ma appunto essendo un’isoletta è sul mare ad oriente della restante più vasta area edificata, in gran parte moderna. Ortigia è collegata alla “terraferma” da due brevi ponti (un terzo è stato smantellato qualche tempo fa), è ricca di testimonianze storiche e di scorci architettonici, ha conquistato a Siracusa l’appellativo di Venezia del Sud.

Non è solo la natura a impressionare il poeta, coi suoi pini, ontani ed ulivi, ma anche la storia della città di Siracusa e la sua patrona: S. Lucia. Walkott è nato nel 1930 a Castries, capitale dello Stato di Santa Lucia, in America Centrale. Il nome di Lucia gli è quindi caro o almeno familiare.

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ph. Loredana Semantica “Simulacro di S. Lucia in processione”

Per questo, per la calura estiva, il colore del mare, il fruscio degli alberi, tanto simili a quelli della sua terra, in qualche modo il poeta nella sua permanenza in questi luoghi si sarà sentito a casa, tranne per una cosa, conclude nella poesia, l’aspetto degli oleandri e la verde fiamma dell’olivo.

Dissemino questo post di immagini tratte dal mio archivio fotografico (quelle di Ortigia tratte del web, il Castello Eurialo da wikipedia) essendo quanto Walkott cita nella poesia, pane quotidiano dei miei occhi.

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ph. Loredana Semantica “La verde fiamma dell’ulivo”

Loredana Semantica