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Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.
La redazione ringrazia Sal Ferranti, per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: La legge della piuma, Pedrazzi editore, 2020.

1. Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?

Il mio amore per la scrittura è nato attraverso la lettura. Chi legge molto è attratto dalla parola scritta e l’immaginazione lo porta inevitabilmente ad immaginare storie nuove. Io leggo da sempre. Da adolescente andavo a prendere in prestito libri in biblioteca (d’avventura, soprattutto) e li riportavo indietro nel giro di qualche giorno. Poi sono diventato un lettore onnivoro e un frequentatore di librerie. Credo di avere acquistato (in trent’anni circa) almeno tremila volumi. Il mio primo romanzo lo scrissi a diciannove anni, ed è ancora lì, incompiuto e con le pagine consumate dal tempo. All’epoca leggevo parecchi romanzi horror e mi ero convinto di saper scrivere romanzi alla Stephen King. Ripensandoci, mi viene un po’ da ridere adesso, e provo tenerezza verso quei facili entusiasmi da ragazzo che amava sognare in grande.

2. Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Quali scrittori italiani o stranieri ti hanno influenzato maggiormente o senti più vicini al tuo modo di vedere la vita e l’arte?

Parlare di riferimenti letterari, per uno che ha sempre letto tantissimo, è operazione complessa. Sarebbe un elenco lungo, anzi lunghissimo. Tuttavia, se fossi costretto a fare dei nomi, direi che sono legati alla letteratura nord americana che amo molto (mi sono laureato con una tesi su Edgar Allan Poe). Quindi farei i nomi di grandi artisti della short story, come Carver e Cheever, di grandi romanzieri come Bukowski, Fante, Roth (soprattutto Henry), Steinbeck, di immensi visionari come Bradbury e Dick, per passare anche attraverso Kerouac e gli scrittori e i poeti della beat generation. E gli scrittori di pulp e hard boiled, anche: penso a Chandler, Hammett e Spillane, per esempio. Ultimamente mi sono innamorato di scrittrici, invece: Anne Tyler, Elizabeth Strout, Marylinne Robinson, Joy Williams, solo per fare alcuni nomi. Credo che in futuro influenzeranno molto la mia scrittura. Sono poi anche legato alla grande tradizione letteraria siciliana (anche se magari a qualcuno potrebbe sembrare una contraddizione). E allora faccio i nomi di Verga, Pirandello, Sciascia, Vittorini, Bufalino. Pilastri senza i quali non si potrebbero concepire storie ambientate in un’isola.

3. Come nasce la tua scrittura? Che importanza hanno la componente autobiografica e l’osservazione della realtà circostante? Quale rapporto hai con i luoghi dove sei nato o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?

Be’, direi che l’osservazione della realtà circostante è basilare. Sono un grande osservatore e uno che si pone molte domande. Prendendo nota di quel che mi accade intorno anche quando sembro distratto. Io parto sempre (o quasi) dal dato reale per poi condirlo attraverso l’immaginazione. Non saprei scrivere di ciò che non conosco, e secondo me, a parte alcuni casi, è un’operazione che si rivelerebbe fallimentare. I luoghi in cui ho vissuto entrano nelle mie opere, è inevitabile. Ma poi vengono sublimati, e trasformati in materiale da romanzo (o racconti). Mi basta chiudere gli occhi e pensare a vie nuove, inesplorate.

4. Ci parli della tua pubblicazione?

La legge della piuma è un romanzo che rappresenta parecchio il mio modo di scrivere. È un libro che racconta un “pezzo di vita” di una persona qualunque. E in questo mi sento molto vicino ad alcuni degli autori americani citati in precedenza ma anche alla tradizione naturalista e verista europea. Il romanzo che ho scritto secondo me è un po’ “verghiano” anche. Ma non verista, perché il punto di vita è quello del personaggio principale che inevitabilmente deforma la realtà e se ne appropria. Anche il linguaggio che uso è il “suo” linguaggio, con un lessico vicino al parlato ed espressioni che a volte sconfinano quasi nel dialetto. Credo sia una storia in cui molti si potranno immedesimare, perché rappresenta un po’ la crisi dell’uomo moderno di cui parlavano i romanzieri già ad inizio Novecento. Cosa è cambiato da allora? Poco, credo. Siamo già da un pezzo nel XXI secolo ma siamo ancora molto legati al secolo vecchio. Per mentalità ed aspettative, anche, e per l’incertezza e lo smarrimento che ci contraddistingue. Se dovessi rappresentare il senso del romanzo con una forma geometrica, sceglierei di sicuro il cerchio.

5. Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?

Ah, questo non lo so. Penso che lo dovrebbe dire chi leggerà il romanzo.
Necessario, non credo. Utile magari sì, per dare modo di riflettere sul grande girotondo della vita, e magari per provare a migliorarsi.

6. Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a creare l’opera?

Mi sono alzato una bella mattina e mi sono detto: voglio scrivere questa storia. Poi sono andato a fare colazione al bar. Credo di avere sognato qualcosa al riguardo la notte precedente, ma non ci posso mettere la mano sul fuoco. I sogni svaniscono così in fretta…e poi non vorrei dare della mia scrittura un’idea troppo romantica.

7. Come l’hai scritta? Di getto come Pessoa che nella sua “giornata trionfale” scrisse 30 componimenti di seguito senza interrompersi oppure a poco a poco? E poi con sistematicità, ad orari prestabiliti oppure quando potevi o durante la notte, sacra per l’ispirazione?

Io non credo molto all’ispirazione. Credo nel metodo e nella perseveranza. Ho scritto il romanzo nell’arco di cinque mesi. Un’ora e mezza al giorno, quasi senza pause. Lo stesso ho fatto con i romanzi precedenti (che non ho ancora pubblicato).

8. La copertina e il titolo. Chi, come, quando e perché?

La foto di copertina è un regalo di un mio amico che è molto bravo a fotografare (e rappresenta molto lo spirito del romanzo), mentre il titolo mi è venuto in mente leggendo un articolo sulla “piuma blu”. La storia dell’attrazione universale, per intenderci. Se desideriamo veramente qualcosa, in qualche modo quella cosa finisce col concretizzarsi. Ma che succede se ci opponiamo a questa legge? Pensateci.

9. Come hai trovato un editore?

L’ho trovato tramite il web e una persona che conosco che aveva già pubblicato con questo editore.

10. A quale pubblico pensi sia rivolta la pubblicazione?

Ho scritto questo libro nella speranza che possa essere letto da un pubblico variegato. Non ho un target, anche perché ritengo che non sia un romanzo di genere. Quindi è rivolto a tutti. È valida come risposta? Forse no, ma mi piace pensarlo.

11. In che modo stai promuovendo il tuo libro?

Il romanzo è uscito da pochi giorni e quindi per il momento lo sto promuovendo tramite internet e i social network. In futuro organizzerò qualche presentazione, anche se sono convinto che ormai il web sia l’elemento base per diffondere qualsivoglia forma di prodotto.

12. Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più legato e perché? (N.B. riportarlo virgolettato nel testo della risposta, anche se lungo, è necessario alla comprensione della stessa)

Questa è una domanda un po’ complessa, trattandosi di un romanzo. Posso dire che io cerco di concentrarmi molto sugli incipit dei capitoli e sui finali (che non devono mai essere troppo scontati e lasciare il lettore un po’ in bilico). Quindi vi propongo un incipit e un finale (di capitolo).
Incipit:
“Quello della macchina è un discorso che va approfondito a parte. Tra un mese saranno vent’anni che l’ho presa. Mio padre si fece venire un infarto quando rottamammo la vecchia Simca. Diceva che c’era affezionato. Ora: parlare di affetto quando si parla di macchine è una cazzata bella e buona. Un sentimentalismo da terremotati. È vero che dietro la Simca c’è una storia che potrebbe fare emozionare qualche femminuccia ipertesa, ma si tratta comunque di quattro lamiere montate su gomme da centosessanta. Stop.
Con una radio di quelle preistoriche, le manopole e il sintonizzatore che si bloccava ogni due per tre e altoparlanti che facevano venire la diarrea cronica.
Che tempi però! Horizon Talbot dell’Ottantuno, color cannella! GLS 1300. Un sogno per noi che venivamo dalla 126 in cui dovevamo entrare anche in cinque, quando c’era la zia Graziella. La prendemmo con uno sconto di settecentomila lire e l’assicurazione da parte di un grassone con la cravatta che da lì a quindici anni non ci avrebbe più rivisto. E fu così che andò. La macchina, anche quando divenne un mulo che trasportava pomodori, riuscì a tenere botta. C’è una fotografia importante: mio padre, con l’immancabile
sigaretta in bocca, che finge di guidare e io e mia sorella che da dietro gli facciamo le corna. Quando la stampammo mi ricordo che disse: «cornuto tu e cornuta lei!» e poi ci prese a calci per finta.”

Finale di capitolo:
“E fu sera e fu mattina. E i tre briganti rimasero in due. In due su asinelli che trasportavano spugne. E poi ci fu il fiume da attraversare e un asinello disse: «ma non esiste una via più asciutta?» I due briganti si guardarono negli occhi e chiesero consiglio all’altro asinello. Che era magro ma con più coraggio.
«Provo ad attraversare io» disse. «Se affondo vuol dire che le spugne le lascerete a terra». I due briganti gli diedero un calcio ciascuno, poi si grattarono la testa. Il sole era alto nella città dei morti. Spaccava lapidi.”

13. Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?

Sinceramente? Che venga notato da qualcuno che mi possa poi magari aprire la strada verso pubblicazioni con case editrici di rilievo.

14. Una domanda che faresti a te stesso su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti?

Se ti dicessero “scrivilo di nuovo”, lo riscriveresti alla stessa maniera?
La risposta è “forse”.

15. Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?

Ho già scritto altri romanzi in realtà. Romanzi (e anche un paio di raccolte di racconti) che al momento sono nel cassetto e che magari un giorno pubblicherò. Scrivo da un decennio abbondante, con costanza e regolarità.
Un’altra cosa che non ho detto è che sono anche autore di poesie, che pubblico su due siti web (scrivere.info e poesieracconti.it) e che mi piacerebbe un giorno pubblicare in cartaceo, se riuscirò a trovare l’occasione giusta.

Sal Ferranti, nato nel ’73 a Ragusa, vive a Scicli. È insegnante di Lettere, appassionato di Letteratura americana e poesia contemporanea. Ha pubblicato il racconto lungo “Amico, ti aspetto” per Urban Apnea Edizioni. “La legge della piuma” è il suo primo romanzo.