A chi illumina
*
La poesia è come l’acqua nelle profondità della terra.
Il poeta è simile a un rabdomante,
trova l’acqua anche nei luoghi più aridi e la fa zampillare
Alberto Moravia
La croce versa (o il tentativo di cambiare)
la croce versa nell’uovo
è il frassino nel cuore del conte
la cellula che purifica l’etichetta
battezzando la fede in scienza
un simbolo che impongo
per cambiare le immagini
tagliare il ciclo e aprirne un altro
in un rivolo di sangue blu
un punto e a capo che serve
all’interlinea stretta della vita
per respirare il diverso
e chiudere le oscurità nel guscio
vergere la croce portata
farne posata o fionda
per debellare la malattia del verbo
con la pietra della negazione
vorrei cancellarti dalla mia fronte
lo sfregio di caino che mi addita nella folla
accresce il tuo ego
nelle fauci dell’adorazione
potrei morirti sui piedi se mi lasci respirare
e dirti quanto sei immensa sarà un gioco
come scagliare la biglia dal pollice
mentre le ombre lasciano le case alla sera
ma devo eliminarti
macellarti in una mole fine
farne polvere e bagnarla per non respirarla
affinché ogni odore di te si estingua
cambiare ossessione per quanto possibile
dimenticarti fluire come un pesce rosso
morto nel pozzo della tazza scarica
dicendomi che ora andrai nel mare con le altre
l’essere tuo mi annulla
e una poesia è troppo rapida
per un lungo addio
che garza il distacco netto
starò a contemplare alla finestra della memoria
mentre scagli quella croce
sull’uovo che si cuoce
e io non avrò più nulla da dire
*
è inutile il tramonto
per addormentarsi sull’amaca delle tue ciglia
per ondeggiare fino a cadere sui listelli del molo
dove tra i nodi del legno spiccano le conchiglie
allineate su una spiaggia desolata di inverno
mentre la pelle è livida dal freddo
le corde che ti ormeggiano la colorano
e io ti guardo in questa cornice descritta
mentre i primi gabbiani si affacciano alle nuvole
e la spuma del mare mi porta
sempre più vicino
sempre più lontano
al tuo profumo bronzeo
*
la rima
baciata è uno stupro
preferisco sguinzagliare canneti
dalle sponde della spiaggia
farne falò di notte per lo spiedo
di un bacio atteso a ruminare
lungo le vie delle barbarie
strapparti i vestiti con le forbici dell’attenzione
sregolare l’attrito di un catamarano
staccare la dinamo dalla graziella
e scaraventarla nell’oltremare
non scrivere per compito
ma solo per amarti
*
preghiera nera
regalami le tenebre del tuo bosco
fiore dal polline nero
inquinato dal battesimo perché l’ateo è il vero puro
senza decaloghi da infrangere
bagnato solo della placenta di sua madre
non meritavo gli inferi alle porte
o le spinte col forcone
una nascita bastava
voglio togliermi il mantello acqueo
– di sacro preferisco il fuoco almeno arde
uccide le spore disinfetta
non certo aleister mi regalerà la felicità
con la sua disobbedienza a cefalù
ma tu donna scarlatta
sorridimi ancora – amami
in pozioni che mai berrò
sacrificherò il mio vuoto
non sarò sabbatico adepto
alla cena dei bottoni
dell’antitesi del bianco
né all’altare di cognac e coca mi prostrerò
/ non fa per me /
ma tu sei maga
nera – strega
pallida in viso
ti salverò da qualsiasi inquisizione
tramandata nel tempo
tra un affresco stilizzato e l’altro
mi battezzerò solo della tua bellezza
non avremmo crocifissi né esagrammi da adorare
calici e pissidi saranno vecchi inesplorati
ti sposerò all’abbazia di thélema
tra finestre di jimmy e ruderi d’edera
nel nome del tuo nome
amen
il flusso nel volo
ho perso punti virgole capoversi nel volo dove ho incontrato te tra le anime esiliate finalmente qualcuno poteva vedermi le labbra divennero amaca alla tua vista perdendo vizi tumorali alla presa della mano in caduta poi abbraccio ancorato alla schiena dal rostro scarlatto dell’unghia impiantata lasciando divenire la mia futura cicatrice la più lucente tu affascinante anche negli sfregi dell’anima anonima amo le sfaccettature della lettera x incisa perché misteriosa incognita pacifica parità all’estremo eliminazione di paure libertà voglia costringere il bacio labile tagliente impiastrica le pelli di sapori pioventi bagnati da bava di chiocciola di cui non necessita la tua bellezza ancestrale squarcio labialinguinale nell’accartocciarsi al fiato aumentato dalla diminuzione dello spazio scosso dal tuo seno nell’intreccio cauto avvincente sì è il momento dopo il blocco consumato dal silenzio troppo lungo prima nella ventosa chiusa negli sguardi dai polpastrelli clitoridali voluta sempre in queste vesti aperte noi chiusi in un involucro bambagia di carezze sul naso indiano bucato dai tuoi occhi sentiti nel buio luce del nirvana dottrinale disseminato dopo il mio ateismo come petali confusi sparsi al tuo cammino i nostri sguardi scettici d’amore ora baciano la terra che arriva a ovattarci al suolo ancora in morte nel nulla del vuoto esplorato dal silenzio nel tuffo dove non riusciamo per via dei nodi a urlare lì nei flashback della vita
Molto belle queste poesie, complimenti all’autore.
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