Viandante sul mare di nebbia (olio su tela, 95 cm x 75 cm) di Caspar David Friedrich, 1818, Hamburger Kunsthalle di Amburgo.
4 maggio 1771
Come sono lieto di esser partito! Amico carissimo, che è mai il cuore dell’uomo! Ho lasciato te che amo tanto, dal quale ero inseparabile, e sono lieto! Pure so che tu mi perdonerai. Tutte le altre persone che conoscevamo non sembravano forse scelte apposta dal destino per angosciare un cuore come il mio? Povera Eleonora! Eppure io ero innocente. Che potevo fare se mentre le grazie capricciose di sua sorella mi procuravano un piacevole passatempo, in quel povero cuore nasceva una passione? Ma… sono proprio del tutto innocente? Non ho forse alimentato i suoi sentimenti? Non mi sono dilettato delle sue sincere, ingenue espressioni che tanto spesso ci facevano ridere, e che erano invece così poco risibili? non ho io… Ah! l’uomo deve sempre piangere su se stesso! Io voglio, caro amico, e te lo prometto, io voglio emendarmi; non voglio più rimuginare quel po’ di male che il destino mi manda, come ho fatto finora; voglio godere il presente e voglio che il passato sia per sempre passato. Senza dubbio tu hai ragione, carissimo, i dolori degli uomini sarebbero minori se essi – Dio sa perché siamo fatti così! – se essi non si affaticassero con tanta forza di immaginazione a risuscitare i ricordi del male passato, piuttosto che sopportare un presente privo di cure. Sarai così buono di dire a mia madre che sbrigherò nel miglior modo possibile i suoi affari e gliene darò notizie quanto prima. Ho parlato con mia zia e non ho affatto trovato in lei quella donna cattiva che da noi si ritiene lei sia. È una donna ardente, passionale e di ottimo cuore. Le ho reso noti i lamenti di mia madre per la parte di eredità che lei ha trattenuta; me ne ha esposto le ragioni e mi ha detto a quali condizioni sarebbe pronta a rendere tutto, e anche più di quanto noi domandiamo. Basta, non voglio scrivere altro su questo; dì a mia madre che tutto andrà bene. Intanto, a proposito di questa piccola questione, ho osservato che l’incomprensione reciproca e l’indolenza fanno forse più male nel mondo della malignità e della cattiveria. Almeno queste due ultime sono certo più rare. Del resto io qui mi trovo benissimo; la solitudine è un balsamo prezioso per il mio spirito in questo luogo di paradiso, e questa stagione di giovinezza riscalda potentemente il mio cuore che spesso rabbrividisce. Ogni albero, ogni siepe è un mazzo di fiori e io vorrei essere un maggiolino per librarmi in questo mare di profumi e potervi trovare tutto il mio nutrimento. La città in se stessa non è bella, ma la circonda un indicibile splendore di natura. Questo spinse il defunto Conte M. a piantare un giardino sopra una delle colline che graziosamente si intrecciano e formano leggiadrissime valli. Il giardino è semplice, e si sente fin dall’entrare che ne tracciò il piano non un abile giardiniere, ma un cuore sensibile che qui voleva godere se stesso. Ho già sparso lacrime su colui che non è più, in quel cadente gabinetto che era un giorno il suo posticino favorito e che ora è il mio. Presto sarò padrone del giardino; il giardiniere mi si è già affezionato in questi pochi giorni e non dovrà pentirsene. […]
Johann Wolfgang Goethe, I dolori del giovane Werther, 1774
L’incipit di oggi è tratto da uno dei più famosi romanzi d’amore della letteratura tedesca. Non è chiaramente definibile, nel senso che può essere inteso come testo filosofico per il panteismo del giovane Goethe, romantico, perché uno dei più letti e conosciuti dello Sturm und Drang, sociale perchè descrive la borghesia tedesca di quegli anni, religioso e perfino politico. Del resto, come scrisse Manacorda, la ricchezza di significati non è tipica dei grandi capolavori? In effetti poiché parla d’amore e di morte, parla di tutto. La storia vera dell’amore del venticinquenne Goethe per Charlotte Buff si trasforma in un romanzo epistolare, nella passione infelice che si conclude in dramma di Werther per Carlotta. Il giovane Werther, proveniente da buona famiglia e dotato di ottima cultura, si reca in campagna per dedicarsi ad alcune faccende familiari e praticare l’otium litterarum. In occasione di un ballo presso il villaggio di Wahlheim conosce Charlotte, una ragazza del luogo, già promessa ad un funzionario temporaneamente fuori città. La ragazza è dotata di bellezza e intelligenza e fin dalla scomparsa della madre, accudisce i suoi fratelli minori. Nonostante lui sappia fin dall’inizio della promessa di matrimonio di Lotte, solo al ritorno del fidanzato Albert, con il quale pure riesce a stringere un sincero rapporto di amicizia, si rende conto che il suo sogno d’amore non potrà mai realizzarsi. Per tentare di liberarsi dallo sconforto e dal malumore, accetta l’offerta del suo amico Wilhelm, con cui intrattiene una fitta corrispondenza epistolare, di recarsi in città e intraprendere la carriera da diplomatico. La città ben presto lo delude per via dell’indifferenza e della frivolezza tipica dell’alta società con cui ha a che fare. Torna così al villaggio e viene a conoscenza del matrimonio tra Albert e Charlotte; la donna chiede ripetutamente al giovane di accontentarsi di un sentimento di amicizia fraterna, assicurando che la sua infelicità sarebbe scomparsa appena avesse conosciuto un’altra ragazza da amare. Werther, però, non riesce a liberarsi dall’ossessione per Lotte, tanto da baciarla contro la sua volontà e così Lotte gli intima di andarsene dalla sua casa. Il giorno dopo ad Albert arriva una richiesta scritta di Werther affinchè gli presti le sue armi, con la motivazione di un viaggio da affrontare di lì a poco. Albert acconsente ed è Lotte stessa a porgerle al servo dell’amico. Werther, dopo aver salutato i fratellini di Lotte e aver compiuto un’ultima passeggiata in campagna, si ritira nella propria abitazione, scrive una lettera d’addio a Lotte e a mezzanotte in punto pone fine alla sua vita con una delle pistole di Albert mentre sulla sua scrivania è aperto il dramma antitirannico Emilia Galotti di Lessing. L’altro riferimento bibliografico presente è quello ai Canti di Ossian, poema molto significativo per le generazioni dello Sturm und Drang; durante l’ultimo incontro tra Werther e Lotte, i due protagonisti ne leggono alcuni passi in una traduzione dello stesso Goethe. Werther non è mai descritto esplicitamente, è colto e raffinato, ma si dimostra insofferente verso le convenzioni sociali. Il fatto che non tormenti Lotte in modo insistente è da intendersi come un ulteriore gesto d’amore. Albert invece rappresenta il ceto borghese, le sue convenzioni, ma viene descritto sempre in modo positivo perché razionale, saggio e rassicurante per Lotte.
I temi maggiormente presenti nel romanzo sono l’amore, i cui effetti sull’uomo sono descritti in modo molto meticoloso ed approfondito: l’amore può essere motivo di vita e allo stesso tempo di distruzione e di rovina. Quello per Lotte assume tinte religiose, la donna rappresenta una visione angelica eppure l’amore per lei diventa travolgente e distruttivo perché invade mente e corpo. L’altro tema presente nel Werther è quello della natura : emerge a questo proposito il panteismo di Goethe probabilmente tratto da Spinoza, la natura è espressione vivente della divinità. Sono numerose e ricche di particolari le descrizioni naturalistiche, le lettere del primo libro sono ambientate in primavera e in estate dunque sono rappresentati grandi ambienti ricchi di colore e di luce, in cui la natura è il luogo utopico e armonizzante per eccellenza; quelle del secondo invece riflettono una natura cupa ed ostile quasi quanto l’ambiente chiuso della camera di Werther, nel momento del suicidio. Due sono gli spunti autobiografici all’origine del romanzo : il suicidio di un conoscente di Goethe, Jerusalem, segretario d’ambasciata innamorato della moglie di un suo amico, la donna però non ricambiava il sentimento. Il giovane decise di farsi prestare dal collega, marito di Charlotte Buff, due pistole, con la scusa di prepararsi per un viaggio, e il giorno dopo si uccise nel suo appartamento, con una copia dell’Emilia Galotti aperta sulla scrivania. La passione non corrisposta fu solo uno dei motivi per cui Jerusalem si suicidò, alla base del gesto c’era anche un forte stato di depressione. Charlotte Buff fu invece uno dei grandi amori di Goethe e fu presa a modello per la Lotte di Werther sia nei tratti fisici che caratteriali; egli affermerà di aver ucciso Werther e le sue speranze giovanili per salvare sé stesso. La scelta del romanzo epistolare con il tema del suicidio come drammatico epilogo ricorda un altro romanzo di quegli anni, Le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo. Anche lì il destinatario delle lettere, vorrebbe aiutare l’amico ma assiste impotente alla sua tragica scomparsa, che nel corso del romanzo non appare mai scontata; unica differenza tra i due romanzi sarà l’introduzione del motivo politico-patriottico. Il romanzo ebbe un successo clamoroso, numerose ristampe e tentativi di imitazione: anche i giovani tedeschi adottarono il modo di vestire del personaggio Werther e lo emularono nella scelta del suicidio, tanto da far parlare i sociologi di effetto Werther.
Per Werher, tragico eroe romantico, il suicidio diviene un atto di estrema libertà e rifiuto del compromesso : attraverso la sua scelta coraggiosa egli accoglie il suo destino di immortalità.
Deborah Mega
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