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Di tanto rovinoso mare
poco suono giunge
al mio orecchio assorto
in ascoltazione dell’Eterno
che come un angelo passa.

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Per includere in Forma alchemica Lorenzo Calogero ho scelto una poesia molto breve, appena cinque versi. Anche stavolta la scelta è caduta come le precedenti composizioni che ho proposto qui su una forma disposta con ammirevole grazia in un’armonia di suono e senso che incanta. Credo che scrivendola Calogero abbia voluto esprimere la sua essenza di vita, turbata dai marosi interiori, ma anonima per il resto, dimessa, raccolta nell’ascolto di qualcosa che non è per le orecchie di tutti, in un dialogo con l’oltre, col muro, con se stesso che lo ha consumato.

Calogero è nato a Melicuccà, Reggio Calabria nel 1910 e lì è morto nel 1961, in circostanze non chiarite. Il 21 marzo 1961, fu visto per l’ultima volta dai suoi vicini, tre giorni dopo fu trovato morto nel suo letto. La primavera non perdona. Ed i poeti la soffrono. Calogero non meno, essendo poeta fin  dentro le ossa. Il suo modo straordinario di scrivere non gli conquistò molte attenzione in vita, nonostante egli abbia ripetutamente tentato di ottenere un riconoscimento e la pubblicazione dei suoi versi, recandosi tra l’altro personalmente da Giulio Einaudi. Riuscirà a pubblicare soltanto un’opera con Vallecchi, nel 1956, Parole del tempo.

Si laureò in medicina ed esercitò la professione fino al 1955. Commovente la sua storia di solitudine, disturbi pischici, amori infelici, attaccamento alla madre. Mezzo secolo di tormento e scrittura che hanno portato alla stesura di un consistente corpo poetico ignoto ai più, perché conosciuto solo da addetti ai lavori. L’ironia della sorte volle  che nel 1962, appena un anno dopo la sua morte, furono pubblicate dall’editore Lerici le “Opere Poetiche”, quasi l’esecuzione testamentaria del suo ultimo verso, trovato in un foglio sullo scrittoio della sua casa “Vi prego di non essere sotterrato vivo”.

In vita ignorato sistematicamente, apprezzato soltanto dal poeta Leonardo Sinisgalli, l’unico che credette in lui e gli rimase amico fino alla morte, Calogero con la pubblicazione delle “Opere poetiche” divenne un caso letterario. Eugenio Montale, Giancarlo Vigorelli ed altri critici espressero parole di apprezzamento e di paragone ai grandi della letteratura da Rilke a Rimbaud, da Novalis a Mallarmè. Persino la critica letteraria straniera s’interessò a Lorenzo Calogero, con parole che rendono il pregio della sua finissima scrittura “…Si ha l’impressione che tutto sia sviluppato sotto il livello della coscienza. Le immagini si fondono, le parole si associano stranamente, spesso la sintassi è dislocata, i ritmi quasi ipnotici. Non si può dubitare che questo flusso abbia una forza straordinaria e neppure si può dubitare dell’abilità di Calogero nel disporre le immagini in improvvise giustapposizioni bellissime, né della sua perizia musicale…”

Nient’altro da dire, se non che quando s’incontra un poeta, lo si riconosce a distanza. Questo è Calogero, semplicemente un poeta.

A lui è dedicata questa mia del 8/09/2010

Guarda com’è fatto un poeta
nella posa rannicchiata
rigida impacciata
colto di sorpresa con gli occhiali spessi
neri nel cercine e lo sguardo
miope sul naso
dritto all’obiettivo che lo guarda.

Rileva la sagoma del corpo
i punti dell’ombra sulla strada
confronta le distanze
sovrapponi i perimetri
e le masse
valuta specialmente la misura
se s’approssima
anche solo appena
sollevando in punta i piedi
o meglio su una scala
alla sua la tua
statura.

 Loredana Semantica