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Nell’ambito della rubrica “Canto presente” oggi presentiamo la poesia di:

CHRISTIAN TITO

 

Facebook mi informa che a Nizza

i miei amici sono vivi,

i morti e i feriti sono altri

 

a Manchester  la posizione dell’ordigno

conferma che il bersaglio erano i bambini

 

“Dio voleva questo” dice spesso chi uccide,

qualcun altro invece afferma

che è Satana a volerlo

 

difficile capire di chi sia l’intelligenza delle bombe

 

un giorno un uomo ha scelto di guidare un camion

per schiacciare altri uomini  intenti a passeggiare

un altro giorno un altro uomo ha scelto

di costruire un ordigno pieno di chiodi

per fare a pezzi dei bambini

 

che siano riferite a Dio o al suo Nemico

niente appare nuovo sotto il sole.

*

Fermato in Viale Stelvio angolo Farini

molestava peruviana dicendo bella troia

lo portano in reparto alle quattro del mattino

urla gobbi di merda brutte merde bianconere

 

due infermieri lo cingono decisi

scalcia morde urla forza Milan

gli infilzano una siringa di aloperidolo nel fianco

forza Milan forza Milan merdosi gobbi di merda

 

ferma le gambe

poi le braccia

poi i pensieri

spariscono i cattivi bianconeri

 

“ho detto solo bella troia

non brutta troia

brutta lo dicono i cattivi

sono loro che dovete fermare”

 

si mette a dormire

 

io non dormo più.

*

Da dove sto scrivendo

Nel ginepraio di via Dino Villani numero 3

cerco Alessandro il matto

quello grasso e le infradito anche in gennaio

 

lo cerco quando è sera

e il fiato fuma

e i nomi sui citofoni sono segni fracassati

allora entro

tento dentro

ogni scala è un segreto che collassa

eppure chi cerco esiste

e quello che cerco per esistere

vuole essere cercato

 

salgo ad ogni piano e busso

“Alessandro, sono il farmacista

abbiamo sbagliato a darti le compresse

dobbiamo cambiarle Alessandro”

 

lui apre al sesto piano

coi piedi scalzi e le caviglie gonfie

con le unghie nere e un Modigliani al muro

e c’è odore di brodo

e ci sono macchie rosse sulla canottiera

sarà sugo spero

“Alessandro è sugo, vero?”

 

è vero

è tutto vero

lo capisco qui

qual è il mio mestiere:

sbagliare per uscire

per entrare nelle case

per uscire dalla casa

 

a fianco a Modigliani una donna

– è la mamma era qui

ora è sul muro

ora

incastrato tra le mura ci sono io-

“sì ci sei tu Alessandro

non io

non più

ciao Alessandro

vado”.

*

Da bambini giocavamo a calcio dappertutto

spostavamo persino siringhe

temendo unicamente di bucare il pallone

 

in campagna con Nico finivamo spesso

coi ginocchi insanguinati,

ma eravamo felici

 

il nostro gioco non poteva finire

 

ricordo Emanuele, lo stopper,

non era un fenomeno

se non nel tenere alto il morale di tutti

 

prendeva in giro anche il padre eterno

 

il fruttivendolo un giorno non l’aveva capito

così prese un peso da un chilo

e gli sfondò la testa

 

il gioco di Emanuele finì così

il nostro dura tutt’oggi

talvolta ancora sangue

ma non dalle ginocchia

 

certe volte, ancora oggi, siamo felici.

*

Forse noi no, ma lo sanno i nostri corpi

della violenza imposta su di tutti

 

lo sa bene la pelle

che si sfalda in mille croste

e le nostre colonne e le vertebre e i dischi

che tentano la fuga persino dalle ossa,

ne hanno forte percezione i nostri stomaci

bucati dagli acidi in eccesso

 

non esagerava il poeta nell’esporre le sevizie,

la merda ingoiata per il piacere dei mostri.

 

Forse voi no, ma io so cosa compriamo

per mettere tutto a tacere,

come si usa la chimica

sulla coscienza dei corpi,

 

come  spegniamo la luce ai bambini

quando hanno ancora gli occhi aperti.

*

Ti daranno infinite occasioni per piegarti

e tu non ti piegare,

basterà uno sguardo a certe facce

per sentire minacciata la tua fede,

ma tu credi, credi sempre figlio mio,

e non credere che ogni credo poi non muti,

ma dentro quel mutare qualcosa si conserva:

quel passarci dentro agli occhi un po’ di luce,

quel dirti a bassa voce solamente che ci siamo,

che per te volevamo solo esserci

e, miracolosamente,

nel miracolo della tua vita,

per un po’

ci siamo stati.

*

Oggi diciassette febbraio dell’anno duemilaquindici

la terra ruota sotto le nostre suole

e mentre gira e tutti noi giriamo

sento il battito del mio secondo figlio

 

perso dentro quel ritmo penso al mio amico

ha un tumore al di sotto del cranio

 

perso

penso

prego che tra non molto

mani di uomini esperti,

ma spero anche buoni,

estraggano la vita dal ventre di mia moglie

e la morte dal cervello del mio amico

 

lui di figli ne ha già due

e i padri buoni sono pochi.