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Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.
La redazione ringrazia Nino Iacovella, per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: La linea Gustav, Il Leggio Libreria Editrice, 2019.

  1. Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?

È stato un amore tardivo. Tardi ho iniziato a leggere. Tardi ho iniziato a scrivere. Tutto è accaduto dopo la mia laurea in economia. Lì è successo qualcosa. Ero fiaccato da quell’epopea formativa rivelatasi a posteriori, in buona parte, errata. Avrei dovuto seguire un percorso umanistico. Studiare filosofia o musica. Imparare a suonare uno strumento: il contrabbasso, il sax (amo il jazz), la fisarmonica. Forse tutte queste cose insieme. Molto probabilmente la scrittura è stata l’ultima occasione praticabile per rientrare in un alveo più consono alla mia natura: l’attività creativa. La mia è una famiglia d’arte. Il mio paese, Guardiagrele, è una terra di arti e mestieri. La creatività si respira in ogni angolo, persino nel linguaggio. Il dialetto guardiese, in Abruzzo, è fortemente contraddistinto da una dialogica aforistica. La lingua così è già una palestra di metafore e figure retoriche che pochi si rendono conto, parlando, di creare.

  1. Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Quali scrittori italiani o stranieri ti
    hanno influenzato maggiormente o senti più vicini al tuo modo di vedere la
    vita e l’arte?

Da autodidatta mi sono nutrito di qualsiasi libro capitato a tiro. Un grande disordine e una grande abbuffata che per anni, compulsivamente, ho portato avanti rubando le ore al sonno. Ho sempre amato leggere le biografie dei grandi scrittori e dei grandi artisti in generale. Ero affascinato dalla loro dedizione. Amo molto la letteratura americana contemporanea. I grandi maestri, prima che nella poesia, li ho trovati negli autori di narrativa breve: Raymond Carver, Richard Yates, Alice Munro. Tra i grandi romanzieri invece Truman Capote e Richard Ford, così come l’intramontabile William Faulkner e Michel Houellebecq. Degli italiani faccio un nome deciso: Giorgio Vasta de Il tempo materiale. La poesia è arrivata dopo con Charles Simic, Philip Schultz, Seamus Heaney e René Char tra gli stranieri; tra gli italiani la scrittura di Antonella Anedda ha avuto, per stile e suggestioni, il risalto maggiore nelle mie preferenze. Notti di pace occidentale e Le residenze invernali sono state svolte decisive per i primi passi della mia scrittura.

  1. Come nasce la tua scrittura? Che importanza hanno la componente autobiografica e l’osservazione della realtà circostante? Quale rapporto hai
    con i luoghi dove sei nato o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?

La componente autobiografica non è il fulcro della mia scrittura, preferisco ciò che osservo della realtà cercando di riproporla con immagini e linguaggio il più possibile aderente all’oggetto di osservazione. Il rapporto con il luogo dove sono nato è stato fondamentale sinora solo in una raccolta: La linea Gustav, dove, con andamento poematico, ripercorro i tristi accadimenti della Seconda Guerra Mondiale in Abruzzo.

  1. Ci parli della tua pubblicazione?

La linea Gustav fu originariamente pubblicato nel 2013 all’interno di una opera più vasta dal titolo Latitudini delle braccia. Ebbe una certa eco tra i lettori. Ma negli esordi, si sa, vengono commessi sempre degli errori. La sensazione era che il libro non avesse raggiunto tutto il suo pubblico potenziale, pur sapendo di quanto esiguo sia quello della poesia. In Abruzzo, soprattutto, sarebbe un libro da scoprire, anche per riaprire un dialogo su quello che siamo stati e quello che, purtroppo, per certi versi, siamo diventati.

  1. Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?

Penso di sì, soprattutto per il suo contenuto di memoria storico-epica. Storia e poesia sono una miscela letteraria che non deve cadere in desuetudine.

  1. Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a creare l’opera?

Un racconto di mio padre. Lui e mia zia erano bambini quando furono presi di mira da un cecchino della Wehrmacht. Era una storia che spesso mi raccontava. Mi ha ispirato profondamente. Da lì è partito il tutto.

  1. Come l’hai scritta? Di getto come Pessoa che nella sua “giornata trionfale”
    scrisse 30 componimenti di seguito senza interrompersi oppure a poco a poco? E poi con sistematicità, ad orari prestabiliti oppure quando potevi o durante la notte, sacra per l’ispirazione?

L’ho scritta lentamente, in questo caso intendo Latitudini delle braccia, in quasi dieci anni di lavoro. Ma debbo dire che è stata anche l’opera con la quale ho cercato di “costruire” la mia voce più matura. Scritta per lo più la notte. Ai tempi lavoravo come amministrativo in una multinazionale. I tempi per la scrittura e per la lettura erano molto ristretti.

  1. La copertina e il titolo. Chi, come, quando e perché?

Per la foto di copertina, innestata nell’elegante format a sfondo nero dei libri della collana Radici de Il Leggio Editore, ho scelto uno scatto che ritrae due bambini di spalle lungo un sentiero nel bosco. Dietro di loro un cane segugio. Il sentiero e i bambini rappresentano il passaggio generazionale lungo il percorso della Storia. Storia tracciata nella Linea Gustav, la linea difensiva costruita dall’esercito nazista che serviva per ritardare la risalita delle truppe alleate sbarcate in Sicilia.

  1. Come hai trovato un editore?

L’anno scorso fui contattato da Gabriela Fantato che aveva letto dei miei inediti pubblicati sul sito di Atelier poesia. Gli piacquero al punto di chiedermi se l’opera dalla quale erano stati tratti era pronta per propormi, da curatrice della collana, la pubblicazione. Ma a causa dei miei tempi di scrittura lunghi, la raccolta era ancora incompleta e così proposi in alternativa la ripubblicazione de La linea Gustav. Gabriela e Sandro Salvagno (l’editore) accolsero la proposta con entusiasmo. Figurarsi io.

  1. A quale pubblico pensi sia rivolta la pubblicazione?

A un pubblico più ampio di quello degli addetti ai lavori, visto che è un libro di poesia che parla di un periodo storico cruciale del nostro Paese che non può essere dimenticato.

  1. In che modo stai promuovendo il tuo libro?

Il lock down ha interrotto una serie programmata di incontri sul territorio di Milano e nelle scuole, sia milanesi che abruzzesi. Da poco in Abruzzo, a Guardiagrele, con i testi de La linea Gustav abbiamo realizzato un recital. A breve sarà riproposto a Milano, nel mio quartiere, al Corvetto. Per adesso ci muoviamo così.

  1. Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più
    legato e perché? (N.B. riportarlo virgolettato nel testo della risposta, anche se lungo, è necessario alla comprensione della stessa)

L’incipit dell’opera. Rappresenta un momento dello sfollamento del mio paese proprio a causa della fortificazione della Linea Gustav: “E cercarvi lì, tra i vecchi a coprire le madri, / le madri come rifugi per sagome minute / (tra il seno e la spalla, insenature / come porti per piccole teste / spaurite nella burrasca. // Sul paese come un’ombra la Linea Gustav / tracciato d’inchiostro sulle rovine, / il confine di chi si butta a terra / prima o dopo lo sparo.

  1. Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?

Che possa arrivare soprattutto ai più giovani. Poesia e storia, cattura emotiva e memoria, un modo per ridare un senso a una società che da tempo vedo rannicchiarsi su se stessa, individualmente appagata dal piccolo cabotaggio narcisistico e dall’autoreferenzialità.

  1. Una domanda che faresti a te stesso su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti?

“Perché ci metti sempre così tanto a scrivere un libro di poesia?” E qui la mia risposta: “Perché ho parecchi vizi e intendo coltivarli tutti. Uno in particolare: la lettura”.

  1. Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova
    opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?

Sono entrato nel settimo anno di lavorazione di un progetto dal titolo “La parte arida della pianura”. Mi coccolo il lento crescere di questa raccolta come una gestante con il proprio figlio. Nessuna continuità con i progetti precedenti. Ogni tanto pubblico qualche inedito tra le pagine online dei blog letterari da me più frequentati. Il tema di fondo, a farla breve, è l’epica umana tout court. Ora sto terminando l’ultimo pezzo di una sezione intitolata Madre della violenza (titolo ispirato a una canzone di Peter Gabriel). Il prossimo anno penso che potrei chiudere il progetto e iniziare a proporlo per la pubblicazione.

Nino Iacovella

Nino Iacovella è nato a Guardiagrele nel ’68, ha una formazione socio-economica. Ha riesordito in poesia nel 2013 con Latitudini delle braccia (deComporre, Gaeta). Del 2015 è la plaquette con i primi testi de La parte arida della pianura (Edizioni culturaglobale, Cormons). Ha curato insieme a Sebastiano Aglieco e Luigi Cannillo l’antologia “Passione Poesia – Letture di poesia contemporanea (1990-2015)” Ed. CFR, Milano, 2016. Del dicembre del 2019, è La linea Gustav, Il Leggio Editore, Chioggia. È tra i fondatori e redattori del blog di poesia Perigeion, un atto di poesia. Vive e lavora a Milano.