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Oggi, 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, si commemora la vittoria dell’Italia alla fine della prima guerra mondiale, vittoria con cui si completava il processo di unificazione nazionale dopo la resa dell’Impero austro-ungarico e si verificava l’annessione allo stato italiano di Trento e Trieste. La ricorrenza, istituita nel 1919, rappresenta la data dell’entrata in vigore dell’armistizio di Villa Giusti, firmato il 3 novembre 1918 nella villa del conte Vettor Giusti del Giardino a Padova.

Nel 1921, in occasione di questa celebrazione, il Milite Ignoto, militare morto in un conflitto il cui corpo non è mai stato identificato, venne sepolto solennemente all’ Altare della Patria a Roma. Fino al primo conflitto mondiale i monumenti erano dedicati solo ai condottieri: per i caduti erano previsti solo i cimiteri di guerra. La prima tomba di Milite Ignoto dopo la prima guerra mondiale fu creata in Francia, sotto l’Arco di Trionfo a Parigi e in Inghilterra presso l’Abbazia di Westminster.

In Italia, in ricordo di tutti i soldati dispersi durante la Grande Guerra, il colonnello d’artiglieria Giulio Douhet, propose di raccogliere la salma di un soldato non identificato in rappresentanza di tutti i figli, padri, mariti e fratelli perduti  e di seppellirlo al Pantheon. Il Ministero della Guerra affidò l’incarico a una commissione speciale, di percorrere tutti i principali campi di battaglia e raccogliere undici spoglie non identificate per poi designarne una sola da tumulare a Roma, al Vittoriano, il cosiddetto Altare della Patria. I campi di battaglia prescelti furono quello di San Michele, Gorizia, Monfalcone, Cadore, Alto Isonzo, Asiago, Tonale, Monte Grappa, Montello, Pasubio e Capo Sile. Il 27 ottobre 1921 le undici casse con i resti dei dispersi raccolti vennero adagiate su altrettanti carri trainati da 6 cavalli, giunsero in Piazza della Vittoria a Gorizia, furono salutate da una batteria d’artiglieria e sistemate nella chiesa di Sant’Ignazio dove sarebbe giunta la donna incaricata di scegliere una delle undici salme. L’ardua scelta cadde su Maria Bergamas, una donna di modeste condizioni, originaria di Gradisca d’Isonzo e madre dell’unico figlio Antonio, arruolatosi come volontario nel 137° Reggimento di Fanteria della Brigata Barletta come Antonio Bontempelli, nome fittizio imposto dall’Esercito Italiano per arruolare i volontari irredenti. Al termine del combattimento in cui fu ucciso, nella tasca del ragazzo fu trovato un foglio sul quale era scritto: «In caso di mia morte avvertire il sindaco di San Giovanni di Manzano, cav. Desiderio Molinari». La salma di Antonio Bergamas venne riconosciuta e sepolta assieme agli altri caduti nel cimitero di guerra delle Marcesine sull’Altipiano dei Sette Comuni. In seguito al bombardamento della zona, le salme però risultarono irriconoscibili e Antonio Bergamas risultò ufficialmente disperso.

In una lettera del 27 giugno 1915 Antonio scriveva: “Domani partirò chissà per dove, quasi certo per andare alla morte. Quando tu riceverai questa mia, io non sarò più. […] Addio mia mamma amata, addio mia sorella cara, addio padre mio, se muoio, muoio coi vostri nomi amatissimi sulle labbra davanti al nostro Carso selvaggio, cecando di indovinare se non lo rivedrò il vostro mare, e cercando di rievocare i vostri volti venerati e tanto amati.” (in Fabio Todero, “Morire per la Patria”, Gaspari, Udine, 2005, p. 148). Il 4 novembre 1921, nella basilica di Aquileia, Maria Bergamas, madre del sottotenente disperso, in rappresentanza di tutte le madri e spose di soldati dispersi nella Grande Guerra, scelse una salma tra gli undici corpi riuniti in undici significativi teatri di guerra al suono delle campane, degli spari delle artiglierie e delle note della Leggenda del Piave eseguita dalla Brigata Sassari.

Nonostante all’inizio avesse pensato di sceglierne una il cui numero le ricordasse in qualche modo il figlio Antonio, alla fine, per la commozione, si accasciò vicino alla decima salma, che non aveva alcun collegamento con il figlio scomparso. La salma prescelta venne posta all’interno di un’altra cassa in legno rivestito di zinco e sul coperchio furono adagiate una teca con la medaglia commemorativa e un’alabarda d’argento, dono della città di Trieste.
Il 29 ottobre 1921 iniziò il lungo viaggio del treno a vapore che passò a velocità moderata davanti alle stazioni di Udine, Treviso, Venezia, Padova, Rovigo, Ferrara, Bologna, Pistoia, Prato, Firenze, Arezzo, Chiusi e Orvieto per consentire a tutti di porgere il loro saluto al soldato.

Il 2 novembre il convoglio giunse a Roma e il Milite Ignoto fu esposto nella basilica di Santa Maria degli Angeli. Successivamente il feretro venne trasportato in Piazza Venezia all’Altare della Patria e, il 4 novembre 1921, fu tumulato alla presenza di Vittorio Emanuele III. Da allora, militari di tutte le armi sono impegnati a turno per la guardia d’onore al Milite Ignoto. Il 4 novembre 1921 le dieci salme residue furono sepolte nel cimitero degli Eroi dietro l’abside della basilica. Maria Bergamas morì a Trieste il 22 dicembre 1953 e l’anno successivo, il 3 novembre, la salma fu riesumata e sepolta vicino ai corpi degli altri dieci militi ignoti. A Gradisca d’Isonzo, in Via Bergamas 39, esiste ancora la casa dove Maria ed Antonio abitarono.

In occasione del centenario della traslazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria (4 novembre 1921-2021), oltre alle diverse celebrazioni previste, Rai 1 celebrerà la ricorrenza con un docufilm dal titolo La scelta di Maria, che sarà trasmesso il 4 novembre 2021. Nel lungometraggio, girato nell’estate scorsa, fra il Friuli Venezia-Giulia e Roma, sono inseriti filmati dell’Istituto Luce e altri documenti grafici e d’archivio. Il docufilm è diretto da Francesco Miccichè mentre la produzione è affidata a Gloria Giorgianni e Rai Cinema, Fondazione Aquileia, Comune di Aquileia e Istituto Luce-Cinecittà. Il progetto conta anche sul patrocinio del Ministero della Difesa.

Deborah Mega