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L’opera poetica “Oltre il buio della notte” di Paolo Parrini (La Vita Felice, 2019 pp. 132 € 14.00), spiega, con commovente tenerezza, l’esito toccante ed emozionante della maturità intima dell’autore, suggerisce la celebrazione sensibile del passaggio frantumato dell’anima, nella transitorietà della superficie spirituale, rivela la vitale dissonanza delle incompatibilità umane, abbraccia l’accettazione nel sentimento della compassione, insegue la direzione necessaria per intraprendere un percorso di arricchimento e d’integrazione nella natura umana. Il poeta traduce le parole giunte dall’invocazione metafisica di un luogo trascendente, dove la sensazione persistente di ricevere ospitalità trova la sua accoglienza nell’invisibile osservazione di una convinzione sovrumana, trascende il margine dell’oscurità, ricompone la tensione romantica verso l’infinito, l’esplorazione struggente dell’ultraterreno, l’instabilità fluttuante del frammento d’ombra e della reliquia della luce, la soglia incorporea tra la terra e il cielo. Paolo Parrini protegge la condizione umana posando lo sguardo oltre la suggestione del tempo, coltiva il silenzio introspettivo liberando il contenuto autonomo della poesia, evidenziando l’espressione elegiaca, nell’abitudine poetica di comprendere la vita. Lascia parlare ogni simbolo di somma autenticità, ogni innocente candore delle ferite interiori, raccoglie e ascolta la quiete dei versi. “Oltre il buio della notte” attraversa la consapevolezza di ogni rinascita, il filo del dolore, la capacità sublime di ammettere ogni piccola morte quotidiana, decifra la voce della vita, è strumento di redenzione. Le ferite decantano l’intervallo istintivo per rimarginarsi e nel ricordo della sofferenza lacerano la bruciante desolazione. La poesia viene in soccorso al poeta, perché assiste la corrente dei versi, attenua l’ambiguità dell’inconsistenza, donando all’individualità della coscienza l’universalità del sentire. I versi delicati di Paolo Parrini alimentano il dialogo dell’amore, nel suo significato compiuto, nell’ispirazione infiammata dalla finalità di comunicare l’indefinibile rapimento di azzardo e di saggezza. Difendono la stabilità della dignità affettiva, conservano il segno rappresentativo dell’umanità, colgono l’isolamento della solitudine e trasformano la dissolvenza delle mancanze. L’orientamento elegiaco del linguaggio limpido e incisivo convince l’apertura alla speranza, promuove la distinzione del disagio a miracoloso motivo di reazione, nutre l’inconscia spontaneità della memoria. La sfumatura delle immagini rievocate intona la sequenza dei frammenti emotivi ereditati nel vissuto, dilata la capacità di essere solidale con i propri riconoscibili conflitti, allontana gli ostacoli e i drammatici enigmi degli anni, accompagna l’esitante cammino delle stagioni, rivolgendo, con tenacia, contro le ostilità, una pura esortazione alla vita.

Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti”

 

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Accoglimi

 

Ci riconosceranno le stelle

manto pietoso al nostro passare

avremo ali nuove e voci da ascoltare.

Dentro tutti i nostri voli

sulle pendici dei monti mai scalati

sarà doloroso e raro

il pentimento di non aver vissuto

un moto come onda che freme

turbamento liquido al domani.

Altre mani attendono il ritorno;

avremo un cielo cupo

o forse un nuovo giorno

per dissetar la sete

ma intanto accoglimi

lasciami cantare, d’un albore nuovo

a incenerire il sole.

 

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Neve di gennaio

 

Dammi la mano

mentre sbocci e sorridi

se chini il capo, dammi la mano.

Sai di neve

di strada e di bianco

che abbaglia,

sai di gennaio che stride

del vento d’inverno

e del mare di novembre.

Occhi di steppe e Siberie

caldi di fuoco abbraccio e rifugio.

 

Dammi la mano,

una volta ancora scoprimi.

Con te iniziai a vivere

ogni giorno rinnovi il mio cuore

tu, perduta e infinita

ramo di pesco e profumo di vita.

Coglimi come frutto

poi incamminati piano

seguirò la tua scia inebriandomi.

 

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L’eco d’una voce

 

Mi resta la sua voce

per poco temo

perché le curve e i dossi

divoreranno il suono

le buche da saltare

feriranno gli occhi

e la neve sarà sudario

a coprire l’odore, il respiro.

Ogni sera che verrà

avrà il colore della tua voce

nel freddo senza tempo

annegherò le mie parole.

 

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Gli abiti della memoria

 

Dentro gli armadi

abiti dimenticati aspettano

sono come sillabe senza memoria

voci trattenute e odori di vita.

Invocano età passate

e fiori bruciati

nel tempo che stride.

In ogni piega risplende una lacrima

sopravvivono a chi li indossò

lasciano aloni di fuoco e di cenere.

La notte i morti vengono a trovarli.

Sono gli abiti di chi più non è

ma hanno il profumo della vita che è stata.

Un camposanto senza lapidi

tra il frusciare dei rami.

 

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Mezzanotte

 

Se la vita è una ricerca

se le ore battono il rintocco

sulla pelle

lasciami questa mezzanotte di stelle spente

il mormorio che innamora il cielo e il sole