Questa intervista appartiene ad un’iniziativa del blog Limina mundi che intende dedicare la propria attenzione alle pubblicazioni letterarie (romanzi, racconti, sillogi, saggi ecc.) recenti, siano esse state oggetto o meno di segnalazione alla redazione stessa. Ciò con l’intento di favorire la conoscenza dell’offerta del mercato letterario attuale e degli autori delle pubblicazioni.
La redazione ringrazia Mario Fresa per aver accettato di rispondere ad alcune domande sulla sua opera: Bestia divina (La Scuola di Pitagora editrice, 2020).
- Ricordi quando e in che modo è nato il tuo amore per la scrittura?
Ho iniziato a scrivere, in prosa, intorno ai quattordici o quindici anni. Erano testi narrativi e teatrali. Sono quindi passato alla traduzione letteraria e, infine, all’acuminata esattezza della poesia.
- Quali sono i tuoi riferimenti letterari? Quali scrittori italiani o stranieri ti hanno influenzato maggiormente o senti più vicini al tuo modo di vedere la vita e l’arte?
Citerò solo alcuni nomi (includendo anche quelli che non appartengono alla scrittura propriamente “letteraria”). Per la prosa: Flaubert, Schopenhauer, Eliade, Bufalino, Hesse, Jesi, Evola, Kafka, Molière. Per la poesia: Ovidio, Petrarca, Baudelaire, Foscolo, Rilke, Leopardi, Mandel’štam, Rosselli, Orten.
- Come nasce la tua scrittura? Che importanza hanno la componente autobiografica e l’osservazione della realtà circostante? Quale rapporto hai con i luoghi dove sei nato o in cui vivi e quanto “entrano” nell’opera?
C’è una componente autobiografica, sì, ma di natura inconscia: il luogo di origine della scrittura è una zona d’ombra, non del tutto controllata dal nostro cosiddetto “io”. I luoghi nei quali ho vissuto non sono mai entrati nella mia scrittura.
- Ci parli della tua pubblicazione?
Bestia divina è il diario postumo, o la cronaca indotta, della cancellazione di un’identità: il racconto di una morte vera (quella di una persona cara) e, insieme, un attento e perturbante “ricordo del futuro”: cioè l’analisi della scomparsa del proprio nome, del proprio esserci.
- Pensi che sia necessaria o utile nel panorama letterario attuale e perché?
Non spetta a me dirlo…
- Quando e in che modo è scoccata la scintilla che ti ha spinto a creare l’opera?
Ho scritto questo lavoro su invito del curatore della collana, Andrea Corona. Un incontro bellissimo, direi da “amicizia stellare” (nel senso nicciano dell’espressione).
- Come l’hai scritta? Di getto come Pessoa che nella sua “giornata trionfale” scrisse 30 componimenti di seguito senza interrompersi oppure a poco a poco? E poi con sistematicità, ad orari prestabiliti oppure quando potevi o durante la notte, sacra per l’ispirazione?
Ho impiegato un paio di anni per la stesura del testo. Durante gli ultimi mesi, ho contemporaneamente scritto una seconda raccolta, dal titolo Il mantello di Goya, che completa la prima, siccome un dittico ideale. Questa seconda raccolta sarà pubblicata tra un paio di anni.
- La copertina. Chi, come, quando e perché?
Sulla copertina è riportata una meravigliosa incisione di Loredana Müller, un’artista straordinaria. Rappresenta uno dei miei animali “totemici”. Nel contemplare il disegno, è miracolosamente riemerso un cruciale ricordo visivo della mia infanzia.
- Come hai trovato un editore?
Come ho già detto, è stato l’editore a “trovare” me.
- A quale pubblico pensi sia rivolta la pubblicazione?
Nel testo sono presenti costanti riferimenti all’arte visiva (in ispecie alla pittura di Goya) e alla musica. Il lettore “ideale” dovrebbe saperli riconoscere con una certa facilità.
- In che modo stai promuovendo il tuo libro?
Non lo sto promuovendo, né ho intenzione di organizzare una presentazione del volume.
- Qual è il passo della tua pubblicazione che ritieni più riuscito o a cui sei più legato e perché? (N.B. riportarlo virgolettato nel testo della risposta, anche se lungo, è necessario alla comprensione della stessa)
«Per te ho serbato una violenta fedeltà».
Spiega compiutamente il senso di una delle poche manifestazioni dell’esistenza che continuo ad amare.
- Che aspettative hai in riferimento a quest’opera?
Che possa raggiungere amici sconosciuti.
- Una domanda che faresti a te stesso su questo tuo lavoro e che a nessuno è venuto in mente di farti?
L’interrogazione (insolubile, ma vitale) che sempre ci pone l’occhio albertiano: Quid tum?
15. Quali sono i tuoi progetti letterari futuri? Hai già in lavorazione una nuova opera e di che tratta? Puoi anticiparci qualcosa?
Nei primi mesi del 2021 uscirà un Dizionario della poesia italiana (1945-2020) da me curato. Un volume impegnativo: è il frutto della collaborazione di oltre cinquanta redattori e ospita più di duecento schede critiche. Nel 2022 è prevista la pubblicazione di una nuova raccolta poetica. Ora sto lavorando a un lungo testo in prosa che (non) assomiglia a un romanzo.

Mario Fresa
Mario Fresa, poeta e saggista, è nato a Salerno giovedì 10 luglio 1973. Ha collaborato e collabora a riviste italiane, francesi e internazionali: «Paragone», «Nuovi Argomenti», «Caffè Michelangiolo», «La Revue des Archers», «Almanacco dello Specchio», «Poesia», «il verri», «Nazione Indiana», «Recours au Poème», «Semicerchio», «Gradiva». Esordisce in poesia con l’avallo di Maurizio Cucchi, sulle pagine di «Specchio della Stampa» e nella silloge mondadoriana Nuovissima poesia italiana (2004). Tra i suoi lavori, l’edizione critica del poema Il Tempo, ovvero Dio e l’Uomo di Gabriele Rossetti (2012) e l’edizione commentata e tradotta dell’Epistola mediolatina De cura rei familiaris di Bernardo di Chiaravalle (2012). Tra i suoi ultimi libri di poesia: Uno stupore quieto (2012); Svenimenti a distanza (2018); Bestia divina (2020). Ha ricevuto, di recente, il Premio Cumani-Quasimodo e, ad honorem, il Premio Internazionale Prata per la critica letteraria.
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